Capitolo quarto
But now I paid my debt
It's time I left
And I don't need someone who makes me feel so bad
And I've just enough left to help me pack my bags
Yes I have found something I thought I lost
I found me, I found faith, I found trust
You can't take this from me
Can't you see I won't take this lying down?
And I can hear you when you speak your poison
Bitter words can't hurt me now, I won't take it lying down…
(“Lying down” – Celine Dion ft. Sia)
Il piano di Giovanni
non era piaciuto per niente a Rinaldo e probabilmente nemmeno a Cosimo.
Tuttavia, nei giorni successivi, il Medici dovette rendersi conto che Andrea
Pazzi era veramente un grande
problema, che niente lo avrebbe fermato, che era pericoloso quanto e più di
come lo ritenesse il giovane Uberti e che, insomma, qualsiasi cosa sarebbe
andata bene pur di metterlo fuori gioco.
Era trascorsa più di
una settimana quando Cosimo, livido in volto, si presentò a Palazzo Albizzi,
con grande disappunto di Rinaldo.
“Cosimo, non sei il
benvenuto in casa mia” gli disse, tanto per mostrarsi subito ospitale e gentile.
L’uomo, però, non si
fece scrupolo di scansare il rivale e di entrare comunque nel palazzo.
“Non è proprio il
momento per le tue sciocche e insensate rivendicazioni, Rinaldo” tagliò corto.
“Dobbiamo parlare immediatamente di un vero nemico, che potrebbe distruggere la
mia famiglia, la tua e tutta Firenze!”
Rinaldo esitava
ancora, i modi di Cosimo lo innervosivano più di quanto già non fosse.
“Insomma, devo forse
ricordarti che se sei qui nel tuo palazzo è solo per merito mio?” Sì, beh,
anche Cosimo sapeva essere parecchio antipatico quando voleva… “Ti ho
risparmiato io la vita ed ho ottenuto dalla Signoria che i tuoi beni non
fossero confiscati. Posso entrare in casa tua quando e come voglio.”
“Certo, il solito
Cosimo de’ Medici che pensa di poter avere tutto quello che desidera” sibilò
Rinaldo, ancora più deciso a non farlo accomodare.
“Adesso basta!”
intervenne Giovanni, che aveva assistito all’ultima parte della sceneggiata e
ne aveva già avuto abbastanza di quei due che si divertivano a prendersi a
cornate. “Se Messer Cosimo è venuto fin qui è senza dubbio per un motivo molto
grave e certo non per il piacere della
compagnia. Sono convinto che c’entri Andrea Pazzi… per cui, Messer Albizzi,
fate accomodare il vostro ospite nello studio e ascoltiamo cosa ha da dire.”
Infuriato per essersi
dovuto piegare ai voleri di Cosimo e a quelli di un diciottenne impertinente,
Albizzi non disse altro, inalberò un’espressione da Sua Maestà offesa e condusse Cosimo e Giovanni nel suo studio in un
silenzio gelido.
Non appena furono
soli nella stanza, Cosimo iniziò a raccontare gli eventi di quegli ultimi
giorni.
“Qualche mattina fa,
mentre ero nel mio studio, Andrea Pazzi si è presentato al mio cospetto senza
essere invitato” esordì, ma fu subito interrotto.
“E così tu hai
pensato bene di fare lo stesso con me quest’oggi” fece ironicamente Rinaldo.
Cosimo, benché
contrariato, decise di lasciarlo perdere, altrimenti non l’avrebbero finita
più.
“E’ venuto per
annunciarmi, trionfante, che Papa Eugenio ha deciso di togliere i suoi conti
dalla mia Banca per spostarli in quella dei Pazzi, e non è finita qui” riprese
l’uomo, ancora incollerito al ricordo. “Non si tratta solo di una questione di
affari, anche se la mia famiglia perderebbe moltissimo senza più i conti
papali… ma la cosa va ben oltre. Pazzi ha detto che il Papa non vuole affidare
i suoi conti a un immorale e un assassino e poi si è permesso apprezzamenti
negativi sulla statua del David che ho nel cortile interno del mio palazzo,
quella di Donatello. Anche lui, esattamente come te, Rinaldo, ha insinuato che
sia una scultura lasciva e che suggerisca pensieri esecrabili nelle menti dei
fiorentini. Quel che è peggio è che pare che il Papa sia d’accordo con lui!”
