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Autore: DezoPenguin    01/12/2019    2 recensioni
Elementary My Dear Natsuki parte quinta. Natsuki si avvicina alla verità sulla morte di sua madre, ma lo sguardo della Corte d'Ossidiana è caduto anche su di lei. Mentre Shizuru accetta di investigare sulla morte di un nobile straniero, ha il suo inizio un gioco di inganni con in palio il destino di entrambe.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Natsuki Kuga, Reito Kanzaki, Shizuru Fujino
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Elementary My Dear Natsuki'
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13.

"Natsuki, ce l’ho!"

Disse Shizuru con entusiasmo quando fece il suo ingresso nel nostro appartamento, solo cinque minuti dopo le quattro. Io alzai lo sguardo da "Il mistero del calesse", che trovavo decisamente appropriato, vista la situazione. Era uno dei miei gialli preferiti, ma lo stavo leggendo perché mi sarei esaurita a camminare su e giù e a fissare l'orologio.

"Avete rintracciato la carrozza?"

Lei mise il broncio.

"Natsuki dubitava di me?"

"In realtà no. Trovare un vetturino che ha lasciato un passeggero in certo posto in un certo giorno e ora è una cosa, ma perfino io riuscirei a trovarne uno se avessi il numero di targa. Sono sorpresa che ci abbiate messo tanto."

"Ara, siete di cattivo umore. Il vostro appuntamento non è andato bene?"

Comiciai a scuotere la testa, poi mi fermai. L'avevo rimbrottata troppo, vero? L'attesa era in parte la causa del mio umore, ma lo erano anche i dubbi sul mio operato che mi avevano tormentata dall'armaiola.

"Il fatto è che ho alcune cose a cui pensare," tentai. Cercando di assumere un tono più frivolo, dissi, "E poi siete in ritardo, quindi ho diritto di essere arrabbiata. Ma potete raccontarmi tutta la storia mentre beviamo il tè."

"Dobbiamo andare, non c’è tempo per il tè."

La fissai.

"Non c’è tempo per tè? Chi sei tu, e cos’hai fatto a Shizuru Viola?"

"Natsuki..." disse lei, in tono di rimprovero.

"Non stavo scherzando. Quando mai avete rinunciato al tè? Perché tutta questa fretta?"

"Non abbiamo molto tempo, temo. Quel vetturino ci ha permesso di sfuggire al suo tentativo di assassinio; inoltre ci ha permesso di identificare la sua carrozza."

"Questa parte non è necessariamente ovvia," notai.

"Non lo è, anche se era senz'altro un rischio, ma ora che ho fatto delle domande alla compagnia che gestisce queste carrozze, la prova è definitiva. No, il nostro amico omicida rappresenta un anello debole che dev'essere eliminato, a meno che lui stesso non sia stato il motore di questi eventi il che, sono certa che concorderete, non è una teoria credibile."

"Ma un cocchiere ha le stesse probabilità di chiunque altro di aver perso denaro nel fallimento della Compagnia di Olanda e Sumatra, non trovate?"

Chiesi.

"Sì, ma non di aspettare nella zona dove si trovano le abitazioni delle sue vittime il giorno seguente agli assassinii, dove potrebbe essere visto, né di tentare di ucciderci. Questo è il modo di agire di un lacchè, non di un uomo in cerca di vendetta," mi corresse.

"...ottimo argomento."

Mi alzai subito in piedi. Aveva fatto aspettare la sua carrozza, e salimmo. Shizuru diede l'indirizzo al cocchiere e partimmo.

"Allora, ditemi com'è andata," dissi mentre eravamo per strada.

"Primo, ci ho messo così tanto perché non ho cominciato subito a cercare la carrozza. Per prima cosa sono andata all'obitorio, dove sono venuta a conoscenza di alcuni fatti importanti a proposito dell'assassinio di Merridew."

"Oh? Quali fatti?"

"L'idea che sia stato colto completamente di sorpresa sembra la più ragionevole. Non c'erano segni di lotta, niente ferite da difesa sulle mani o sulle braccia, niente danni agli abiti. È stato pugnalato una sola volta, la lama ha trafitto il cuore attraverso le costole, e la morte è stata istantanea, se devo credere al medico che l'ha esaminato."

"Quindi qualcuno che sa usare il coltello?"

"Esattamente. Potrebbe essere stata pura fortuna, ma abilità e conoscenza sembrano la risposta più probabile."

"E lo spillo da cravatta?" la incalzai.

"Non c'era," mi disse semplicemente.

