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Autore: BabaYagaIsBack    28/11/2019    0 recensioni
●Book I●
Aralyn e Arwen anelano alla libertà. Fin dall'alba dei tempi quelli come loro sono stati emarginati, sfruttati, ripudiati, ma adesso è giunto il momento di cambiare le cose, perché nessun licantropo ama sottomettersi, nessun uomo accetta la schiavitù. Armati di tenacia e coraggio, i fratelli Calhum compiono la più folle delle imprese, rubando a uno dei Clan più potenti d'Europa l'oggetto del loro potere. In una notte il destino di un'intera specie sembra cambiare, peccato che i Menalcan non siano disposti a farsi mettere i piedi in testa e, allora, lasciano a Joseph il compito di riappropriarsi del Pugnale di Fenrir - ma soprattutto di vendicarsi dell'affronto subìto.
Il Fato però si sa, non ama le cose semplici, così basta uno sguardo, un contatto, qualche frecciatina maliziosa e ogni cosa cambia forma, mettendo in dubbio qualsiasi dottrina.
Divisi tra il richiamo del sangue e l'assordante palpitare del cuore, Aralyn e Joseph si ritroveranno a dover compiere terribili scelte, mettendo a rischio ciò che di più importante hanno.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Triangolo
Capitoli:
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57. The gap between us

Con un sopracciglio alzato e un dito a tener la tempia, Arwen osservò la sorella da cima a fondo, scrutando il modo in cui, furente, aveva deciso di presentarsi da lui. Si era aspettato una sua visita, soprattutto dopo aver annunciato ufficialmente la decisione di perpetrare l'attacco, ma certamente non avrebbe mai sospettato che lei lo venisse a sapere in così poco tempo.

«Io vengo con te» la sentì ringhiare.

Nolente quindi, dovette chiudere il plico di fogli che teneva nell'altra mano e su cui, minuziosamente, aveva messo le basi per il suo progetto d'attacco.

Cinque giorni, il countdown era iniziato, ma seppur Aralyn fosse stata fisicamente pronta, Arwen aveva per lei altri piani, soprattutto visti i sospetti che avevano preso ad assillarlo: «Preferirei ti occupassi del clan. Ci sono molti confratelli che non possono e non vogliono partecipare». Quello era il compito più adatto a lei, al sicuro e lontano dalla furia dei Menalcan, ma in particolare al riparo da possibili ulteriori ferite.

La ragazza, a falcate furiose, si avvicinò a lui fino ad arrivare a un soffio dal suo naso. Occhi negli occhi, l'Alpha si sentì immergere nel calore delle sue iridi vagamente dorate, tanto che dalla rabbia della sorella parve venir scottato. 
Per un attimo il fiato gli si mozzò, incapace di capire se fosse per via della sorpresa o della bellezza di cui lei si era vestita in quel momento. Alterata, in conflitto con il suo lupo interiore, Aralyn diventava ancora più interessante ai suoi occhi – lo aveva scoperto anni prima.
«Con che coraggio mi vuoi tagliar fuori?» gli domandò, senza mai smettere di fissarlo, ma prima che Arwen potesse anche solo valutare una risposta, la giovane riprese, incalzante: «In questa guerra siamo sempre stati in due. I fratelli Calhum, insieme, per sempre. Lo hai detto tu, no? Quindi non puoi andar là senza di me. Non puoi azzardarti a lasciarmi indietro, non dopo ciò che ti hanno fatto l'ultima volta» lentamente, lo sguardo di lei si fece umido, tradendo la sicurezza con cui si era presentata a lui. E quella paura, la preoccupazione di vederlo tornare nuovamente ferito, smosse qualcosa nella sua memoria, ricordandogli tutti i giorni e le ore che la sorella aveva trascorso al suo fianco, accudendolo.

Cocciuta come era su quella questione, l'Alpha era certo che non avrebbe ceduto. La possibilità di poterlo perdere, si disse, doveva essere per Aralyn una specie di trauma – ma la problematica era reciproca, soprattutto dopo quella settimana.

