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Autore: NightWatcher96    05/12/2019    3 recensioni
Spesso le malattie ritornano e talvolta più forti di prima. Mikey è stato un bambino colpito dalla leucemia infantile, si sa... ma sarà in grado di sconfiggere il vecchio nemico adesso che è molto più forte? Sequel di "My Peace of Heart"
Genere: Azione, Fluff, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Splinter
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Angolo dell'Autrice

Ho finalmente finito questa storia e come nel capitolo precedente, anche qui ho pianto nel ricordare chi ho perso senza neanche potergli dire addio. E fa male. Avevo dimenticato questo dolore, credevo che sarei stata forte ma nulla potrebbe mai prepararmi. E allora, permettetemi tutto il mio sfogo in questo capitolo. Anche stavolta è un riferimento a un racconto di mia zia, reale, combinato con un po' di fluff fraterna.
Grazie, miei lettori. Per ogni commento lasciato, per ogni tempo che vi siete dedicati per leggere le mie avventure. Concludo qui questa storia ma mai abbandonando il tmnt fandom. 





"Dai, Mikey...! Queste le abbiamo prese per te! Sono quelle cioccolate con la nocciola che tanto volevi!".

"Per favore, almeno una! Prova a mangiarla!".

Questa era l'ennesima richiesta esaudita di Michelangelo che non soddisfaceva le aspettative dei suoi tre fratelli. Del resto, ora che la sua vita si apprestava a concludersi drasticamente, non potevano arrabbiarsi o fare scenate come un tempo.

"Raph, Leo... vorrei mangiare ma il mio stomaco proprio non ce la fa..."- ammise il piccolo Michelangelo, tossendo un po'.

Era a letto, come da ben cinque giorni e tutto si era mutato in una tranquillità gelida che avrebbe inquietato chiunque avrebbe messo piede nella tana. Per gli Hamato era solo un countdown inesorabilmente più vicino e il peso di quell'aria ammantata di troppo dolore era diventato un peso comune sulle loro spalle.

"Mi dispiace fare richieste così assurde..."- espirò il minore, guardando Donatello seduto sul suo letto e Splinter ai piedi con un broncio teneramente infantile.

Ogni giorno, da quando avevano compreso che non ci sarebbe stato più nulla da fare, si erano decisi a radunarsi nella cameretta di Mikey per non lasciarlo più solo, fino alla fine. Ogni sera si sarebbero muniti di futon per accompagnarlo nel mondo dei sogni, con la paura che non si sarebbe mai più svegliato.

"Ma va!"- rimbeccò dolcemente Don, dondolando una gamba accavallata sull'altra. "Non dovresti affatto preoccupartene. Sai che faremmo qualunque cosa per te".

Il minore annuì, poi voltò lo sguardo un po' spento ai due fratelli alla sua destra, in piedi con il viso talmente calmo da rasentare la finzione pura. Chi avrebbe potuto biasimarli, del resto?

"Ho quasi finito il mio progetto, comunque"- mormorò Mikey, vago.

"Dovrai assolutamente dirci di cosa si tratta, Otouto. La stai facendo piuttosto lunga"- schernì Raphael, appoggiandogli la mano sulla testa. "Hai capito o no che siamo curiosi?".

"Raph ha ragione. Perché non ci dai almeno un indizio?"- continuò Leo, ridacchiando.

Mikey ci pensò su, tamburellandosi il mento e nel farlo non poté fare a meno di notare che le sue falangi ossute e il suo polso scheletrico non erano passati inosservati. Don prese l'iniziativa di sistemargli un po' meglio i cuscini dietro il guscio e avvolgergli il torace con la coperta.

"D'accordo. Ho un indovinello"- commentò Mikey, ringraziando il genio con il pollice alzato.

"Ahhh! Ma così non vale!"- sbuffò Raph. "Lo sai benissimo che daresti un vantaggio a Don!".

"Ehi! Non è colpa mia se sono un genio!"- si difese giocosamente il viola.

Mikey sventolò una mano con nonchalance, poi inspirò e chiuse gli occhi, creando una suspense degna di qualsiasi film avvincente. Per un attimo gli balenarono dei flash bianchi che non riuscì a decifrarne il significato, poi comprese senza neanche chiedersi quale custode gli avesse fornito la risposta.

Tutta la sua vita. In un attimo.

Dalla prima volta passata sulla neve di un tetto in braccio a suo padre mentre i fratelli creavano un cerchio giocoso intorno a loro.

La prima volta che aveva preparato da solo un dolce e aveva finito per spiaccicarlo involontariamente in faccia a Raph, scatenando una guerra di cibo.

La prima volta che aveva sconfitto Leo in un combattimento a corpo libero sfruttando la tecnica del Drago Invisibile, utilizzando il manichino di paglia come trampolino per saltare all'indietro.