"Allora la stessa persona li ha uccisi entrambi."

"O la stessa persona ha ordinato i due omicidi," mi corresse Shizuru. Ci pensai su e annuii.

"Sì, se la Corte d'Ossidiana sta punendo i suoi, allora chi dà gli ordini non sarà certo quello che tiene in mano il coltello."

"Ma potrebbe anche essere vero il contrario."

"Oh?"

"Quando abbiamo discusso l'idea che il Barone Maupertuis e il signor Merridew possano essere stati uccisi per vendetta nei confronti della Corte, non abbiamo mai detto che, in retrospettiva, questa sembra la possibilità più ovvia."

"Per me non è ovvia per niente," brontolai.

"Senza dubbio è perché siete coinvolta."

La gratificai con un'occhiataccia.

"Shizuru, ne abbiamo già—"

Lei sollevò le mani.

"Ara, credo che Natsuki stia saltando alle conclusioni."

Inarcai un sopracciglio.

"Non stavate per menzionare la mia connessione con gli affari della Corte?"

Shizuru mi sorrise.

"Ho mai fatto domande sulle attività di Natsuki?"

Le rivolsi un'occhiataccia, furiosa e tuttavia incapace di contraddirla. Dio, era proprio da Shizuru prendere qualcosa che era motivo di contrasto tra noi, una faccenda che consideravo seria – e usarla per prendermi in giro! Non sapevo se mettermi a urlare o strapparmi i capelli per la frustrazione, e alla fine ci rinunciai e mi misi a ridere. Shizuru era Shizuru, ed ero certa che non sarebbe mai cambiata.

A essere sincera, lo trovavo confortante, in qualche modo.

"Va bene, ci rinuncio. Ditemi perché è così ovvio."

I suoi occhi stavano ancora scintillando di allegria per il modo in cui era riuscita a confondermi, e disse, "La Corte d'Ossidiana è una società segreta, che è coinvolta in qualche modo in cospirazioni politiche e finanziarie, giusto? Bene, dunque perché i loro nemici non dovrebbero fare lo stesso? Nel mondo del crimine, i gruppi criminali affrontano altri gruppi criminali, non una singola persona."

"Quindi pensate che Maupertuis e Merridew siano stati uccisi da un gruppo rivale, una società segreta, un cartello finanziario, o roba del genere?"

"No, ma credo che dovremmo considerare questa possibilità."

"Allora non necessariamente quel vetturino è al soldo della corte. Potrebbe lavorare per un gruppo rivale, spiare quei luoghi in cui sono stati commessi gli omicidi, per controllare chi si presenta a indagare?"

"Esattamente." Shizuru mi sorrise. "Pensateci. Forse questo gruppo misterioso crede che siamo una squadra investigativa della Corte, mandata a—"

Si interruppe all'improvviso, mentre io riuscivo a controllarmi, impedendomi a fatica di afferrarla per il bavero e sbatterla contro la parete della carrozza. Avevo addirittura allungato una mano, ritirandola bruscamente quando avevo ripreso il controllo, premendola forte contro la mia coscia per impedirmi di usarla.

Il mio tono di voce, però, fu esattamente lo stesso che avrei usato per urlarle le mie parole in faccia.

"Non. Associatemi. Mai. A quelle persone," riuscii a dire a denti stretti. "Mai, Shizuru. Non è un argomento su cui potete prendermi in giro. Per l'amor di Dio, certe cose non si possono toccare, capite?"

"N-no, non capisco," disse lei, intimidita. "Non capisco perché non volete dirmelo, Natsuki."

Presi un profondo respiro, lo trattenni, e lo rilasciai.

"Il che dovrebbe dirvi quanto questa cosa sia seria, per me. Siete più intelligente di così, solo un minuto fa siete riuscita a farmi ridere nonostante tutto. Certo, il fatto che mi prendiate in giro a volte mi fa arrabbiare, ma questo è perché voi insistete finchè non diventa intollerabile, esaurendo la mia pazienza. Questo è diverso, Shizuru, avreste dovuto immaginarlo!"

Le ultime parole uscirono in un tono stridulo, come se – maledizione, non stavo piangendo. Non stavo scoppiando in lacrime in una dannata carrozza che attraversava le strade di Londra perché ero stata presa in giro su un argomento che era troppo delicato per scherzarci sopra. Cos'ero, una bambina delle elementari? Battei le palpebre rapidamente, scacciando le lacrime.

