Anime & Manga > Boku no Hero Academia
Segui la storia  |       
Autore: time_wings    21/12/2019    3 recensioni
Alla 1-A viene data l'opportunità di passare un'estate in un resort di lusso. Sembra forse esserci un modo migliore di combattere il caldo e i duri allenamenti al chiuso?
Purtroppo, però, sogni così inverosimili, si sa, finiscono sempre per schiantarsi al suolo ed i ragazzi scopriranno presto, a loro spese, che non è tutto oro quello che luccica e che, come ogni eroe che si rispetti, anche a loro toccherà guadagnarsi la fortuna che tanto desiderano.
Riusciranno i nostri futuri eroi a trovare il modo di godersi l'estate nonostante imprevisti ed incidenti di percorso?
Piccole avventure e brevi sconfitte riempiranno i capitoli con il fascino travolgente dei personaggi che abbiamo amato.
Una storia di amicizia e di paura, che mostra il percorso di adolescenti in cerca di loro stessi, alle prese con timori da superare e amori da conquistare.
[KiriBaku, KamiJirou, Tododeku]
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou, Mina Ashido
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

THERMOPHOBIA

paura del calore

 
In skating over thin ice our safety is in our speed.
Ralph Waldo Emerson



“Tutto è bene quel che finisce bene, insomma. Non avevo dubbi.”
“Ma se sei stata tu a dire che era un cretino e che meritava la morte!”
“CHE? Guardate che mi offendo!”
“In realtà” Puntualizzò la ragazza: “minacciavo di scioglierlo con l’acido.” Ashido si resse con le braccia sul muretto, mentre incrociava le gambe.
“Ora sono decisamente offeso!” Ribatté Kaminari, con il gomito che poggiava sulla coscia e la mano che reggeva il viso.
“Ma era ovvio che ci fosse sotto qualcosa, Sero. Ho un buon fiuto per queste faccende.” Concluse Mina ignorandolo e levando un dito. Il moro alzò le sopracciglia scettico, non nascondendo un sottile sorriso.
“Ho sbagliato io a sottovalutarlo.” S’intromise Kirishima con lo sguardo basso e un po’ colpevole.
“Ormai è acqua passata, amico.”
“Piuttosto…” Esordì Sero.
“Non resta forse un’ultima persona che dovrebbe saperlo?” Lo tagliò Ashido, osservando Uraraka, Midoriya, Iida e Tsuyu lisciare la sabbia e montare la rete, qualche metro più in là. Kirishima osservò gli amici timoroso.
“È quello che ho detto anch’io!” Aggiunse Kaminari, dandogli di gomito.
“Lo so, lo so. È che non ne sono sicuro. Cioè, lui è ambiguo e io ho… beh, ho fatto una cazzata l’altro giorno, nelle piscine idromassaggio, ma…” Esalò abbassando lo sguardo e sentendosi leggermente oppresso dalle tre paia di occhi che lo fissavano in attesa. Scelse di lasciar vagare senza meta le parole successive al suo ‘ma’ e smise di parlare.
“C’è ancora il week-end dello sport. Oggi siete esonerati dalla punizione, dico bene?” Suggerì Ashido, che aveva notato il disagio di Kirishima e avrebbe davvero voluto risparmiarglielo. Nonostante ciò, però, una parte di lei sapeva bene che la cosa migliore, per il suo amico, era affrontare la realtà e smettere di rintanarsi nella sicurezza del suo silenzio.
Come previsto, infatti, Kirishima alzò uno sguardo implorante su di lei: “Sì.” Mormorò, consapevole di starsi consegnando al nemico di sua iniziativa.
“Però,” Continuò sorprendentemente Mina e una rinnovata attenzione si posò sulle sue parole in sospeso: “è vero anche che devi volerlo tu. In questi casi la scelta giusta non esiste. Si tratta della scelta che ti farà stare bene e sei il solo a conoscerla.”
Kirishima annuì con decisione. Che decisione, però, non gli fu chiara. In fin dei conti lui non aveva deciso proprio niente, ma a quanto pareva c’era una parte di lui che, da un po’, aveva trovato una soluzione a quel grattacapo. Non gli restava altro compito che decifrarla ed, eventualmente, starla a sentire.
“Certo, per stasera potrei organizzare qualcosa che potrebbe aiutarti ad accelerare i tempi, sai…”
Kirishima sgranò gli occhi, inquietato: “Aspetta, che?”
“Lascia fare a me. Ho un piano.”
“Mina, io li conosco i tuoi piani e…”
“Possiamo iniziare, professore!” Iida interruppe il flusso preoccupato di pensieri di Kirishima ed il silenzio di Mina, ma il ragazzo tornò indubbiamente di buon umore. Pensò che se si fosse lasciato almeno un po’ andare tutto sarebbe andato per il verso giusto. All Might alzò i pollici e fece segno a Prest Mic di iniziare.
Kaminari si alzò di scatto, pronto a coinvolgere i clienti del Lotus resort nelle attività speciali del week-end dello sport che, a quanto pareva, quel giorno proponeva una partita a beach volley sotto il sole ancora cocente del pomeriggio.
 
