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Autore: Francy_Kid    27/12/2019    2 recensioni
Viperion passa dal lato di Papillon ed inizia a lottare contro Ladybug e Chat Noir. Cosa accadrà se dovesse scoprire che dietro le maschere dei due eroi ci sono il suo migliore amico e la ragazza che ama?
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ATTENZIONE: Questa storia segue le vicende della serie "Miraculous - Les aventures de Ladybug et Chat Noir" fino alla terza stagione escluso il finale, ergo fino alla puntata numero 24 ("Ladybug") poiché è stata ideata molto tempo prima della messa in onda del finale.
Buona lettura ^^
Genere: Angst, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Luka Couffaine, Maestro Fu, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: OOC, Otherverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
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Marinette si lasciò cadere sul divano, sospirando esasperata. Era passata quasi una settimana dell'accaduto, ma si parlava ancora e ancora di quel maledetto akuma e del potere di Ladybug che non aveva funzionato del tutto, per non parlare del lavoro, che quel giorno l'aveva distrutta.

Il funerale di Anarka era stato appena due giorni prima ed aveva ancora ben chiara l'immagine dell'espressione di Luka: i suoi occhi erano spenti mentre teneva sua sorella Juleka tra le braccia, il suo volto non mostrava nessuna emozione. Sebbene le lacrime gli rigassero le guance, il suo viso non mostrava alcuna emozione.

In cinque anni che lo conosceva non aveva mai visto Luka in quello stato. Distrutto, l'animo spezzato.

Come biasimarlo, pensò lei con un sospiro e girandosi di lato, rannicchiandosi con un cuscino al petto.

L'aveva chiesto a Master Fu come mai il suo potere non avesse riportato tutto alla normalità, ma il Miraculous aveva dei limiti: non può riportare alla vita qualcuno. Sebbene avesse raggiunto la maggiore età e potesse evocare il Lucky Charm tutte le volte che voleva, così come Chat Noir con il Cataclisma, poteva far tornare le cose alla normalità e massimo poteva curare le ferite, ma non poteva ridare la vita a chi l'aveva persa, anche se era stato per mano di un akumatizzato.

Quando un portatore sfruttava il Miraculous poteva accedere solo ad una piccola parte del potere del kwami, un'entità divina che concretizza un concetto astratto, dato che il gioiello fungeva da catalizzatore. Per gli esseri umani non era possibile governare tali forze, ma i Miraculous esistevano per questo: sfruttare quel determinato concetto, seppur con delle limitazioni. Una persona non poteva tornare in vita con il Miraculous della creazione, come non poteva venire uccisa da quello della distruzione.

Per tutti quegli anni ogni cittadino aveva rischiato di morire e lei non lo sapeva. Molto probabilmente era anche per quello che non era stata molto attenta. Se avesse fermato l'akuma prima, se fosse stata più attenta e vigile, e soprattutto se avesse consenato il Miraculous a Luka in tempo, allora Anarka sarebbe ancora viva.

Dopo lo scontro con l'akuma Viperion, o meglio Luka, si era allontanato senza restituire il Miraculous. Lei lo aveva cercato ovunque e quando lo trovò i due ebbero un diverbio sui doveri e le promesse fatte, ma non se la sentiva di ribattere alla sua ultima frase: «Il dovere di un eroe è proteggere i cittadini, impedire che si facciano del male. So che è impossibile salvare tutti, ma sapevi che mia madre era rimasta intrappolata nella nave e non hai fatto nulla per aiutarla. Hai mancato al tuo dovere di eroe, non venire a farmi la predica sulle promesse da mantenere!»

Luka non urlava mai, soprattutto contro di lei, non aveva mai osato alzare la voce, eppure in quel momento, le aveva urlato contro, piangendo arrabbiato e deluso.

Era solo colpa sua.

Non aveva salvato Anarka e non era riuscita a recuperare il Miraculous del serpente.

Si alzò dal divano, i capelli corvini disordinatamente raccolti in uno chignon alto, e si recò in cucina a prendere qualche cosa da sgranocchiare, ignorando la televisione rimasta accesa tutto il tempo sul notiziario.

Stavano ancora passando quella notizia.

Era stufa di tutto ciò. Eppure era un suo fallimento.

Aprì il frigo e prese il cartone del succo, poggiandolo sul tavolo e riempiendo il bicchiere che aveva recuperato poco prima del liquido arancione. Si portò il contenitore alla bocca, ma qualcuno suonò il campanello e la interruppe.

Sbuffò, esclamando un "arrivo" annoiato mentre andava a recuperare i pantaloncini in camera sua, lanciati disordinatamente sul letto. Si avviò verso l'ingresso ed aprì la porta, il sangue le si gelò nelle vene quando vide chi aveva davanti.

«Luka?»




 

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Faceva freddo. I polmoni gli bruciavano per la mancanza di aria e la corrente lo trascinava lontano dal suo obiettivo. La Liberty, la sua casa, giaceva sul fondo del fiume, spezzata in due.

Ma più cercava di nuotare per avvicinarsi all'imbarcazione, più essa sembrava allontanarsi. Le possibilità di raggiungere sua madre in tempo diminuivano sempre di più, così come il fiato nei suoi polmoni.

Ad un certo punto, tutto divenne buio, risucchiato da un vortice nero.

