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Autore: satakyoya    23/12/2019    0 recensioni
Una ragazza che vive a Tokyo e nei giorni nostri, trascorre le giornate tranquille insieme alla sua famiglia e ai suoi nonni.
Ma suo nonno, prima della sua morte, gli raccontava una storia ambientata in un periodo storico giapponese non ben definito. Tutto quello che conosciamo adesso però in quel periodo non esistevano, le città erano villaggi e le case di legno che componevano i villaggi erano governate da qualcuno al di sopra degli abitanti.
La protagonista è una povera cameriera del castello della città di Wake, in Giappone, ma quella povera cameriera vivrà un'esperienza che nemmeno si aspettava e proverà emozioni che non ha mai provato prima.
Se siete curiosi leggete la storia e lasciatemi una recensione. Spero che vi piaccia!
[In questa storia sono presenti alcuni personaggi della Mitologia Giapponese]
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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[Erano passati due mesi e mezzo da quando ero partita da casa. Mio padre aveva passato tutte quelle giornate da solo e continuando a lavorare senza sosta alla miniera ed era dimagrito molto visto che mangiava poco. Un giorno però decise di non andarci, ma sapeva che se non ci fosse andato rischiava di venire picchiato dal padrone della miniera. Quella mattina si svegliò molto presto e per alcune ore rimase in casa.
In tarda mattinata si mise un paio di scarpe molto usurate, uscì di casa e si incamminò verso il castello del villaggio fino a raggiungerlo. Aveva un’espressione triste e sembrava abbastanza preoccupato. Una volta arrivato davanti all’enorme porta in ferro del castello, lui si fermò e una voce lontana e proveniente dall’alto gli parlò.
“Chi va là? E che cosa volete?” urlò una voce dall’alto.
“Sono un semplice uomo del villaggio e vorrei parlare con Sua Maestà Isao!” disse mio padre.
“Non è permesso adesso. Sua maestà sta riposando, tornate oggi pomeriggio.” Disse la voce.
“Ma io ne ho bisogno subito. Ho bisogno di informazioni che solo lui può darmi.” Disse mio padre.
“Va bene, può entrare!” disse la voce prima di sparire.
L’uomo sparì e pochi istanti dopo la porta si aprì. Davanti a lui c’era una stanza enorme con una scala al centro che si divideva in due direzioni. Agli angoli della stanza c’erano delle porte e in quel momento passò Aiko con un vassoio di carne in mano passare la porta nell’angolo a sinistra. Era la pria volta che mio padre vedeva l’interno del castello così preso dalla curiosità, mio padre la seguì.
Quando aprì la porta vide la Sala delle Consultazioni, una stanza rettangolare dove in fondo c’erano i 4 troni. Tre di loro erano vuoti e uno soltanto era occupato da Isao, che sedeva sul trono più grande appartenente un tempo a suo padre Hiroshi.
Isao aveva un’espressione molto scocciata, il gomito destro era appoggiato al bracciolo e la mano destra che sosteneva la faccia. Mio padre, un po’ impaurito e preoccupato, si avvicinò poco per volta fino a raggiungere 5 metri di distanza. Non appena si fermò, mio padre venne circondato da quattro soldati che gli puntarono l’arma contro il corpo. Lui era terrorizzato.
“Chi sei?” chiese Isao.
“B-buongiorno vostra maestà. Io sono un semplice abitante del villaggio poco lontano da qui.” disse mio padre.
“Mh… beh, che cosa vuoi da me? E come sei entrato qui?” chiese Isao.
“Uno uomo del castello mi ha lasciato entrare e seguendo una signora sono entrato in questa stanza. Ma io sono venuto qui per chiedervi aiuto.” Disse mio padre.
“Aiuto? Che tipo di aiuto?” chiese Isao.
“Ecco… mia figlia si chiama Iris e lavorava qui come cameriera. Questo fino a due mesi e mezzo fa, quando lei se n’è andata via da casa e non è più tornata. Questa sua assenza mi fa preoccupare molto e vorrei chiedere il suo aiuto per ritrovarla.” Disse mio padre.
