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Autore: Fabio Brusa    10/12/2019    1 recensioni
"Fenrir Greyback è un mostro. Un assassino. Un selvaggio licantropo. Approcciare con cautela."
Quello che il mondo vede è solo il prodotto di ciò che mi è stato fatto.
La paura li ha portati a ritenerci delle bestie, dei pericolosi predatori da abbattere. E la vergogna per non averci aiutati li spinge a tentare di cancellare la mia stessa esistenza.
Forse finirò ad Azkaban. Più probabilmente, qualcuno riuscirà a uccidermi, prima o poi.
Non mi importa.
Non mi importa, fintanto che sopravvivrà la verità su come tutto è iniziato e sulla nostra gente.
Sui crimini del Ministero e sull'omertà di uomini come Albus Silente.
Su come il piccolo H. sia morto e, dalle sue ceneri, sia venuto al mondo Fenrir Greyback.
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GREYBACK segue la storia del famoso mago-licantropo. Attraverso vari stili narrativi, dai ricordi di bambino ad articoli di giornale, dagli avvenimenti post ritorno di Voldemort a memorie del mannaro a Hogwarts, in 50 capitoli le vicende dietro il mistero verranno finalmente portate alla luce.
Genere: Dark, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Fenrir Greyback
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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27/50

***

17 Gennaio 2010

Notturn Alley - Londra

 
   Quando la porta de La Viverna Bianca si spalancò, fu come se il gelo dell'inverno più profondo avesse cristallizzato i presenti con un soffio.
   - Adesso basta. - Gli scarponi di Fenrir risuonarono sul pavimento di legno, pesanti come macigni. Al suo fianco, la giovane Najata passò gli occhi su ognuno dei maghi e delle streghe e un brivido attraversò più di una mente. Qualcuno si preparava a uno scontro. Ma Fenrir teneva lo sguardo fisso sulla giornalista della Gazzetta del Profeta.
   Mentre le testoline appese al bancone diffondevano un basso chiacchiericcio incomprensibile, Corvinus drizzò la schiena. - Finalmente, Fenrir. Cominciavamo a pensare che volessi stare lontano dal branco. -
   - Questa storia - continuò imperterrito Greyback - non è per spettegolare attorno al fuoco. E non è per loro. -
   Megan, la più indifesa e spaventata dei presenti, si rimise a sedere, pentita della propria narrazione.
   - Ti stava difendendo - disse Rolf Carrow, cogliendo l'occasione. - Se riesci a rendertene conto. -
   La tensione faceva tremare i peli sulle braccia ai due branchi di licantropi. Si erano quasi saltati alla gola, prima di calmarsi al suono del racconto, ma per quanto fossero interessati, nessuno aveva cambiato le proprie convinzioni per così poco.
   Fenrir si aggirò per la stanza guardando tutti dall'alto in basso. Sosteneva lo sguardo di Corvinus, l'altro capobranco, con la cassa toracica che si espandeva ritmicamente come un mantice. Arrivò al bancone, zittendo con la sola presenza persino le testoline.
   Con un gesto fulmineo, sfoderò la bacchetta con una mano e afferrò per il collo Rolf con l'altra.
   Sulle sedie, sui tavoli o saldamente piantati sulle proprie gambe, tutti i lupi mannari scattarono sul piede di guerra. Najata ringhiò, snudando i denti come avrebbe fatto in forma bestiale, tenendo sotto tiro metà del branco di Corvinus con la propria bacchetta.
   - Hai qualcosa da recriminare, Carrow? - Sentendo il pugno di Fenrir stringersi, Rolf cominciò a tremare, lottando per non cedere alla paura.
   - Dico... solo... quello che pensano tutti - rantolò. - Corvinus... diglielo. -
   Bacchette alla mano e tendini tesi, i branchi aspettavano solo un cenno, un comando da parte dei leader, per scatenare un'orgia di sangue. Ma Corvinus non parlò.
