82
Fuga
Il
sonno tardava ad arrivare. Nonostante fosse sfinito, Keros continuava a
fissare
il soffitto della propria stanza senza riuscire a chiudere occhio.
Solo, non
faceva che rimuginare. Ripensava alle parole di Nasfer, a quel che
aveva visto
poche ore prima e a come riuscire a risolvere una questione non
semplice.
Espero pareva intenzionato a fare di testa propria, Nasfer pure. Ma era
davvero
giusto impedire loro di seguire determinati desideri? Era giusto
impedire ad un
ragazzo di esplorare il Mondo e ad un giovane di rivedere la sorella,
seppur
angelica?
“Ho
compiuto la mia scelta…” sospirò
sottovoce, visualizzando le proprie ali
piumate.
Lo
scontro avvenuto con Mihael secoli prima aveva lasciato profonde
cicatrici sul
corpo e nell’animo del mezzodemone. Non voleva che suo figlio
e il suo allievo
si ritrovassero in situazioni simili. Ma come spiegarlo ad un ragazzino
o ad un
giovane innamorato? Ricordava cosa volesse dire. Ricordava quel che
aveva
provato quando desiderava altro, quando disubbidiva alle leggi di
Lucifero per
inseguire sogni e speranze. Come si era ridotto così? Come
era arrivato al
punto di abbandonare la speranza in un mondo diverso?
Qualcuno
bussò alla porta. In principio pensò di esserselo
immaginato ma poi il suono si
ripeté.
“Sì?”
disse, senza muoversi dal letto.
“Altezza,
perdonate il disturbo” mormorò Simadé
“Per caso Espero è lì con
Voi?”.
“No,
perché dovrebbe?”.
Keros
indossò al volo una vestaglia ed andò ad aprire.
Il servo si scusò ancora per
aver disturbato il proprio padrone e spiegò che il giovane
principe non si
trovava da nessuna parte. La regina, dopo aver saputo della litigata e
predica ricevuta,
aveva pensato di andare a parlargli. Voleva rassicurare il suo piccino,
voleva
capire il perché di tanta brama d’esplorazione. Ma
non lo aveva trovato nella
sua stanza né in nessun altro luogo del palazzo.
Vestendosi
in fretta, Keros raggiunse gli altri abitanti della reggia, svegliati
dal
trambusto crescente. In vestaglia, pigiama o addosso la prima cosa
trovata, la
famiglia si stava ritrovando.
“Il
mio bambino!” sospirava Leonore “E se fosse
scappato? Lo hai rimproverato troppo
duramente, Lucifero!”.
“No,
affatto. Dovevo dargli anche un paio di bastonate, così dal
letto non si
muoveva per un po’!” sibilò il sovrano.
Lei
fece per ribattere ma Lilith interruppe il discorso, chiedendo chi
fosse stato
l’ultimo a vedere il giovane principino.
“Era
a cena con noi” rispose Lucifero “Ma non ha
mangiato molto. Si è alzato senza
salutare ed è andato in camera. O così ha
detto”.
“Io
l’ho visto entrare in stanza” annuì
Simadé “Ma poi mi sono occupato di altre
faccende…”.
Keros
si guardò attorno. Vedeva tutte le sue figlie ed i figli
minori ma una testa
mancava all’appello.
“Nasfer
dov’è?” chiese, senza ricevere risposte
sensate.
“Perché?”
alzò un sopracciglio il re
“C’è qualcosa che non so? Dici possano
essere
assieme?”.
“Sarebbe
un sollievo non saperlo da solo!” annuì Leonore.
“Che
ti ha detto? Lo hai rimproverato, vero?” incalzò
Lucifero, avvicinandosi sempre
più a Keros.
“Certamente.
Ma sono giovani. Non vorrei che…”.
“Che…?”.
“Si
fossero recati nel mondo umano assieme!”.
Lo
sguardo del signore dell’Inferno si infiammò di
rosso.
“Però
la stanza dei portali è sorvegliata” si
affrettò ad aggiungere Vixa “Da dove
sarebbero usciti?”.
“Tuo
fratello sa creare portali in modo indipendente”
sospirò il mezzodemone.
“E
chi glielo ha insegnato?!” aprì le braccia il
sovrano, con rabbia.
“Io.
Mica è proibito! Non pensavo che portasse a spasso Espero,
sempre se lo ha
fatto” ammise Keros.
“Allora
la colpa è anche tua. Vedi di trovare una
soluzione!”.
“Sì,
maestà”.
L’ultima
frase era stata pronunciata con una smorfia ed un tono chiaramente
infastidito.
Lucifero frustò la coda un paio di volte, mentre Keros si
dirigeva verso la
stanza del figlio Nasfer. Lì, come aveva previsto, aveva
trovato un portale
realizzato da poco. Sbuffò, capendo che avrebbe avuto un bel
po’ di problemi
con quei due testoni. Attraversò il portale e si
ritrovò nel mondo umano. In mezzo
ad una radura, Nasfer ed Espero stavano litigando. Nel buio della
notte, le
scintille dei loro poteri si notavano fin troppo chiaramente.