Non molto tempo dopo, infatti, Kirishima e Kaminari si trovarono ai lati opposti del campo improvvisato a fare da arbitri della partita che vedeva coinvolti due giovani padri contro i loro figli agguerriti. La voce squillante e incalzante di Present Mic avrebbe fatto venire loro il mal di testa più irritante della storia!
Todoroki, invece, si era già rassegnato al baccano. L’idea di lavorare come bagnino era stata piuttosto sadica, a detta sua. Già relazionarsi con il genere umano gli risultava complesso, in genere, in più avere a che fare con Bakugo era quasi una tortura. Le loro personalità si scontravano in tutto e per tutto ed era certo che i professori l’avessero notato praticamene subito. Trasse un sospiro rassegnato, cercando di gestire la noia che s’impossessava del suo corpo. Poi, però, l’imbarazzo lo salvò… per così dire. Gli tornarono alla mente i fatidici venti minuti della sera precedente.

Si era messo in testa di essere più… aperto al dialogo.
Se quel lavoro estivo gli aveva fatto credere di star avendo qualche effetto benefico sulla sua personalità, mentre si dirigeva alla sua meta, venti minuti dopo, sulla strada del ritorno, l’imbarazzo aveva spazzato via qualunque orgoglio di essersi messo in gioco. Era cerebralmente morto, oppresso da una quantità di parole che l’avevano sommerso come un’onda maligna.
Lui l’acqua la preferiva decisamente solida.
Avrebbe dovuto girare i tacchi e smettere di combattere la sua voglia di rimanere nell’ombra, avrebbe dovuto fermarsi prima dell’inizio della fine.
E invece no, Todoroki aveva bussato sul legno scabro della camera E-78.
Il suono gli parve così distante e così spaventosamente udibile allo stesso tempo. Annuì deciso, improvvisamente consapevole di aver fatto la scelta giusta, mentre il coraggio e l’adrenalina gli fluivano nelle vene come un antidoto rigenerante.
L’uscio si aprì appena, rivelando l’occhio curioso di Momo, che sbirciava al di là della porta. Quando riconobbe il suo ospite l’aprì del tutto, osservandolo sorpresa e confusa: “T-todoroki?” Balbettò, cercando nei suoi occhi il motivo di quell’inaspettata visita.
“Buonasera, Momo e… buonasera ragazze.” I suoi calcoli si erano rivelati accurati, dopotutto.
“Entra, dimmi tutto.” Si riscosse Momo, lasciandogli lo spazio necessario per entrare e osservandolo muovere dei timidi (o erano solo incuranti?) passi all’interno della stanza.
“Volevo parlare.”
“Oh, no, mi dispiace che tu mi abbia trovata con…”
“No, intendevo con tutte voi.”
Le ragazze si scambiarono una serie di sguardi interrogativi. Todoroki le studiò tutte, prendendo posto su una sedia che Momo si era immediatamente preoccupata di procurargli. Sembrava di stare in tribunale: “Ho pensato che avreste saputo aiutarmi su… questa questione.” Tentò, riscoprendosi quasi leggero nell’introdurre l’argomento. Quasi. La sua calma e pacatezza, però, vacillò non appena Jiro si sistemò sul tappeto, passando da una posizione stravaccata e rilassata ad una seduta e attenta. Un po’ troppo attenta, per i gusti di Todoroki.
“Che genere di questione?” Si informò Ashido, portavoce delle anime in pena. Todoroki si concentrò su di lei, per scacciare dalla testa quello strano presentimento.
“Di cuore.” Sentenziò il ragazzo a metà, con il tono austero e teso di chi sta dichiarando guerra a una nazione.
“Oh, wow…” Esalò Hagakure, incuriosendosi.
“Inaspettato, cra.” Notò Tsuyu, con una certa ironia. Uraraka distolse lo sguardo e Jiro le riservò un’occhiata attenta. Di nuovo, un po’ troppo attenta, per i gusti di Todoroki.
“Spara.” Rispose Ashido, invitandolo a continuare. Todoroki, a quella parola, storse il naso, domandandosi se fosse stata effettivamente una buona idea. Sospirò, aveva già scoperto le sue carte, ormai, ed era troppo tardi per tirarsi indietro.
“Ecco, c’è una persona che mi piace… credo.” Si limitò a spiegare, sicuro del fatto che quel numero di parole sarebbe bastato.
A quanto pareva non lo era, perché qualcuna alzò un sopracciglio.
“Volevo dei consigli…” Gli stava costando tutto il suo autocontrollo: “per provarci e capire...” Sputò fuori. A Jiro venne quasi da ridere. Sembrava stesse declamando un passo tragico di un’opera teatrale.
“Oh.” Comprese Ashido, guardandolo pronta a sommergerlo con l’entusiasmo delle sue domande: “Capire se le piaci?”
Todoroki sembrò sul punto di dire qualcosa, di correggerla, poi ci rinunciò e annuì.
“Mh, okay, immagino che dirglielo sia fuori discussione.” Tentò lei, studiandolo. Il ragazzo alzò lo sguardo su di lei, ma non disse una parola: “Già, ecco…”
“Potresti portarla al cinema!” Tentò Hagakure, congiungendo le mani emozionata.
“No, macché, dove lo trova un cinema qui?” La smontò subito Ashido, che era chiaramente un’esperta in amore.
“Una gita in barca, cra.”
“Costruiscile una casa sull’albero!” Propose Momo.
“Ragazze, dove la prende una barca o un’ascia?” Replicò Mina, incredula. Todoroki si sentiva leggermente frastornato. Seguirle si stava rivelando un compito arduo.
“Perché non organizzi un incontro sulla spiaggia, dopo l’orario di chiusura?” Propose Uraraka, aprendo bocca per la prima volta da quando era arrivato. Sembrava piuttosto… dispiaciuta, come se l’argomento della discussione le stesse portando un qualche tipo di dolore fisico.
“Ecco, questa è una buona idea!” Esclamò Ashido, che ormai era diventata la conduttrice di quella specie di show: “Magari al tramonto, sarebbe così romantico!”
“Sì, poi potresti prenderle la mano.” Aggiunse Hagakure.
“Ma assicurati sia il momento perfetto.” S’intromise Momo, alzando il dito indice. Todoroki annuì, appuntandosi mentalmente le informazioni.
“Se lei non si ritrae falle un complimento. Qualcosa che pensi davvero.”
“E poi… beh…” Mina sorrise, allargando le braccia.
“Poi baciala.” Esalò Jiro, con tono gelido. Todoroki la guardò. Non sembrava un consiglio, ma più una sfida, una minaccia. Gli venne naturale distogliere lo sguardo.
“Okay. Spiaggia, tramonto, mano, complimento e… Ho capito.”
Ashido rise di gusto: “Guarda che non stai organizzando un attacco a una base nemica. Sii te stesso, alla fine non hai di che preoccuparti. Hai tutte le carte in regola per piacere a una ragazza. Anche Jiro pensa che tu sia carino.” Gli confessò, strizzandogli l’occhio.
Todoroki arrossì: “Okay, disinvolto, ce la posso fare.” Rispose poi, decidendo di ignorare le ultime frasi della compagna di classe.
Jiro scoccò un’occhiataccia a Mina, prima di tornare con lo sguardo sul ragazzo a metà: “Oh e non dimenticare. Assicurati che non sia fidanzata.” Gli suggerì, trascinando le altre in una risata.
Ma Todoroki non riuscì a ridere. Jiro gli era sembrata aggressiva per tutto il tempo e quell’affermazione sembrava lontana anni luce da una battuta. Si alzò, spazzolandosi i vestiti per l’imbarazzo di aver richiamato improvvisamente l’attenzione di sei ragazze su di sé. Facevano un po’ paura.
“Grazie per i consigli.” Parlò, inchinandosi in maniera decisamente formale. Mina gli poggiò una mano sulla spalla con fare amichevole e lui non poté che fissare per qualche secondo la sua mano rosa su di lui: “Figurati, quando vuoi.” Gli disse poi, con un sorriso solare: “Ma sciogliti un po’, va bene?”
Todoroki annuì e si liberò dalla mano della ragazza, poi si diresse alla porta in silenzio e parlò ancora solo per congedarsi, un attimo prima di chiudere l’uscio e separarsi dagli sguardi curiosi e ancora un po’ sorpresi delle ragazze.
Mentre camminava sul vialetto che dall’edificio E-7 portava al tugurio, il disagio che gli avevano procurato gli occhi indagatori e critici di Jiro iniziò ad assillarlo, facendolo in parte pentire della sua scelta. C’era, però, una vocina nella sua testa, almeno, che gli sussurrava all’orecchio che a quel punto aveva un piano e che non era affatto il tipo che si sarebbe lasciato intimorire così facilmente.