«Vogliamo parlare di cosa hanno fatto a te? Sei fuggita per miracolo! Chi mi assicura che verrai graziata anche stavolta? Sì, siamo noi due, solo noi due... e se dovessi finire nelle Lande Selvagge né Klaus, né Veronika avrebbero pietà di me, sapendo ciò che ti ho fatto fare e subire» sussurrò con dolcezza, accarezzandole piano una guancia e provando a giustificare la sua decisione; nonostante dubitasse potesse servire a qualcosa.
I fantasmi dei loro genitori lo avrebbero assillato fino alla nausea, se non avesse quantomeno provato a dissuaderla. Avrebbe persino potuto ordinarle di non seguirlo, di ubbidire al suo volere, ma era sicuro che lei non avrebbe mai rinunciato a quella missione, sapendo cosa la stava spingendo a insistere tanto.

Aralyn avrebbe trovato un modo per seguirlo, per lottare al suo fianco in qualsiasi modo.

«Ciò che ho fatto e subìto sono state mie scelte, Arwen, ed è anche una mia scelta venire con te e vendicarmi di tutto ciò che abbiamo passato per colpa di quei Puri» lo spazio tra di visi dei due fratelli si accorciò ancora, facendo quasi sfiorare la punta dei loro nasi. Il respiro di lei lo colpiva ritmicamente, scaldandogli le guance e, involontariamente, il cuore pompò con più potenza.

«Se mi ami, fammi partire con te» sibilò lei, in modo che quell'ultima frase fosse solo per l'Alpha, al pari di un segreto.


4 giorni, 18 ore e 53 minuti

 

Joseph si trascinò per i corridoi di Villa Menalcan lanciando sguardi circospetti intorno a sé, anche se tutto ciò di cui gl'importava realmente qualcosa, era arrivare nella propria stanza e nascondersi sotto alle lenzuola, mettendo forse a tacere i pensieri scomodi.

Aveva corso per ore ed ore in mezzo al bosco che circondava quell'enorme magione, provando a ritrovare sul terreno le orme di una persona che ormai era lontana, sia da lì, sia da lui. Aveva saltato tronchi caduti, massi, dislivelli del terreno e rincorso suoni di dubbia origine, arrivando persino a sentir dolere le zampe da lupo – che ora erano le stesse gambe che tremanti provavano a portarlo fino alla stanza.

Era stato il suo ennesimo tentativo per sfogare tutta la frustrazione che aveva accumulato, senza però riuscirci veramente, perché alla fine aveva finito sia con il pensare a Kyle, sia con il pensare a lei. Però era stato il modo più efficace per liberarsi degli scagnozzi di Gabriel che, a differenza di Douglas, non aveva ancora smesso di dubitare di lui – era convinto, in modo assoluto, che dietro alla liberazione di Aralyn ci fosse lui. E come dargli torto, del resto? Era stato il primo, se non il solo, a vederli nella stessa stanza d'hotel con addosso i segni inconfondibili del piacere, quindi l'azione di Kyle non aveva fatto altro che alimentare il suo sospetto che, quello successo tra loro, non fosse solo un atto fine al successo della missione.

Compiendo un'ultima falcata, giunse alla porta della propria stanza e, senza più curarsi di ciò che gli stava attorno, attraversò la soglia con un sospiro.
Finché non avessero avuto una rivalsa sul Duca e i suoi, il primogenito dell'Alpha non avrebbe smesso di torturarlo; questa era l'unica certezza rimastagli.

Il giorno seguente, come ormai accadeva da troppo tempo, Joseph si svegliò in un letto eccessivamente grande per lui soltanto. Oltre a percepirlo vuoto, quasi vi dovesse essere qualcun altro a riempirlo, gli sembrava che le lenzuola non si scaldassero mai abbastanza, facendogli continuamente sentir freddo.

