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Autore: destiel87    24/12/2019    4 recensioni
Rivisitazione della classica favola disney, con Azraphel nella parte di Belle, e Crowley in quella della bestia.
Più dark e sensuale rispetto all'originale, ma sempre ricca di divertimento, romanticismo e magia.
Il cast:
Gabriele è Gaston
Madame Tracy è la teiera
mr. Shadweel è l'orologio
Newt è il candelabro
Adam è Chicco
Il cane è il cane
E Anatema nella parte della sorella di Azraphel, una stravagante inventrice.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Cross-over, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4: The dance
 

Crowley giaceva steso nel suo letto, la pelle nuda e perlata di sudore, bollente a causa dell'infezione, provocata dai morsi dei lupi selvaggi. Mormorava frasi sconnesse, rigirandosi nel letto tra il sonno e la veglia.
Azraphel gli era accanto, sebbene nemmeno lui riuscisse a spiegarsi il motivo, e con un panno bagnato puliva il suo corpo, lavando via il sangue che lo ricopriva.
Iniziò dal polpaccio, per poi passare alla scapola, e mentre le gocce d'acqua scendevano sui muscoli della sua schiena, si ritrovò a seguirne il percorso.
Passò poi al collo, che cercò di ripulire con estrema delicatezza.
Non gli era facile, dato il continuo movimento del corpo della bestia, e la vicinanza al suo viso, che lo induceva a ricordare quando per la prima volta lo aveva sfiorato con le dita. Arrossì Azraphel, scoprendosi a pensare a quanto invitanti fossero le sue labbra.
Scrollò la testa, allontanando quei pensieri, e dopo aver finito di lavarlo, cercò di ricucire le sue ferite.
D'improvviso Crowley urlò dal dolore, mentre l'ago gli passava attraverso la carne lacerata del polpaccio.
“Stai fermo! Sto cercando di curarti!” Esclamò Azraphel, tenendolo giù con una mano fermamente posata sul ventre.
“Fa male maledizione!” Urlò la bestia.
“Se stessi fermo farebbe meno male!”
“Se non fossi scappato non mi sarei ferito!”
“Se non mi avessi urlato contro io non sarei scappato!”
Crowley si limitò a grugnire, lanciandoli in faccia il panno bagnato.
“Non sei affatto cortese!”
“Non voglio esserlo…”
“Beh dovresti, visto che sto' cercando di ricucirti. Potrei sempre fare qualche pasticcio…” Rispose Azraphel, impugnando l'ago minaccioso.
“Non osare! Ricordati che sei ancora il mio schiavo, e come tale devi rispettare il tuo padrone!”
“Tu non sei il mio padrone! E se non la smetti con questo atteggiamento io…”
“Che farai? Scapperai di nuovo piangendo come una fanciulla? Beh sappi che questa volta non verrò in tuo soccorso!”
“Non ho bisogno del tuo aiuto!” 
“Saresti morto se non fosse per me! Miserabile ingrato!” Urlò Crowley, afferrandolo per il polso e trascinandolo sul letto.
“Sai come puniva mio padre gli schiavi che cercavano di scappare?” Disse tirando con forza il suo polso, “Frustandoli!”
Lo fece avvicinare bruscamente al suo viso. “Forse dovrei frustare anche te, così impareresti cos'è l'educazione.”
I due rimasero a guardarsi a lungo negli occhi, i visi così vicini da poter sentir il  respiro l'uno dell'altro sul proprio.
Gli occhi ambrati e serpentini di Crowley erano colmi di rabbia, quelli azzurri di Azraphel, erano velati dalle lacrime che iniziavano a comparire, profondi e irrequieti come il cielo in primavera.
“Se è solo questo che sono per te, uno schiavo… Allora fallo, puniscimi padrone.”
A quella parola, il cuore di Crowley iniziò a battere più forte, il respiro si fece affannoso e le pupille si dilatarono per l'eccitazione.
Strinse più forte il suo polso, senza interrompere il contatto visivo.
Immaginò di strappargli la camicia, di farlo stendere sul letto e colpirlo sulla schiena con il frustino che usava per cavalcare.
Immaginò il giovane che urlava il suo nome, la sua pelle arrossata, il suo corpo nudo piegato alla sua volontà.
E mentre lo immaginava, sentiva l'eccitazione crescere dentro di lui come un fiume in piena.
Ma quando la prima lacrima scese sulla guancia rosea del giovane, qualcosa dentro di lui mutò.
E più i suoi occhi soffrivano, più il suo desiderio mutava forma.
