Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Eris Gendei    03/12/2019    2 recensioni
[Finale alternativo Vento Aureo_Parte 5]
Chariot Requiem e Diavolo sono stati sconfitti, la Bucci Gang ha perso la sua guida e non sa come andare avanti. Cosa succederebbe se Gold Experience riuscisse per la seconda volta ad operare l'impensabile? E se vecchi e nuovi sentimenti venissero alla luce?
Piccola reinterpretazione super fluff e demenziale a tratti, perché soffro per la carenza di materiale BruTrish in giro.
[Angst_Fluff_POV_Headcanon; BruTrish_Giomis]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Bruno Bucciarati, Giorno Giovanna, Guido Mista, Jean Pierre Polnareff, Trish Una
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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POV del capitolo: Trish e Mista
 

La prima sensazione che provò Trish fu quella di smarrimento e, scrutando gli altri, vide riflessa nei loro volti la sua preoccupazione.
La gioia ed il sollievo per il risveglio del capo della squadra avevano soverchiato ogni altra emozione per lunghi attimi, ma ora sentiva la disperazione farsi nuovamente strada in lei, un grumo denso nella pancia che le rendeva difficile respirare normalmente .
Stava calando il crepuscolo e la Capitale era in subbuglio; la distruzione di Silver Chariot Requiem aveva fatto sì che ogni anima tornasse alla propria sede senza che la maggior parte delle persone avesse modo di comprendere cosa fosse successo, il che aveva gettato la popolazione in una confusione sottile: nessuno capiva a cosa fosse dovuta quella strana sensazione.
All’interno del grande ventre di pietra dell’anfiteatro i suoni giungevano attutiti, smorzati dalla mole imponente della struttura, eppure si trattava dell’inconfondibile lamento di una città sconvolta da qualche evento inatteso o drammatico…o da entrambi, come in quel caso.
Lo stand, impossessatosi della Freccia su ordine del suo portatore, aveva gettato gli abitanti della città in balia di un evento impossibile da prevedere e da arginare, a meno di lanciarsi in una lotta disperata e quasi suicida: l’anima di qualsiasi creatura vivente aveva lasciato il proprio guscio per andare a depositarsi in un altro corpo, subendo una strana trasformazione; chissà per quanto sarebbe andata avanti se non fosse stato per l’intervento di Giorno, Mista e, incredibile a dirsi, Diavolo.
Tutti decisi ad impossessarsi della freccia, seppure animati da scopi diversi, avevano lottato contro lo Stand potenziato, contribuendo a distruggerlo…ma, nonostante le sembrasse ancora troppo assurdo per essere vero (e di cose assurde negli ultimi mesi ne aveva viste abbastanza per una vita intera), era stato Bucciarati, che tecnicamente giaceva inerte fra le arcate del Colosseo, a sciogliere il segreto di Requiem Chariot e ad annientarlo in modo definitivo.
Poteva vedere come se fosse ancora davanti a lei il giovane capo della squadra ribelle, il volto serio e composto come sempre, infiammato da una fervida determinazione, scatenate il proprio Stand contro la sua stessa Luce Interiore: la brillante impronta della sua personalità che, era un dato di fatto, permetteva a Requiem di individuarlo e di leggerlo.
Ricordava benissimo come fosse rimasta abbagliata dalla sfera impalpabile che aleggiava alle spalle del ragazzo, un piccolo sole personale che le aveva folgorato le retine e lo spirito: per un glorioso, misero istante era stato come vedere la reale essenza di Bucciarati.
Era un momento preludio di disgrazia, terribilmente solenne, eppure Trish aveva sperimentato un’assurda sensazione di intimità mai provata prima; la vista di quella luce l’aveva colpita così tanto da scuoterla fin nelle ossa, le pareva di sentirle ancora riverberare: quasi che lei fosse un diapason e Bucciarati il suo la, sentiva che in qualche modo la sua anima era entrata in risonanza con quella di lui per un attimo.
Ricordava solo vagamente la propria sorpresa di fronte a quella sensazione inaspettata, prima che venisse soppiantata dalla disperazione nel vedere il giovane cadere a terra inerme per la seconda volta in poco tempo.
La sensazione dello spavento la riportò gradualmente al presente, rendendola consciente di una sottile sensazione di panico che si stava insinuando nella sua mente e nel suo stomaco, serrandole le viscere in una morsa dolorosa.
Erano soli, feriti, annichiliti, abbandonati nel bel mezzo dell’immensa Capitale, sicuramente nel mirino di quanti ancora non sapevano della morte del boss (ossia tutti i membri dell’organizzazione, pensò con mesta rassegnazione) e, cosa più importante, senza un posto dove andare.
