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Autore: time_wings    03/12/2019    2 recensioni
Alla 1-A viene data l'opportunità di passare un'estate in un resort di lusso. Sembra forse esserci un modo migliore di combattere il caldo e i duri allenamenti al chiuso?
Purtroppo, però, sogni così inverosimili, si sa, finiscono sempre per schiantarsi al suolo ed i ragazzi scopriranno presto, a loro spese, che non è tutto oro quello che luccica e che, come ogni eroe che si rispetti, anche a loro toccherà guadagnarsi la fortuna che tanto desiderano.
Riusciranno i nostri futuri eroi a trovare il modo di godersi l'estate nonostante imprevisti ed incidenti di percorso?
Piccole avventure e brevi sconfitte riempiranno i capitoli con il fascino travolgente dei personaggi che abbiamo amato.
Una storia di amicizia e di paura, che mostra il percorso di adolescenti in cerca di loro stessi, alle prese con timori da superare e amori da conquistare.
[KiriBaku, KamiJirou, Tododeku]
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou, Mina Ashido
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ALGOPHOBIA

paura di provare dolore

 

I'm not afraid of death; I just don't want to be there when it happens.
Woody Allen



La notte, si sa, porta consiglio.
Per questo motivo l’unica ragione per cui Kirishima era riuscito a prendere sonno, la sera prima, era la magra, ma incrollabile speranza che, dormendoci su, le cose si sarebbero messe a posto. O, per lo meno, credeva che la luce del sole gliele avrebbe mostrate con più chiarezza.
“Svegliati, capelli di merda.” Bakugo gli tirò via le lenzuola di dosso e alzò la veneziana. Che meravigliosa ricompensa!
La luce del sole non gli pareva più tanto un toccasana.
Kirishima afferrò con un grugnito il cuscino e seppellì la testa sotto di esso: “Ascoltami bene, non importa se hai fatto le ore piccole per quel tuo scherzo del cazzo. Tu adesso ti alzi. Oggi abbiamo solo mezza giornata.”
Che voce melodiosa con cui alzarsi la mattina!
“Magari tu. Oggi inizia il week-end dello sport.” Mugugnò in risposta, ricoprendosi di nuovo alla bell’e meglio e usando i piedi per riagguantare le lenzuola. Non aveva alcuna intenzione di alzarsi ed essere costretto a lavorare a stretto contatto con Kaminari.
Forse era da codardi, ma tutto ciò che desiderava era di non rivedere quello sguardo disgustato di nuovo. I suoi ricordi, d’altronde, si stavano già adoperando per piantarglielo davanti agli occhi ogniqualvolta sbattesse le palpebre: “Kirishima.” Lo riprese Bakugo, chiamandolo miracolosamente con un appellativo diverso da ‘capelli di merda’. Doveva essere parecchio irritato… o vagamente in pensiero per lui.
A riprova di ciò, lo privò ancora delle lenzuola e gli strappò con violenza il cuscino dalla testa, lanciandolo da qualche parte nella stanza. Kirishima aprì gli occhi e si mise lentamente a sedere con un sospiro, fissando un punto imprecisato del parquet.
“Tu avviati a colazione. Io vengo dopo.” Annunciò il ragazzo, senza interrompere la sua contemplazione delle assi piatte di legno.
“Ma che ti prende?” Bakugo alzò un sopracciglio, titubante. Kirishima alzò lo sguardo su di lui e il biondo arrossì, colto in un atteggiamento lontanamente simile all’apprensione.
“Niente. Avviati.” Quel giorno non aveva tempo da sprecare nell’analisi dei segnali. O meglio, non ne aveva voglia.
“Ma sei cretino? Ti ho chiesto…” Eccolo di nuovo, aggressivo come sempre.
“Bakugo.” Lo ammonì. Kirishima sembrava esausto.
Un suono che potrebbe essere approssimato al celebre tsk scappò dalle labbra del ragazzo, mentre poggiava una mano sulla maniglia e si voltava un’ultima volta a controllare l’amico.
“Ricomponiti, perché sembri un cretino.” Lo offese Bakugo, prima di aprire la porta e avviarsi a fare colazione: “E anche una femminuccia.” La porta si richiuse con un tonfo.
Kirishima sorrise debolmente. A quanto pareva il biondo non passava poi così poco tempo ad osservarlo, perché aveva toccato le giuste corde. Con un colpo di reni si alzò dal letto e andò a rinfrescarsi, cercando dentro di sé il coraggio che solo un vero uomo avrebbe avuto per affrontare la giornata che lo attendeva.
 
“Ehm… salve?”