Questi erano i pensieri che giravano vorticosamente nella testa di Todoroki anche il giorno successivo. Per questa ragione il gesto che compì qualche attimo dopo fu del tutto dettato dal punto centrale attorno a cui girava l’intera questione. Si voltò di scatto, infatti, quasi fosse stato indotto da una forza superiore, verso il muretto su cui sapeva essersi seduto Midoriya. Inaspettatamente, però, lo trovò nel bel mezzo di una profonda conversazione con Uraraka. Li osservò per qualche secondo e, per l’ennesima volta, si sentì di troppo, anche solo a guardarli.
Eppure non riuscì a staccare gli occhi da quella scena. Midoriya sembrava sconvolto, quasi timoroso delle parole della ragazza, come se avesse appena ricevuto una notizia meravigliosa… o terribilmente tragica. Uraraka era rivolta verso di lui e non riusciva a vederla in viso, ma gesticolava molto e le sue parole si traducevano in reazioni piuttosto eloquenti sul viso del ragazzo di fronte a lei. Midoriya sembrava, adesso, quasi rassegnato e sorrideva incredulo, ma con una fievole luce nello sguardo a smentirne lo scetticismo.
“E chi se lo sarebbe mai aspettato?” Una voce nuova stonò nella sinfonia di confusione e curiosità malsana in cui era immerso Todoroki. Quella frase non gli era nuova. Prima che una nuova e sofferta consapevolezza si facesse spazio nella sua coscienza, infatti, quella stessa persona gliel’aveva già detto.
Todoroki incontrò lo sguardo di Aoyama per un secondo, poi lo distolse fingendo noncuranza: “A volte basta solo smettere di combattere l’amour.” Sentenziò il ragazzo, fissando il campo da gioco come se avesse appena fatto un commento sportivo.
Todoroki alzò lo sguardo sul ragazzo, fingendosi confuso, ma Aoyama gli sorrise come uno che, come al solito, la sapeva lunga, poi scrollò le spalle e si alzò con eleganza: “Devo andare via. Ho faccende importanti di cui occuparmi.”
Todoroki non aveva idea di cosa diavolo avesse avuto da fare Aoyama per tutto il campo scuola, ma lui, al contrario di qualcuno, non era certo il tipo che si impicciava degli affari degli altri. Nonostante le mille domande, però, la leggerezza delle parole del biondo si tradusse in una pesante e incombente necessità.
Guardò ancora una volta la coppia seduta sul muretto, chiedendosi se non stesse facendo un grande errore.
 