Desiderò essere colui che con una carezza avrebbe asciugato quella lacrima, non colui che l'aveva provocata.
In passato, quel gioco l'aveva sempre divertito.
Essere il padrone indiscusso di un'altra persona, usare il suo corpo a proprio piacimento, senza colpa ne pudore.
Ma più si scontrava con gli occhi di Azraphel, più la rabbia e l'eccitazione scomparivano, sciogliendosi come neve al sole.
Per la prima volta, la bestia si vergognò di sé stessa, ed abbassò lo sguardo.
Era ancora così vicino ad Azraphel da poter sentire il calore del suo respiro sulla fronte, e la sua mano iniziò a lasciare la presa, scendendo dal polso fino al dorso, accarezzandolo incerto.
Il giovane non ritrasse la mano, lo lasciò fare, avvicinando un poco la fronte, fino a posarla su quella di Crowley.
Rimasero in quella posizione, finché il respiro di entrambi tornò regolare.
Crowley continuò ad accarezzare la sua mano, e voltandola notò che al centro del palmo c'era un taglio profondo.
“Come te lo sei fatto?” Chiese, senza alzare lo sguardo.
“Quando ho afferrato la spada, almeno credo. Non ne avevo mai presa una…”
“Nemmeno io. Anche se devo ammettere, che è sempre stato un mio desiderio. Da bambino sognavo di essere un cavaliere.” Rispose, sorridendo d'istinto.
“Io sognavo di essere un pirata, e di solcare i sette mari, di vivere ogni giorno una nuova avventura.”
Crowley scoppiò a ridere.
“Saresti un pirata piuttosto buffo, a dir il vero.” Esclamò ridendo.
“Già… E non so' nuotare!”
“Comunque… Sei stato coraggioso… Hai affrontato un lupo, non è da tutti.”
“Ero terrorizzato…”
Crowley avrebbe voluto ringraziarlo, per avergli salvato la vita.
Ma quelle parole, proprio non volevano saperne di uscire.
Ci provò ad aprire la bocca e spingerle fuori, ma non ci riuscì.
Esasperato, prese la mano di Azraphel, e portandola al viso, ne baciò la cicatrice.
Il giovane gemette appena, ma non disse nulla.
“Adesso sarà meglio che ti sdrai, così posso finire di medicarti…” Esclamò dopo un po' di tempo.
Crowley annuì, sdraiandosi di nuovo.
Azraphel riprese ago e filo, e cercò di ricucirgli la ferita al collo.
Faceva male, e la bestia ricominciò a dimenarsi e urlare.
“Per favore, devi stare fermo!” Gli disse con tono rassicurante.
D'improvviso la porta della sua stanza si spalancò.
“Su su padrone…” Disse madame Tracy, saltellando verso di  lui. “Cerchi di stare buono!”
“La megera ha ragione padrone! Dovete stare fermo. Ah se avessi le mani potrei curarla io, ai miei tempi ho ricucito una dozzina di giovanotti messi peggio di lei…” Esclamò con orgoglio mr. Shadwell.
Nel mentre Newt si avvicinò ad Azraphel, arrampicandosi sulla sua spalla.
“Dovreste raccontargli una storia… Sua madre faceva così, per farlo stare tranquillo.”
Azraphel sospirò. “Grazie Newt.”
“Altro che storie!” Replicò mr. Shadwell. “Qui cu vuole del wisky! Tenete padrone, ve ne ho fatto portare un po'!”
Crowley ne buttò giù un paio di bicchieri, prima di stendersi di nuovo.
Azraphel si rimise all’opera, ma prima di infilare l'ago attraverso la carne, si bloccò.
“C'era una volta un giovane studente, perdutamente innamorato di una bellissima fanciulla... Disperato, piangeva in giardino, poiché l'unica cosa che lei gli aveva chiesto, lui non la possedeva.”
Cominciò a ricucirlo, e continuò il suo racconto.