Un paio d’occhi dorati si posarono incuriositi su Midoriya. Era seduto a terra, accanto al mini-frigo del chiosco del bar e sembrava del tutto intenzionato a non alzarsi da lì per un bel po’. Il nuovo arrivato lo scrutò confuso. Lo stava ascoltando? Si schiarì la voce e parlò ancora: “Ti disturbo?”
Questa volta la voce del ragazzo sortì l’effetto opposto. Midoriya lo sentì eccome, anzi, saltò sul posto, andando a sbattere la testa sul ripiano di legno sopra di lui.
“Ahi.” Si lamentò il ragazzo, poggiando una mano sulla superficie del bancone e tentando di nuovo di alzarsi. Purtroppo, però, mise la mano in fallo, o meglio, su un vassoio, che si capovolse non appena vi si appoggiò. Il contenuto gli cadde in testa, costringendolo ancora una volta a restare seduto.
“Ehm, hai bisogno di una mano?” Il cliente non sapeva che pesci pigliare. Il cameriere sembrava avere un momento la situazione in mano, quello dopo aver preso un abbaglio.
“No, no, tranquillo.” Midoriya fece leva sulle braccia e si alzò, spazzolandosi i vestiti e massaggiandosi la testa. Il ragazzo dagli occhi dorati non poté che guardare i cocci dei bicchieri rotti con una punta di ironia. Midoriya seguì il suo sguardo e trasse un respiro profondo: “Scusa.” Esalò guardandolo come se fosse stato il proprietario di quelli che adesso erano solo frammenti di stoviglie: “Che ti servo?”
“Solo una coca-cola.” Rispose, quasi temendo che il barista potesse farsi ancora male, esaudendo la sua richiesta.
Midoriya annuì, pregando che Jiro facesse in fretta a tornare, perché, a quanto pareva, di gestire il chiosco da solo per cinque minuti proprio non gli riusciva. Consegnò la lattina e incassò le monete.
Prima che potesse mettere a posto il pasticcio che aveva combinato, però, la sua collega tornò al bar della spiaggia reggendo un paio di casse di bibite.
“Cos’è successo?” Domandò la ragazza, guardando Midoriya con un sopracciglio alzato. Lui sospirò, passandosi nervoso una mano sul retro del collo, decisamente in imbarazzo: “Ero sovrappensiero, io… Scusa, non volevo.” Jiro lo guardò come se fosse pazzo. Aveva una costernazione nella voce decisamente fuori luogo. Aveva rotto due bicchieri, in fin dei conti, non certo commesso un omicidio, se non si contava l’occultamento di canne da pesca e tappeti.
Jiro sorrise e mosse le mani davanti alla sua faccia: “Tranquillo, capita, non è un problema.” Lo rassicurò. Una parte di lei sarebbe voluta scoppiare a ridere per quanto la scena era ridicola, ma c’era una vocina nella sua testa che le gridava di essere gentile: “Piuttosto…” Aggiunse, quindi, osservandolo per un attimo raccogliere i cocci con mani tremanti: “perché sei così teso?”
Midoriya alzò uno sguardo composto unicamente da grandi occhi verdi e imploranti. Jiro sorrise: era un libro aperto anche per lei, che non lo conosceva poi così bene. Era chiaro come il sole che ci fosse qualcosa che non andava: “Oh, ehm… Niente, sto bene. Non sono teso.” Negò, le sopracciglia alzate e contratte in un’espressione che non indicava nient’altro che inquietudine.
“Ah, no?”
Midoriya si alzò di nuovo in piedi: “No, no.” Esalò, sfuggendo però allo sguardo della ragazza e muovendolo quasi automaticamente in direzione di Todoroki. Bakugo stava urlando alla sua schiena, come ogni volta in cui avevano lo stesso turno. Jiro seguì il suo sguardo velocemente e tornò un attimo dopo a guardare confusa Midoriya, che adesso fissava il mare.
“Va bene se non vuoi parlarne, ma smetti di pensare così tanto, ché finisci per bucarti il cervello.” Lo prese in giro dolcemente la ragazza. Deku si voltò in un lampo verso di lei, come a chiederle come avesse fatto a smascherare la sua menzogna.
Che ingenuo.
“I-io…” Jiro alzò un sopracciglio: “Sì, hai ragione. Sono teso.” Convenne Midoriya, abbassando lo sguardo. Proprio in quel momento, però, la sua attenzione fu attirata da Uraraka, che camminava a passo svelto verso di loro.
“Ehi!” La salutarono i baristi in coro, mentre la ragazza li raggiungeva col fiatone.
