Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Eris Gendei    07/12/2019    1 recensioni
[Finale alternativo Vento Aureo_Parte 5]
Chariot Requiem e Diavolo sono stati sconfitti, la Bucci Gang ha perso la sua guida e non sa come andare avanti. Cosa succederebbe se Gold Experience riuscisse per la seconda volta ad operare l'impensabile? E se vecchi e nuovi sentimenti venissero alla luce?
Piccola reinterpretazione super fluff e demenziale a tratti, perché soffro per la carenza di materiale BruTrish in giro.
[Angst_Fluff_POV_Headcanon; BruTrish_Giomis]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Bruno Bucciarati, Giorno Giovanna, Guido Mista, Jean Pierre Polnareff, Trish Una
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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POV del capitolo: Giorno e Trish

Non riusciva quasi a crederci, Giorno.
Aveva funzionato.
Non appena aveva messo piede nel Colosseo aveva percepito che non c’era più nulla da fare, che il suo capo e compagno se ne era realmente andato stavolta; non sarebbe bastato il suo intervento come era accaduto a Venezia. Eppure si era rifiutato di accettare quella realtà, aveva deciso che non avrebbe permesso a Bucciarati di lasciarli un’altra volta, avrebbe tentato ancora, e ancora.
Forte dell’esperienza con Requiem, aveva scatenato Gold Experience verso il corpo abbandonato dell’amico: sentiva che il potere dello Stand si era amplificato, il contatto con la freccia lo aveva lasciato energico come mai prima.
La creatura dorata scaturita da lui non era corporea come al solito ma traslucida e vibrante, come se fosse incerta su quale aspetto assumere; dietro la sua apparenza consueta Giorno poteva intravedere Requeim osservarlo attentamente, come se stesse valutandolo. Gold Experience non era uno Stand senziente come altri, ma in quel momento il giovane lo sentiva distante, una creatura a sé che stava giudicando il suo portatore.
Per controllare, anzi, per ottenere l’obbedienza del potere del Requeim era necessaria un’incredibile forza d’animo, una determinazione particolare che soltanto chi è abbastanza risoluto o abbastanza disperato può avere.
Giorno si sentiva entrambe le cose.
Il rifiuto di accettare la morte definitiva di Bucciarati non era irrazionalmente dettato solo dal dolore, ma dalla consapevolezza che poteva fare qualcosa.
Voleva fare qualcosa.
Lo Stand continuava a fissarlo con intensità, fra i due pareva dipanarsi un’elettricità che faceva tremare l’aria; il ragazzo stava tentando di asservire a sé Requiem e Requiem stava decidendo se fosse degno, se piegarsi al suo volere. Ancor più, Giorno stava tentando di domare se stesso.
Il controllo del Requiem chiedeva una totale autocoscienza e accettazione, la completa consapevolezza del proprio potenziale ed una imperturbabile focalizzazione sul proprio obiettivo.
Non poteva lasciare che il dolore lo vincesse e il suo sforzo di rianimare il compagno si riducesse al tentativo di un disperato.
Poteva controllare la vita. Poteva controllare la morte.
Poteva farcela.
Requiem abbassò impercettibilmente le palpebre, come a dire che sì, aveva capito.
In un attimo la creatura fu al fianco di Bucciarati e un accecante fiotto di energia si riversò dai suoi pugni nel corpo inerte del giovane.
Doveva.
Vivere.
Giorno si sentì improvvisamente molto cosciente del proprio corpo e del fiume di vita che vi scorreva, del pulsare del sangue nelle vene e delle vibrazioni dei nervi, della potenza del suo respiro e della forza nei suoi muscoli: la sentiva crescere, grezza e incontrollata, come se stesse venendo alla vita una seconda volta.