“E perché dovrei utilizzare i miei uomini per cercare una cameriera?” chiese Isao.
“Lei ha lavorato qui e ha servito questa famiglia da quando aveva 8 anni. Vi prego aiutatemi ad trovarla.” Disse mio padre.
Isao sembrava molto scocciato e non sembrava intenzionato ad aiutare mio padre. Si alzò in piedi ed iniziò ad avvicinarsi a lui. gli uomini che lo circondavano si allontanarono di un passo. Isao passò a fianco a mio padre e si fermò vicino a un soldato.
“Prendetelo e mettetelo in cella insieme agli altri.” Disse Isao.
“Sì, vostra maestà.” Rispose il sodato.
“Eh? Aspettate, che cosa volete farmi? Che sta succedendo?” chiese mio padre.
Isao si fermò sul posto, ma non si girò e non disse nemmeno una parola come risposta.
“Vostra maestà, cosa sta succedendo? Che cosa ne sarà di mia figlia Iris? Riuscirete a portarla da me? Vi prego, aiutatemi, solo voi potete farlo!” disse mio padre disperato. Nemmeno quella volta Isao gli rispose.
I due uomini dietro mio padre gli presero le braccia e, girandosi, iniziarono a camminare per i corridoi fino a raggiungere la porta in cui noi cameriere raggiungevamo la cucina. Ci passarono davanti e dopo pochi metri entrarono in una porta alla loro destra. fecero qualche gradino e poi mio padre venne sbattuto dentro la stessa cella in cui c’erano Jun e la donna. Mio padre si mise ad urlare per una decina di volte ma non ottenne nessuna risposta. Isao invece rimase fermo per diversi minuti da quando mio padre se n’era andato, fermo a pensare.
“Iris eh? dov’è che ho già sentito quel nome…” pensò lui.
I suoi pensieri erano fissi su quel nome quando all’improvviso si mostrò una persona incappucciata di nero con una forte voce maschile. A un paio di metri da lui l’essere incappucciato si fermò e inchinò appoggiando una mano per terra. Era una mano grande.
“Vostra maestà, ho delle notizie per lei.” disse l’uomo.
“Notizie? Che genere di notizie? E su chi?” chiese Isao.
“Informazioni sul ragazzo che assomiglia al signorino Inari.” Disse l’uomo.
“Inari?” chiese Isao girando la testa e con lo sguardo serio.
“Sì vostra maestà.” Disse l’uomo.
“forza, parla. Dimmi tutto quello che sai.” Disse Isao.
“Sì, quattro nostri uomini hanno seguito lui e la ragazza con cui viaggia, ma due di loro li hanno visti ieri in un villaggio chiamato Taisho. Li abbiamo controllati tutto il tempo e si sono un po’ spaventati, ma non c’è ma stato nulla di strano. Oh, ehm… oltre a loro due c’è un altro ragazzo che sta insieme a loro e, anche se a vederlo sembra una persona normale, percepisco qualcosa di strano provenire da lui che mi riesce difficile spiegarlo.” Disse l’uomo.
“Villaggio Taisho? È parecchio lontano da qui…” disse Isao.
“Sì signore, circa dieci giorni a cavallo, ma diventano sei se si percorre la strada più breve.” Disse l’uomo incappucciato.
“Bene, ho deciso. Prepara il mio cavallo ed altri 6 per voi. Ovviamente tu dovrai venire con me, sarà importante la tua presenza.” Disse Isao.
“Sì, vostra maestà.” Disse l’uomo.
“Mentre fai questo  sta attento a non parlarne con nessuno e scegli attentamente i migliori 5. Se ti dovesse uscire dalla bocca questo argomento con chiunque non ne faccia parte, tu morirai. Dovrà essere tutto pronto per domani.” Disse Isao.