Il sole era già basso, accennando a calare il sipario del giorno, quando il torneo di beach volley del week-end dello sport terminò. Eppure restava ancora un’ora buona di luce e Kaminari pensò che fosse proprio un peccato sprecarla così.
Trotterellò veloce verso il muretto che faceva da spalti, asciugandosi qualche goccia di sudore scappata alla sua fronte col dorso della mano: “Giocate?” Propose alle ragazze, non riuscendo però a distogliere lo sguardo da quello di Jiro. Come al solito la stava sfidando.
“Perché no.” Rispose Mina, sorridendo e saltando giù dalla sua seduta di pietra. Uraraka scrollò le spalle e la imitò.
“Ci sto, cra.” Tsuyu annuì, dopo averci ragionato un po’ su, ma Momo scosse la testa: “Preferisco stare a guardare.”
“Oh, avanti.” La incitò Ashido, mentre il movimento del berretto di Hagakure faceva capire che aveva accettato la proposta anche lei.
“Io non posso, devo servire l’aperitivo di fine attività con Sero.” Li informò Jiro, che non sembrava poi così dispiaciuta all’idea di dover declinare l’invito.
“Ha paura di perdere contro di me.” Annunciò Kaminari, fingendo un sussurro e indicandola con il pollice, come se fosse stato un segreto tra lui e le ragazze.
“No, sarebbe in effetti la prima volta che vinci.” Gli tenne testa Jiro, consapevole di essere una schiappa a pallavolo e decidendo che cambiare discorso fosse la tattica migliore per avere la meglio su di lui.
Kaminari snudò i denti in un sorriso sfrontato, rassegnato all’idea di dover sorbire ogni battuta tagliente della ragazza. Semplicemente, non riusciva mai ad avere l’ultima parola. Jiro alzò gli occhi al cielo, infastidita dal tentativo di Kaminari di puntare sul fascino per ribattere. Intimamente, però, imprecò. Quel sorriso aveva avuto eccome il suo effetto: “Vi guardo nei primi minuti, però.”
“E va bene, va bene.” Concesse Momo, non riuscendo a combattere l’insistenza delle ragazze.
“Grande!” Tuonò entusiasta Ashido, liberandosi della maglietta gialla per restare in pantaloncini di jeans e bikini: “Kirishima, siamo in squadra insieme?” Strillò, per farsi sentire. Il rosso si voltò di scatto, vedendola avvicinarsi, poi sorrise e gridò di rimando: “Ci puoi contare!”
“Ehi, e a me chi resta?” Si lamentò Kaminari, inseguendo la combriccola.
Jiro si maledisse, quando si riscoprì a fissare il distacco tra la pelle abbronzata dell’addome del ragazzo e quella chiara che era sfuggita al costume giallo per via dei movimenti. Scosse il capo come a scacciare una fastidiosa mosca, poi si concentrò sulle squadre.
“Io non gioco con quel Pikachu di merda.” Sbottò Bakugo, incrociando le braccia al petto come un bambino molto arrabbiato.
“Amico, siamo rimasti solo noi, avanti.” Lo pregò Kaminari, con una punta di noia, all’idea di dover contrattare proprio ora, che era così impaziente di giocare.
“Sei pronta?” Domandò Kirishima, prendendo Ashido per le spalle e scuotendola per fomentarla.
“Sono nata pronta.” Rispose la ragazza fissandolo negli occhi e lasciandolo fare, caricandosi.
“Li distruggiamo.” L’aizzò lui, poggiando la fronte sulla sua come un coach con il suo pugile.
“Li annientiamo.” Ribatté lei, spingendo a sua volta la fronte, a mo’ di bufalo.
“Li facciamo a pezzi.”
“Li cancelliamo.”
“Li faccio esplodere.” S’intromise Bakugo con insofferenza e Kaminari non riuscì a sopprimere una risata: “Tu che cazzo ridi, idiota?”
“Siete in squadra insieme?” Si meravigliò Kirishima, quando ebbe spostato l’attenzione su di loro. Kaminari si guardava attorno disperato, ancora convalescente dalla risata di qualche secondo prima e Bakugo sembrava ristagnare nel suo brodo di rabbia.
“Così pare.”
Ashido ridacchiò, ma Bakugo sembrò riscuotersi: “Neanche per idea.” Ringhiò infatti, strillando.
Kirishima alzò gli occhi al cielo, per nulla impressionato, poi puntò uno sguardo annoiato su di lui: “Bakugo…”
“E tu che vuoi, capelli di merda?” Improvvisamente aveva assunto l’espressione di un bambino che è appena stato scoperto a commettere una marachella. Sembrava un cane bastonato: “Gioca con Kaminari.” Gli ordinò dolcemente, mentre i due spettatori osservavano quello scambio col fiato sospeso, non certi di quanto fosse ridicolo o quanto fosse, al contrario, strabiliante.
Bakugo alzò uno sguardo infervorito su di lui, minacciandolo: “E prova a battermi.” Lo provocò poi Kirishima, per nulla disturbato dall’atteggiamento dell’amico.
Il biondo gli resse lo sguardo per qualche altro secondo, come a misurare la quantità di credibilità che gli sarebbe rimasta se si fosse piegato così pubblicamente. Sbuffò e si voltò di scatto: “Zitto e muoviti, sfolgorato.”
Kaminari spalancò la bocca in estasi: “C-come hai fatto?” Domandò a Kirishima, guardandolo come se fosse il dio del nuovo mondo. 
Ma lui si strinse nelle spalle con un sorriso timido.
“HO DETTO ZITTO E MUOVITI.” Ripeté Bakugo, artigliando il polso di Kaminari e tirandolo verso il bordo del campo.
“Ahi, ahi, ahi.”
 