“Basta!”
urlò Keros “Idioti! Gli umani vi
vedranno!”.
Altre
luci si intravedevano nel cielo: gli angeli. Come prevedibile, le
creature del Paradiso
controllavano che nessun mortale potesse essere coinvolto o ferito.
“Fermali”
ordinò una voce “O lo farò
io”.
Il
mezzodemone capì subito che a parlare era stato Mihael. Lo
vedeva, sospeso ad
ali spalancate, che fissava i litiganti con aria minacciosa.
“Umani!
Si avvicinano!” urlò un altro angelo, poco
più in là.
Keros
capì che doveva agire subito. Corse da figlio ed allievo,
ordinandogli di
smettere. Riuscì a separarli per qualche istante, spiegando
loro che umani e
angeli li stavano raggiungendo.
“Ti
uccido!” ringhiò a bassa voce Espero, mentre il
sanguemisto lo tratteneva e
faceva segno a Nasfer di allontanarsi.
“Marmocchio
raccomandato” rispose Nasfer.
Keros
sollevò di peso Espero e iniziò a camminare verso
il portale, mentre il
ragazzino gli si dibatteva fra le braccia e scalciava.
“Nasfer!”
urlò “Torna subito a casa. O saranno gli angeli a
fartici tornare e, credimi, non
è piacevole!”.
“Lasciami!”
continuava a sbraitare Espero.
Il
maestro resistette ai morsi ed ai graffi del giovane allievo. Nasfer
non si
mosse. Un coro si alzò fra gli angeli, di colpo. Keros si
arrestò, preoccupato.
“Nasfer!”
lo chiamò di nuovo, mentre in coro si alzava sempre
più forte.
Sapeva
cosa stava per succedere. Stavano per usare un esorcismo contro Nasfer,
che era
ancora troppo giovane per sapere come reagire in modo adeguato.
D’istinto,
lasciò andare Espero e tentò di raggiungere il
figlio.
“Non
li ascoltare!” gli gridò.
Il
giovane si era impietrito, sopraffatto da quelle voci e stordito dal
potere
degli angeli. Keros afferrò il figlio per un braccio,
tentando di farlo muovere.
Allo stesso tempo Espero, approfittando della situazione, si
preparò a
scagliare un altro attacco contro l’avversario.
“Piantatela!”
tentò di farsi ascoltare il maestro, ormai senza pazienza.
Keros
alzò una barriera attorno a sé, per evitare i
colpi di Espero, e schiaffeggiò
Nasfer per farlo rinsavire. Il coro angelico era sempre più
potente. Espero
correva veloce e si scagliò con tutte le sue forze contro la
barriera del
maestro. Questa scintillò, barlumi di elettricità
e potere la attraversarono
nel tentativo di respingere la furia del principino. Ma la foga del
giovanissimo demone era troppa, così come incontenibile era
la sua ira e la sua
energia. La barriera si infranse, scagliando maestro ed allievi
parecchio più
in là. Senza parole, si guardarono fra loro restando a
terra.
“Cosa
è stato?” parlò qualcuno.
Gli
umani si avvicinavano. Gli angeli erano pronti ad agire. Il mezzodemone
capì
che c’era una cosa soltanto che poteva fare:
richiamò a sé le ultime energie
rimaste e creò un portale per i due allievi, spedendoceli
dentro a forza. Ci fu
un lampo ed Espero e Nasfer erano scomparsi. Ansimando, Keros rimase
disteso. Era
ferito, stordito e senza forze. L’ultima cosa che vide, prima
di chiudere gli
occhi, fu la luce bianca ed accecante di un nugolo di angeli che si
avvicinava.
Riapparsi
a palazzo, Espero e Nasfer si fissarono ancora, frastornati.
“Ma
che cazzo è successo?” riuscì a dire
Nasfer.
“Non
lo so. Io… penso di aver rotto la barriera
angelica!”.
“Ma
come?”.
“Non
ne ho idea! Non c’ero mai riuscito prima!”.
“E
poi? Non capisco… che mal di testa…”.
“Ti
sei quasi fatto esorcizzare, coglione!” ridacchiò
Espero, pulendosi il vestito
da erba e ghiaia.
“Ma
Keros dov’è? Dov’è mio
padre?”.
Si
guardarono attorno.
“Mi
sa che è rimasto di là…”.
“Rimasto
di là? Con tutti quegli angeli?! Dobbiamo andare a
prenderlo!”.
“Andare
a prendere chi?” interruppe Lucifero, mentre Leonore correva
ad abbracciare
Espero.
Nasfer
spiegò quel che era successo. Subito Lucifero
riattivò il portale e corse a
salvare il sanguemisto. Di Keros però non vi era traccia
alcuna. Nessun angelo,
nessuna luce. Tutto svanito.
“Vi
rendete conto di quel che avete fatto?” riuscì
infine a dire Lucifero, una
volta rientrato a casa ed aver udito il racconto dei principi.
“Noi…
non volevamo…” provò a giustificarsi
Espero.
