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Autore: lady_bella    23/12/2019    3 recensioni
[Imma Tataranni - Sostituto Procuratore]
Sono passati pochi mesi dalla Festa della Bruna e dal loro attimo di follia; da quel momento avevano cercato di evitarsi il più possibile, entrambi spaventati dalla forza delle loro emozioni.
Ma quando due persone sono fatte per stare insieme, non possono reggere la finzione per troppo tempo: i sentimenti hanno un modo tutto loro di saltare fuori, inattesi e imprevedibili, costringendoci a guardarci allo specchio e ammettere la verità, anche se scomoda.
Un nuovo caso sconvolgerà gli equilibri del Sostituto Procuratore Tataranni, portandola a fare i conti con una realtà che è ben diversa da come appare.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Disclaimer: non è cambiato niente rispetto ai capitoli precedenti: tutti i personaggi appartengono ai rispettivi autori.


Capitolo Terzo
 

«Diana! Mi serve tutto quello che puoi trovare sulla famiglia Vega, entro ieri grazie!», fece Imma entrando nel suo ufficio a passo marziale e richiudendosi la porta alle spalle con impeto. Erano passati due giorni da quando la nonna di Bea li aveva avvertiti dell’assenza della nipote, avevano cercato di capire che fine avesse potuto fare la ragazza guardando tra le sue cose per trovare un qualche indizio. Stavano brancolando nel buio, non sapevano neppure se si fosse allontanata volontariamente da casa oppure vi era stata costretta. In più, i genitori, avvertiti della misteriosa sparizione della figlia, avevano sentenziato di non poter tornare dal loro viaggio di lavoro prima di una settimana, sostenendo che non avrebbe fatto una grande differenza e comunque c’era lì la nonna se avessero avuto bisogno di qualcosa. Questo comportamento mandava Imma su tutte le furie: non poteva far altro che indagare al meglio delle sue capacità e pregare di non ritrovare il corpo della ragazza in fondo ad un burrone, o in una grotta oppure in un altro posto dimenticato da Dio.

Si lasciò sprofondare sulla sedia dietro la sua scrivania, abbandonando esausta la testa sullo schienale e chiudendo gli occhi. Era così stanca, non si era fermata un attimo in quei pochi giorni e quando tornava a casa il clima non era certamente sereno e rilassato. Aveva discusso aspramente con Valentina non appena aveva provato a farle delle domande sulla sua amica, sua suocera non perdeva occasione per rimproverare il suo atteggiamento nei confronti della figlia, sottolineando che così facendo anche Valentina sarebbe scappata di casa come Bea. E Pietro era un capitolo che in quello stato psicofisico esausto, non voleva nemmeno considerare.

D’improvviso un profumo inconsueto per l’ufficio attirò la sua attenzione: si riscosse bruscamente da quel momento di cedimento e aprì di scatto gli occhi posando lo sguardo sulla scrivania. Sui fascicoli era poggiata un’unica rosa rossa, accuratamente privata delle spine, alla quale era legato un foglio di carta arrotolato.

Il respiro le si bloccò in gola dalla sorpresa e avvertì una stretta allo stomaco di anticipazione: pregava solo di non rimanere delusa come l’ultima volta che aveva ricevuto dei fiori. Slegò il biglietto con impazienza e lo lesse.

 

    Una volta ti ho detto di essere un uomo di poche parole ed è vero: e quelle che io posso tirare fuori sono poca cosa. Per questo voglio prendere in prestito quelle che altri hanno scritto meglio perché tu meriti le strofe più belle fino all’ultimo apostrofo.

 

E a volte penso che tu

Abbia un'anima

Più grande della Terra

Così contieni anche me

E tutte le cose

Così sfuggente, libera

Sai come stringermi senza incatenare

Non sei mai stata mia

Eppure ti ritrovo in me

Come un ricordo senza origine

Cosa vuoi da me?

Lo sai che mi sfiorano

I pensieri che hai

Non li afferro mai

Così immensa e piccola

Come uno stagno di pensieri che

Annega dentro un mare senza nome

Così sfuggente, libera

Sai come stringermi senza incatenare

Non sei mai stata mia

Eppure ti ritrovo qui, senza chiamare

Nessuna firma accompagnava il fiore e il biglietto, ma questa volta non vi potevano essere dubbi sul mittente. Gli occhi le si fecero lucidi dall’emozione, inspirò il profumo della rosa e poi se la passò delicatamente sula guancia, immaginando che fossero le sue dita a toccarle il volto: dischiuse le labbra in un sospiro di desiderio, ma anche di tristezza. Si era resa conto di trovarsi sempre più spesso a pensare a Calogiuri, alla sua dichiarazione e al loro bacio, e a constatare con una fitta di senso di colpa che non ne rimpiangeva nemmeno un istante. La colpa, quella si che era un sentimento che ormai albergava in lei dalla festa della Bruna: provava a dirsi che in fondo non era successo niente di irreparabile, era solo stato un momento di debolezza e che il suo matrimonio era solido.

Ma Imma non era mai stata una donna in grado di raccontare stronzate né agli altri né, a maggior ragione, a se stessa: aveva iniziato a rimettere in discussione la sua intera esistenza, si era chiesta se tutti quei sacrifici autoinflitti e quell’aria di rigore di cui si circondava fossero un modo per difendersi dalle cattiverie e dalle maldicenze che l’avevano sempre perseguitata.