Le palpebre pesanti cercarono di persuaderlo dall'alzarsi, ma lui, imperterrito, ignorò i segnali del corpo, tirandosi su a fatica. Non c'era notte in cui gli incubi si risparmiassero di fargli visita, momento in cui il suono delle ossa rotte di Kyle smettesse di rimbombargli nella mente. Non c'era buio a consolarlo, solo il viso esterrefatto di Aralyn nell'istante in cui, finalmente, scopriva la sua vera natura, quello di uno squallido Menalcan. Ed era sempre lei, poi, a trasformare i suoi sogni in visioni terribili. La vedeva gridargli contro, venir nuovamente sbattuta al muro dalle immense braccia di Gabriel e, nel peggiore dei casi, se la ritrovava sanguinante e morente tra le mani – a ucciderla, sempre lo stesso licantropo: lui.

Con un grugnito spostò le lenzuola mal avvinghiate al suo corpo e, nel farlo, rivelò piccole macchie rossastre e resti di terra – doveva essersi addormentato senza nemmeno accorgersene, troppo stanco per riacquistare realmente lucidità anche nei momenti di veglia, quando con il fiato corto spalancava gli occhi e si costringeva a non chiamare il nome di lei.

Ogni chiazza era testimone della corsa sfrenata a cui si era dedicato il giorno precedente, provando a distrarre la mente dalla sofferenza. Parlava di come non si fosse mai fermato, del modo in cui imperterrito avesse cercato di attraversare rovi e schivare massi, ottenendo ben pochi risultati.

Sbuffando, si prese il viso tra le mani, cercando di strofinare gli occhi e riprendere un minimo di contegno. Senza Kyle a portargli il caffè e discutere delle ultime news però, tutte le mattine faticavano a prendere il giusto ritmo; e la mancanza di voglia di incontrare altre forme di vita non aiutava certo l'umore.

Il clan iniziava ad andargli stretto.

Così come l'idea di dover, un giorno, prendere il posto di suo padre – anche se Gabriel, a parte l'ignoranza palese, era ben più indicato di lui per un simile ruolo.

Sì, perché Joseph aveva smesso di provare anche quel minimo piacere che sentiva in precedenza quando varcava la soglia di Villa Menalcan. Né il suo posto all'interno della prestigiosa compagnia di famiglia, né tra i suoi confratelli, riuscivano più a riempirlo come i mesi che aveva trascorso tra i nemici. Le risate e il calore provato con loro erano estranei alla vita che aveva sempre condotto lì – e gli mancavano tanto quanto Aralyn.

Il mondo che gli avevano fatto scoprire era ben più allettante di quello che aveva sempre conosciuto e difeso.

Però ora era lì, e ci sarebbe dovuto restare per tutti il tempo necessario a proteggere la licantropa che amava, quindi si fece forza e, con un colpo di reni, si issò dal materasso per andare a lavarsi via di dosso i resti del trastullo del giorno prima.

Sotto al getto d'acqua fredda, scelta apposta per costringersi ad abbandonare i resti del sonno, si tolse di dosso ogni residuo di terra e sangue. Tolse tutto, lasciando il proprio corpo adorno solo dei segni indelebili delle fauci e degli artigli, e dell'inchiostro che per anni si era fatto mettere sottopelle.

La schiuma copriva i disegni, mentre l'acqua li liberava dal soffocante bianco dal profumo di pino silvestre; ma persino coperti, non avrebbe potuto dimenticare nemmeno uno di quei tatuaggi. I musi dei lupi che si andavano a inerpicare dal polso alla spalla preannunciavano feroci battaglie; gli intarsi che vi si arrovellavano attorno, ricordavano alcuni manufatti appartenenti alla cultura celtica, da dove la loro stirpe si dicesse prendesse origine e le ombre chiamavano agli occhi il ricordo delle notti di Luna, quei meravigliosi momenti in cui potevano concedersi di essere davvero chi la Madre aveva scelto che fossero.

Ogni centimetro di epidermide aveva qualcosa da dire, una storia da raccontare: quella degli umani che potevano diventare belve e quella delle belve che mai sarebbero potute tornare umane. In breve, la differenza che divideva Puri da Impuri. 
I Menalcan dal Clan del Nord. 
Lui da Aralyn Calhum.

   
 
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