Doveva trasmetterla a Bucciarati. Quell’eccesso di vigore, quella nuova nascita, erano per lui.
Cercò di mettere a fuoco la potenza, di immaginarla come una forza liquida e la indirizzò verso il compagno: era come se Gold Experience stesse attingendo da lui la vita che iniettava nell’altro, quasi fosse soltanto un tramite.
L’energia vitale di Giorno era sufficiente per tutti e due, doveva soltanto riuscire a risvegliare l’energia mentale di Bucciarati.
Sentiva un calore mai provato prima risalire lungo le sue ossa e riversarsi in lui, forse stava risucchiando la vita della terra ma non gli importava, l’unica cosa che doveva fare era restare concentrato, non interrompere quell’assurdo contatto con l’altro.
Un’espressione di folle tenacia gli animava lo sguardo, fisso negli occhi vacui del compagno in attesa di un segno.
Perse la cognizione del tempo, poi quella dello spazio; infine quella di se stesso.
Non percepiva più il suo corpo, il tocco dell’aria sulla pelle, il sudore che colava lungo le tempie, la fatica; era pura energia, un’essenza senza vincoli fisici.
Perse il senso del tatto, dell’olfatto, del gusto, dell’udito.
Gli era rimasta solo la vista, aveva bisogno di guardare l’amico per assicurarsi che continuasse ad esistere. Alla fine se ne andò anche quella, lasciandolo cieco e determinato; poteva ancora percepire il giovane dall’altra parte di sé, come se lui stesso fosse diventato il capo di una corda lungo cui avanza una vibrazione.
Per ultima se ne andò la sua mente.
Fu come se una nebbia luminescente, un vento dorato sollevasse il suo spirito e lo sradicasse.
All’improvviso non era più.
Qualsiasi cosa fosse stato prima era scomparsa, trasformata.
Sentiva una nuova coscienza prendere forma da qualche parte, dove doveva esserci stato il suo animo.
Lui era.
Era tornato ad essere e non avrebbe smesso.
Lentamente tutto quello che lo aveva abbandonato tornò: la mente e con quella la consapevolezza, il corpo e con quello il dolore.
Dove fosse stato fino a quel momento lo ignorava, ricordava solo il turbinio aureo che si era portato via tutto; sapeva soltanto chi fosse.
Bruno Bucciarati.
Ce l’aveva fatta.
Con un ultimo, terribile sforzo Giorno aveva riempito di vita il corpo del compagno, in un’esplosione che lo aveva lasciato stremato.
Era crollato a terra, il fiato mozzo come se avesse corso per un’intera esistenza e la vista annebbiata da una miriade di barbagli bianchi.
Aveva cercato la mano dell’amico, doveva sentirne il calore, sapere che aveva funzionato.
La debole stretta che ricevette in risposta distrusse la diga che aveva eretto per arginare i proprio sentimenti: terrore, speranza e sollievo invasero ogni centimetro di lui, un sorriso trionfante si disegnò sulle sue labbra.
Non riusciva a crederci. Aveva funzionato.
Ai margini del suo campo visivo vide Mista gettare le mani al cielo, esultante, e Trish crollare in ginocchio con la testa fra le mani, un grido di sollievo come ringraziamento e preghiera.
La sua attenzione, però, era solo per l’uomo disteso accanto a lui; attese pazientemente che i loro sguardi si incontrassero e si trovò a sorridere di nuovo: Bucciarati era tornato e sarebbe rimasto.
Gli occhi fondi del capo lo scrutarono da molto lontano con devozione e stordimento. Le labbra si mossero appena e Giorno dovette chinarsi sul suo viso per sentire le sue parole:”Posso fare un sonnellino senza timore di andarmene di nuovo?”
L’immancabile ironia del giovane lo fece sorridere commosso: non era cambiato nulla.
“Dormi tranquillo. Ci sono io. Vuoi che ti canti una ninnananna per conciliare?” aggiunse ilare.
“Come vuoi. Purché non sia un requiem.”