Si sentiva lacerata tra ciò che stava succedendo con Calogiuri e il suo dovere nei confronti della famiglia, di Valentina che stava ancora crescendo e aveva il diritto di avere due genitori che vivessero assieme felici, cosa di cui lei non aveva potuto fare esperienza. E anche verso Pietro aveva degli obblighi, era l’uomo con cui aveva scelto di passare il resto della sua vita, giurandolo davanti a Dio e agli uomini: non poteva gettare al vento tutto questo perché si era presa una sbandata per un altro uomo che, ammettiamolo pure, le faceva provare cose mai sentite prima, ma in fin dei conti Imma non è che avesse tutto questo gran termine di paragone. Pietro era stato il primo e l’unico uomo a chiederle di uscire, l’unico ad averla baciata, l’unico con cui aveva fatto l’amore. Forse era normale che prima o poi avrebbe incontrato un altro che le facesse sentire i brividi per tutta la schiena solo se era nella stessa stanza con lei, ma non per questo avrebbe dovuto gettare all’aria un matrimonio.

Lo squillo del telefono interruppe il filo delle sue riflessioni.

«Amò, ma dove stai?», era Pietro che come suo solito si preoccupava per lei non vedendola tornare a casa alle… 21:30! Ad Imma prese quasi un infarto vedendo l’ora, era stata immersa nelle sue fantasticherie per un tempo assurdo.

«Pietro - sospirò - scusa è che… ho perso la cognizione del tempo, mo arrivo».

«Ti aspetto per cenare allora! Valentina è uscita con alcune amiche, sai è un po’ preoccupata per Bea e…», lasciò la frase in sospeso, quasi aspettandosi che la moglie si prodigasse in una sua tipica sfuriata al sentire che la loro figlia era uscita e non le aveva detto nulla. Ma Imma non era molto in sé in quel momento e non replicò.

«Sto arrivando », si limitò a sentenziare in modo laconico.

 

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«Amò, tutto bene? Non hai detto una parola ».

Dopo la telefonata di Pietro era tornata a casa a piedi, sperando che la passeggiata dalla Procura a casa sua le schiarisse un po’ le idee e le togliesse dalla mente il ricordo degli occhi di Calogiuri durante quella dichiarazione che proprio non volevano lasciarla in pace.

Imma sospirò: «Più o meno… è solo il lavoro».

«Sei sicura? È da un po’ che ti vedo più pensierosa del solito».

Una fitta di colpa la fece trasalire: ma che cosa stava combinando? Si chiese, ma nessuna risposta le arrivò dalla sua coscienza che oggi aveva deciso di rimanere silenziosa. Prese un sorso d’acqua, sperando che il groppo in gola che le si era formato venisse lavato via dal liquido fresco.

«Sì, sono solo più oberata di lavoro del solito tutto qui. Credo che per un po’ rimarrò spesso fino a tardi in ufficio, è una situazione piuttosto strana quella di Bea… Vado a dormire va’, che sono a pezzi: è stata una giornata lunga».

Si alzò facendo per dirigersi verso la loro camera da letto e sprofondare sotto le coperte sperando che il sonno non le sfuggisse e soprattutto che i sogni sul bel maresciallo smettessero di perseguitarla, lasciandola al risveglio in fiamme e con un desiderio che le toglieva il fiato.

- Come mi può mancare ciò che non ho mai avuto?-, si trovò a chiedersi mentre si infilava la camicia da notte, rigorosamente animalier. Non si avvide di Pietro che le si avvicinava fin quando non le cinse la vita da dietro, cominciando a lasciarle una scia di baci sul collo. Si irrigidì per un secondo, poi però si lasciò condurre verso il letto coniugale, lasciando che lui prendesse l’iniziativa per quella volta, poiché lei era li fisicamente, ma la sua mente stava immaginando che le mani che le carezzavano il seno facendole sfuggire un sospiro languido e che le percorrevano il corpo con desiderio non fossero quelle del marito, ma di un certo carabiniere dagli occhi così intensi.   

Quale moglie non l’ha mai fatto, di andare a letto con suo marito pensando a un altro, e abbandonandosi alle carezze coniugali immaginarsi le mani del concorrente, godendo il doppio a causa del tradimento impunito, del quale anzi il tradito viene reso artefice, ricambiando gli abbracci con efferata innocenza e crescente trasporto, disprezzandosi solo per un attimo, senza convinzione, per poi assolversi con ancora maggior gusto, al riparo da ogni infezione, contagio, malattia o vendetta? Oddio, forse non proprio tutte tutte l’hanno fatto. Ma quelle, pensò Imma, si sono perse qualcosa.


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L'ultimo paragrafo è tratto da «Via del riscatto» - Mariolina Venezia

La canzone usata nel biglietto di Calogiuri è Schegge di Ermal Meta

A/N: Bene, eccoci qui con un nuovo capitolo! Ringrazio tantissimo chi ha lasciato una recensione ai capitoli precedenti, mi rende veramente felice e mi dà tanta carica per scrivere!
Fatemi sapere cosa avete pensato leggendo questo capitolo! Un bacio a tutti e tanti auguri di buone feste!
 

  
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