“Oh, ma che bello, a
quanto pare siete tutti critici d’arte
qui a Firenze!” commentò sardonico Giovanni, che non era riuscito a
trattenersi. “Possibile che nemmeno il Papa conosca la Bibbia? David era un
fanciullo quando sconfisse Golia!”
“Pazzi afferma che
Sua Santità è rimasto perplesso venendo a sapere che David è stato raffigurato
nudo e con i lineamenti femminei” spiegò Cosimo, disgustato dal bigottismo dei
suoi concittadini.
“Allora, mi dispiace
dirlo, ma anche Papa Eugenio è un bigotto e un ignorante. Nei tempi antichi gli
eroi combattevano perlopiù nudi, basti pensare a quanto si racconta della
guerra tra Achei e Troiani nell’ Eccidio
di Troia di Darete Frigio” replicò il ragazzino, dimostrando una grande
conoscenza dei miti classici e una non comune passione per quel tipo di storie…
probabilmente ereditata dalla famiglia Uberti! * “E nella Bibbia David è descritto come un ragazzino, per cui non
c’è nulla di strano che sia raffigurato come tale. Messer Albizzi, ricordate
cosa dissi a voi a questo proposito
quando accusaste Messer Cosimo alla Signoria?”
Rinaldo lo ricordava
fin troppo bene e ripensandoci avrebbe voluto dimostrargli lì, nel suo stesso
studio, quali e quante immagini perverse gli fossero venute alla mente… non per
colpa del David quanto per l’insolenza di Giovanni. Tuttavia decise di rimandare
tutto ad un momento più opportuno, magari quando Cosimo se ne fosse andato.
“Sì, lo rammento”
disse con una strana voce.
“Non volevo credere
alle parole di Pazzi, così mi sono recato io stesso al monastero dove il Papa è
ospite” riprese il Medici, ancora incredulo. “Volevo che mi dicesse lui stesso
di aver deciso di affidare i conti papali alla Banca Pazzi. Ebbene, era proprio
così. Papa Eugenio mi ha accusato di aver ordinato l’attentato contro gli
Albizzi, ha insistito perché lo confessassi dicendo di temere per la mia anima
immortale!”
“E’ chiaro che Andrea
Pazzi gli ha avvelenato la mente con le sue bugie, come ha fatto con tutta
Firenze” disse Giovanni, imbronciato. “Ma il Papa è così ingenuo da credere a
lui invece che a voi?”
“A quanto pare ha
saputo essere molto convincente. Io ho tentato di tutto, mi sono offerto di
finanziare un grande esercito che scacciasse i Visconti da Roma purché
lasciasse i suoi conti nella mia Banca, gli ho spiegato che la Banca Pazzi non
potrebbe allestire un esercito così in fretta… ma non è servito a niente. Sua
Santità ha dichiarato in modo molto chiaro che il banchiere del Papa non può essere un omicida e un immorale.”
“Ma senti questo!
Forse Visconti non ha tutti i torti a voler insediare un altro Papa di suo
gusto a Roma, questo deve essersi rincretinito un bel po’ con l’età se dice una
cosa simile!” esclamò Giovanni, lasciando stupefatti sia Cosimo che Rinaldo per
la sua audacia piuttosto blasfema. Anche se, a dirla tutta, non si sbagliava
affatto… “Non vuole che il banchiere del Papa sia un omicida e un immorale e
pensa di affidare i suoi conti ad Andrea Pazzi… che è appunto un omicida e un
immorale di prima categoria! Ha perso il cervello? Bisogna che qualcuno lo
faccia ragionare, altrimenti vado a dirglielo io e…”
“No, no, non
servirebbe a niente!” lo fermò Cosimo, improvvisamente preoccupato che Giovanni
potesse addirittura peggiorare le cose. Ci mancava solo che andasse dal Papa
accusandolo di essere improvvisamente rincoglionito,
così almeno sarebbe finito giustiziato per eresia e la famiglia Medici, come
amica e protettrice di un eretico, avrebbe fatto la stessa fine! “Ho tentato di
parlargli in tutti i modi, di convincerlo, di fargli capire che si stava
sbagliando sul mio conto e, soprattutto, su quello di Pazzi, ma non mi ha
ascoltato… quell’uomo gli ha davvero avvelenato la mente con le sue calunnie.”
“Quindi voi siete
venuto qui perché adesso il mio piano non vi sembra più tanto assurdo, Messer
Cosimo?” suggerì il giovane Uberti. “Ve l’avevo detto che non esiste altro modo
per fermare Pazzi e che quell’uomo è veramente molto pericoloso. Ha raggirato
perfino Papa Eugenio!”