Il primo round del mini-torneo della classe vedeva come protagonisti Todoroki e Uraraka, trovatisi insieme per ragioni matematiche e Kaminari e Bakugo, che, a giudicare dalle facce, non sembravano neanche formare una vera e propria squadra.
“Quel bastardo a metà lo faccio a fette.” Gridò Bakugo, rigirandosi il pallone tra le mani, assaporandone la consistenza con i polpastrelli. Kaminari alzò un sopracciglio scettico: il suo compagno sembrava parlare letteralmente e lui non poté che chiedersi se non avesse qualche rotella fuori posto, visto quanto sembrava considerare seria la sfida. Il che era quanto dire, visto che a pensare che Bakugo fosse pazzo era Kaminari. Kaminari che si dilettava in installazioni clandestine di play station… Proprio lui.
“Provaci.” Anche Todoroki non sembrava da meno. Ma cosa diavolo prendeva loro?
“Ragazzi,” S’intromise Uraraka, che, a quanto pareva, condivideva gli stessi pensieri di Kaminari: “non siamo al festival sportivo, rilassatevi.”
“FACCIO A PEZZI ANCHE TE!” Sbraitò Bakugo, che sembrava aver dimenticato anche lui il senno sulla luna.
“Iniziamo!” Tuonò Sero, offertosi di fare da arbitro prima di essere costretto a lavorare al chiosco per il rinfresco: “Vi ricordo, niente Unicità e tanto fair play!” Poi fischiò.
Bakugo fece librare la palla in aria per qualche secondo, prese una breve rincorsa e saltò, colpendola con forza con la mano destra ben tesa e mandandola nel campo avversario in una parabola a dir poco perfetta.
“Bravissimo Kacchan!” Gridò Deku, seduto a bordo campo.
Uraraka, però, la recuperò con un bagher senza troppi problemi: “Zitto, nerd di merda.” Lo ringraziò senza neanche guardarlo: “Sfolgorato.” Chiamò poi, alzando la palla a Kaminari.
Il ragazzo saltò con agilità, mandando la palla nel campo avversario con una schiacciata non proprio poderosa. Nonostante ciò, però, la indirizzò talmente bene da finire quasi sulla linea di fortuna che delimitava il campo, per questo motivo Todoroki e Uraraka non corsero subito a recuperarla, certi del fatto che sarebbe uscita.
Accadde in un secondo. Todoroki previde l’esito dell’attacco e si gettò sulla sabbia, flettendo, nel farlo, una quantità di muscoli che mettevano in risalto tutti, ma proprio tutti, gli anni passati ad allenarsi. Inutile dire che Midoriya non si preoccupò di invidiarlo, quanto più di rimirarlo. Nonostante ciò non riuscì a rimandare la palla in gioco.
Quando Todoroki ebbe finito di dare spettacolo, si alzò lasciandosi scappare un’imprecazione a mezza voce, mentre si scrollava di dosso la sabbia accumulata durante il salvataggio. Si voltò verso Midoriya, come a cercare nei suoi occhi un barlume di rassicurazione. Non che gli servisse, assolutamente, era adulto e vaccinato e con la delusione aveva sfamato tutta la sua infanzia, ma sì, insomma, per scrupolo pensò sarebbe stato astuto dare un’occhiata. Peccato che tutto ciò che riuscì a ottenere fu vedere gli occhi di Midoriya salire rapidamente dal suo petto ai suoi occhi, mentre le guance gli si tingevano di un rosso preoccupante ed un sussulto gli scuoteva il corpo, mentre una mano gli si poggiava nervosamente alla nuca.
Todoroki sentì le guance andargli a fuoco di rimando. Tutta colpa dei neuroni specchio, ovviamente.
“Tutto bene? Ti sei fatto male?” Gli domandò Uraraka, avvicinandosi con apprensione.
Todoroki si riscosse dal momentaneo stato di intorpidimento, mentre una rabbia più gelosa che razionale gli iniziava ad offuscare il cervello. Che diavolo di domanda era? Si allenava per combattere criminali e un tuffo nella sabbia era sufficiente a mandarlo in ospedale? Certo che no.
“Sì, sto bene.” Rispose secco e con un pizzico di arroganza gratuita, voltandosi e dandole le spalle, per prepararsi a giocare.
“Oh, va bene.” Percepì una leggera punta di offesa nel tono di Uraraka, mentre sentiva la rabbia montare ogni secondo di più.
Era difficile ammettere anche solo a se stesso che la causa principale del problema era lui; che la gentilezza di Uraraka lo faceva soffrire per ben più di un motivo. Il primo era che lei era esattamente ciò che Midoriya meritava: una ragazza gentile e affettuosa, pronta a preoccuparsi per lui anche quando non ce n’era bisogno. Il secondo era che la sera prima era andato a chiedere alle sue compagne di classe quale fosse il modo migliore per conquistare il suo ragazzo e, ironia della sorte, era stata proprio lei ad avere l’idea perfetta. Si voltò per un attimo a guardarla, assalito dai sensi di colpa e lei gli sorrise incoraggiante. Non riuscì a chiederle scusa, mentre un senso di tristezza ed un principio di sconfitta iniziavano a divorarlo come non gli era mai accaduto prima di allora.
“Ehi, Jiro, ammettilo: non sei riuscita a staccare gli occhi da Todoroki.” Scherzò Ashido, dando di gomito alla ragazza seduta sulla sabbia accanto a lei. Ovviamente il suo occhio furbo e veloce registrò in un secondo lo sguardo discreto di Kaminari che si posava su di loro, come se avesse potuto aiutarlo ad ascoltare meglio la conversazione.
“Ma la smetti?” Rispose Jiro, dopo qualche secondo. Era ovvio che avesse guardato, insomma chi non l’aveva fatto, dopotutto? Questo non voleva dire niente.
“Non hai negato.”
“Io vado a preparare il rinfresco.” Cambiò discorso l’interrogata, alzando le mani come a liberarsi di ogni colpa e facendo leva sulle braccia per alzarsi.
“Todoroki?” Chiamò Ashido, con un principio di risata a modulare la voce.
“Mina!”
“Dai, lo dico anch’io che ha un bel sedere.”
“A dopo!” La salutò Jiro, scuotendo la testa e alzando gli occhi al cielo.
“Ehi, ehi, aspetta un attimo.” Kaminari le afferrò il polso mentre passava dietro di lui, attirandola a sé con il solito sorriso obliquo ad illuminargli il viso: “Dove vai?”
“A preparare il rinfresco.” Rispose lei alzando un sopracciglio e guardandosi attorno come se gli ombrelloni e i bagnanti potessero spiegarle il motivo dello strano comportamento di Kaminari: “L’ho appena detto, comunque.”
“Ah, sì?” Domandò, abbassando un po’ il tono e poggiandole una mano sul fianco tonico.
“Sì.” Ribatté con tono leggermente interrogativo e alzando le sopracciglia, come ad invitarlo a spiegarle il motivo di quest’improvviso e ingiustificato teatrino.
“Allora ci vediamo dopo.” Promise lui, non lasciandola andare prima di averle posato un leggero bacio sulle sue labbra, come a ricordarle che sapore avevano.
Jiro si allontanò per dirigersi verso il chiosco, salutando tutti con una mano e affiancandosi a Sero, che l’aveva raggiunta: “Oh e… la prossima volta sii un po’ più discreto quando origli, scoppiato.” Lo prese in giro lei, mentre Kaminari spalancava sorpreso la bocca, colto con le mani nel sacco.
Jiro lo trovò stupidamente buffo e odiosamente carino e avrebbe voluto tagliarsi le vene per averci anche solo pensato.
 