“Sei qui per lui, immagino.” Esordì Jiro, non appena Uraraka si fu seduta allo sgabello del bancone. La nuova arrivata annuì: “Te lo lascio. Oggi non lo capisco.” Concluse, slacciandosi il grembiule e lasciandolo sulla superficie di legno. Poi fece per allontanarsi dal bar a passo spedito, ma un pensiero semplice e divertente le attraversò la testa: timidi com’erano, non ci sarebbe stato gusto ad andarsene di lì senza metterli un po’ in imbarazzo: “Mi raccomando, però…” Aggiunse infatti, voltandosi per metà, in modo che i ragazzi potessero scorgere il sorriso furbo ad alzarle gli angoli delle labbra: “niente cose sporche dietro il bancone!” Li ammonì, abbandonandoli così.
Uraraka, se possibile, raggiunse un colorito che un pomodoro avrebbe potuto solo invidiare, mentre Midoriya aggrottò la fronte confuso, non dimenticandosi, però, di arrossire appena anche lui. Giusto per precauzione, insomma: “Ecco, era di questo che volevo parlare.” Iniziò la ragazza, cercando di riportare la sua faccia ad una sfumatura per lo meno umana.
“Asp… Avevi intenzione di…” Midoriya indicò con un pollice il suo lato del chiosco. Uraraka sgranò gli occhi, rinunciando una volta per tutte al suo antico rosa carne: “NO, NO!” Gridò, agitando le mani davanti alla sua faccia, mentre una strana voglia di avere la permeazione, come Unicità, si impossessò di lei, facendole desiderare di sprofondare nel terreno: “No,” Ripeté, cercando di mantenere la calma: “ho… ho fatto un pasticcio.” Si arrese, cercando conforto nello sguardo confuso del suo amico.
“Posso aiutarti a risolverlo?” Tentò Midoriya, deciso adesso a darle una mano a tutti i costi.
“Sì, ecco, diciamo che l’altra sera le ragazze mi hanno chiesto come fosse andato il nostro, sai…” Uraraka esitò, alzando lo sguardo su di lui: “incontro.”
Midoriya sembrò afferrare al volo, perché distolse lo sguardo a disagio e arrossì, tanto per cambiare: “Mi dispiace di averti messa in difficoltà.” Si scusò, poi. Uraraka desiderò praticamente di morire.
“No, no affatto, è che… Non sapevo come rispondere alle loro domande e allora…”
Deku sgranò gli occhi terrorizzato e tornò a guardare la sua amica con il panico nella voce: “T-t-tu… gliel’hai detto?”
“Che? No!” Si difese la ragazza, stremata da quella conversazione fatta di imbarazzo e ansia: “No, io… No, ma hanno capito male. Ho provato a fermarle, ma…”
Midoriya adesso la guardava incuriosito. Cosa potevano aver mai capito?
“Adesso credono che tu… Insomma, che noi stiamo insieme.” Sputò fuori chiudendo un occhio come se temesse che Deku potesse decidere di tirarle un pugno. Deku. Insomma Deku. Lo stesso che era arrossito almeno una ventina di volte in cinque minuti. Deku.
Oh.
“Ah.”
“Già.” Uraraka guardava in basso, come se si vergognasse delle sue azioni e del fastidio che stava procurando al suo amico: “Voglio pensare a una scusa plausibile e dir loro la verità al più presto, ma… Insomma per il momento…”
“Beh, va bene.” Il ragazzo alzò le spalle, sorridendole timidamente.
“Che?”
“Sì.”
“Ma se lo vengono a sapere tutti Todoroki penserà…”
“Non fa niente. Non è che mi vedrà mai in quel senso, in ogni caso.” Specificò Midoriya, rinsaldando il suo sorriso. Uraraka lo guardò confusa: “Ma… Ma tu non ti arrendi mai.” Lo contestò lei. Non poteva credere al fatto che lei, che aveva trovato la forza per confessargli i suoi sentimenti ispirandosi proprio al suo coraggio, lo sentisse adesso parlare così.
Midoriya scosse la testa, un po’ affranto, un po’ rassegnato: “Penseremo insieme ad una mezza verità.” Rispose invece.
Uraraka annuì, lasciando cadere la questione. Lui gliene fu grato.
Iniziò a chiedersi se non fosse più semplice accontentarsi, innamorarsi di lei, in qualche modo e vivere felice. Si chiese dove avrebbe potuto trovare quell’interruttore, mentre un barlume di fuoco inestinguibile ardeva in un angolo remoto del suo petto, così nascosto da essere a tratti invisibile.
Gli ricordò che Midoriya Izuku non si arrendeva mai; poi si assopì.
 
“Che ci fai tu qui, lobi lessi?”
