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Autore: killer_joe    21/12/2019    4 recensioni
Dopo una rissa che costò loro i titoli già guadagnati e un posto nel mondo del pattinaggio artistico su ghiaccio, i pattinatori Freddie Mercury e Roger Taylor pensano che la loro vita di sportivi sia definitivamente conclusa.
Quando però John Deacon, miglior amico di Roger da sempre, e Brian May, ex-assistente personale di Freddie, trovano un cavillo legale che potrebbe rimetterli in pista, i due sono estasiati.
Se non fosse che, per tornare a competere, devono cambiare categoria.
Se non fosse che John e Brian sono convinti che possano competere in coppia.
Freddie e Roger sono rivali, e tra loro non corre buon sangue. Riusciranno nell'impresa di presentarsi come prima coppia esclusivamente maschile nella storia del pattinaggio su ghiaccio?
*
Friendship! Freddie/Roger – Romantic! Maylor, Deacury
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, John Deacon, Roger Taylor
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Grazie mille a chi ha recensito e/o messo tra le preferite/ricordate/seguite questa storia! 
Spero di risentirvi anche alla fine di questo primo capitolo! 



 

Capitolo primo

 

CITTA' DI SEEFELD, AUSTRIA - 2007

LA FATA TERRY E GLI AMICI DEL BOSCO – SPETTACOLO SUL GHIACCIO

 

“Freddie! Che cavolo stai facendo, devi essere in pista fra 30 secondi!”

Il moro girò pigramente lo sguardo verso la voce molesta. Brian, in tenuta di scena, lo stava guardando con aria di rimprovero. Con le mani sui fianchi e la testa piegata di lato rassomigliava vagamente ad una madre delusa.

“Mi sto preparando ad entrare in scena, tesoro. Non si vede?” rispose, facendo un gesto eloquente verso il suo costume. Ad essere sinceri, Freddie stesso non credeva alle sue parole. Il suo camerino (sempre che uno spazio di un metro quadro nascosto dietro le quinte potesse essere chiamato camerino – Freddie non ne era sicuro) era pieno zeppo di abiti buttati alla rinfusa, prodotti per capelli e trucchi sparsi in giro e, nascoste abilmente tra la roba, qualche buona bottiglia di vodka.

“Mettiti la maschera e muoviti” fu l'unica risposta di Brian, che per buona misura gli diede anche uno scappellotto sul collo, assolutamente impassibile davanti allo strillo affranto di Freddie.

“E non tirare troppo la corda, o ti licenzieranno anche da qui” gli sibilò contro prima di entrare in pista e sparire dalla vista di Freddie.

“Come se fosse una cosa negativa...” mormorò Freddie tra sé e sé.

Sapeva di essere ingiusto nei confronti di Brian. Il ragazzo riccio era l'unico a non averlo mollato in mezzo ad una strada dopo quella brutta storia che mise fine alla sua carriera da agonista. Foster l'aveva lasciato a piedi, e così come lui tutti quei falsi amici che gli stavano attorno solo per poter godere della sua luce riflessa. Ora che Freddie era un perfetto nessuno, erano spariti tutti. Tutti tranne Brian, che l'aveva aiutato a risollevarsi e gli aveva trovato un lavoro.

Beh, numerosi lavori ad essere sinceri... questo era solo l'ultimo di una lunga lista di datori di lavoro che l'avevano mandato a quel paese dopo qualche mese.

Con un sospiro affranto Freddie indossò la testa da mago cattivo fatta di cartapesta. Sentì subito dopo la fatina del bosco che lo annunciava ai bambini, e prese un respiro profondo. Aveva bisogno di un altro sorso di vodka per sopportare quest'ennesima umiliazione.

“Odio la mia vita” mormorò a se stesso prima di entrare in pista.

 

*

 

CITTA' DI SEEFELD, AUSTRIA - 2007

SPORTS & GOODS – NEGOZIO DI ARTICOLI SPORTIVI


“Ahi! Non mi stanno bene!”