“Sì vostra maestà.” Disse l’uomo. Fece un lungo salto all’indietro e se ne andò via molto velocemente. Isao si mise davanti a una finestra e guardando fuori pensò ad Inari.
“Fratello Inari, dove sei?” pensò.
Il giorno dopo si svegliò poco dopo l’alba, si vestì e uscì subito dalla stanza percorrendo un lunghissimo corridoio. Alla fine del corridoio c’erano delle scale, le fece e percorse un altro corridoio lungo un paio di metri. Durante la camminata nel corridoio si fermò diverse volte e ogni volta le cameriere gli misero un lungo vestito con i bordi coperti da ornamenti di fiori e una fascia di un colore molto luccicante che teneva fermo il vestito.
Una volta percorso il corridoio si trovò davanti alla grande stanza con la scala al centro, si aprì la porta e un uomo tutto nero teneva in mano le redini del cavallo bianco.
“Questo è il mio cavallo?” chiese Isao.
“Esatto vostra maestà. I 5 uomini da me selezionati per voi sono al momento nascosti qui vicino, ma non appena voi partirete loro usciranno e sia io che loro vi seguiremo.” Disse l’essere incappucciato.
“Ottimo lavoro. Andiamo.” Disse Isao.
Salì sul cavallo e iniziò a farlo correre. Isao aveva un’espressione molto seria ed era davanti mentre gli altri erano dietro di lui in fila per due. In certi momenti facevano camminare i cavalli, mentre in altri li facevano correre, fermandosi soltanto di notte per riposare.]
Quella mattina io mi svegliai molto presto e guardai per un attimo Urushi e Aki. Dormivano così serenamente che era bello stare a guardarli. Aki si svegliò poco dopo e, restando fermo, mi disse: “Buongiorno Iris, come stai?”
Io all’inizio credetti che stesse parlando nel sonno, ma non era così perché anche Urushi mi diede il buongiorno.
“Non dice niente perché non crede che noi siamo svegli ma è così. Buongiorno.” Disse Urushi.
“Buongiorno… ma come mai siete svegli? Non stavate dormendo?” chiesi io incuriosita.
“Non direi.” Disse Aki.
“Oh buongiorno. Vedo che siete tutti svegli.” Disse Rita.
“Buongiorno.” Dissi io.
“Venite di là, vi ho preparato una colazione speciale.” Disse Rita sorridendo.
Eravamo tutti curiosi. Ci alzammo tutti e tre in piedi e ci spostammo nella stanza a fianco, quella in cui ieri avevamo mangiato. Là trovammo Kenneth seduto davanti al tavolino e sopra di esso c’era un piattino di nigiri sushi e una ciotola di chirashi. Noi tre ci sedemmo insieme a Rita.
“Buon appetito!” Dicemmo tutti in coro.
“Mmmh, ha un aspetto fantastico! Ma che cosa sono?” chiese Aki.
Aki mise in bocca un nigiri sushi e dal gran che erano buoni li mangiò tutti in un attimo. Li mangiai anch’io, ma un po’ più lentamente di lui. Era buonissimo e con quel pezzettino di pesce sopra il riso il gusto era dolcissimo.
Poi assaggiai la ciotola di chirashi, ovvero una ciotola di riso con sopra due o tre fette di salmone affumicato. Mentre lo mangiavo scoprii che in mezzo al riso c’erano dei cubetti di salmone.
“Ma c’è del salmone in mezzo al riso.” Dissi io.
“È vero, anch’io ce l’ho!” disse Aki.
“Esatto, è un piccolo tocco che ho voluto metterci io. vi piace?” disse Rita.
“È buonissimo! Posso averne dell’altro?” chiese Aki.
“Sì certo.” Disse Rita sorridendo.
Mangiammo tutto gustandocelo e diventammo noi tre i primi a finire. Subito dopo di noi fu Rita a finire di mangiare.
“Davvero tutto buono. Ma come ha fatti ad avere un pesce così buono?” chiesi io.