Jiro guardò Bakugo confusa, alzando gli occhi al cielo un attimo dopo: “Questo sarebbe un insulto?”
Bakugo ringhiò e la ragazza lo guardò stranita. Che cosa aveva in testa che non andava? “Ho lasciato loro un po’ di privacy per parlare.”
“Di cosa dovevano parlare?” Si interessò Todoroki, tornato dall’ennesima consegna di ombrelloni che Bakugo si era rifiutato di fare.
Jiro lo guardò confusa. Da quando in qua domandava qualcosa che non lo riguardasse in qualche modo?
“Ma che cazzo te ne frega?” Il biondo diede voce ai suoi pensieri… solo, con un po’ più di irruenza.
Todoroki alzò gli occhi al cielo, ma non replicò. La cosa fece andare comunque Bakugo su tutte le furie.
“Non lo so, cose da coppie diabetiche, immagino.” Esalò la ragazza, stringendosi nelle spalle.
Jiro notò lo sguardo di Todoroki spegnersi lentamente. Non che normalmente non lo fosse (spento, s’intende), ma in quel momento sembrava quasi essersi liberato di ogni emozione, come se si stesse preparando per uno dei suoi soliti attacchi glaciali. Qualcosa nella testa di Kyoka scattò, i pezzi si misero a posto e milioni di frasi e gesti le sembrarono improvvisamente chiari.
Possibile che…
“Da coppie?” Domandò atono il ragazzo.
“DA COPPIE?” Ripetè Bakugo, con la voce pregna di tutte le emozioni di cui Todoroki mancava.
Jiro annuì: “N-non lo sapevate?” Tentennò, indecisa sul da farsi.
“Nerd di merda.” Mugugnò Bakugo, decidendo che era arrivato il momento giusto di mettersi al lavoro e lasciando i due ragazzi da soli. Agguantò borbottando un paio di lettini come se fossero stati la causa di tutti i suoi mali e si avviò a passo svelto verso un ombrellone, piantandoli nel terreno con una forza decisamente poco necessaria. I clienti vicini saltarono sulle loro sdraio, sorpresi da tanta irruenza.
“Io torno… al chiosco.” Esalò Jiro congedandosi e Todoroki annuì.
Quando giunse dai due ragazzi, che adesso erano finiti a parlare del più e del meno, non poté che rivolgere a Uraraka uno sguardo che le sembrò decisamente strano. Aveva la fronte aggrottata e le labbra ridotte ad una linea, come se volesse metterla in guardia. Ma da cosa?
Con questo pensiero in testa, Uraraka salutò i baristi e si allontanò. Era felice che Midoriya avesse deciso di supportarla, ma aveva uno strano presentimento.
 
Quando Kirishima aveva capito di essersi preso una cotta per il suo migliore amico aveva adottato l’unica tattica che conosceva in un mare di pericoli ignoti: confidarsi. Dopo averne preso coscienza il passo più naturale era stato quello di mettere le cose in chiaro, affrontare se stesso e, per fortuna, aveva avuto Ashido dalla sua parte.
Per questa ragione quando, quella mattina, lui e Kaminari avevano avviato una partita a calcio tra i bambini, Kirishima non era riuscito a trattenersi e, ancora una volta, il desiderio di mettere le cose in chiaro aveva attivato un’impulsività che formava già una parte importante del suo carattere. Per farla breve, insomma, sputò fuori il suo malessere non appena ebbe suonato il fischietto rosso che si era procurato. D’altro canto, i veri uomini prendevano le situazioni di petto, giusto?
“Allora, qual è il problema? Non sono abbastanza uomo?” Cominciò, osservando il campo da gioco come se non avesse appena iniziato un discorso che gli pesava.
Kaminari lo guardò con un misto di confusione e risentimento nello sguardo: era ovvio che Kirishima non fosse stato vittima di un malinteso. Era chiaro come il sole che non fosse pimpante come al solito, quella mattina.
Kaminari scosse la testa e sorrise amaro: “No, amico, sei fuori strada.”
Kirishima si voltò per la prima volta verso di lui. Ma perché era così criptico? Che senso aveva? Non poteva, semplicemente, dirgli che lo disgustava? Avrebbe fatto meno male.
Si accasciò sulla panca, senza staccargli gli occhi di dosso. Kaminari, allora, scivolò più lontano da lui e qualcosa, nello sguardo di Kirishima, si ruppe: “Ti sei allontanato? Sul serio? Credi che possa mischiartelo, che sia una sorta di epidemia? Oppure pensi che sia attratto da te, che ti guardo il culo quando cammini solo perché sei un ragazzo?” Gli occhi gli lampeggiavano e ad ogni domanda che gli poneva l’ira nella voce cedeva il posto al dolore, alla vergogna e all’imbarazzo. Gli stava facendo quelle domande come se una parte di lui si fidasse ancora del suo amico, come se un miracolo avesse potuto ancora fargli credere che no, Kaminari non pensava quelle cose. Non poteva.