La bimba, dal viso largo pieno di lentiggini, non la smetteva di piagnucolare. Dio, erano tutti così i mocciosi o quelli rompipalle capitavano sempre a lui?

“E' perché non ho finito” rispose Roger con diplomazia, trattenendo a stento un rollare di occhi al cielo. Decise comunque di fare un tentativo, magari una spiegazione sarebbe servita.

“Vedi, devi pensare ai lacci come parte di tre gruppi distinti. La base...”. La mocciosa non lo lasciò finire.

“Ahi! Sono troppo stretti! Papà!”

Oh cristo santo, ecco l'arma segreta. Dalla sua posizione in ginocchio davanti alla panca il biondo sentì avvicinarsi dei passi pesanti. Con la sua dose di fortuna, il padre di questo soldo di cacio era di sicuro due metri di uomo. Con tanto di muscoli.

“Cosa succede piccola?” chiese una voce baritonale. Roger, imperterrito, andò avanti con il suo lavoro. Quei pattini erano della misura giusta, andavano solo allacciati come dio comanda. Non le avrebbe dato una misura più grande solo per sentirla tornare in negozio un mese dopo, a lamentarsi che si erano allargati troppo.

“Mi sta stritolando! Ahi!” continuò a lamentarsi la lagna in formato mignon. Roger questa volta non riuscì a trattenersi, e alzò gli occhi al cielo.

“Hey, cosa sta facendo? Ha detto che sono troppo stretti” proseguì la voce e, oh, Roger aveva ragione. Una montagna d'uomo, dall'espressione non troppo conciliante. Amen, Roger non era uno che si faceva intimidire facilmente.

“Beh, ha torto” rispose il biondo, finendo finalmente di allacciare il pattino. Certo, magari li sentiva stretti ora, ma poi sarebbe stata contenta.

“Oi biondino, ha detto che non le stanno!” insistette il padre, avvicinandosi di due passi minacciosi.

“Ma si sta sbagliando! In fondo a chi vogliamo credere? A una bambina o a Roger Taylor?” proclamò, colpito nell'orgoglio. Magari non poteva più pattinare, ma aveva una discreta competenza in materia.

“E chi diavolo è Roger Taylor?” chiese il padre, mezzo arrabbiato e mezzo confuso. La bambina stava guardando la scena con quell'espressione finta innocente tipica dei mocciosi della sua età.

“Cosa succede qui?” arrivò la cavalleria, nella forma di Chris Crystal Taylor, il padrone del negozio. Ora la fortuna girava dalla parte di Roger.

“Questo tipo” cominciò il padre, puntando un indice accusatorio verso Roger, “sta stritolando il piede di mia figlia”. Roger sbuffò, e Crystal gli lanciò un'occhiataccia.

“Mi scusi signore. Roger, lascia perdere qui e vai in magazzino” dichiarò Crystal, il maledetto bastardo che sapeva che Roger aveva ragione.

“Ma... cosa? Perché?” si lamentò il biondo, che però si rimise in piedi subito. Crystal non era uno con cui scherzare, e non apprezzava gli ammutinamenti. Crystal non disse nulla, limitandosi a indicargli con un dito la strada per il magazzino.

“Odio la mia vita” mormorò a se stesso prima di uscire dalla porta sul retro.

 

*

 

“E così, ho deciso che non mi andava più di pattinare per i giudici... insomma, è molto più appagante vedere i visi dei bimbi che sorridono felici... mentre pattini con la maschera da mago cattivo...” Freddie, conscio di star dicendo un fracco di balle, prese un altro sorso dalla bottiglia che aveva in mano. Che era già mezza vuota. La ragazza vestita da fatina seduta accanto a lui annuì con aria solenne.

“E' per questo che ti sei tagliato i capelli e fatto crescere i baffi?” chiese l'altra fatina seduta alla sua sinistra. Il tono della seconda era più civettuolo, mentre con una manina delicata gli accarezzava i baffi. Freddie prese un altro sorso di vodka.