“Un mio amico ogni settimana fa un viaggio molto lontano per andare a prendere i salmoni. Una volta che ne ha presi tanti, torna qui  e li vende a pochissime monete. Questo pesce può durare una settimana da quando lo si è comprato.” Disse Rita.
“Oooh…” dissi io.
 Ne rimasi stupita quando mentre lei parlava. Non pensavo esistessero delle persone così gentili e altruiste, che facevano qualcosa come questo per gli altri. Mi sarebbe piaciuto conoscerli ma non ne avevamo il tempo.
In quel momento io udii un rumore. Un rumore che proveniva da fuori e assomigliava a quello di tante persone che chiacchieravano.
“Mi dispiace doverlo dire ma noi dobbiamo andare.” Dissi io.
“Che peccato… mi sarebbe piaciuto tanto sapere che voi potreste rimanere ancora un po’ con.” Disse Rita con un tono di voce triste.
“Non possiamo…” dissi io guardando Aki. Poi continuai: “Da dove vengono queste voci?”
“Non lo so. Andiamo a vedere.” disse Rita.
Proprio in quell’istante Kenneth finì di mangiare, tutti insieme ci alzammo in piedi e ci dirigemmo verso la porta. Rita la aprì e rimasi stupita per ciò che vidi davanti a me. c’erano tante donne e tanti uomini che non appena ci videro si misero ad applaudire. Tutti loro si avvicinarono a noi e ci ringraziarono.
“Grazie.” Disse una donna. Dopo di lei tante altre persone lo dissero e alcune ci strinsero forte la mano.
“Grazie di cuore.” Disse un uomo.
“Grazie per ciò che avete fatto ieri sera.” Disse un altro uomo in mezzo alla folla.
“Ma che… Chi sono loro?” chiesi io stringendo con una mano la maglia di Aki. avevo anche un pochino paura vedendo tutte quelle persone avvicinarsi a me.
“Sono tutti i genitori dei figli e delle figlie morte a causa di Jil.” Disse Kenneth.
“Va bene va bene, ora calmatevi. Fate spazio che devono passare e devono andare via.” Disse Rita zittendo tutti.
“Eeeeh?” chiesero tutti in coro.
“Lo so, piacerebbe anche a me che rimanessero, ma questo non è possibile. ora fate spazio.” Disse Rita.
Loro si spostarono creando un percorso che noi cinque facemmo e che ci portarono fino ala fine del villaggio. Durante la strada la maggior parte delle donne ci diedero e ci ringraziarono, mentre alcuni uomini ci ringraziavano soltanto.
Alla fine del villaggio ci trovammo davanti a tantissimi alberi, ci fermammo e sia io sia Aki e Urushi ci girammo verso Rita e Kenneth. Rita era molto triste.
“Beh, noi dobbiamo andare.” Dissi io.
“Ti ringraziamo tutti per il grande aiuto che tu ci hai dato per avere trovato la persona che ha ucciso i nostri figli e le nostre figlie.” Disse Kenneth.
“Non riesco a credere che fosse Jil…” disse Rita.
“Nemmeno io… sono contenta di avervi aiutato, ma dobbiamo andare.” Dissi io.
Sia Rita che Kenneth abbracciò tutti e tre. Rita mi strinse molto forte e mi sussurrò ad un orecchio le parole “grazie di cuore”.
Dopo un paio di minuti io e lei ci staccammo e, insieme ad Aki ed Urushi, mi girai e ci incamminammo verso gli alberi. Mi sentii il cuore molto leggero e molto contenta. Lo ero così tanto che in certi momenti  sorridevo.
“Ehi Iris, perché sei così felice?” chiese Aki.
“Sono contenta che loro hanno scoperto chi era colui che ha fatto del male a tutte quelle famiglie. Non se lo meritavano.” Dissi io.
“Già, lo penso anch’io.” disse Aki.
“Non credevo però che fosse Jil…” dissi io.