   Fenrir puntò la bacchetta alla guancia di Rolf. - Basium argenti. -
   Dalla bocca di Rolf Carrow uscì un fumo caldo e sfrigolante, un alone argentato e luminoso come in una fornace . Si alzò verso il soffitto, nell'interdizione generale. Poi, cominciarono le urla.
   Bloccati dal terrore e dall'incertezza, nessuno osava intervenire. Il Grande Capobranco strinse gli artigli e torturò a proprio esclusivo piacere per un tempo apparentemente interminabile, ignorando le grida di dolore, gli spasmi e i tentativi di ribellione. Non diede alcuna importanza a chi stava a guardare o a chi potesse udire le richieste d'aiuto all'esterno. Continuò, fino a che dalla gola di Rolf non uscì solo un gorgoglio inespressivo.
   Lo lasciò cadere a terra, osservando disgustato il tentativo di strisciare lontano. - Corvinus. Tu sei il capobranco. Se vuoi dire qualcosa, questo è il momento. -
   - Io e gli altri ci stavamo chiedendo... - rispose quello, con la consueta durezza - ...quali fossero le prossime mosse. -
   Najata si insinuò fra i due capibranco, con il naso arricciato e i denti in mostra. - Dove hai lasciato il rispetto, Corvinus? -
   Lui inspirò a fondo e, senza esitare, disse nuovamente: - Cosa vuoi che facciamo, Grande Alpha? -
   Fenrir prese una bottiglia di liquore e la stappò con un morso. - Voglio che vi ricordiate chi siete e per cosa combattete. Quindi smettetela di comportarvi come dei cuccioli piagnucolosi. - Li fissò tutti di nuovo. Erano impressionati, impauriti, sperduti. - Lo so, cosa pensano alcuni di voi. E so anche che a qualcuno possa sembrare convincente il richiamo di Hati. -
   Najata gli poggiò una mano sul braccio, più dolcemente di quanto avesse voluto. - No, Fenrir. Abbiamo un solo Grande Alpha. -
   - E così deve essere. Hati si è smarrito. Lo so, perché anche io ho corso lo stesso rischio. Io c'ero, quando il mondo magico è entrato in guerra. Ero al Ministero, quando Voldemort ha preso il potere. A Hogwarts ho ucciso, in nome dell'idea folle del Signore Oscuro. Tutto per niente: il mostro è caduto, noi siamo stati trattati anche peggio di prima. Quanti sono morti dei nostri? Quanti, perché il Signore Oscuro capisse che non si può spazzar via gli indesiderati dalla faccia della Terra? Ci aveva provato il Ministero sessant'anni fa, ci ha provato lui dieci anni fa e prima ancora... e ora vuole provarci Hati. - Bevve una sorsata abbondante dalla bottiglia, poi puntò il dito verso Rolf Carrow, che si reggeva a uno sgabello con le mani sulla bocca. - Se volete dimostrare di essere dei coglioni senza cervello, fate pure. Ma abbiate almeno il coraggio di fare una scelta. -
   Vitula Maxime, Harry, Octavius, tutti quanti rimasero in silenzio a contemplare il capobranco, domandandosi se fosse davvero diventato debole. Se fosse davvero così vecchio.
   Un versaccio gutturale proveniente dal pavimento precedette la ricomparsa nel mondo della veglia di Charlie Burke. Il suono di vetro in frantumi e il suo battere delle mani fu come dare il via libera alla concertina di Xatu. La musica riprese lenta, nascondendo la tensione sotto al tappeto e lasciando respirare i più deboli di cuore.
   - Najata, - le ordinò Fenrir - pensa tu a istruire Cornelius. -
   - Che vuoi fare? - chiese lei, scorgendo una strana smorfia nel viso del capobranco.
   Fenrir la baciò. Un bacio freddo, rapido come un semplice rituale, prima di fare cenno a sua figlia di raggiungerlo di sopra, nelle camere da letto della locanda.
   - Calcifer! - tuonò Fenrir, prima di lasciare la sala e permettere ai lupi di distendere i nervi. - Vieni con me. -