"Io...kannin na, Natsuki. Avete ragione, avrei dovuto capirlo. Ho permesso alla mia capacità di deduzione di avere la meglio su di me."

Espirai di nuovo, rendendomi conto all'improvviso di aver trattenuto il respiro mentre Shizuru si scusava.

No, non mentre si scusava, mi corressi. Finchè non si era scusata.

Ci guardammo per un lungo istante, nessuna di noi voleva dire altro. Le mie emozioni si erano comportate come un ubriaco che barcollava da un lato all'altro della strada – frustrazione, buonumore, rabbia, paura, sollievo – e potevo solo immaginare che quelle di Shizuru avessero agito allo stesso modo.

"Natsuki?" esitante, alla fine ruppe il silenzio. Non avevo risposto alle sue scuse, mi accorsi, non a parole. Mettere in parole i miei sentimenti non era il mio forte.

"Non lo farò più."

"Grazie," dissi, tenendomi sul semplice. Con la semplicità era difficile sbagliare, mi dissi. Almeno, a meno che la situazione non richiedesse di essere complessi. E… sembrava davvero complessa. Era stata lei a offendermi, ma ero stata io quella che aveva perso la calma.

"A-anch'io vorrei scusarmi," dissi. "Gah! In questo periodo mi sento strattonata in così tante direzioni diverse, che non riesco a distinguere il sopra dal sotto!"

"È questo il caso?" chiese. "La Corte d'Ossidiana è ovviamente un argomento tabù per voi. È per questo che volevate che abbandonassi questa facceda? Per quello che vi sta succedendo?"

"No," dissi. "No, se riguardasse solo me, non mi importerebbe. È solo che non voglio che vi facciano del male. Questa carrozza che stiamo cercando…non so se ha cercato di uccidervi perché state indagando su questi delitti, o se ha cercato di eliminare me e voi vi siete trovata in mezzo…" non conclusi la frase.

"Capisco."

No, non capiva, ma aveva ragione – non le avevo dato abbastanza informazioni che le permettessero di capire. E francamente non ero nemmeno sicura di capire io, almeno non abbastanza da dirle tutto in modo chiaro, se mai lo avessi desiderato.

L'unica cosa che sapevo era che mi sentivo proprio come se mi stessero tirando in tante direzioni diverse allo stesso tempo. Squartamento, credo si chiami quella forma di esecuzione, dove una corda viene legata a ogni arto e poi gambe e braccia sono tirate in quattro direzioni diverse, e il corpo si smembra. I miei sentimenti stavano facendo la stessa cosa: la tensione di guardarmi le spalle, sapendo che avrei potuto subire un altro attentato alla mia vita; la pregustazione dell'attesa, l'eccitazione di chiudere i conti con il Primo Distretto dopo tanto tempo; la confusione e il senso di colpa causati dal ruolo di mia madre all'interno della Corte e dai crimini che poteva aver commesso; la mia paura per Shizuru e il terrore che provavo al pensiero che la mia più cara amica potesse essere ferita o uccisa perché era stata coinvolta nei miei affari.

Riuscivo a malapena a gestire il tutto. Se quei problemi avessero riguardato solo me, pensavo che sarei stata capace di affrontarli da sola, ma dal momento in cui Emily Gartner aveva suonato il nostro campanello il mio cuore era scivolato via dal mio controllo, un cuore che, per tutta la mia vita, avevo chiuso dietro un muro. Ora quei muri erano stati abbattuti, e non sapevo come mantenere il controllo senza di essi.

Ma dovevo. Dovevo, altrimenti tutto quello che avevo fatto, e quattordici dei miei diciannove anni di vita, sarebbero andati sprecati. E inoltre non sarei stata d'aiuto a Shizuru in quello stato.

Sarebbe stato molto più semplice se le cose tra noi fossero rimaste com'erano. Due coinquiline, che dividevano un tetto, i pasti e poco altro. La situazione era stata così definita e ordinata allora, prima che nove mesi di chiacchierate, di divertimento, di silenzi confortevoli e di pericoli affrontati assieme ci avessero portato a quel punto.

Era divertente, pensai, che nove mesi fossero il tempo che serviva a un neonato per andare dal concepimento alla nascita. Guardando la mia amicizia con Shizuru da quel punto di vista, funzionava. Da estranea, era diventata una persona per cui avrei messo a rischio la mia vita per proteggere.

"Natsuki?" chiese, rompendo il silenzio che era sceso mentre riflettevo furiosamente, senza giugere a una soluzione.

"Oh, scusate. Io...scusate, ho molto su cui riflettere."