Il biondo alzò uno sguardo altrettanto offeso su di lui, gli occhi dorati illuminati da una luce che Kirishima non gli aveva mai visto, neanche durante un combattimento. Sembrava ferito, deluso: “È questo che credi?” Gli domandò, poi, come una bomba di elettricità pronta ad esplodere. Qualche volt gli si posò sulle punte delle dita, come pronto ad attaccare.
“È quello che ho visto.” Kirishima indurì in riflesso una mano, avvicinandosi al viso del biondo col suo. Poi lo vide tremare.
“Io mi fidavo di te! Sei il mio migliore amico!” Proruppe Kaminari, alzandosi in piedi di scatto, mentre un braccio si caricava.
“Questo dovrei dirlo io. Mi stai facendo sentire un rifiuto.” Kirishima seguì i suoi movimenti, mentre con la vista periferica si accertava che la partitella andasse avanti senza intoppi.
“Tu mi hai fatto sentire così, idiota!” Gridò Kaminari, mentre deviava l’ondata di elettricità che aveva accumulato verso l’alto, evitando di colpire Kirishima e stravaccandosi esausto sulla panca.
Lasciò andare la testa tra le gambe, mentre i capelli biondi ricadevano spenti verso il basso e gli occhi abbandonavano ogni vitalità: “Sono il tuo migliore amico e non mi sono accorto di quello che stavi passando. Come se non bastasse vengo a sapere che avevi addirittura paura di dirmi cosa provavi. Come se avessi davvero potuto rifiutarti, abbandonarti e voltarti le spalle. Hai idea di come mi sia sentito? Io, che ti ho confidato i miei dubbi, che ti ho detto come mi sentivo quando mi sono accorto di provare qualcosa per Jiro.” Kirishima si sedette timoroso sulla panca, mentre guardava sconvolto la sua nuca: “Come se non bastasse arrivi a credere che potessi trovarti una specie di umano mutante? Che una cosa del genere avrebbe potuto cambiare le cose tra noi?” Kaminari alzò la testa e tornò a guardarlo, mente un sorriso puro, ma anche un po’ triste gli distorceva i lineamenti. Scosse il capo, deluso, ma i suoi occhi rilucevano ancora di speranza: “Allora non hai capito niente, amico.”
Kirishima si rese conto in quel momento di avere ancora la pelle indurita e i muscoli tesi. Si rilassò ed una nuova consapevolezza bucò la bolla di amarezza in cui si era rintanato, mentre il senso di colpa si faceva strada in lui ed un’ondata di affetto nei confronti del suo amico gli riscaldava le viscere: “Davvero è questo che… che…”
“Certo.” Kaminari rise e alzò gli occhi al cielo (atteggiamento che gli era stato gentilmente prestato da Jiro e di cui non si rese nemmeno conto), prima di rivolgere ancora lo sguardo verso di lui.
“Io… Non avevo capito, dico davvero, è che avevo così paura di quello che avreste potuto pensare che non mi sono concentrato su altro.”
Kaminari annuì comprensivo: “Non ce l’avevo con te per quello che sei, amico, ero solo deluso del fatto che non fossi corso a dirmelo, quando io l’ho fatto con te poco tempo fa. Mi sono sentito tradito. Credevo potessimo dirci tutto. Scusa se non sono stato un buon amico, se ti ho fatto pensare che non ti avrei appoggiato.”
Kirishima lo guardò triste: “No, non è così, ho frainteso io, ecco… Sono io che ti chiedo scusa.”
“Non fa niente, ma… la prossima volta sii diretto, okay? So che sono abbastanza stupido, ma non c’è niente che mi farebbe mai cambiare idea su di te.” Kaminari sorrise e lo coinvolse in un abbraccio aggressivo che Kirishima non poté che ricambiare con una sonora risata e qualche pacca virile sulle spalle.
“Su una cosa hai ragione, però.” Iniziò poi, non appena ebbe sciolto la stretta. Kaminari alzò un sopracciglio curioso: “Sei abbastanza stupido.” Sentenziò scoppiando a ridere e coinvolgendo anche il biondo.
“Ti va di giocare?” Domandò poi Kaminari, dopo qualche secondo di confortevole silenzio.
Kirishima lanciò uno sguardo veloce in direzione del campetto e alzò un sopracciglio divertito. Kaminari ricambiò con uno di quegli sguardi complici che si scambiavano ogni volta che erano sul punto di combinarne una delle loro.