“Look nuovo... vita nuova” proclamò, finendo la bottiglia. Vita di merda, senza dubbio.

La porta dello spogliatoio si spalancò, e Freddie vide la silhouette di Brian fare capolino da fuori.

“Eccoti qui, dobbiamo... Freddie, stai bevendo?” chiese Brian con disapprovazione. Freddie, preso con le mani nella marmellata, buttò la bottiglia oltre lo schienale del divano.

“Io... un po'?” offrì con poca convinzione. Brian alzò gli occhi al cielo e raggiunse il divano in due falcate.

“Forza, in piedi! Adesso andiamo a fare una doccia e poi ci prepariamo per il prossimo spettacolo. Fatine, a più tardi” sentenziò il riccio, arpionando le spalle di Freddie e alzandolo di peso dal divano. Il moro si lasciò maneggiare come una bambola, conscio che il suo unico amico aveva solo il suo bene a cuore.

“Ma che diavolo combini, si può sapere? Vuoi buttare alle ortiche anche questa occasione o cosa?” mugugnò Brian mentre lo trascinava verso i bagni pubblici del palazzetto. Freddie fece spallucce, non sicuro di come rispondere. Non che volesse trovarsi, di nuovo, senza un lavoro. Però questo era davvero umiliante.

“No... solo che... andiamo, Brian! Io vincevo ori a destra e a sinistra, pattinando sulle arene più importanti al mondo accompagnato dalle note dei maestri della musica! Questo è... imbarazzante” confessò, gesticolando verso il costume da mago che ancora indossava.

“Beh, se non avessi fatto l'idiota due anni fa ora saresti ancora in pista! Invece adesso la situazione è questa, e sarà bene che ti ci abitui. Magari prima di ammalarti di cirrosi epatica” lo seccò Brian, che intanto aveva raggiunto i bagni. Aprì la porta con un piede e spinse Freddie nel primo cubicolo disponibile.

“Adesso datti una rinfrescata, torna sobrio, e metti la testa in quello che fai sulla pista. E smettila di lamentarti della tua parte, almeno hai un nome in tabellone. Ricordati che io” Brian puntò l'indice sul suo stesso petto, come a stressare il concetto, “ho la parte dell'albero!”.

Con queste parole intrise di sentimento Brian uscì dal bagno, sbattendo la porta. Freddie deglutì a vuoto. Brian aveva ragione... bell'amico del cavolo, era stato. Era il caso di mettere la testa a posto, almeno per il prossimo spettacolo. Lo doveva a Brian.

 

*

 

Roger stava combattendo da cinque minuti con quel maledetto taglierino. Gli mancava solo di rompere gli strumenti del mestiere e Crystal lo avrebbe sbattuto fuori, poco ma sicuro.

“Hey Roggie”.

Il biondo si voltò con un sorriso. John era l'unica persona al mondo che riusciva a fargli tornare il buon umore anche quando tutto sembrava grigio.

“Hey Deaky! Che hai lì?” chiese il biondo, guardando con curiosità il libro – dalle dimensioni di un mattone – che John teneva stretto al petto come un neonato.

“Ho buone notizie” sorrise John, avvicinandosi a Roger e mostrandogli il titolo del tomo. Il biondo aggrottò le sopracciglia quando vide che si trattava del regolamento della ICU. John, benedetta la sua anima ottimista, ancora non si era arreso al fatto che i giorni di gloria di Roger erano terminati. Per due anni aveva ricercato a destra e sinistra una soluzione per rimetterlo in pista, senza risultati. Era il momento che lasciasse perdere e andasse avanti.

“John... andiamo. Mi hanno bandito a vita. Facciamocene una ragione, tutti e due, d'accordo?” suggerì, usando quel tono dolce che era riservato a John e a John soltanto. Il ragazzo, invece che partire in quarta con le recriminazioni come ogni volta che avevano questa conversazione, fece il sorriso più largo che Roger avesse mai visto.