Luka si svegliò di scatto, prendendo un respiro profondo, come se l'avesse trattenuto per un'ora intera. La testa gli girava vorticosamente e fece molta fatica ad alzarsi e raggiungere il bagno. Si inginocchiò davanti al gabinetto, svuotando il contenuto del suo stomaco.

Sentiva il corpo caldo e sudato, seppur fosse scosso dai brividi. Tirò lo sciacquone, restando seduto a terra e con la schiena poggiata al muro, cercando di calmare la sua mente ed il suo corpo.

Passarono svariati minuti e riaprì gli occhi; la testa gli doleva ancora, ma era già meglio di poco prima, quindi si rialzò, accendendo l'acqua al lavandino e poggiandosi ad esso, fissandosi allo specchio: era pallido come un cencio, spettinato e sudato, sotto gli occhi aveva due occhiaie profonde date dal poco sonno.

Non si riconosceva più. Non era più il Luka Couffaine di sempre.

Dopo essersi sciacquato il viso e lavato i denti tornò in camera sua, ignorando i vestiti gettati in vari punti della stanza e le bottiglie di acqua ammucchiate in un angolo.

Non era alla Liberty. Lui e sua sorella erano stati sistemati in un appartamento abbastanza distante da dove prima era ancorata la nave, fatta prelevare come "scena di un crimine e quindi doveva essere esaminata", come aveva detto il capo della scientifica o chiunque fosse incaricato del caso.

Eppure sapeva meglio di loro che non c'era nulla da esaminare. Non avrebbero trovato nulla fuori posto. Il potere di Ladybug aveva riparato ogni danno alla struttura, quindi era tempo perso e lavoro inutile.

Non poteva nemmeno stare a casa sua.

Sospirò, sedendosi sul bordo del letto e allungando la mano verso il suo comodino per recuperare una pastiglia per il mal di testa, bevendo l'acqua dalla bottiglietta di plastica ormai mezza vuota.

Spostò lo sguardo sulla sveglia, che segnava le venti passate da poco. Juleka non era in casa, o si sarebbe precipitata a vedere come stava, cosa confermata dai messaggi che aveva ricevuto e che dicevano che sarebbe rimasta da Rose a dormire.

Sorrise, rispondendole con un "va bene, divertiti". Almeno lei riusciva a godersi la compagnia di qualcuno, lui invece preferiva stare solo.

Anche se in quel momento avrebbe voluto avere compagnia.

Guardò nuovamente l'orario e si alzò dal letto, cambiandosi i vestiti ed uscendo di casa, deciso di prendere un po' d'aria. E magari approfittare della compagnia di qualcuno.

Chiuse la porta dell'appartamento a chiave, si coprì il capo con il cappuccio ed uscì dalla sua casa provvisoria, incamminandosi verso una meta non precisa. Percorse Rue Lafayette fino a raggiungere la metro, salendo su una delle linee che lo portò alla fermata di St-Paul.

Alzò lo sguardo e riconobbe la strada che portava a Place des Vosges. Il parco vicino al quale abitava Marinette.

Era già la terza –forse la quarta– volta che accadeva. Forse era il destino a voler che i due si incontrassero di nuovo, o forse era lui che era talmente preso da lei da non volerle stare lontano nemmeno per un giorno.

Molto probabilmente era la seconda.

Si incamminò verso il parco, ignorando le persone che lo indicavano e che lo avevano riconosciuto, parlottando tra loro e dicendo che lui era "quello a cui era morta la madre".

Si sistemò meglio il cappuccio in testa ed aumentò il passo, raggiungendo il porticato che collegava i vari appartamenti.

Marinette non abitava più alla pasticceria, ma aveva preso un appartamento nello stesso stabilimento per star vicino ai suoi e per essere più vicina al luogo di lavoro. Sì, lavorava con i suoi genitori, ma non abitava più con loro. Dovette ripeterselo un paio di volte, perché tendeva sempre ad andare verso il forno, ormai abituato in quel modo.

Salì le scale che conducevano al suo appartamento, sentendo il cuore battergli forte nel petto. Non poteva farci nulla, era sempre un'emozione per lui vedere Marinette: era ancora innamorato di lei, ma questo non gli impediva di esprimersi come un amico e, soprattutto, non metterla a disagio. Voleva solo il meglio per lei è l'ultima cosa che voleva era vederla triste o ferirla.

Raggiunse il secondo piano e suonò il campanello. Dall'altra parte della porta udì un "arrivo" un po' annoiato e, sorridendo la attese, notando il suo sguardo sorpreso nel vederlo e sorridendo maggiormente quando pronunciò il suo nome.

«Ciao Ma-Ma-Marinette».





 

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AI GAISSSSS!

Benvenuti in questa nuova fanfiction!
Prima di continuare vorrei che sappiate che l'idea è di mia moglie SVNFAIRY che potete trovare su Wattpad.

Ci siamo state un po' a discutere, cambiato un attimimo la trama e l'ho adattata, ma tutto è partito dal suo cervellino ed io ho azionato le dita 🌚👌🏻
Suona malissimo come frase, ma VBB!

Per chi non l'avesse capito, è una fanfiction Lukanette, quindi a chi non piace la ship è pregato di non fare commenti inopportuni o verranno eliminati, quindi di non leggere la storia se non è di suo gradimento.

Meglio informare U^U

Gli aggiornanti non saranno sempre puntuali, dato che essendo al terzo anno di università devo pensare alla tesi, ma cercherò di essere più costante possibile. A presto 🌚
Francy_Kid

  
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