“Ovvio che sì.” Sentenziò Kirishima alzandosi e invadendo il campo, seguito a ruota dal suo amico.
 
“Buonasera telespettatori, abbiamo qui un’ufficialissima sfida partecipante al week-end dello sport. Il fine settimana, in parole povere, in cui si lascia posto alla competizione e al fair play, alla vita e alla morte, al divertimento!” La voce di Present Mic risuonò nella pineta, dove era stato posizionato un tavolo da ping pong e qualche sedia di plastica che fungeva da spalti rudimentali.
“Non c’è nessun televisore. Non abbiamo telespettatori.” Lo corresse Aizawa, che sembrava essere stato messo lì per ricatto più che per volontà. La risata di All Might riempì la platea di cui, per il momento, era il solo membro, fatta eccezione per una vecchietta il cui viso sembrava portare più rughe che anni.
Kaminari, per di più, stava correndo in direzione del campo con una sacca ricolma di racchette e palline.
“Eccomi, ci siamo!” Esalò a stento, sfiancato dalla corsa.
Jiro prese posto non troppo distante dalla vecchia signora e ridacchiò sotto i baffi. Kaminari le regalò un’occhiataccia, fingendosi offeso.
“L’hai presa la rete?” Gli domandò Kirishima, non appena il biondo ebbe posato il bottino sul terreno.
“Eh? Dovevo?”
Kirishima si batté una mano sulla fronte e annuì: “Corro.” Garantì il biondo, allontanandosi nella pineta.
“Ebbene, si parte!” Tuonò la voce di Present Mic, non appena Kaminari fu tornato dalla sua seconda e rilassante corsetta per il resort: “A quanto pare oggi c’è anche un torneo di atletica.” Scherzò poi, quando posò gli occhi sul povero Denki, sudato e affannato.
“I primi volontari a sfidarsi sono Ochaco Uraraka e Yaoyorozu Momo! Una sfida tutta al femminile che vedrà le nostre donzelle battersi fino a rinfacciarsi anche i respiri più fastidiosi, anche le…”
“Piantala.” Intervenne Aizawa, smontando la verve del collega.
“Oh, avanti, mi sto solo divertendo un po’. Mi raccomando, date il meglio di voi!”
Uraraka guardò l’amica con un pizzico di ilarità e tensione. La 1-A e qualche curioso scrutavano il campo da gioco con estrema attenzione. Non perché fosse propriamente interessante, ma più che altro perché non c’era nient’altro da guardare. Momo sorrise e sollevò la pallina per qualche secondo, poi la colpì, prima che toccasse il campo da gioco, spedendola nella metà avversaria del tavolo. Uraraka ebbe i riflessi pronti, ma era sempre stata una frana negli sport poco dinamici, quindi impresse più forza del necessario e la pallina non colpì il tavolo.
Il gioco andò avanti così per un po’, con Uraraka che a stento riusciva a reggere il gioco di Momo, che, al contrario, aveva iniziato a giocare a ping pong nel suo giardino in tenera età e non aveva mai smesso.
“Forza Urarakaaaaa!” La voce di Deku risuonò nella pineta e allora quella che Present Mic amava definire una telecronaca si accese improvvisamente di entusiasmo: “Abbiamo dei sostenitori. Riuscirà il tifo del giovane Midoriya a ribaltare la sit… OOOOH PERBACCO, abbiamo una svolta!” Incalzò il professore. In quel momento, infatti, Uraraka fece levitare l’ennesima pallina che aveva spedito con troppa forza nella metà avversaria, facendola decelerare, poi cadde piano sul tavolo, sotto gli occhi sbalorditi di Momo. Ochaco scoppiò a ridere e alzò le mani: “Non hanno detto di non usare le Unicità.”
“Non l’abbiamo detto?” Domandò confuso Present Mic ad Aizawa, che scosse la testa: “Non l’abbiamo detto, signori, non l’abbiamo detto! Come reagirà la giovane avversaria, ripagherà con la stessa moneta o…”
Momo sorrise divertita, poi prese la pallina tra le mani, spostando lo sguardo in alto a destra, in riflessione. A quel punto altre cinque palline fuoriuscirono dai palmi delle sue mani e, in un attimo, le mise in gioco.
“CHE?”
“Gioca, gioca!” Ancora una volta la voce di Deku incitò l’amica, Uraraka gli rivolse una veloce occhiata complice e di nuovo le palline levitarono, mentre Momo ne generava già altre.
Todoroki si voltò a guardarlo fare il tifo, mentre si aggiungeva anche Iida. Poi spostò lo sguardo su Ochaco.