“Abbiamo fatto tante ricerche, ma sempre nel posto sbagliato! La soluzione è così semplice, ed è qui” cominciò, aprendo il libro su una pagina che aveva segnato con un'orecchia.

“Ascolta, paragrafo quattordici, comma terzo: la sospensione a vita è irrevocabile, e il pattinatore non potrà mai più competere ad alcun torneo istituzionale esistente nella sua categoria o divisione” lesse a voce alta, per poi guardare Roger con aspettativa. Il biondo alzò un sopracciglio, lo conosceva a memoria quell'articolo. E quindi?

“Rog, non capisci? Sei stato bandito dalla tua divisione, l'individuale maschile! Puoi ancora gareggiare nei tornei di coppia!”

Roger spalancò gli occhi, incredulo. Come avevano fatto a non pensarci prima? Con una nuova ventata di ottimismo verso il suo futuro raggiunse John, per guardare anche lui nero su bianco il testo dell'articolo. Cristo santo, poteva tornare in pista! Poteva tornare a fare quello che sapeva, e amava, fare nella vita! Addio, mocciose frignanti e padri recriminanti, il pattinaggio lo chiamava!

“Deaky, hai ancora il numero di Jim? Avrò bisogno di un coach”.

-

 

“Io lo sapevo, quando ho ricevuto la vostra chiamata, che non sarebbe stata solo una rimpatriata”.

Jim Beach guardò i due giovanotti seduti davanti a lui, tre tazze di cioccolata calda fumante sul tavolino in mezzo a loro. Erano cambiati, ma non così tanto. Roger aveva ancora l'aria di un ragazzino, nonostante il nuovo taglio di capelli e la tinta ossigenata. Era chiaro che si fosse mantenuto in forma, probabilmente pattinando tutti i giorni per piacere invece che per lavoro. John, con il nuovo taglio corto, era diventato un uomo. Beh, era sempre stato più maturo della sua età e, nonostante i due anni in meno, più maturo di Roger.

“Allora coach, che ne dici? Mi prepareresti per gli europei di coppia?” chiese Roger, gli occhioni blu che scintillavano davanti alle prospettive di un più roseo futuro. Jim odiava l'idea di sgretolargli così i sogni di gloria, ma era necessario.

“Roger... gli europei sono tra un mese, e le iscrizioni chiudono tra due giorni” annunciò, sperando che questo fosse sufficiente a fargli capire la gravità della situazione. C'erano coppie che si preparavano per anni solo per avere un'occasione.

“Roggie è un campione, un mese è più che sufficiente per lui” commentò John, e Jim gli diede uno sguardo in tralice. Che non pensasse, il signorino, che Jim non sapesse da dove era venuta fuori l'idea. John era desideroso di rivedere Roger in pista tanto quanto il biondo stesso, se non di più.

Il punto era che entrambi non stavano calcolando un fattore abbastanza fondamentale, nel pattinaggio di coppia.

“La tua partner è brava quanto te?” buttò lì Jim, e si godette in diretta le espressioni scioccate dei due giovanotti. Ah, l'entusiasmo della gioventù, che agisce prima di pensare. Come potevano sperare di competere in coppia senza avere una coppia?

“Uhm...” mormorò Roger passandosi una mano tra i capelli, il gesto che faceva quando era nervoso. L'immagine fece tornare in mente a Jim un Roger più giovane, dai capelli più lunghi e dal sorriso smagliante. Il coach sentì una forte emozione, molto simile alla nostalgia, scaldargli il petto. Gli mancava quel combina-guai dalla risposta sempre pronta. E gli mancava anche il ragazzino dal sorriso dolce, sempre seduto a bordo pista.

'Che Dio mi perdoni', pensò, sapeva che se ne sarebbe pentito ma non gliene importava.