Todoroki ci aveva rinunciato. No, stava davvero cercando di essere una persona migliore, di aprirsi agli altri. Certo, i risultati di questo suo sforzo non si vedevano affatto, neanche col binocolo, ma non si poteva passare dall’essere una silenziosa ombra nella classe al re dei casinisti in un battito di ciglia. C’erano degli step e delle tappe da conquistare.
Quindi no. La risposta definitiva era ‘no’. Un grazie speciale alle ragazze della 1-A che gli avevano donato i venti minuti più imbarazzanti della storia… per nessun motivo in particolare, dal momento che aveva mandato all’aria i suoi piani. Non che avesse paura, assolutamente. Non aveva temuto i supercriminali durante l’attacco alla USJ, una sciocchezza come quella non era nulla in confronto.
No, lui lo faceva perché nonostante spesso sembrasse antipatico come Bakugo, ciò che lo distingueva dal biondo era uno spiccato e sincero senso del dovere, un’etica, insomma. Non ferrea come quella di Iida, magari, diciamo flessibile, ma pur sempre un’etica tutta sua.
“Ci vediamo a cena, allora, cra.” Lo salutò Tsuyu, smontando ciò che restava della rete di pallavolo e salutandolo con un leggero cenno della mano.
Todoroki appallottolò la rete tra le braccia e le rivolse un sorriso debole e stanco, guardandola allontanarsi per raggiungere gli ultimi componenti della classe, illuminati in controluce dall’arancione soffuso del tramonto.
Ultimi componenti eccetto…
“Todoroki?”
Il ragazzo a metà aggrottò la fronte, momentaneamente confuso dal proprietario della voce sconosciuta che aveva udito.
Poi si voltò, la rete ancora tra le mani, e incontrò lo sguardo timido di Midoriya, testardamente puntato sulle sue dita, che si ricorrevano tra loro in una danza nervosa.
Todoroki deglutì a vuoto, deciso più che mai a mantenere i nervi saldi: “Midoriya.” Esalò atono, mentre sotto quelle note calme e spensierate si agitavano tempeste di parole.
Il ragazzo alzò finalmente uno sguardo teso su di lui. Nel riflesso dei suoi occhi verdi Todoroki riusciva a scorgere i colori caldi del sole che si tuffava nel mare alla sua destra in un contrasto mozzafiato: “Oh, ecco, mi chiedevo… Per caso ti andrebbe di… Ecco di guardare il tramonto?” Tentò Midoriya, con un sorriso smagliante e gli occhi spalancati che avevano preso a viaggiare in ogni direzione tranne quella che li avrebbe portati a incrociare il suo sguardo.
“Il tramonto?” Ripeté Todoroki.
Midoriya annuì, prendendo l’asciugamano che teneva sul braccio e alzandolo in aria a scopo dimostrativo. Todoroki lo adocchiò titubante, mentre l’altro lo studiava nervoso.
“O… oppure non fa niente, eh,” Midoriya, ridacchiò, alzando gli occhi al cielo con noncuranza: “cioè, era una proposta priva di ogni fondamento, d’altro canto, né per giunta di utilità alcuna.”
“Va bene.”
“Poi, voglio dire, ti ho anche disturbato, stavi mettendo in ordine…” Midoriya si fermò un attimo a guardarlo, confuso: “Aspetta, hai detto che va bene?”
Todoroki distolse lo sguardo, vagamente riluttante, ma annuì.
“Oh, grandioso, fantastico, va bene qui?”
Todoroki si guardò attorno con titubanza: “Allontaniamoci un po’, non dovemmo essere qui dopo l’orario di chiusura della spiaggia.”
 