"Cercherò di stare più attenta, da ora in poi," disse lei. "Forse il mio desiderio di farvi condividere quei pensieri con me mi ha incoraggiata a fare una battuta quando non avrei dovuto. Non è stato sensibile da parte mia, Natsuki."

Mi tese una mano, letteralmente offrendomela, e dopo un secondo di esitazione la presi, strigendo con affetto le sue dita tra le mie. Sentii che c'era una sorta di promessa inespressa in quel gesto, ma il suo esatto significato mi sfuggiva. Una di noi avrebbe potuto dire qualcosa nell'istante successivo, qualcosa che avrebbe spiegato quel momento o che lo avrebbe distrutto per sempre, ma l'opportunità svanì all'improvviso quando la carrozza si fermò.

Molto tempo a dopo, a volte, avrei ricordato quel momento e mi sarei interrogata su quello che avrebbe potuto essere.

Eravamo arrivate, e i problemi pratici e immediati superarono in urgenza le più astratte preoccupazioni emotive. Shizuru pagò il vetturino, e ci dirigemmo verso la nostra destinazione.

"Come si chiama quest'uomo?" chiesi mentre ci avvicinavamo alla porta di una casa di piccole dimensioni, rovinata dalle intemperie, una delle tante in quella fila di edifici. Probabilmente era in affitto, e altrettanto probabilmente l'affittuario vedeva il padrone solo il giorno in cui doveva pagare il dovuto.

"William Wilton, o 'Bill', per i suoi amici—che negli ultimi due giorni non l'hanno visto nei soliti posti in cui aspetta la clientela."

"Perché è stato troppo occupato a sorvegliare delle case e a fare commissioni per la Corte d'Ossidiana," mormorai. "Per non parlare del tentato omicidio. Avrei pensato che un assassino prezzolato avesse una dimora più comoda," aggiunsi, guardandomi in giro.

"Forse è per questo che ha accettato di compiere un omicidio?"

"Se funziona per Whitechapel, allora suppongo che la scusa della povertà vada bene per qualsiasi altro quartiere."

Anche se Wilton non sembrava disperatamente povero, essere un povero che lavorava non era esattamente il genere di vita che isolava un uomo dal desiderio di guadagnare un piccolo extra. Ma comunque, un omicidio? Questo era completamente diverso dal genere di cose che ci si poteva aspettare da un vetturino in cerca di guadagno. Per uccidere un estraneo per denaro serve un certo tipo di persona, il genere di persona che, mentre Shizuru bussava, mi fece decidere di cambiare posizione in modo da poter estrarre la pistola in un secondo.

Non ci fu risposta.

Bussò di nuovo, e anche stavolta non ottenne risultati.

"Credo che questo sia il campo di Natsuki?" chiese, sorridendomi.

"Entreremo forzando la porta?"

"Entreremo dalla porta principale come se ne avessimo ogni diritto," mi corresse. Il che aveva senso, visto che rompere una finestra o usare una qualche altra tecnica ci avrebbe fatte notare dai vicini, lì, in pieno giorno.

"Per aspettare che torni, o in caso abbia lasciato in giro delle prove che lo leghino ai suoi committenti?" chiesi mentre tiravo fuori i miei passpartout. Scassinare la serratura sarebbe stato sospetto, e tecnicamente stavamo per commettere un crimine.

"Perché non entrambe le cose?"

Scrollai le spalle.

"Perché no?"

La serratura non era niente di straordinario, quindi non avevo bisogno di essere sofisticata. La seconda chiave che provai scivolò nella serratura con un po' di sforzo e la aprì. Aprii la porta e sbirciai in una stanza in penombra, resa ancor più squallida dallo sporco sulla finestra che bloccava la luce.

La puzza ci colpì subito, la putrida dolcezza del marciume e del decadimento, con cui entrambe avevamo fin troppa familiarità. La guardai e lei annuì. Avevo già la pistola in mano mentre ci addentravamo nella casetta. C'erano due porte all'estremità del salotto, ne aprii una e trovai una camera da letto, a quanto pareva vuota. Provai l'altra, poi sospirai e riposi la pistola.

"Sembra che siano arrivati per primi," dissi con un sospiro. Il cadavere era in mezzo al pavimento della cucina. Grosse mosche bluastre ronzavano sulla carne marcescente, facendomi venir voglia di vomitare. Anche così, potevo vedere che la sua gola era stata aperta quasi da un orecchio all'altro. Il sangue aveva imbevuto il davanti della camicia dell'uomo e si era raccolto in una pozza sul pavimento, attorno al suo collo, indicando che aveva sanguinato a morte lì dove era caduto, che era stato ucciso in quella stanza.