Bucciarati chiuse gli occhi con un sospiro e si abbandonò contro Giorno che lo sosteneva, scivolando in un limbo fra sonno ed incoscienza.
Mista, prima che chiunque di loro potesse proferire parola, si inginocchiò ai piedi del suo capo e sfoderò la pistola, fissando il buio oltre le arcate con aria di bellicosa come sfidando l’oscurità ad avvicinarsi. Dello stesso avviso il giovane biondo si posizionò al fianco di Bucciarati, i muscoli tesi pronti a scattare, scrutando in lontananza.
Trish era così sollevata da non riuscire a sentirsi sospettosa o preoccupata come i compagni: l’aria era improvvisamente tornata tiepida e fragrante, l’aria di una serata estiva a Roma; poteva sentire lo stridio dei gabbiani che sorvolavano il cuore della città, il rumore del traffico che ricominciava ad affollare le strade ed il vocio di abitanti e turisti ancora confusi ma sollevati.
Chissà quale spiegazione avrebbero dato a se stessi per quanto era accaduto, chissà quali illazioni scientifiche sarebbero andate in voga per anni per tentare di giustificare il bizzarro sconvolgimento che aveva colto la città nel pieno della bella stagione, proprio nel momento di massimo turismo.
Allucinazione collettiva, fuga di sostanze nocive da qualche laboratorio, ipnosi…
O forse avrebbero semplicemente finito per insabbiare il tutto, decidendo più o meno coscientemente di dimenticare l’accaduto; d’altronde, chi mai li avrebbe creduti?
Il fenomeno, grazie al cielo, non si era esteso al di fuori del nucleo storico della città; certo, restavano i terribili danni arrecati da Green Day, che non si era fatto scrupoli a sforacchiare ed erodere secoli di cultura con la sua muffa mefitica, ma qualche illustre luminare avrebbe sicuramente imbastito una spiegazione convincente per il grande pubblico.
E poi a chi poteva realmente interessare l’accaduto?
Purché tutto tornasse alla normalità nessuno avrebbe fatto domande o sollevato proteste, ne era certa.
Una sola vaga preoccupazione continuava a pungolarla: l’intervento di Chariot Requiem sembrava non avere avuto effetti permanenti sui normali esseri umani, eppure…lo stand in quel momento era in possesso della Freccia, chi poteva dire che il suo attacco non avesse risvegliato una moltitudine di stand sopiti? Ora capiva la preoccupazione dei suoi compagni ed era certa che Giorno fosse giunto esattamente alla stessa conclusione.
Improvvisamente vigile, i sensi affinati dall’adrenalina, andò a coprire il fianco di Bucciarati lasciato scoperto dall’amico, materializzando la sua Spice Girl accanto a sé.
“No Trish.”
Le parole del compagno erano gentili, ma pronunciate in tono talmente perentorio da sembrare un ordine.
La ragazza guardò il giovane biondo con espressione fra il confuso e il riottoso, ma prima che potesse ribattere lui aggiunse:”In questo momento sembriamo solo un gruppo di ragazzi normali, evitiamo di attirare l’attenzione e altri possessori di stand. So che potrebbero comunque percepirci, ma più ci esponiamo più siamo a rischio.”
Anche se moriva dalla voglia di contraddirlo non poteva dargli torto; Spice Girl vibrò e svanì come un miraggio, lasciandoli di nuovo soli nell’ombra che andava allungandosi.
Il sole era tramontato quasi definitivamente, una leggera brezza della sera spirava fra le gallerie sollevando mulinelli di polvere e increspando l’orlo della gonna di Trish; il silenzio nell’anfiteatro sembrava premere contro le orecchie, i suoni di troppa vita che provenivano da fuori non li riguardavano, ne erano lontani ed immuni.
Si chiese per quanto tempo sarebbe stato così, quando sarebbe tornata a sentirsi parte del mondo e della normalità…sempre che fosse possibile.
Lanciò uno sguardo furtivo a Bucciarati, che respirava faticosamente fra le braccia di Giorno: all’improvviso si fece strada in lei la consapevolezza di non avere tutta quella fretta di fuggire, di tornare alla realtà quotidiana dove nessuno tenta di uccidere e non esistono creature metafisiche che compaiono a comando.
Non poteva esserne certa, ma avrebbe giurato che ciò che aveva visto di quel mondo fosse solo l’inizio.

 

 


Nota dell'autrice: Bentornati e grazie per aver letto il secondo capitolo!
Ci sta volendo un pò più del previsto per ultimare la storia, apportare le correzioni del caso (certe parti sono cambiate mille volte) e rivedere la divisione in capitoli, che in prima battuta era troppo disomogena per i miei gusti (non mi piacciono capitoli lunghissimi e altri molto brevi).
Spero di aggiornare a breve e pubblicare il terzo capitolo!

  
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