“Beh, ecco, come sono andati gli allenamenti oggi?” Midoriya ruppe il ghiaccio, letteralmente, perché un’inspiegabile e sottile strato di brina si era formato sulla superficie vellutata dell’asciugamano su cui si erano seduti.
“Bene.” Todoroki annuì, alzando lo sguardo al cielo. I colori del tramonto avevano iniziato a virare verso toni più caldi. Il sole calante gettava adesso raggi bassi e dorati sulla spiaggia e le increspature del mare brillavano con la stessa accecante intensità delle paillettes di Aoyama.
Midoriya annuì di riflesso, seguendo il suo sguardo e riuscendo a darsi mentalmente dello stupido più volte di quanto fosse effettivamente in grado di contare.
Così si decise a darsi un contegno. Chiuse gli occhi e inspirò a fondo, sentendo la brezza marina inondargli le narici e ricaricarlo. Todoroki gli lanciò un veloce sguardo di sottecchi, poi tornò ad osservare il cielo.
Midoriya espirò e tentò di passare quegli istanti godendosi il paesaggio e la compagnia e lasciando il nervosismo da parte: “Questo tramonto mi fa pensare ad una delle prime sere.” Parlò poi, guadagnandosi la silenziosa attenzione di Todoroki.
Gli tornarono in mente le parole di Jiro e quasi non se ne accorse, quando le pronunciò ad alta voce: “È la golden hour.”
“Che cosa?” La voce di Todoroki lo tradì, spezzandosi come se fosse stata impastata dal sonno. Ma Midoriya sembrò non rendersene conto.
“Il momento del tramonto in cui il cielo è dorato. Alcuni la chiamano ‘ora magica’ e se ci pensi, beh…” Spiegò lui, ricordando vividamente le parole di Ashido.
Todoroki deglutì a vuoto, smettendo di prestare attenzione alle digressioni di Midoriya e preparandosi mentalmente a ciò che avrebbe fatto nei secondi successivi. Non poteva credere di star davvero seguendo i consigli delle sue compagne di classe. Non poteva credere di essere sul punto di fare una cosa del genere. Inspirò a fondo, poi spostò lo sguardo in basso e lasciò casualmente scivolare una mano verso quella di Midoriya, sfiorandogli il mignolo con il suo.
Deku si interruppe a metà frase, qualunque cosa stesse dicendo gli morì in gola e lo sguardo gli cadde automaticamente in basso, dove la mano gelata di Todoroki si confondeva con la sua, mentre disegnava sul suo palmo piccoli cerchi col pollice.
Il tramonto e il mare e la risacca e il cielo e gli uccelli sparirono.
“Oh.” Esalò semplicemente Midoriya. Avrebbe voluto uccidersi, in quel momento. Oh? È tutto quello che ti viene in mente? Sei un caso perso.
“Scusa, stavo…” E poi successe una cosa che Midoriya credeva che non avrebbe mai visto in vita sua. Todoroki arrossì. E di brutto, per giunta! Ritrasse la mano e Midoriya fece l’unica cosa che ritenne più tardi geniale e patetica al tempo stesso. “NO!” Gridò, mentre Todoroki alzava uno sguardo sorpreso su di lui: “Voglio dire, no, ehm… Va bene.”
“No, stavo solo…”
“Davvero.”
“Okay.”
I secondi che seguirono furono decisamente imbarazzanti. Un silenzio soffocante scese tra loro, interrotto dalla risacca inarrestabile del mare che scandiva ogni minuto passare con una lentezza disarmante: “Todoroki…” Midoriya parlò all’improvviso, aggrottando la fronte: “M-mi… Ecco, mi stai gelando la mano.”
Todoroki sgranò gli occhi e la ritrasse di colpo da quella di Midoriya: “Scusa.”
“No, tranquillo.” Midoriya sorrise nervoso, tornando a guardare il lento sopraffare della sera sul giorno distruggere quel momento perfetto.
“Midoriya.”
“Sì?” Replicò lui immediatamente e con una punta di speranza di troppo nella voce.
“Comunque ti volevo dire che… Ecco, che non sei male quando combatti.” Esalò Todoroki, guardando una nuvola di passaggio sopra le loro teste.
Midoriya lo fissò sbigottito per un attimo: “Eh?”
‘Eh’? È tutto quello che ti viene in mente? Pensò Midoriya, per la seconda volta in dieci minuti.
“C’è competizione in classe, ma sono sincero. Certo, dovresti lavorare sulle ossa che ti spezzi.” Considerò Todoroki. Midoriya trasalì.
“EH?”
“Però, ecco, hai la stoffa per diventare un grande eroe, tu…”
“Lo pensi davvero?” Tagliò corto Midoriya, la confusione che cedeva il passo alla gratitudine: “Ho lasciato il mio quaderno in stanza, ma cercherò di appuntare mentalmente ogni consiglio che vorrai darmi. Sono tutto orecchie.”
Todoroki lo guardò un po’ disorientato. Non era esattamente lì che voleva andare a parare. Maledetto il giorno in cui aveva deciso che chiedere consiglio fosse una buona idea. Aveva sempre fatto tutto da solo, se l’era sempre cavata e, con un pizzico d’arroganza, poteva anche dire di essersela cavata più volte anche egregiamente.
“Il fatto è che ho capito di essere sempre stato troppo attento allo stile di All Might e non ho mai cercato uno stile tutto mio. Quindi adesso sto cercando di scindere la mia ammirazione per lui dalla mia formazione, capisci che intendo?”
Todoroki sospirò. Restava un ultimo consiglio da mettere in pratica. Non sapeva davvero cosa aspettarsi visto che i suoi ultimi tentativi non avevano portato a nulla di più che un buco nell’acqua, ma a quel punto non aveva molto da perdere. Se solo Midoriya si fosse deciso a smettere di blaterare…
“Però grazie per i tuoi consigli, farò certamente in modo di metterli in pratica, anzi, se in futuro avessi voglia di darmene altri sarò pronto ad ascoltarti per migliorare!” Midoriya chiuse le dita a pugno con determinazione.
“In realtà avrei un altro consiglio.” Ribatté il ragazzo. Il suo viso non lasciava trasparire alcuna emozione e Midoriya ebbe paura che si fosse stancato di ascoltarlo parlare.
“Q-quale?” Tentò infatti, timoroso della risposta del suo interlocutore: “Mi impegnerò a metterlo in…”
“Stai zitto.”
Prima che Midoriya avesse anche solo il tempo di offendersi e seppellire il suo esile e inutile corpo sotto strati e strati di imbarazzo Todoroki lo baciò.
Deku sgranò gli occhi mentre una nuova e stranissima sensazione si faceva largo nel suo stomaco.
Todoroki aveva serrato con forza gli occhi, come se si fosse aspettato uno schiaffo da un momento all’altro, ma si rilassò non appena Midoriya ricambiò il bacio, spingendosi con trasporto verso di lui, come a richiedere un abbraccio.
La naturalezza di quel gesto lo colpì in pieno, la facilità con cui si era lasciato andare, con cui si era affidato totalmente a lui stava rischiando di farlo crollare a pezzi. Un’ingenuità ed una tenerezza che non si era mai concesso di mostrare, che non gli avevano mai permesso di liberare. Ne ebbe irrazionalmente paura.
Una paura, però, così stimolante che lo portò a volerne sapere di più, a volerla conoscere meglio, a lasciarsi divorare dai suoi fumi invitanti.
Gli venne voglia di lasciarlo senza fiato.
“Wow.” Commentò, inopportuno come al solito, Midoriya, cercando di regolarizzare il respiro: “Pensavo fossi più goffo.”
Todoroki inarcò un sopracciglio: era una frana con l’ironia: “Che vuoi dire?”
Midoriya rise, una risata cristallina in cui non v’era traccia di scherno: “Niente.”
“Torniamo, prima che ci trovino qui?” Propose Todoroki, con una punta di invisibile rammarico nella voce.
“Sì, però…” Midoriya esitò, con lo sguardo basso: “magari prima lo rifacciamo?”
 