“La fanciulla gli aveva promesso un ballo, se solo lui le avesse portato una rosa rossa in dono. Purtroppo nel giardino del giovane, c'erano solo rose bianche, e a lui non restava che piangere per il suo amore perduto. Tuttavia un piccolo usignolo stava ascoltando la sua disperazione, in cima al ramo di una quercia. Impietosito dal suo dolore pensò che il giovane fosse davvero innamorato della fanciulla, e decise di aiutarlo. Volò a lungo, cercando una rosa rossa, ma ne trovò solo gialle e bianche. Tornò sul davanzale del giovane, ma anche la pianta sotto la sua finestra aveva solo rose bianche. Tuttavia, essa gli disse che c'era un modo per tramutare la sua rosa bianca, in una rosa rossa. Canta per me tutta la notte, disse la pianta, e premi il tuo cuore contro le mie spine. In questo modo, il tuo sangue la tingerà di rosso. Così l'usignolo cantò per tutta la notte, e per tutta la notte donò il suo sangue alla rosa, affinché il giovane potesse essere felice. Al sorgere del sole, l'usignolo era morto, e la rosa era porpora. Il giovane appena la vide, corse a portarla alla fanciulla, la quale però la rifiutò, poiché ciò che ella davvero desiderava erano i gioielli. Così la rosa finì per strada, e il giovane pensò a quanto stupido fosse l'amore, non sapendo che per esso, un usignolo era morto.”
Una volta che ebbe finito la storia, le ferite di Crowley erano tutte state ricucite.
“È una storia così triste, povero uccellino!” Disse madame Tracy, asciugandosi le lacrime.
“Io l'ho sempre detto, che le donne sono delle meretrici di babilonia!” Aggiunse mr. Shadwell.
“Quando troverò la ragazza giusta per me le regalerò dei cioccolatini! Ho idea che queste rose rosse portino solo sfortuna!” Esclamò Newt.
Crowley rimase in silenzio, pensieroso, ed il suo sguardo si fece cupo.
“Anch'io rifiutai una rosa rossa anni fa… Proprio come quella fanciulla, mi importava solo di ciò che luccicava. Ed ora essa si nutre del mio sangue, come la rosa bianca si nutriva del sangue dell'usignolo. E come quell'usignolo, verrò condannato per qualcosa che non esiste… Dove hai sentito questa storia?”
“Me la raccontò una vecchia, molti anni fa. La incontrai nel bosco, mentre cercavo della legna da ardere… Strano, come il suo ricordo mi sia tornato alla memoria solo oggi. Ma ti sbagli, l'amore esiste, ne sono certo.”
“Ho idea che quella vecchia, sia la stessa che mi ha donato quella rosa…”
“Allora forse un giorno, mi racconterai quella storia… Quando sarai pronto.”
“E dimmi caro, ne conosci altre di storie?” Chiese madame Tracy.
“Con un finale più allegro magari!” Suggerì Newt, indicando Crowley con lo sguardo.
“Si… Ho, anzi, avevo, una piccola libreria in paese. Ho letto più volte tutti i libri che ci sono, posso raccontarveli se volete.”
“Avevo il sospetto che ti piacesse leggere.” Disse Crowley. “Domani voglio mostrarti una cosa… Ma adesso sono stanco, lasciatemi riposare.”
Piano piano uscirono tutti, Azraphel si avviò per ultimo, restando un momento a guardare la bestia che chiudeva gli occhi, prima di allontanarsi.
Il giorno dopo nel pomeriggio, mentre Azraphel stava guardando fuori dalla finestra uni stormo di uccelli che danzava nel vento, Crowley lo raggiunge.
“Ti senti meglio?” Chiese il giovane.
“Un po'… C'è una cosa che volevo mostrarti. Seguimi.” Disse, senza aspettare una risposta.
Camminarono per il grande castello, finché non giunsero di fronte ad una grande porta in legno chiaro, sulla quale erano intagliati due uccelli.
Crowley la aprì sospirando, e Azraphel lo seguì subito dopo.
Appena entrato, non riuscì ad evitare di urlare.
“Beh che hai da strillare adesso?”
“Questa è… È…” Balbettò, guardandosi intorno incredulo.
“Una biblioteca. Ho pensato che magari potevi aver voglia di leggere qualcosa…”
Azraphel continuava a guardare estasiato, roteando il corpo e sgranando gli occhi.
Enormi librerie dorate si ergevano fino al tetto, estendendosi per tutta la sala.
Più libri di quanti Azraphel avesse mai visto, sognato perfino.
Di ogni colore e dimensione, ovunque andasse a posare il suo sguardo.
Variopinti affreschi coloravano il soffitto, simile ad un cielo stellato in cui dimoravano gli angeli.
Tappeti colorati ricoprivano i pavimenti, e soffici divani su cui stendersi, erano sparsi in tutta la grande sala.
“Ti… Ti piace?” Chiese timidamente la bestia.
“Oh no!” Rispose il giovane.
“Ah.” Disse deluso. “Che stupido sono stato a…”
“Io lo amo!”