“Lo
so che non volevi, tesoro” tentò di consolarlo
Leonore.
Il
re aveva convocato i due giovani principi nelle proprie stanze e ora
fissava il
fuoco che bruciava su delle candele. Quelle fiamme gli ricordavano
Keros.
“Che
possiamo fare?” domandò Nasfer.
“Che
potete fare? Ma vi rendete conto davvero di quel che è
successo?”.
“Noi…”.
“Keros.
Il mio Keros. È svanito. Capite? Il mio Keros, tuo padre, il
tuo maestro… lui è…”.
Nasfer
trattenne il fiato, scuotendo la testa.
“Morto”
concluse il re.
“Ma
no. Gli angeli non lo ucciderebbero mai! Ho visto Mihael là!
L’ho visto!” si
affrettò a dire il principino “Lui non lo
permetterebbe mai!”.
“Keros
è un demone. Loro sono angeli. C’erano degli umani
lì vicino. Capite? Capite quel
che avete fatto con la vostra testardaggine e stupidità?
Cazzo, lo capite?!”.
“Calmati”
mormorò Leonore, avvicinandosi “Questi ragazzi non
lo hanno certo fatto apposta!
Loro non…”.
“Silenzio!”
ringhiò il sovrano “Non voglio più
sentire una sola parola sul mondo umano, siamo
intesi? Chiunque di voi verrà sorpreso anche solo a pensare
di andarci, verrà
incatenato e frustato. Sono stato chiaro? Il mio Keros è
morto perché voi due
non potevate fare a meno di andare a far i coglioni in un mondo che non
vi
appartiene!”.
“Adesso
basta” parlò ancora, con calma, la regina
“Credo che il loro cuore sia già
sufficientemente addolorato”.
Lucifero
non aggiunse altro. Fece segno a tutti di lasciare la stanza, mentre la
voce
della morte del principe Keros si diffondeva per il palazzo e per il
regno. Qualche
giorno dopo, alla luce del giorno, il Diavolo tornò in quel
luogo. Sperava di
trovare qualcosa, qualunque cosa, che potesse ricordargli chi aveva
perso. Notava
segni di lotta, fra la ghiaia e l’erba alta.
“So
che mi stai spiando” parlò, senza voltarsi
“Lo fai sempre, Mihael”.
“Che
cosa stai cercando?” domandò
l’Arcangelo, comparendo alle spalle del fratello
maggiore.
“La
cosa non ti riguarda”.
“Sei
troppo vicino alle case degli umani”.
“Non
me ne frega un cazzo degli umani. E tu… come puoi essere
sempre così? Impassibile
e composto, nonostante gli eventi? Non sei stanco? Non sei
affranto?”.
“Sono
stanco ed affranto tanto quanto te. Ma Dio mi dona la forza di
continuare”.
“Cosa
ne è stato del mio bambino? Cosa ne è stato di
Keros?”.
“Tuo
figlio ha infranto la sua barriera. Non potevo permettergli di
insegnargli
altro. Avrebbe messo in pericolo l’incolumità
delle mie schiere angeliche che
difendono gli Uomini”.
“Solo
di questo ti importa? Solo della nostra guerra e degli
Uomini?”.
“Sono
stato creato per questo”.
Lucifero
si voltò, guardando negli occhi Mihael. Coglieva in quello
sguardo qualcosa di
diverso, forse dolore o insicurezza.
“In
questo caso…” mormorò Lucifero
“…richiama tutti i tuoi eserciti. Se vuoi la
guerra, guerra avrai. Per il mio Keros. Per lui, io ti
sconfiggerò”.
“Attento
a come parli. Iniziare una guerra fra noi significherebbe far partire
un gioco
ben più grande di noi. L’apocalisse e la fine
dell’umanità”.
“Ti
ho già detto che me ne sbatto il cazzo
dell’umanità. E se non raccoglierai la
mia sfida, il mio esercito li ucciderà tutti i tuoi preziosi
umani, fra atroci
sofferenze”.
“Tu
sei pazzo”.
“Per
te contano più quegli infimi esseri nati dal fango piuttosto
che la famiglia e
le persone che ami. Per te sono più importanti loro, che
nemmeno pregano più, della
donna che amavi. Per te è più importante
proteggere l’umanità e seguire i tuoi
ideali piuttosto che proteggere la vita di tuo figlio. È
questo che sei”.
“Ma
che cosa stai farneticando?!”.
“Se
davvero Carmilla e Keros contano, o hanno mai contato per te, allora
dimostramelo. Combatti! Combatti per loro e sconfiggimi! Mettiamo fine
a tutto
questo. Fammi vedere che non sei solo una marionetta mossa da una luce
che
ormai non parla più e che tu ti ostini a venerare come
Dio!”.
“Ti
farò tacere!”.
Mihael
sguainò la spada, che sempre portava con sé.
Lucifero sorrise, soddisfatto. Era
l’inizio della fine, la fine di ogni cosa. E lui non
aspettava altro!
Capitolo
non molto lungo ma il prossimo sarà un pochino
più impegnativo. A prestissimo!