Jiro era senza fiato mentre correva veloce verso la sala da pranzo. Le parve quasi un miraggio quando afferrò il pomello della grande porta di legno e lo abbassò svelta e incredula: “Uraraka.” Chiamò col fiatone, mentre anche Tokoyami e Ashido sospendevano momentaneamente le loro mansioni da camerieri per dedicarsi alla nuova arrivata, che sembrava essersi specializzata nell’irrompere in quella stanza agli orari più improbabili.
“Ti devo parlare.”





Note di El: Is this the real life? Is this just fantasy? Caught in a landslide, no escape from realityyyyy
(Se l'hai letta cantando dieci punti alla tua casa di Hogwarts. Se non sai cosa sia... DOCUMENTATI, DANNAZIONE)
No hate.
Ah, io avevo un commento serio da fare!
Il fatto che Todoroki vada dalle ragazze a farsi dare un consiglio, oltre che essere imabarazzante e folle di suo (grazie sempre a Ran per averlo suggerito), NON sottintende una sorta di maschilismo di qualche tipo, della serie "le femmine sono frivole e danno consigli d'amore e i maschi non ci sanno fare", questa storia è trash, piena di clichè ed è nata ed esiste per farci una risata, vi prego di non leggerci particolari significati offensivi di qualunque tipo. Io per prima sono una ragazza e non ci so fare, quindi pace.
Altra cosa da sottolineare, spero si sia capito il dilemma interiore di Todoroki. Quel tipo è complicato da scrivere, quindi volevo farlo sembrare egoista e preoccupato per la felicità di Uraraka e Midoriya allo stesso tempo, il che è difficile da fare quando il massimo di parole che può dire in un capitolo senza essere OOC sono 3 in croce. Si scherza. Tivibi.
Come dite? Non sono riuscita a farvi dimenticare che oggi è venerdì/sabato e la storia doveva essere aggiornata martedì?
Avete ragione, ma è stata una settimana infernale, vi giuro che è per questo, il 16 è pronto da più di una settimana.
Penso, però, che ci vedremo qui tra dieci giorni, così mi porto avanti.
Grazie per essere ancora qui dopo 15 capitoli e spero di essermi fatta perdonare con queste 15 pagine di trash. In una sera ho pubblicato angst e demenzialità in una sola botta. Se questo non è bipolarismo...
Come al solito il vostro entusiasmo destabilizza una povera anima come me incapace di provare emozioni normalmente. Grazie davvero per il supporto e spero di leggere presto cosa ne pensate qui sotto.
Adieu,

El.


 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Boku no Hero Academia / Vai alla pagina dell'autore: time_wings