Tornò a mettere a fuoco i volti dei suoi compagni, sperando di trovare un po’ di conforto nell’osservare che quantomeno erano vivi.
Giorno era ancora al capezzale di Bucciarati, teneva la sua testa sulle ginocchia e continuava ad incanalare l’energia vitale di Gold Experience nel corpo molle del giovane con foga quasi maniacale, come se avesse paura di vederlo sparire un’altra volta, i suoi occhi semiaperti tornare vitrei e vuoti.
Trish vedeva il corpo abbandonato del capo sussultare debolmente ad ogni contatto con lo stand, lo sguardo appena vigile pareva infiammato dalla febbre o da qualcosa di più sinistro; Sticky Fingers aleggiava appena visibile sopra il suo possessore, dandole l’impressione di osservare Bucciarati attraverso una tremolante cortina di calore.
Senza rendersene conto si era ritirata lontano da lui, da loro, trascinandosi nella terra scura e granulosa senza la forza di alzarsi in piedi; i suoi abiti, neanche a dirlo, erano la cosa più lacera e sporca che avesse mai indossato, il rosa della gonna aveva perso ogni brillantezza per diventare un’opaca tonalità di marrone, gli stivali erano solo il vago ricordo di una calzatura. Non osava pensare a come potesse apparire in quel momento: se era sudicia e sconvolta anche solo la metà di Mista, abbandonato come un fantoccio in un angolo, aveva ampiamente superato la soglia dell’umana decenza.
Dall’alto dei suoi quindici anni, diventati improvvisamente cento sulle sue spalle, non riusciva però a pensare a se stessa con orrore o a vergognarsi delle proprie condizioni; ciò che la sconvolgeva realmente era l’aspetto di Bucciarati, la raffinata stoffa dell’abito ridotta ad uno straccio sporco, macchiata di sangue e terra e polvere ovunque, il corpo di solito forte floscio e disarticolato tra le braccia di Giorno, le mani che strisciavano sulla pietra ad ogni sobbalzo e il volto esangue, con la bocca molle da cui colava un leggero filo di saliva rosata.
Provava quasi disagio ad assistere a quella scena patetica, come se stesse guardando qualcosa di indecente, di intimo: Bruno Bucciarati ridotto ad una marionetta più morta che viva, l’instancabile leader privato di tutto ciò che lo rendeva se stesso; ciò che ne rimaneva era soltanto un’ombra di quello che era stato, un’ombra sbilenca coperta di zip e con un assurdo taglio di capelli.
Senza la consueta espressione ferma, il portamento altero e la sicurezza che emanava ad ogni passo ed ogni parola Bucciarati non esisteva, e quel taglio di capelli era quasi ridicolo senza la sua aura di vitale compostezza ad accompagnarlo. Fra le braccia del compagno disertore non era altro che un ragazzo troppo giovane, vittima dell’infinita sequela delle proprie scelte sbagliate. Sembrava quasi piccolo.
Trish ebbe un’improvvisa voglia di vomitare.
Sentì un confuso manipolo di sentimenti farsi strada in lei come una colata lavica, eruttare con violenza da un punto recondito delle sue viscere e bruciare ogni cosa al suo passaggio; non sapeva se fosse più impellente il bisogno di gridare, vomitare, piangere o accartocciarsi su se stessa per non muoversi più.
In un tempo terribilmente breve aveva perso la sua casa, la sua famiglia, il suo luogo natale ed ora anche la banda di sciamannati ribelli che l’aveva protetta e accolta in quei mesi terribili. Sua madre non c’era più, suo padre aveva tentato di sbarazzarsi di lei nel peggiore dei modi ed ora doveva fronteggiare anche la perdita del suo nuovo, precario centro di gravità, l’uomo che l’aveva portata incolume fino alla fine e aveva rischiato la vita per lei.
All’improvviso montò in lei un impeto di rabbia, perché, nonostante la battaglia, Giorno continuava a sembrare un serafino sceso dal Paradiso, un angelo vendicatore dal volto acceso di folle tenacia, un salvatore immune alla polvere, al sangue, alla disperazione.
Soprattutto era vivo.
Era vivo quando sarebbe dovuto morire lui, quando il ragazzo che teneva fra le braccia avrebbe dovuto ergersi ancora una volta a capo del loro disastrato gruppo e invece era morto; era vivo e lo odiava.
E le faceva schifo.
Quasi senza rendersene conto, con una fatica al contempo immensa ed inesistente, si sollevo e caracollò fino a Mista; il suo compagno di sventura, l’unica anima che sentiva ancora vagamente vicina alla propria, come se nello scambio di corpi avesse lasciato qualcosa di sé in lei: il pensiero la fece sentire per un attimo meno sola, ma non la trattenne dal collassare su di lui e dare sfogo alle proprie viscere sui suoi pantaloni, incapace di spostarsi o prendere la mira in modo migliore.