Sembravano entrambi così innocenti, così puliti, così puri e, soprattutto, così dannatamente perfetti insieme. Si sentì in colpa per avere, negli ultimi tempi, anche solo pensato di immischiarsi, di rovinare la loro felicità, soprattutto in quel momento, che sapeva che non era qualcosa che fiutava solo lui, ma qualcosa che avevano iniziato a diffondere, qualcosa di vero che non si limitava ad essere solo una sua paranoia.
Midoriya e Uraraka adesso erano una coppia e gli parvero così felici, così completi da farsi ribrezzo per aver avuto in mente, anche solo per un attimo, di sporcare quella luce con le sue tenebre, di rompere quell’equilibrio permanente con le sue altrettanto permanenti incongruenze. Come aveva sperato, immaginato e sognato di trovare il collante che lo spaccava in due in Midoriya, che era già così soddisfatto?
Osservò Kirishima e Kaminari prendere il posto delle ragazze.
“E tu non fai il tifo per me?” Domandò il biondo a Jiro, avvicinandosi con una corsetta agli spalti… si fa per dire.
“Perché dovrei?” Domandò la ragazza, con un cipiglio ironico. Era ovvio che avesse capito, ma preferiva di gran lunga prenderlo in giro.
Kaminari si strinse nelle spalle: “Midoriya ha fatto il tifo per Uraraka.”
“Loro sono una coppia.” Puntualizzò Jiro, alzando un sopracciglio scettica e Kaminari abbassò lo sguardo a disagio, storcendo la bocca di lato e alzando le spalle fingendo noncuranza.
Dopo aver deciso, grazie all’aiuto di Ashido, di dare una possibilità a Kaminari, Jiro si era ritrovata piuttosto delusa e abbastanza confusa dal suo comportamento. Durante il film horror, infatti, il biondo si era fatto audace e aveva apertamente flirtato con lei, accendendo un briciolo di speranza nel cuore della ragazza. Dopo pochissimo, però, era scappato.
Ora, la logica le suggeriva che l’aveva fatto per dare il via allo scherzo (stupido e infantile, in aggiunta), ma la parte più irrazionale di lei si chiedeva se in realtà non avesse affatto intenzione di portare il loro strano rapporto ad un livello più serio. Continuava a volerci andare coi piedi di piombo.
“Ehi, capelli di merda!” La voce soave di Bakugo si fece strada tra gli alberi, mentre il ragazzo sbucava nello spiazzo, per assistere alla partita.
“Oh, sei venuto a fare il tifo?” Domandò Kirishima, che, nonostante la concentrazione, trovò il tempo per concedersi un sorrisino ironico. Kaminari cercò di sfruttare la sua distrazione, ma non ebbe successo.
“Assolutamente no.” Precisò il biondo: “Me la prendo con te perché non hai le palle di affrontare un degno avversario.”
“Io sono un degno avversario.” Lo corresse Kaminari, squadrandolo e, proprio in quel momento, la pallina atterrò sulla sua fronte, facendolo cadere lungo disteso.
“Spostati, stupida comparsa.”
“Sono in classe tua da un anno. Un anno.” Si lamentò Kaminari, mentre Bakugo gli strappava la racchetta dalle mani e si posizionava al suo posto.
“È anche il mio migliore amico.” Aggiunse Kirishima.
“Hah? Quello sono io.” Strillò furente Bakugo, raccattando la pallina da terra e lanciandola con il triplo della forza necessaria dritta nel petto già indurito di lui. Era evidente che Bakugo non fosse aggiornato sulle recentissime novità della vita sentimentale di Kirishima.
“Abbiamo una… ehm, una sostituzione. A quanto pare nelle regole non si vieta a un giocatore di scaraventarne un altro a terra e prendere il suo posto!” Trillò Present Mic, che ribolliva di entusiasmo in modo decisamente eccessivo: “Non l’abbiamo detto?” Domandò ancora, inarcando un sopracciglio e voltandosi verso Aizawa, che, come da copione, scosse la testa.
“Non l’abbiamo detto, signori, non l’abbiamo detto!” Ripeté raggiante il telecronista.
All Might rise di gusto dalla sua sedia di plastica.
“Lei sembra proprio un bell’eroe.” Considerò la vecchietta, osservando da capo a piedi il professore, che da un po’ non era in forma smagliante, a detta di molti, ma non di tutti.
“Lei crede?”
“Oh, sì. Se le va, alloggio nell’edificio E-1, camera E-17. Sono curiosa di scoprire la sua Unicità.” Tentò lei, strizzandogli l’occhio con un sorriso talmente puro da cozzare con le parole che aveva pronunciato qualche attimo prima.