“Beh, devo dire che tu sei stata fantastica ieri sera! Sei riuscita a stare immobile anche se avevi qualcosa di pericoloso vicino a te. E sembravi non avere paura!” disse Aki tutto contento.
“Guarda che io avevo paura.” Dissi io.
“Ah sì? A me non sembravi… Come hai fatto a capire che era stato lui a uccidere quelle persone?” chiese Aki.
“Ti ricordi quando ieri siamo andati a vedere il corpo di quella povera ragazza?” chiesi io.
“Certo che me lo ricordo.” Disse Aki.
“In quel momento ho visto Jil passarci vicino senza preoccuparsi di quello che era successo. Tutti erano lì mentre lui camminava fuori dalla casa. aveva uno sguardo freddo e molto lontano. Questo mi ha fatto pensare, ma poi ne sono stata sicura stanotte.” Dissi io.
“Oooh…” disse Ai.
Rimanemmo per diversi minuti in silenzio e continuammo a camminare. Urushi si fermò di scatto e si mise a correre dietro di noi non tornando per diverso tempo. io pensai ancora per un po’ alla tristezza che aveva provato la madre di Shido. Mentre io pensai mi venne in mente la faccia sorridente di mio padre ed iniziai a sentirmi triste. Iniziai a chiedermi che cosa stesse facendo, dove si trovasse e come poteva stare. Ma soprattutto, come erano le sue condizioni fisiche.
“Iris, che ti succede? Come mai hai quelle espressione triste? Non dirmi che stai pensando a tuo padre.” Io non dissi nulla, ma lui aveva già capito che era un sì.
“Iris, non ti devi preoccupare, tuo padre sta bene. mi hai detto tu che era una persona forte.” Continuò lui.
“è vero, ma come posso esserne sicura se non notizie di lui da diversi giorni.” Dissi io.
“Non ti preoccupare e vedrai che è così.” Disse lui.
Dopo quelle parole passai una decina di minuti a pensarci, ma poi smisi e mi accorsi che era arrivata la sera. Sia il mio stomaco sia quello di Aki borbottò dalla fame, per questo ci fermammo e ci mettemmo a ridere.
“Io ho fame, vado a cercare qualcosa da mangiare. Tu intanto puoi fare il fuoco.” Disse Aki.
“Sì.” Dissi io.
Lui si allontanò per alcuni minuti, mentre io vidi intorno a me dei ramoscelli di diverse dimensioni. Ne raccolsi più che potei e mettendomi tra due alberi iniziai a strofinarli forte. In poco tempo riuscii a creare il fuoco e iniziai a scaldarmi. Rimasi ferma con le mani in avanti quando arrivò Aki da dietro a degli alberi e con due cose in mano che appoggiò per terra.
“Guarda che cosa ho trovato!” disse Aki.
Davanti a me c’erano due rami lunghi circa 20 centimetri. Nel centro c’erano dei segni a forma rettangolare, simile a dei tagli.
“Che cosa sono?” chiesi io.
“Non ne ho idea, ma li ho trovati vicino a un fuoco e ad altri oggetti.” Disse Aki.
Ero molto curiosa di sapere cosa fosse e come mai c’erano quei segni sui rami. Alzai la parte in alto di uno dei due e rimasi un po’ stupita nel vedere che al suo interno c’era al suo interno c’era della zuppa di diverse verdure.
“Che… Che cos’è?” chiese Aki.
“E’ una zuppa di verdure. Non dirmi che non hai mai assaggiato una zuppa?” chiesi io.
“No… Perché?” chiese Aki.
“Se non mangiavi la zuppa che cosa ti preparava tua madre?” chiesi io.
“B-beh, ecco… lei ci faceva mangiare dei formaggi della mucca che avevamo vicino a casa. erano molto buoni e alla mattina io e i miei fratelli dovevamo dividerci il latte che avevamo. E queste sono verdure?” disse Aki.