La prima volta che aveva aiutato Don a creare uno skate volante ed erano sfrecciati insieme nelle fogne in una corsa da capogiro.

La prima volta che aveva capito che questa volta, tornando nel mondo dell'Ospedale, non sarebbe mai più tornato a vivere.

Era il suo momento, ormai e finalmente il suo dolore era pronto a svanire.

Si sentì mancare le forze, le sue mani caddero mollemente sulla coperta e si afflosciò sui cuscini, con il cuore che batteva più lentamente.

Splinter fu il primo a comprendere: alzò una mano per evitare ai suoi figli di gridare il dolore nuovo e famelico, preferendo avvicinarsi per piantare un bacio sulla fronte del suo bambino eterno.

Donnie distolse lo sguardo un paio di volte per non soccombere alle lacrime. Raph deglutì più volte, Leo sospirò e si fece coraggio, perché essere leader era soprattutto affrontare e mai cedere, in qualunque situazione.

"Mikey, allora, il tuo indovinello?"- chiese, tentando di celare il tremolio della sua voce.

Il più giovane dischiuse gli occhi rivolti al soffitto, quasi vuoti e sorrise un po'. Se ne stava quasi dimenticando.

"Nel vento dell'inverno, il tempo si congela nelle tue mani"- disse con molta fatica.

Donnie sbuffò una brutta copia di una risatina, mentre gli prendeva dolcemente una mano sempre più fredda.

"Questa volta mi hai proprio spiantato. Sono bravo con gli indovinelli, eppure questo è il più difficile che abbia mai sentito. Sai quanto mi ci vorrà per trovare la risposta?"- gli disse.

Michelangelo ebbe la forza di fargli la linguaccia, poi cercò Raph con lo sguardo socchiuso. Per un secondo, il secondogenito non seppe cosa fare, tutto era troppo da sopportare e non riusciva a comprendere perfettamente cosa davvero stava accadendo. Anzi, faticava proprio a tenere il passo con la realtà.

La mano di Leo sul suo guscio lo risvegliò come una secchiata d'acqua gelida. Raph sobbalzò, guardò confuso il maggiore che lo incitò con un sorriso triste.

"Sono qui"- mormorò, avvicinandoglisi piano.

Vide Mikey tentare di alzare la mano mancina verso la sua guancia e allora lo aiutò, supportandolo delicatamente. Lo vide finalmente e ne restò abbagliato come la più intensa delle luci. Sprofondare nell'oscurità e respirare magicamente.

L'unico rimpianto dell'Otouto era il suo tempo scaduto. Avrebbe dato qualunque cosa per rimanere con la sua famiglia ma no.

Nessuno avrebbe esaudito il suo desiderio.

"Sei ancora forte, Mikey. Anche se hai paura, sei il più forte di tutti noi. E non hai bisogno di mostrarmelo, so che ce la farai"- disse Raphael, premendo insieme le fronti. "Se davvero ti rincarnerai, allora ti verremo a cercare. Tu non dimenticarci, hai capito?".

Mikey sorrise, sempre più stanco. Raph, in un brivido di rabbia e pianto, afferrò la mano di Leo protendendo il suo braccio all'indietro e guardò Splinter e Don per chiedere un abbraccio di gruppo per il più piccolo.

Obbedirono. E cercarono duramente di non piangere.

Quando si staccarono videro la pace sul quel volto segnato dalla malattia che aveva osato impadronirsi del suo corpo e allora si sentirono appagati. Mikey era meno addolorato ma il suo rimpianto ancora c'era.

Seguì il silenzio fino a che il piccolo dischiuse le palpebre e puntò lo sguardo al muro davanti a sé. Non disse nulla, un po' perplesso ma si sciolse in un sorriso fanciullesco ed annuì piano. Era pronto ormai.

"Siete venuti a prendermi? Non posso proprio restare? Mamma, nonno, Klunk... va bene, allora...".

Tang Shen, il padre di Yoshi e il gattino erano tornati per scortarlo verso il paradiso.

Lo videro rattristarsi un attimo ma tornò ancora a sorridere e di nuovo annuì a chissà cosa. Espirò, muovendo una mano come avrebbe voluto afferrare qualcosa.

"Ora..."- pronuncio piano.

La sua famiglia era vicino a lui, non aveva niente da temere.

"Ora mi sento meglio"- disse.

Il suo viso si voltò lentamente verso Raph e Leo con un sorriso radioso sulle labbra. Il suo petto prese l'ultimo respiro, in un'ultima salita e la luce nei suoi occhi scomparve.

Alla mezzanotte di quel venticinque novembre un angelo era volato nel cielo.

"Mikey!"- chiamò Raphael, scuotendogli un braccio.

"Non serve a nulla. Ora è finalmente in pace"- gli disse Leonardo, con una mano sulla spalla.