All Might alzò le sopracciglia, comprendendo fin troppo bene, poi ridacchiò: “Grazie mille, signora, ma declinerò l’invito.”
“Peccato.”
“Dopo ci sfidiamo noi?” Domandò Midoriya, giocando nervosamente con le dita delle mani e sporgendosi di lato per farsi sentire meglio dal suo interlocutore. Era evidente che fosse nervoso, ma, a dire il vero, anche lui si stava facendo mille domande. La sera prima Todoroki aveva perso il controllo del suo ghiaccio mentre gli sussurrava parole all’orecchio. Non voleva illudersi. Quando aveva detto a Uraraka che non aveva speranze era esattamente per questo motivo, ma quel comportamento era stato strano ed era per quella ragione che quella mattina era stato così teso.
Così, prima di perdere definitivamente le speranze, pensò che valesse la pena tentare.
Todoroki lo guardò a lungo, mentre una scintilla di sfida nello sguardo prendeva il posto del solito distacco, che quel giorno appariva anche così triste: “Sì, va bene, ammesso che tu riesca a battermi.” Lo provocò con superiorità e strafottenza.
Midoriya gli rivolse un altro lungo sguardo determinato, prima di sorridere appena e annuire: “Ci puoi scommettere.”
 
Todoroki chiuse la porta della sua stanza nell’edificio E-5 dopo mezzanotte e trasse un respiro tremante, serrando gli occhi e tentando di non pentirsi di ogni singolo battito di ciglia compiuto nell’arco dei venti minuti precedenti.
Nulla da fare. C’era da aspettarselo.
Sbatté frustrato la testa contro la porta e grugnì, tradendo un leggero segno di conflitto interiore.
“Bentornato.” Lo salutò una voce proveniente dal letto.
“Aoyama?” Domandò il ragazzo, incredulo. Raramente tornava in stanza e lo trovava già sotto le lenzuola verdi. Generalmente i ruoli erano invertiti.
“Serata impegnativa?” Domandò il biondo, alzandosi a sedere e scrutandolo sotto la luce fioca della lampada all’ingresso.
“Più o meno.” Rispose Todoroki, biascicando per fingersi quanto più assonnato possibile per chiudere quella conversazione alla svelta.
Non gli piaceva il sesto senso di quel ragazzo. Per niente.
Si gettò sul materasso ancora vestito e finse di dormire.



Note di El: Uelà!
Questo lo chiamiamo "il capitolo in cui ho paura dell'OOC". In breve i personaggi fanno cose e io ho paura.
First of all, gestire un Kaminari dispiaciuto e offeso è stata dura. Ce l'ho messa tutta, spero che nelle vostre teste rispecchi il modo in cui reagirebbe in una situazione del genere, since non ci sono casi simili (almeno nell'anime. No spoiler sul manga, grz).
Ovviamente Kirishima che non scoppia di gioia è stato un altro guaio e farlo scontrare con Kaminari... Non ne parliamo proprio.
Todoroki dispiaciuto AH AH AH e Jiro che capisce cose pure mi ha messa in difficoltà.
Cosa salviamo? Oh, ma ovviamente lo stacchetto della vecchia signora. Io mi sono divertita, almeno.
Detto ciò vorrei liberarmi di tutte le colpe.
La colpa è tutta di 
Ran (lo scrivo in rosso, così si vede bene) che ha detto "secondo me fai che Kaminari ci resta male" e io le ho dato pure ascolto e ho fatto un macello.
Bien, ora passiamo alle
***INFORMAZIONI DI SERVIZIO, PREGOOO***
Sto pensando di aggiornare tra dieci giorni/due settimane. Ho da parte solo il 15 e non vorrei diventare incostante. Con un po' di tempo in più dovrei concludere il 16 e mantenere un certo ritmo. La cosa potrebbe cambiare anche se scrivo 4 capitoli in una settimana (alla fine siamo in dirittura d'arrivo), spero che la cosa non sia un problema.
Detto ciò, bah, veramente GRAZIE, questa storia scema sta superando i miei wildest dreams e non so perchè, ma accetterò quest'inconsapevole gioia e cercherò di restituitvela con tutte le cose ciotte e folli che aspettate da 14 capitoli e per le quali vorreste ammazzarmi (leggi: p0000rn)
Se proprio non ce la fate ad attendere ***SPOT PUBBLICITARIO*** Ho scritto una Tododeku rossa un anno fa. Non è il massimo, ma è scritta per il p0rn Fest.
Wow... faccio pena a pubblicizzarmi.
Non mi odiate, sono note lunghissime aaaaaa
Adieu,

El.


 
   
 
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