“Sì, sono molto buone. Prova la zuppa.” Dissi io allungandogliela.
“Ma cosa c’è dentro quel ramo?” chiese Aki.
Io ero curiosa quanto Aki e per questo lo presi e alzai la parte in alto. All’interno c’era un’altra zuppa uguale a quella di prima. Gli allungai il ramo che avevo aperto per primo e lui lo prese mentre io bevvi tutto d’un sorso la zuppa che avevo appena visto. Era buonissimo ed essendomi rimaste le verdure in fondo, le presi con le mani e me le misi in bocca.
“La volta prossima ti farò assaggiare la zuppa che a me piace tanto e fatta da me.” dissi io.
“Davvero? Tu sai cucinare?” chiese Aki.
“Ti ricordo che io lavoro in un castello e che è molto importante saper cucinare.” Dissi io.
“È-è vero…” disse lui.
In quell’istante si avvicinò a noi Urushi che si era allontanato diverso tempo prima. Veniva da degli alberi davanti a noi, aveva una mano tra i capelli e l’altra vicino al corpo.
“Tu da dove spunti? Che cosa hai fatto in tutto questo tempo?” chiesi Aki.
“Aki, sii gentile?” dissi io.
“Ho sistemato delle strane ombre vestite di nero che ci seguivano da quando avevamo lasciato il villaggio. Non sembravano avere buone intenzioni.” Disse Urushi.
“Vestite di nero? Non dirmi che…” dissi io guardando Aki.
“L’Organizzazione Hana!” dicemmo io  Aki contemporaneamente.
“Ancora loro. Ma perché ci stanno a dietro? Che cosa vogliono da noi?” chiese Aki.
“E chi lo sa… forse ci stanno tenendo d’occhio.” Chiesi io.
“Ma perché dovrebbero farlo?” disse Aki.
“Per adesso ho sistemato quelle due strane cose che ci seguivano.” Disse Urushi.
“Ben fatto.” Dissi io sorridendo.
Aki sembrava leggermente irritato ma non ci diedi molta importanza, ero molto contenta di ciò che Urushi aveva fatto. Vidi che lui stava fissando i rami dove avevamo bevuto la zuppa.
“Hai fame?” chiesi io.
“No grazie.” Disse lui.
Sbadigliai per alcuni secondi e, con gli occhi che si stavano per chiudere mi coricai per terra e mettendo le mani vicino alla faccia mi addormentai. Il giorno dopo ci svegliammo tutti e tre molto presto e ci incamminammo subito. Lo facemmo tutta la giornata senza mai fermarci, finché arrivata sera non ci addormentammo tutti.
Il giorno successivo ci svegliammo di nuovo molto presto per poi riprendere a camminare. Nel primo pomeriggio vedemmo davanti a noi delle case appartenenti ad un villaggio. Io rimasi incuriosita, camminai in mezzo alle case ma non c’era nessuno. La strada e le abitazioni erano completamente vuote.
“Che strano… non c’è nessuno…” dissi io guardandomi intorno.
Sembrava tutto molto triste e non riuscivo a capire come mai non c’era nemmeno una persona. Continuai a camminare per una decina di metri quando all’improvviso udii un rumore. Somigliava al suono di una campanella.
“Lo senti questo rumore.” Chiesi io.
“Io non sento nulla. Ma cosa senti?” chiese Aki.
Io non gli risposi e iniziai a correre nella direzione in cui sentivo il rumore. Lo sentivo ogni venti o trenta secondi e ogni volta diventavo sempre più curiosa. girai a sinistra, poi a destra e di nuovo a sinistra. mi fermai di scatto quando, ormai senza fiato e senza forze, vidi davanti a me delle persone in fila lungo una strada.
Sentii di nuovo il rumore della campanella, girai la testa a sinistra e vidi una cosa strana. Vi erano quattro uomini che portavano qualcosa simile a una carrozza di legno, ma senza le ruote, e dentro si intravedeva una figura di donna. A fianco c’era un ragazzo che camminava in avanti ma con lo sguardo fisso verso la donna che c’era dentro. I quattro uomini avanzavano con passo lento mentre intorno a noi vi era un gran silenzio.