Per quanto Shizuru fosse elegante e signorile, non possedeva una natura troppo schifiltosa. Semplicemente arricciando il naso per il disgusto, si avvicinò al corpo, scacciando le mosche in modo da poterlo osservare bene.

"Penso di no, Natsuki," disse.

"Non è lui? Come fare a dirlo?"

Scosse la testa.

"Non è quello che intendevo. Non serve essere medici per capire che quest'uomo è morto da diversi giorni."

"Cosa? Oh," finalmente capii cosa intendeva. "State dicendo che chiunque lui fosse non può essere l'uomo che ha tentato di investirci, perché era già morto."

"Esatto—ah! Ecco la prova."

"Che prova, e cosa dimostra?"

"Questa cicatrice."

Sfiorò la piccola cicatrice sulla guancia dell'uomo con una mano guantata, senza toccare la pelle morta.

"Corrisponde alla descrizione di una cicatrice che aveva Bill Wilton, datami dai suoi colleghi. Avevo sospettato qualcosa del genere, ma questo segno lo conferma."

"Lo sospettavate?"

Shizuru annuì.

"Guardate la sua struttura fisica. È più alto e più robusto del vetturino che ha tentato di investirci. Come ho detto, ho ottenuto la sua descrizione dai suoi colleghi, quindi ero abbastanza sicura che non fosse stato lui a guidare la carrozza, quel giorno. Speravo solo che Wilton fosse stato pagato per permettere a qualcun altro di usare la sua vettura, ma vista la spietatezza dei nostri avversari sospettavo altrimenti."

"Quindi avete supposto che avremmo trovato un cadavere vecchio di giorni e non mi avete avvertita?"

Girò la testa e mi guardò dalla sua posizione sul pavimento.

"Avevo intenzione di dirvelo, Natsuki," disse a voce bassa. Completai la frase da sola: ma abbiamo speso il nostro tempo parlando di faccende personali. Annuii, confermando quello che era stato taciuto.

"Sono d'accordo sul fatto che sono spietati," risposi a una delle sue precedenti affermazioni, "ma non sono sicura che il killer sia la stessa persona. Maupertuis e Merridew sono stati eliminati in modo semplice ed efficiente, con una sola pugnalata. Questo è più…non so, più selvaggio, direi?"

"Per via del sangue?"

Aggrottai la fronte, poi scossi la testa.

"No, non è per questo. Voglio dire è inevitabile visto il modo in cui Wilton è stato ucciso. Ma ho già visto gole tagliate prima, e la gola di questo tizio non è stata semplicemente tagliata, è stata completamente aperta. Nessun segno di lotta, quindi non è successo durante una rissa, un incidente durante il combattimento. Wilton è morto nel modo in cui il suo omicida voleva. A questa persona è piaciuta la violenza del metodo."

Shizuru annuì.

"L'idea di Natsuki ha senso. È una congettura, ma sono d'accordo, specialmente perché c'è un'altra prova a supporto della vostra teoria."

"Oh?"

Indicò la ferita.

"Se guardate da vicino, vedrete che la ferita è stata inferta con una lama seghettata. Visto che è altamente improbabile che l'assassino abbia preso un coltello a caso come arma, significa che ha deliberatamente scelto una lama del genere."

La mia espressione acida non era dovuta alla puzza. Le persone scelgono armi diverse per motivi diversi. I miei revolver, per esempio, erano stati scelti perché le dimensioni ridotte e il piccolo calibro li rendevano facili da maneggiare e da nascondere, e perché non avendo il cane era meno probabile che finissero impigliati quando le avessi estratte dalle tasche in cui le nascondevo, invece che da un fodero vero e proprio. Avevo incontrato persone che sceglievano un certo tipo di arma: un gancio da macellaio, un coltello a serramanico, una volta perfino un bagh nakh indiano. E avevano provato un piacere viscerale nella crudeltà dell'uccidere.

"È una differenza significativa," dissi. "L'assassino di Maupertuis e Merridew voleva morte le sue vittime. Questo voleva uccidere Wilton."

Shizuru annuì, poi si alzò.

"C'è un'altra differenza," aggiunse.

"Quale?"

"Sappiamo anche che l'assassino di Wilton vuole uccidere una di noi, o probabilmente entrambe."

A volte odiavo davvero quando aveva ragione.

  
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