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Autore: freddiesghost    06/12/2019    1 recensioni
Si stava inaspettatamente bene, a vivere in quattro.
Secondo Butters dipendeva dal fatto che fossero tutti maturati ormai, i rapporti tra loro erano cambiati solo in meglio e ognuno era pronto ad aiutare l’altro in caso di necessità.
Secondo Kyle, invece, la motivazione era molto più semplice:
«È che non c’è più quel grassone di merda di Cartman, tutto qua. Era lui la parte marcia del gruppo.»
{Bunny}
{Kyman}
{Accenni Stendy}
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Butters Stotch, Eric Cartman, Kenny McCormick, Kyle Broflovski, Stan Marsh
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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«Che facciamo?» chiese Stan; in qualsiasi altra situazione la domanda sarebbe sembrata ridicola, ma alla porta non c’era una persona qualunque, c’era un incubo in carne ed ossa, ed era più che legittimo avere dubbi sul da farsi.
 
«Chiamiamo la polizia.» propose Kenny con convinzione, «Possiamo accusarlo di qualsiasi reato, tanto li ha commessi tutti!»
 
«Violazione di domicilio?» provò a suggerire Butters, ma il rosso, ancora a terra e in preda a una crisi di nervi, non voleva sentire nessuno:
«Silenzio cazzo, un po’ di silenzio! Devo pensare! Abbiamo delle armi in casa?»
 
Il campanello riprese a suonare ininterrottamente, seguito dalla voce più fastidiosa sulla faccia della Terra:
«Stronzo di un ebreo, è così che si accolgono gli amici che vengono a farti visita?!»
 
Seguì qualche secondo in cui Kyle finse semplicemente di essere morto e desiderò contemporaneamente di esserlo davvero ma, rendendosi conto che la situazione andava affrontata, prese una lunga boccata d’aria e si fece forza per tirarsi su, aiutato da Stan.
Kenny era ancora convinto della propria proposta e teneva il telefono in mano, pronto a chiamare le forze dell’ordine una volta ricevuto l’ok dai coinquilini, mentre il fidanzato iniziava già a cedere;
aveva un animo troppo gentile e compassionevole per lasciare un ex amico fuori casa al freddo.
 
«Forse dovremmo almeno sentire cos’ha da dire, Kyle…»
 
«Forse dovresti chiudere quella cazzo di bocca, Butters!»
 
«Forse dovrei aprirti il culo se gli parli così, Kyle!» si intromise il biondo, per poi indicare con un cenno il proprio cellulare. «Allora, chiamo o no?!»
 
Stan scosse la testa fra sé e sé, anche lui sull’orlo di una crisi: «Dio, ma vi rendete conto? Non è neanche entrato e ci sta già facendo discutere come non facevamo da anni!»
 
Un lungo scambio di sguardi tra tutti e quattro decise le sorti di quella giornata e delle loro vite; il ragazzo ebreo fece cenno agli altri di restare indietro, come se avesse dovuto disinnescare una bomba, e con tutta la cautela possibile aprì la porta quanto bastava per farsi vedere, ma non abbastanza da lasciar entrare il nemico.
 
«Cartman.»
 
«Kyle.»
 
«Cosa sei venuto a fare?»
 
Eric fece spallucce, con fare distaccato e un’espressione impassibile stampata in faccia: la tipica espressione che aveva quando, da piccolo, recitava per metterlo nel culo a qualcuno. Indecifrabile.
 «Mah, sai, passavo di qui con la mia limousine e mi sono detto “ma guarda, quella non è la baracca di merda dove sono andati a vivere i miei amiconi d’infanzia?” e, come tu sai, è buona educazione fermarsi a portare i propri saluti in questi casi.»
 
Il rosso si sporse appena per guardare la strada, voltando la testa a destra e a sinistra, per poi constatare:
«Non vedo nessuna limousine.»
 
«Beh per forza, ora il mio autista se n’è andato! Mi fai entrare o no?»
 
«Cosa ti ha fatto credere che c’è la possibilità che io ti faccia entrare?» ribatté acido, tenendo saldamente la porta per evitare che l’altro potesse farsi strada ed entrare a forza, ma Cartman non fece assolutamente nulla. Restò dov’era, strusciando un piede a terra come per pulirsi la suola della scarpa e fissandolo negli occhi, con entrambe le mani in tasca.
Kyle odiò sé stesso per la propria attenzione ai dettagli, ma non poté fare a meno di notare che Eric tremava un po’ per il freddo. C’era la neve fuori, e lui indossava solo un cappotto che aveva l’aria di essere uno di quegli stracci firmati che la gente compra solo per fare bella figura, non tanto per proteggersi dalle basse temperature.
 
«E vieni a farci visita a mani vuote?» rincarò la dose, sperando di autoconvincersi che era giusto essere duri e freddi con quella testa di cazzo, e che non poteva essere poi tanto diverso dall’ultima volta che ci aveva avuto a che fare, trattandosi di lui.
Butters aveva ragione nel dire che le persone cambiano con il tempo, ma cambiano se hanno la buona volontà per farlo, e nel caso di Cartman c’era una grossa carenza.
 
«Allora?»
 
«Beh non era mica programmato, stupido ebreo! Ho detto che passavo di qui per caso!»
 
«Torni a South Park e capita per caso che ti ricordi che noi viviamo ancora qui?! Non dire stronzate!»
 
«Vuoi farmi entrare, testa di cazzo?!»
 
«No! Non è mai stata un’opzione!» urlò sbattendogli la porta in faccia per la seconda volta, per ritrovarsi faccia a faccia con gli altri: Stan gli mostrava entrambi i pollici alzati, fiero della decisione, mentre Kenny era in posizione di attacco con la bottiglia di birra svuotata poco prima dall’amico, pronto a spaccarla sul comò e usarla come arma di difesa in caso di necessità. E Butters…
Butters lo guardava semplicemente con un’aria da cane bastonato, mentre strofinava nervosamente le nocche di una mano contro l’altra: «Kyle… anch’io ho paura di cosa potrebbe combinare, ma… è quasi Natale… e fuori fa freddo…»
 
«Io non ho paura! Io ho un accumulo di rabbia repressa, ecco cos’ho!»
 
Accidenti a Butters. Non lo avrebbe mai ammesso, ma era riuscito a fargli provare qualcosa di molto simile al senso di colpa.
Sospirò, si coprì il volto con entrambe le mani per soffocare un urlo di frustrazione, dopodiché riaprì la porta, trovando il proprio acerrimo nemico ancora fermo sul pianerottolo.
 
«Dieci minuti, Cartman. Dopo devi sparire.»
 
In un primo momento l’altro sembrò sinceramente sorpreso, ma impiegò pochi secondi per passare dalla modalità “orfanello abbandonato al gelo” alla sua solita faccia da stronzo soddisfatto.
Si fiondò verso la porta senza neanche un “grazie”, Ma Kyle lo bloccò respingendolo con una mano contro il petto, fulminandolo con uno sguardo che diceva contemporaneamente “non così in fretta” e “ricordati chi comanda qui dentro”.
Nessuna risposta aggressiva da parte sua, neanche un’occhiataccia: sospetto, molto sospetto.
Ma al momento il rosso doveva preoccuparsi solo di stabilire la propria autorità, e non delle intenzioni del nemico, che in ogni caso di lì a poco non sarebbero più state affar suo.
Lo lasciò finalmente entrare in casa, pentendosene amaramente nel momento stesso in cui si richiuse la porta alle spalle.
Quello sarebbe stato il momento che avrebbe rimpianto e maledetto per tutta la vita, ne era sicuro.
   
 
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