Splinter accompagnò la sua mano sugli occhi del suo bambino per chiuderli con una preghiera in giapponese. Quelle parole avrebbero condotto il suo spirito verso la luce.

"Mikey..."- sussurrò Donnie, chiudendo gli occhi.

Sentirono un freddo scuotere le code delle maschere e compresero che il loro Otouto li aveva salutati un'ultima volta.
Il maestro abbracciò il suo tre figli e piansero, anche se il peso nel loro cuore sarebbe durato in eterno...
 


Era fredda quella sera del cinque dicembre e il vento giocava fra gli edifici più alti della Grande Mela, strappando poi le ultime foglie più resistenti che avevano deciso di rimanere ai rami degli alberi più spogli.

Si respirava aria di festa; dopotutto in una manciata di giorni sarebbe stato Natale, uno da non festeggiare. In lontananza si scorgevano già delle prime grandi decorazioni di alberi e insegne che ad intermittenza creavano parole natalizie.

Donatello aveva sempre amato la solitudine, il silenzio e il freddo perché si era sempre concentrato egregiamente ed era riuscito in più occasioni a stupire perfino se stesso in qualche creazione.

Ora, con quel vuoto immenso al centro del petto, non sarebbe riuscito a risolvere nemmeno la più elementare delle equazioni e la cosa più sorprendente era che non solo non gli importava ma gli veniva perfino da ridere.

Probabilmente il dolore lo stava portando sull'orlo della follia.

Sentì uno schizzo umido sulla guancia e si destò dalla sua trance di pensieri, portando le dita di una mano sulla pelle del viso.

Stava di nuovo piangendo senza rendersene conto.

Sospirò, alzandosi in piedi. Era infreddolito, aveva solo una sciarpa al collo e il suo respiro si mutava in nuvolette... e ancora una volta era uscito senza coprirsi.

Infilò la mano nella cintura ed estrasse una piccola foto di Mikey, che lo raffigurava insieme a lui in un abbraccio frenetico di gioia. Don si ritrovò a combattere le palpebre di nuovo pesanti di lacrime e a fronteggiare il magone nella gola che premeva per uscire in mille singhiozzi.

"Sarà il primo Natale senza di te"- disse, accarezzando la foto dolcemente. "Sai che sto ancora pensando al tuo indovinello? Certo che l'hai pensato proprio bene, mi compiaccio. Nel vento dell'inverno, il tempo si congela nelle tue mani. Che cosa avrai voluto dire?".

Era ora di tornare a casa, ormai il peso del freddo e la stanchezza per sopportare ogni giorno senza il suo unico fratellino si faceva sentire in modo opprimente. Don baciò la foto e la rimise nella cintura, saltando fra due gole oscure di alcuni palazzi per raggiungere un tombino...
 


La tana era buia, come la notte della superficie. C'era troppo silenzio e troppi ricordi. Don era fermo sulle tre gradinate che separavano la vecchia metropolitana dal salotto dove spiccavano divano, pouf e televisore.

Non sapeva cosa fare, se provare comunque a dormire in camera sua, buttarsi in qualche progetto per non sentire più nulla o restare chiuso in laboratorio.

"Dove sei stato?".

Sobbalzò un po' a quella voce sconfitta ed improvvisa, proveniente dalla stanza del maestro Splinter. Don subito intuì che non poteva trattarsi dell'ultimo perché dopo che Mikey era volato in cielo, si era deciso a condurre Mikey sul Nexus per una degna sepoltura e ancora doveva tornare.

Anche il sensei si era preso del tempo per se stesso.

"Sei tu, Leo"- disse, avvicinandoglisi piano. "Sono stato in superficie a pensare".

Lo spadaccino non lo stava guardando direttamente, anzi, era perso in qualche pensiero e date le circostanze nefaste, non era difficile immaginare in quale.

"La prossima volta avvisami prima"- disse, portandogli una mano prima sulla spalla poi sulla guancia per strofinare una lacrima randagia.

"D'accordo"- rispose Don, per nulla convinto. "Sai, stavo pensando all'indovinello".

Leo parve illuminarsi un po'.

"Sono giorni che provo e riprovo ma la soluzione non mi arriva"- ammise il viola, strofinandosi la nuca nella sconfitta.

"E tu, Raph? Hai pensato a qualcosa?".

Don subito sollevò lo sguardo nella direzione dove lo spadaccino si era rivolto con quella domanda. Nelle ombre della zona notte s'intravedevano gli occhi smeraldo di Raphael che sembrava un guscio vuoto, svuotato perfino dalla capacità di parlare.

Scosse il capo, avvicinandosi piano, con passi trascinati. Fra tutti, era lui che aveva preso la perdita di Mikey molto duramente.