Cosimo chinò il capo,
rassegnato.
“E’ vero, sono venuto
qui per mettere a punto il piano di Giovanni” ammise. “Non piace nemmeno a me
rischiare la sua vita, ma le cose vanno peggiorando sempre più e non vedo
davvero cos’altro potremmo fare per impedire a quell’uomo di distruggere
Firenze e tutti noi.”
“Come ho già detto
giorni fa, non se ne parla neanche” ribadì deciso Rinaldo. “Giovanni non
metterà a rischio la sua vita, io non lo permetterò.”
“Non c’è altro modo,
Rinaldo” insisté Cosimo. “E fortunatamente sono riuscito almeno a convincere
Messer Guadagni a tentare questa strada, a fingere di voler togliere il seggio
a Pazzi per concederlo a Giovanni. Dopodomani si terrà una riunione della
Signoria durante la quale il Gonfaloniere esporrà la sua decisione, quindi…”
“Possiamo tentare
un’altra strada, prima!” lo interruppe Rinaldo, alzandosi in piedi. “Papa
Eugenio è mio amico da tanti anni, ascolterà me anche se non ha voluto
ascoltare te. Gli racconterò tutto, gli spiegherò che Pazzi appoggiava il mio
tentativo di rovesciare la Repubblica e che poi mi ha venduto al Gonfaloniere
all’ultimo momento. Gli dirò che sospetto che sia stato proprio lui a ordinare
l’attentato contro me e mio figlio, perché non potessi dire la verità sul suo
coinvolgimento. Gli farò capire che razza di uomo è davvero Andrea Pazzi e che
non deve assolutamente sposare la sua causa, che è lui il vero omicida in tutta
questa storia.”
Fu la volta di
Giovanni di restare senza parole… doveva essere più o meno la prima volta in
tutta la sua vita!
Anche Cosimo,
tuttavia, era rimasto molto stupito da quell’offerta così spontanea e generosa
di Rinaldo. Fosse stato ai giorni nostri, avrebbe pensato che il vero Rinaldo
fosse stato rapito dagli alieni e che quello fosse soltanto un clone.
“Rinaldo, sei sicuro
di volerlo fare? Sua Santità è veramente stato plagiato da Pazzi e
probabilmente non ascolterà nemmeno te” disse il Medici, ancora piuttosto
spiazzato.
“Siamo amici da molti
anni, mentre conosce Pazzi da poco. In ogni caso, posso almeno tentare e credo
di avere buone probabilità di riuscita” replicò Albizzi.
“Tuttavia, anche se
riuscissi a convincere il Papa a non concedere i suoi conti a Pazzi, questo non
ci aiuterebbe a dimostrare la sua colpevolezza” sottolineò Cosimo. “Abbiamo
bisogno di prove concrete per smascherare quell’infido.”
“Quindi tu saresti
disposto a mettere in pericolo Giovanni, usandolo come esca e rischiando che
Pazzi possa farlo uccidere? Sapevo che eri un uomo meschino e senza scrupoli,
Cosimo, ma adesso stai superando ogni limite” s’infuriò Rinaldo. “Andrò a
parlare con Sua Santità domani stesso, gli farò comprendere che uomo pericoloso
e malvagio sia Andrea Pazzi e, a quel punto, potremo denunciarlo alla Signoria
con l’appoggio del Papa, senza coinvolgere Giovanni in tutto questo.”
“E sia, facciamo
anche questo tentativo” concesse Cosimo, “ma, se nemmeno le tue parole
riusciranno a far cambiare idea a Papa Eugenio, saremo costretti a tentare
comunque con il piano di Giovanni.”
“Io non ho paura,
sono disposto a rischiare pur di incastrare quel serpente” iniziò a dire il
ragazzo, ma Albizzi non voleva nemmeno sentirlo.
“Tu non rischierai niente,
te l’ho già detto e ripetuto. Non permetterò mai che la tua vita sia messa in
pericolo” esclamò l’uomo.
Cosimo, nonostante
tutto, sembrava placato rispetto a quando era arrivato. Chissà, forse il Papa
avrebbe ascoltato davvero le parole del suo amico di vecchia data Rinaldo
Albizzi e avrebbe deciso di non appoggiare più Pazzi. A quel punto, con il
pontefice dalla loro parte, i Medici avrebbero avuto più facilmente ragione di
lui anche davanti alla Signoria. Valeva la pena tentare.
Il Medici si congedò
da Rinaldo e Giovanni e, quando era ancora sulla soglia del portone d’ingresso,
si rivolse ad Albizzi.