“Ma che succede?” disse Aki.
“Poverina, viene portata via senza nemmeno poter dire addio a nessuno.” Disse una donna di mezza età alla mia destra.
“Perché? che le succede?” chiesi io.
“Non lo sapete? Lei viene portata dal capo villaggio e si dovrà sposare con lui. quando ci arriverà gli uomini che l’hanno portata devono tornare indietro e nessuno dovrà fare più domande su loro due.” Disse la donna.
“Già… peccato che è la decima ragazza che gli portiamo in questo mese e di loro non si è mai saputo nulla. Tra due giorni gliene dobbiamo portare un’altra e ancora non sappiamo chi dovrà sacrificarsi. Ma questo verrà deciso nell’assemblea del villaggio di domani pomeriggio.” Disse l’uomo alla mia sinistra e con voce bassa.
Io diventai un po’ triste perché pensavo a come si sentivano quelle ragazze costrette ad allontanarsi dalle loro famiglie. Ma più ci provavo e meno riuscivo a capirlo.
“Scusi, so che può sembrare strano, ma noi per stanotte non abbiamo alcun posto dove dormire. Possiamo stare da lei?” chiesi io all’uomo che poco prima era fermo alla mia sinistra.
Lui all’inizio ci guardò in maniera strana, come se non capisse, ma poi accettò. Tutti quelli intorno a noi intanato si allontanarono.
“Va bene, non ho problemi. Ah, io sono Dana e voi?” disse lui.
Ci girammo indietro e iniziammo a camminare mentre io dissi: “Io sono Iris e loro sono Aki e Urushi.”
Ci spostammo in una stradina alla mia destra e dopo una decina di passi entrammo in una casa in legno che faceva angolo tra due strade. Non appena entrammo notai che la strada era molto grande, con pochissimo mobili e molto in ordine.
“è molto grande per una persona sola.” Disse Aki.
“In realtà io vivo qui con la mia seconda figlia dato che la prima era stata portata dal capo villaggio. Vorrei tanto poterla rivedere.” Disse Dana diventando triste.
“E non c’è un modo per farla tornare?” chiese Aki.
“Nessuno lo sa. Una volta che una ragazza va là, si dice che venga usata come cameriera di giorno e di notte per diversi giorni, finché lui non si stanca. Di solito questo succede per dieci giorni, ma altre volte dura meno.” Disse Dana.
“Che triste… mi dispiace molto per loro.” dissi io.
Rimanemmo per circa un minuto in piedi e in silenzio. Lui ci mostrò la stanza dove avremmo dormito questa notte e ci disse che lui avrebbe dormito insieme a noi. Ci mostrò anche i futon che erano a disposizione e, contandoli con la mente, notai che erano in numero sufficiente per tutti.
Ci portò poi nella stanza in cui eravamo stati poco prima, mise in mezzo alla stanza un tavolino basso e si allontanò per qualche minuto. Quando tornò aveva nelle mani e sulla testa dei vassoi con sopra ciotole di riso e bicchierini di tè.
Visto che tutto barcollava e rischiava di cadere, mi alzai in piedi e andai ad aiutarlo prendendo il vassoio che aveva sulla testa e appoggiandolo sul tavolino. Dana andò a prenderne un altro nella stanza accanto e quando tornò si sedette insieme a noi. Finimmo di mangiare tutti nello stesso tempo a parte Urushi che finì poco dopo e Aki fu il più veloce di tutti. n tavolino basso e si allontanò per qualche minuto.mezzo ui avrebbe dorchgno che faceva angolo tra due strade.
“So che non è un granché, ma spero vi sia piaciuto.” Disse Dana.
“Era tutto molto buono.” Dissi io.