“Portami una partner entro due giorni e vediamo cosa riusciamo a fare” decise, allungando una mano verso l'altro capo del tavolo. Roger gli offrì quel sorriso meraviglioso che non vedeva da due anni e gli strinse la mano.

“Grazie, coach. Non la deluderò questa volta, lo prometto”.

 

*

 

Freddie sapeva che c'era qualcosa che non andava. Quando era uscito dal bagno era deciso a fare bene la sua parte – per quanto impegno uno dovesse metterci per fare bene il 'mago cattivo' di una ridicola recita per bambini – per Brian. Perché lo doveva a Brian.

Poi però aveva incontrato Paul, il tipo che era stato declassato da mago a scoiattolo quando il manager aveva assunto lui e Brian, che gli aveva offerto una birra per prepararsi alla performance. La birra si era trasformata in due birre, uno shottino di vodka e due dita di whisky bello pesante, con poco ghiaccio. Ora, un po' intontito e decisamente confuso, Freddie non sapeva più dove fosse finito. Dove diavolo era la testa del suo costume?


“Oh no, è il mago cattivo!”


Ecco, quella era la sua battuta d'entrata. E Freddie non sapeva ancora dove fosse la sua testa.

Ah ah, la sua testa. Terribilmente aderente alla realtà, quell'affermazione. Non sapeva dov'era la testa del mago, ma nemmeno la sua. Oh cielo, perché la stanza stava girando?

“Freddie, dove sei? Tocca a te!”

Quella non era la voce di Brian, e nemmeno di Paul. Freddie ruotò su se stesso per vedere una delle fatine che lo guardava un po' confusa.

“Hey, tesoro! Lo so, tocca a me... ma non trovo la mia testa! Nessuna delle mie teste, in realtà... non è ridicola, come cosa? Ho perso... la testa...” biascicò Freddie, che non si era reso conto che stava barcollando. I pattini che aveva addosso, senza una guida sicura da parte sua, lo stavano portando sempre più vicino alle quinte.

“No Freddie, torna indietro, non hai il costume!” sussurrò la fatina, agitata. Freddie agitò le mani in un gesto che voleva sembrare pacificatore. In realtà le stava sbattendo a destra e a sinistra in una squallida simulazione di un airone. La fatina fece un passo indietro per evitare di prendersi una manata in faccia mentre Freddie, senza controllo, scivolò sul ghiaccio della pista e caracollò sul sedere. Cadendo in mezzo all'arena.

“Ahi ahi...” si lamentò il moro, cercando senza successo di rimettersi in piedi. Il resto degli attori, tutti adeguatamente vestiti con i loro costumi di scena, lo osservarono come si guarda un fenomeno da baraccone.

“Scusate, io... ho perso la testa” offrì Freddie con una smorfia. Con la coda dell'occhio vide l'albero gettare le braccia al cielo, per poi scuotere la chioma del costume.

Qualcosa gli diceva che, oltre alla testa, avrebbe perso anche il lavoro.

 

*

 

La fata Terry e gli amici del bosco? Pensi davvero che riuscirò a trovarmi una partner qui?” chiese Roger, ancora non convinto del piano che John pensava invece essere perfetto. Il castano gli diede una pacca sulla spalla.

“Ho visto in un annuncio che cercano pattinatrici per lo spettacolo, ci saranno un sacco di curriculum appesi alla bacheca” rispose John, imperterrito nella sua linea d'azione. Roger si massaggiò la spalla ma non disse nulla. In fondo non poteva certo fare lo schizzinoso, già era qualcosa se riusciva a trovarla, una partner. John, con passi sicuri, lo guidò fino all'ingresso.

“Okay, tu vai alla bacheca e tirati giù i nomi delle aspiranti fate del bosco. Io invece cerco di parlare con le pattinatrici che già lavorano qui. Tutto chiaro?” ordinò John, che sembrava averci messo una gran dose d'impegno per elaborare una linea d'azione. Roger annuì, nonostante lo scetticismo. Sperava ne venisse fuori qualcosa di buono.