“Che hai detto?”
“Ho detto che lo amo, Crowley!” Urlò di gioia Azraphel, buttandosi a capofitto ad abbracciarlo, stringendogli poi le braccia intorno al collo. “Grazie!”
“T-tu… Mi hai appena chiamato per nome.” Sussurrò incredulo.
“Non vorrai ricominciare con la storia che devo chiamarti padrone spero!” Rispose Azraphel, staccandosi un poco dal suo corpo.
“Non è quello… È solo che sono anni che nessuno mi chiama per nome. È strano, sentire di nuovo quel suono…”
“E….Ti piace?”
“Si, credo di si.”
“Allora vorrà che ti chiamerò più spesso così!”
Il sorriso di Azraphel era cosi sincero, ed i suoi occhi colmi di gioia e gratitudine, che Crowley si sentì stranamente felice.
Rimase in silenzio ad osservarlo, stringendolo ancora tra le braccia, ma non troppo forte.
“Credo che se il paradiso esiste, sia proprio così!” Esclamò Azraphel raggiante, guardandosi intorno.
“Non sono sicuro che esista… Ma se vuoi nel frattempo, puoi dormire qui.”
“Posso? Posso davvero?”
“Certo… Se ti fa piacere…”
Azraphel si strinse di nuovo a lui, più intensamente di prima.
“Questa è la cosa più gentile che tu abbia fatto da quando sono qui.”
“A parte salvarti la vita?”
Azraphel rise, e la sua risata riempì tutta la stanza.
Nei giorni che seguirono, passò lì tutte le sue giornate, immerso nei libri, come faceva un tempo.
Solo che questa volta, non era da solo.
Crowley si stendeva sul tappeto, appoggiando la testa su un cuscino, mentre Azraphel si sedeva sul divanetto accanto a lui, e per ore ed ore, leggeva ad alta voce le pagine di quei libri.
La sera, la bestia ricominciò a suonare le sue melodie, che avevano perso un po' della loro malinconia, sostituite da note più allegre e ballabili.
E alla fine il giovane si addormentava sul divano, cullato dalle dita di Crowley, che battevano sui tasti del clavicembalo.
Una di quelle sere, mentre lo stava ascoltando suonare, si ritrovò ad accennare un passo di danza, muovendosi sinuoso per la stanza.
“Ti piace ballare?” Chiese Crowley.
“Oh si, moltissimo! Anche se non sono molto bravo.”
“Davo molte feste, prima che… Ed ero un ottimo ballerino. Magari…”
Azraphel si fermò, aspettando che Crowley finisse la frase.
“Magari?”
“Beh io… Si insomma… Potremmo ballare insieme.”
Azraphel sorrise, aprì la bocca per rispondere, ma un dubbio lo fece esitare.
“È un ordine?” Chiese timidamente.
L'altro stette qualche istante a pensarci, e mentre si guardava intorno pensieroso, notò che nascosti in un angolino dietro la porta, c'erano un orologio, un candelabro e una teiera, che scuotevano energicamente la testa.
“No.” Rispose alla fine.
“Allora accetto!”
“Oh. Bene. Ottimo. Allora ecco, facciamo  domani sera?”
Lo sguardo di Crowley passò da Azraphel, che annuiva sorridendo, leggermente rosso in viso, ad un orologio, una teiera e un candelabro, che esultavano, saltellavano e si davano il cinque.
Non seppe dire quale delle due immagini fosse più buffa, a dir il vero.
Il giorno dopo, tutto il castello era nel pieno dei preparativi,  carico d'aspettative.
Da una parte, l'armadio aveva tirato fuori una decina di stoffe, creando completi su completi, mentre madame Tracy annuiva o scuoteva la testa, dicendo cose come: “Quel colore non mette in risalto i suoi occhi," o “Troppo stretto!” o ancora “Troppo semplice!” Mettendo in crisi l'armadio, mentre Adam e il cane si divertivano a giocare tra i vari ritagli di stoffe.
Azraphel si stava pettinando i capelli, sospirando, mentre batteva nervosamente i piedi a terra.
Nell'ala ovest invece, Crowley era intento a provare una camicia rossa, borbottando cose gentili da dire, mentre Newt cercava di sistemargli i capelli e lucidargli le corna.
Mr.Shadwell nel frattempo stava cercando un modo per infilare la coda del padrone nei pantaloni e tagliare il bordo, in modo che non ci inciampasse con gli zoccoli.