“Grazie. Sentite, vi va di venire con me all’incontro del villaggio di domani?” chiese Dana.
“Possiamo venire?” chiese Aki.
“Certo, però dovrete stare da una parte della stanza. domani si deciderà chi sarà la prossima ragazza da portare al capo villaggio.” Disse Dana.
“Okay, ci andiamo.” Disse Aki tutto contento.
“Ma Aki, non ce lo hai nemmeno chiesto.” Dissi io.
“Beh, domani pomeriggio subito dopo pranzo andremo nella casa al centro del villaggio. Là si terrà la decisione.” Disse Dana.
Dopo le sue parole ci alzammo tutti in piedi e, vedendo che lui voleva portare tutto nella stanza a fianco, presi due vassoi e ci andai insieme a lui.
Prima di girare alla mia sinistra, mi girai verso Aki e Urushi e dissi: “Voi andate pure che io vi raggiungo tra poco.”
“Okay.” Disse Urushi.
Appoggiai i vassoi che avevo in mano su un mobile e aiutai Dana a lavare le ciotole che avevamo utilizzato mentre io gli feci alcune domande.
“Dana, scusa se te lo chiedo, ma come mai non hai una moglie?” chiesi io.
“Ecco, lei è morta dal dolore quando la nostra prima figlia era stata portata al capo villaggio.” Disse lui.
“Prima figlia?” chiesi io.
“Sì. Vedi, io vivevo qui con le mie due figlie e mia moglie. Ma circa quattro mesi fa, per scelta del capo villaggio, fummo costretti a dovergli portare la nostra prima figlia. Mia moglie non poteva vivere con il dispiacere di fare un’azione come quella e si uccise con un coltello della cucina. L’altra mia figlia è  ancora con me ma c’è il rischio che sia lei la ragazza scelta domani anche se io spero che questo non accada.” Disse lui con tono molto triste.
“Oh… Signor Dana, è possibile che qualcuno si offra al posto di un’altra?” chiesi io.
“Sì, era successo una volta, ma non ricordo bene ciò che successe. Ma perché mi fai una domanda simile?” disse lui.
“Era solo per curiosità. Beh, ora sarà meglio che vada.” Dissi io.
“Certo, buonanotte.” Disse lui.
Così mi diressi nella stanza in cui c’erano Aki ed Urushi. Entrambi erano seduti sopra i loro futon, a fianco ad Aki ce n’era un altro per me e lui aveva le braccia incrociate.
“Che c’è?” chiesi io.
“Ho capito cosa intendi fare.” disse lui.
“Eh? Non capisco di che parli.” Dissi io.
“Hai l’espressione di una persona che sta progettando qualcosa.” Disse lui.
“Progettare? Che vuol dire?” chiesi io.
“Vuol dire pensare a qualcosa che tu vuoi fare.” disse Urushi.
“Esatto e sono sicuro che tu ci stai pensando.” Disse Aki.
“E cosa pensi che voglio fare?” chiesi io.
“Di sicuro so che vuoi aiutare Dana e salvare sua figlia. Non ne sono sicuro, ma credo che sia questo.” Dissi io.
“Sì, è vero. Un’idea ce l’ho, anche se non mi è chiaro come posso fare.” dissi io.
“E non ci dici qual è questa tua idea?” chiese Aki.
“Vorrei saperlo anch’io.” disse Urushi.
“Non ancora. Lo capirete quand’è il momento. Adesso vorrei dormire.” Dissi io.
“Non è giusto…” disse Aki lamentandosi.
Dopo le sue parole mi infilai dentro il futon e mi addormentai. Nessuno di noi si svegliò fino all’ora di pranzo del giorno dopo.



Angolo Autrice:
Ciao a tutti! Colgo l'occasione di fare, a tutti coloro che leggeranno, gli auguri di buona Vigilia, Buon Natale e Buon Anno Nuovo. Spero vi piaccia e ci vediamo il prossimo capitolo.
   
 
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