Guido, dal canto suo, pareva una bambola.
 Inginocchiato nella polvere, immobile e freddo, fissava un punto imprecisato fra le braccia di Giorno come se la sua mente rifiutasse di mettere a fuoco cosa, o meglio chi, c’era effettivamente lì.
Rimase impassibile quando Trish gli vomitò addosso, altrettanto quando lei lo scosse ed iniziò a singhiozzare convulsamente sulla sua spalla.
Quando Bucciarati era morto se n’era andato qualcosa; qualcosa che un tempo aveva posto nel suo petto, una creatura viva e calda, un laccio che lo teneva ancorato all’uomo riverso a terra.
Ammirazione, rispetto, fiducia, gratitudine erano come candele che andavano spegnendosi nel cuore di Mista, lasciandolo inerte come un pezzo di pietra.
E lui non sentiva più niente.
Nessuna spinta lo muoveva ad avvicinarsi a Giorno e al corpo che continuava a tentare di rianimare, non c’era nulla lì che lo chiamasse, non una presenza amica e confortante, non la forza di spirito che era sempre emanata da suo capo come una luce.
Avvertiva vagamente la pressione dei pugni di Trish, che picchiava sul suo petto e sulla schiena gridandogli qualcosa fra le lacrime, ma i suoni non lo raggiungevano, era come guardare un film con la testa infilata sott’acqua: nelle sue orecchie c’era solo un frastuono cupo e ovattato, sentiva e non capiva, e se anche avesse compreso cosa lei diceva si sarebbe rifiutato di ascoltarla.
Ai margini del suo campo visivo il mondo stava perdendo colore.
Il suo mondo era ridotto ad una macchia bianca, nera e blu, che sobbalzava al ritmo dei colpi dello stand di Giorno.
Ne qui ne lì.
Nonostante gli occhi semiaperti, Bruno Bucciarati sembrava non esistere più, Guido lo sentiva; anzi, non lo sentiva, perché i portatori di stand percepiscono sempre la presenza dei loro simili, degli amici ancor più che dei nemici, e laggiù c’era solo un grande buco nero.
Vedeva senza vedere Trish che si piegava su se stessa, contorta nel suo stesso dolore, Giorno madido di sudore e pallido come mai prima, Gold Experience baluginare come fosse affaticato, una mano contrarsi sulla pietra all’improvviso…
Il mondo smise di vorticare e al contempo cessò di essere immobile.
Fu come tornare al presente dopo un viaggio durato secoli, le ultime ore si coagularono in un istante infinito per riportarlo alla coscienza, inginocchiato in mezzo al Colosseo senza sapere quando e come vi fosse arrivato e quando avesse deciso di crollare a terra, o forse era stato il suo corpo a decidere per lui.
Non aveva più certezze se non quella di aver visto la mano di Bucciarati contrarsi al contatto con Gold Experience.
Come un sonnambulo si sollevò in piedi, con Trish ancora abbarbicata addosso, e si trascinò quanto più in fretta poteva verso Giorno e il corpo accanto a lui, un corpo che aveva appena ricominciato ad esistere.
E non solo perché al movimento della mano andavano sommandosi quelli degli occhi, che frugavano l’anfiteatro in cerca di chissà cosa, improvvisamente febbrili, o delle labbra che tentavano di articolare parole; Guido lo sentiva, finalmente lì c’era qualcosa, qualcosa era tornato.
Come dall’interno di un lunghissimo tunnel vide Giorno sorridere trionfante e sbigottito, sentì Trish gridare e precipitarsi accanto al compagno.
E poi c’era lui, stordito e sconcertato, conscio soltanto del fiume di speranza che si stava riversando nel suo animo.
Chiuse per un attimo gli occhi, abbandonandosi al sollievo, e sentì l’estremo bisogno di ringraziare qualcuno lassù o in qualsiasi altra direzione, perché per una volta nella vita aveva finalmente desiderato con tutto se stesso ed era stato esaudito.

 

 

 

Nota dell'autrice: abbiate pietà perché sono anni che non pubblico su EFP e ho completamente perso la mano con la formattazione e tutti i dettagli tecnici; ho cercato per la terza volta di sistemare l'interfaccia, modificandola completamente, perchè mi sono accorta che la visualizzazione da telefono era completamente sballata...ora risulta più agevole (finalmente!) ma non è comunque come la vorrei. Mi piacerebbe un feedback sul font e la marginatura, io così la trovo molto comoda ma vorrei sapere che ne pensate!
Nel frattempo grazie per la visita, spero che il primo capitolo vi sia piaciuto, a breve andrò avanti con la pubblicazione. La storia è praticamente completa, devo solo finire di revisionarla e completare un paio di capitoli, ma la cosa si sta ruvelando più lunga del previsto, anche per impegni quotidiani...abbiate pazienza.
Namaste

  
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