“Per quanto possa
valere, ti ringrazio per quello che ti sei offerto di fare. Sua Santità ha
molto affetto per te e, comunque, ti starà a sentire senza essere prevenuto nei
tuoi confronti” disse.
Un lampo passò negli
occhi di Rinaldo.
“Non illuderti, non
lo faccio né per te né per la tua famiglia” dichiarò. “Lo faccio solo perché
non voglio che Giovanni rischi la vita.”
Allontanandosi da
Palazzo Albizzi, Cosimo pensò che non aveva importanza il motivo, ciò che
contava era che, per la prima volta, Rinaldo avrebbe collaborato con lui
parlando con il Papa. Se lo faceva perché si era addolcito trovandosi accanto
quel ragazzino, tanto meglio, in fondo era stato lui a regalarglielo due anni prima!
“Messer Albizzi, fate
bene a parlare con il Papa e vorrei venire con voi per spiegargli anch’io un
paio di cose…” disse subito Giovanni, quando rimase solo con Rinaldo.
L’uomo lo fissò per
un lungo istante, poi lo afferrò e lo strinse a sé con ardore, baciandolo
profondamente e sollevandolo da terra.
“Credo che sia meglio
che tu non parli con Sua Santità” mormorò, con voce roca e tra un bacio e
l’altro. “Probabilmente finiresti per peggiorare la situazione.”
Sempre continuando a
baciarlo, se lo portò in camera da letto. Il suo modo di fare lo aveva acceso
per tutto il colloquio e, comunque, voleva anche sentirselo tra le braccia,
assicurarsi che non gli sarebbe accaduto niente di male. Ogni giorno di più si
rendeva conto di quanto quel ragazzino insolente fosse importante per lui, era
ormai diventato parte della sua vita, molto più della moglie, del figlio in
arrivo e persino di Ormanno.
Giovanni non voleva
proprio capirlo, ma per lui era diventato la persona più preziosa della sua
intera esistenza.
Una
volta che furono nella stanza da letto di Rinaldo, l’uomo lo strinse ancora più
forte a sé, affondandogli una mano nei capelli e cingendolo con l’altro
braccio, baciandolo sempre più profondamente, con passione e intensità,
esplorando la sua bocca. Lo sospinse delicatamente sul letto e continuò a
baciarlo, mettendosi sopra di lui, premendogli una mano sulla nuca per
attirarlo contro di sé; con l’altra mano iniziò a frugarlo sotto le vesti, a
sfiorare e accarezzare il suo corpo, desiderando soltanto perdersi in lui,
senza interrompere neanche per un istante l’unione delle loro bocche e dei loro
respiri affannati. Si unirono in un impeto appassionato di bisogno e desiderio,
dimenticando intrighi e pericoli, abbandonando il mondo reale per entrare in
una dimensione fatta solo di baci, corpi, sfioramenti, l’uno per l’altro in
quel momento e per l’eternità. Anche Giovanni non riuscì più a ricordare per
quale motivo ce l’avesse tanto con Rinaldo, null’altro esisteva più e lui si
sentiva gonfiare il cuore e tremare i polsi per il sentimento assoluto e totale
che provava per quell’uomo e che lo perdeva completamente.
Alla
fine, i due rimasero stretti, aggrappati l’uno all’altro come a volersi
reciprocamente proteggere. Rinaldo non poté fare a meno di pensare quanto fosse
piacevole sentire il calore e la tenerezza di Giovanni che gli restava
abbracciato e completamente affidato, dopo avergli appagato i sensi e
incendiato il cuore.
Quel
ragazzo gli aveva rivoluzionato la vita, lo aveva salvato in tutti i modi
possibili e immaginabili e adesso toccava a lui occuparsene. Non avrebbe
permesso a niente e a nessuno al mondo di fare del male al suo prezioso e
impertinente ragazzino!
Fine capitolo
quarto
* L’eccidio
di Troia di Darete Frigio era l’opera più conosciuta durante il Medioevo e
il primo Rinascimento riguardante la guerra di Troia poiché era l’unica in
latino. Il poema omerico “Iliade”, invece, sarà tradotto dal greco dagli
umanisti rinascimentali solo nella seconda metà del Quattrocento. Era possibile
che Giovanni avesse ascoltato queste storie, sicuramente molto famose e amate
dalla sua famiglia, poiché gli Uberti erano una famiglia particolarmente
appassionata di opere classiche (per questo furono accusati di essere eretici).