Dopotutto, quel piccolo raggio di sole aveva sempre avuto un legame speciale con lui.

"Mikey è sempre stato in gamba a creare suspense"- ricordò Leo, facendo due passi avanti a Don, verso l'uscita della tana.

"Non mi stupisce che abbia sempre avuto un talento del genere che ha sviluppato nell'arte stessa".

"Già. Mikey ha sempre creato dei capolavori autentici!"- sorrise morbido Donnie.

D'un tratto, Raphael alzò lo sguardo ai due fratelli e lentamente prese un'idea nella sua mente, qualcosa richiamato dalla parola arte. Rimase immobile per qualche attimo, poi si batté una mano sulla fronte e corse a perdifiato fino alla cameretta del suo Otouto.

Quando arrivò dinanzi a quella porta bianca, con il cuore martellante nel petto, ebbe voglia di non varcare quel mondo perché si sarebbe illuso che facendolo avrebbe ritrovato Mikey felice e vivo.

Strinse le palpebre rabbiosamente, sbuffando tra i denti. In dieci giorni aveva sperato che il suo fratellino fosse comparso, colmando il vuoto lasciato nel team. E per dieci giorni aveva capito che la realtà non gli avrebbe mai restituito quel piccolo tesoro che tanto rimpiangeva.

Due mani poggiarono sulla sua, girando quella maniglia che aveva solo stretto nella rabbia. Don e Leo erano al suo fianco e lo incitavano silenziosamente a varcare quella soglia.

Appena lo fecero vennero accolti dall'oscurità. Fu Don ad accendere la luce e a rassegnarsi immediatamente a quel letto cambiato e ordinato, i fumetti messi in ordine e all'orsacchiotto preferito di Mikey seduto sul letto. Orsetto si sentiva solo senza il suo padroncino.

"Ho pensato che la soluzione potesse essere solo una quando avete parlato del talento di Mikey nel disegno"- ammise sconfitto il focoso, avvicinandosi al letto.

Anche Leonardo parve illuminarsi. "Sì, hai ragione! Mikey è stato ultimamente sempre con il tuo blocco in mano, quindi vuol dire che...".

"Nel vento dell'inverno, il tempo si congela nelle tue mani"- pronunciò Don, comprendendo. "Ho capito! Michelangelo ha voluto lasciare un'impronta per noi nel suo album! Dobbiamo trovarlo!".

Lo cercarono in ogni posto, dalla scrivania, alla piccola libreria fissa al muro, sotto al letto.

"Ricordo che l'aveva sotto al cuscino"- fece Leonardo.

"Sì, ma il letto lo abbiamo cambiato e non abbiamo trovato nulla"- sospirò Don.

"No, forse non abbiamo guardato bene"- mormorò Raphael, che intanto fissava il timone di una barca di legno incastonato sulla testiera del letto.

Spinto da una forza invisibile, Raphael afferrò il timone e lo tirò via facilmente, facendo cadere un album da disegno chiuso da un filo intrecciato. Era quello!

"Sapeva che il dolore era freddo e che non avrebbe passato quest'inverno, allora ha pensato di ricordarci che esisterà sempre disegnando su un qualcosa che potremmo sempre tenere fra le mani"- sorrise Leonardo.

Il progetto di Mikey era uno spettacolo, un regalo stupendo di Natale. In ogni pagina, Mikey aveva disegnato i suoi stati d'animo durante il calvario e aveva inserito anche disegni appartenuti ad altri album per idealizzare al meglio cosa aveva combattuto fino alla fine.

Un disegno raffigurante loro cinque insieme li fece riempire di lacrime. Era il disegno più bello che avessero mai visto e Mikey era riuscito a immortalare perfettamente la sua gioia nell'aver potuto essere al loro fianco per tanto tempo.

Vi amerò sempre e il miglior regalo di quest'anno è l'aver avuto una famiglia che si è presa cura di me fino alla fine. Con affetto, Mikey

"No, piccolo. Il nostro dono sei stato tu soltanto e noi siamo stati onorati di aver combattuto al tuo fianco fino alla fine"- pronunciarono Leonardo, Raphael e Donatello, inchinandosi appena dinanzi all'album che aveva portato l'essenza di Mikey.

Andare avanti avrebbe richiesto una forza incredibile, ora che avevano perso un fratello ma ci avrebbero provato. Mikey aveva sempre voluto vivere al massimo ogni singolo giorno della sua vita e loro avrebbero mantenuto sempre fede a quel desiderio.

Chissà, magari il destino era prossimo a compiere qualcosa di straordinario nelle loro vite, magari riportando Mikey nella loro vita e loro avrebbero sempre atteso, perché la vita era come un album bianco.

Ogni giorno avrebbero colorato un foglio per realizzare un film di carta chiamato vita.
 
 
The End

 
  
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