Verso le nove, Newt accese le candele, mr. Shadwell sistemò i fiori a dovere, madame Tracy si assicurò di mettere del buon profumo nella stanza e Adam di spargere i petali per la stanza, aiutato da cane, sempre felice di rendersi utile.
Alla fine, Adam e cane vennero mandati fuori a giocare, e Newt, madame Tracy e mr. Shadwell si posizionarono sul clavicembalo.
Era tutto pronto.
Mancavano solo i due ospiti d'onore, i quali, ancora non avevano trovato il coraggio di uscire dalle proprie stanze.
Crowley guardò con sconforto la rosa.
Erano rimasti ormai solo due petali, e uno oscillava pericolosamente.
Fece un profondo respiro e uscì.
Azraphel stava camminando nervosamente per i corridoi, senza riuscire però a salire le scale.
“Che fai?” Gli chiese Adam, in sella a cane. “Non dovresti essere di sopra?”
“Ci sto’ andando… E tu non dovresti essere a letto?”
“Ci sto' andando… Tu però non mi sembri molto convinto.”
“Non lo sono…”
“Non sai ballare?”
“Non benissimo, ma non è quello il motivo…”
“Allora qual è?”
“Sei troppo piccolo per capire queste cose.”
“Si, lo dice sempre anche la mamma. È perché ti fa paura?”
Azraphel rimase un po' a guardarlo, poi annuì sospirando.
“Com'era prima che…?”
“Esattamente come adesso, ma meno spaventoso.”
“Ah… Me lo immaginavo."
“Quando aveva la mia età invece, rideva sempre. Giocava con tutti… Era gentile. Tutti quanti gli volevano bene.”
“E poi cosa è successo?”
“La mamma dice che me lo dirà quando sarò più grande. Ma puoi sempre chiederglielo no?”
“Si… Hai ragione.”
“Comunque Newt dice che si è fatto bello per te.”
“Davvero?”
“Così ha detto lui, anche se non so' cosa voglia dire.”
Azraphel sorrise.
“Grazie Adam…” Disse, salendo il primo gradino.
Arrivato davanti alla porta, fece un gran respiro, ed entrò.
Non era sicuro di cosa avrebbe trovato, non era sicuro di niente in realtà.
Ma qualcosa dentro di lui, lo spingeva a scoprirlo.
Crowley era in piedi, al centro della stanza. Tutto intorno a lui, candele e fiori, come in un dipinto.
I capelli lunghi erano ben pettinati, aveva una camicia rossa con sopra una giacca nera, e dei pantaloni dello stesso colore.
Quando si avvicinò a lui, fece un leggero inchino, e gli porse la mano.
Azraphel sorrise meravigliato, si chinò a sua volta, e afferrò la sua mano.
A quel punto una melodia iniziò a riecheggiare nella stanza, e lentamente Crowley si avvicinò a lui, circondandogli la vita con un braccio e tenendogli la mano con la sua, sospesa all'altezza delle spalle.
I piedi iniziarono a muoversi a tempo, così come i loro corpi.
C'era qualcosa di diverso nello sguardo della bestia, era più dolce, quasi spaventato…
Perfino il modo in cui lo stringeva, era più delicato, come se stesse attento a non fargli male.
Azraphel non lo sapeva, ma anche il suo sguardo era diverso.
A Crowley sembrò quasi che in quel momento, non avesse più paura di lui. Che anzi fosse curioso, di scoprire chi fosse in realtà.
Anche il modo in cui si stringeva a lui, era più sicuro.
Da quando era entrato nella stanza, era come se si fosse illuminato.
Il vestito azzurro chiaro e dorato, metteva in risalto i suoi occhi, rendendolo elegante come un principe.
Ballarono a lungo, e dopo un po' la stanza intorno a loro sembrò scomparire, rimasero solo i loro occhi, che si cercavano, che si studiavano.
Mentre la luna era alta in cielo, e una melodia dolce e lenta riempiva la stanza, i due volteggiavano stretti l'uno l'altro, quasi che avessero preso il volo  e stessero danzando tra le nuvole.
Poi d'improvviso Crowley chinò il viso, fino ad appoggiare la sua guancia a quella di Azraphel.
Scese ancora, e mentre il respiro si faceva pesante ed il cuore gli martellava nel petto, posò infine le labbra sul collo del giovane, racchiudendo la sua pelle calda tra le labbra.
 
 
NB: il racconto di Azraphel è un riassunto dell'opera di Oscar Wilde:
 “La rosa e l'usignolo.” Che vi consiglio caldamente di leggere.

 
 
 
 
  
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