-

“Fuori di qui, Mercury. Non voglio più vedere la tua faccia”.

Freddie annuì, senza dire una parola. In fondo poteva capire il manager, si sarebbe comportato allo stesso modo se fosse stato nelle sue scarpe. Uscendo dall'ufficio del manager posò gli occhi su Brian, che lo stava aspettando appoggiato al muro, con le braccia incrociate. Freddie gli offrì un sorriso imbarazzato.

“Ti ha licenziato?” chiese Brian, con tono piatto. Freddie si strinse nelle spalle, improvvisamente dispiaciuto per aver perso anche quel lavoro, per quanto l'odiasse. Brian meritava di meglio.

“Uff, d'accordo. Prendi la tua roba e aspettami all'ingresso, vado a dare le dimissioni” sospirò Brian, rimettendosi in piedi. Freddie aprì la bocca per protestare, ma Brian lo fermò con un gesto.

“Andiamo, secondo te mi diverto a fare l'albero?” lo canzonò, rivolgendogli un sorriso sincero. Freddie scoppiò a ridere, scuotendo la testa. Non lo meritava, uno come Brian.

-

John camminava a testa bassa, l'attenzione concentrata sui nomi che aveva scritto sul suo taccuino. Le ragazze erano state più che entusiaste di dargli i loro nomi, la sola idea di fare la partner del famoso e affascinante Roger Taylor estasiante per qualunque aspirante pattinatrice. Peccato che le loro referenze non fossero esattamente promettenti. Forse Roger aveva ragione, per trovare una partner in grado di prepararsi ad un torneo europeo in un mese dovevano cercare da un'altra parte. Nelle scuole magari? A questo punto John era pronto a mettere un annuncio online, tanto era disperato.

Non stava guardando dove andava e, come da legge di Murphy, sbatté contro qualcosa. O meglio, qualcuno. Molto alto.

“John? John Deacon?”

Il ragazzo alzò gli occhi e riconobbe subito quella massa di capelli ricci.

“Brian May? Il mondo è piccolo” sorrise John, stringendo Brian in un abbraccio, subito restituito da Brian con entusiasmo.

“Cosa combini di bello qui? Vuoi partecipare allo spettacolo?” chiese Brian, curioso. John non gli sembrava il tipo da spettacolo per bambini, ad essere onesto.

“No, per carità. In realtà sono qui con Roger, stiamo cercando...” John si interruppe davanti all'espressione preoccupata di Brian, che lo fermò con un gesto della mano.

“Roger Taylor? È qui?” chiese Brian con il cuore in gola. Tutto voleva, ma non una ripetizione del disastro di due anni fa.

“Sì, l'ho lasciato all'ingresso... Mercury è qui con te, non è vero?” John, che non era scemo, aveva fatto due più due. Brian d'un tratto sembro impallidire vistosamente.

“Sì, e si sta dirigendo all'ingresso. Andiamo” esclamò il riccio, prendendo John per un braccio e trascinandolo verso dove era arrivato.

-

Freddie si caricò la borsa in spalla. Addio 'Terry', addio 'amici del bosco' e soprattutto, addio mago cattivo. Era il momento di una parentesi nuova della sua vita. Indossò gli occhiali da sole e si diresse verso la porta. Sarebbe uscito a testa alta da lì, come aveva sempre fatto. Nella hall del palazzo si diede un'occhiata in giro, in cerca di Brian, ma il suo amico riccio non era ancora arrivato. In compenso una figura attirò la sua attenzione. Era un ragazzo, girato di schiena mentre osservava la bacheca degli annunci. Aveva i capelli biondi, una tinta ossigenata, lunghi fino alle spalle, e a Freddie sembrava vagamente familiare. Il ragazzo in quel momento di voltò verso di lui, e i loro sguardi si incontrarono.

“Taylor...”

“Mercury”.

 

 

   
 
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