   Nel corridoio, ogni quadro alla parete era stato accuratamente girato contro il muro. Quando passava qualche avventore, si potevano udire strani mugolii provenire dai dipinti, poesie antiche e oscene che irridevano gli ospiti con giochi di parole. I ragni avevano fatto la tela negli angoli bui del soffitto, ma la cosa non pareva interessare a nessuno, tantomeno a Calcifer o a Skoll. I due avevano passato notti in luoghi ben peggiori di quello, senza il calore dei compagni o delle testoline appese alle maniglie.
   - Fenrir non aveva la faccia di uno che vuole essere disturbato! - li rimbrottò la rinsecchita palletta dalle labbra cucite con il cuoio.
   Il barbuto Calcifer la premiò con una schicchera sull'occhio. - Le testoline non dicono ai lupi cosa fare. -
   Greyback aveva abbandonato la bottiglia sulla scrivania, un modesto pezzo di legno spinto contro la parete. Era completamente vuota, diversamente da una piccola fiala adagiata lì accanto.
   Quando Calcifer chiuse la porta, Fenrir sferrò un pugno alla parete, mandando frammenti di legno marcio in ogni direzione.
   Lo sguardo di Skoll svelava ogni suo amaro pensiero. - Padre... -
   - Non ve ne rendete conto, vero? - disse Greyback.
   - Abbiamo ancora la situazione sotto controllo - rispose Calcifer, incrociando le braccia. - Sono ancora dalla tua. Hanno solo bisogno di essere rimessi in riga, ogni tanto. -
   - Questa non è la mia guerra. Io l'ho combattuta già due volte. - Fenrir, imponente, appariva ai due come tutt'altro che debole. Eppure, qualcosa nei suoi occhi fiammeggianti suggeriva il contrario. - Io morirò comunque. Presto. Ma se non vi decidete a farla diventare vostra, sarà esattamente come l'ultima volta. -
   - La storia non può più ripetersi - disse Skoll, insicura.
   - Si ripete sempre. Forse non nello stesso modo, ma accadrà. Hati va fermato, o quella che ne seguirà sarà l'ultima battaglia dei lupi mannari. -
   Calcifer si lisciò la barba grigia. - Noi lo sappiamo, Fenrir. Non è noi che devi convincere. -
   - Non c'è più nessuno da convincere - ringhiò il capobranco. - C'è solo da scendere per le strade e fare quello che va fatto. -
   - Possiamo affrontare Hati. Lui è forte, ma noi siamo di più - suggerì Skoll.
   - Non ne farò un martire. -
   - E allora? Intendi aspettare che ci trovi e ci sgozzi nel sonno? -
   Fenrir piegò il capo verso la boccetta di liquido trasparente. - No. Intendo fare quello che nessuno si aspetterebbe da un lupo mannaro. -
   - Cos'è quella? - chiese Calcifer.
   - Un ricordo. E uno dei motivi per cui possiamo ancora farcela. -
   Skoll sembrava non capire. Era informata di tutto, o almeno, così credeva. - Che ricordo sarebbe? E di chi? -
   - Io, te, Burke e Najata andremo al Ministero, molto presto - continuò Fenrir. - Calcifer, tu devi andare a Durmstrang. -
   - Cosa? Perché devo andare a gelarmi il culo? -
   - C'è un vecchio nemico del nostro nemico... e spero tu possa convincerlo a farti consegnare una cosa per me. -
   Fenrir prese la boccetta del ricordo e la infilò in una tasca sotto il cappotto. Molto presto avrebbe avuto a disposizione tutto ciò di cui aveva bisogno per mettere in scena l'ultimo atto della propria esistenza. Contro tutti, contro tutto. E per la sua gente.
   Incrociando un istante lo sguardo di Skoll, però, percepì il riaffiorare del più terribile dei segreti, una consapevolezza che i branchi non dovevano e non potevano conoscere. Anche se la sua vita stava giungendo al termine, pensò, era sicuro di aver già fatto qualcosa di così grande da dare un senso al suo posto all'inferno.


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