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Autore: Emmastory    30/12/2019    4 recensioni
Dopo essersi unita al suo Christopher nel sacro vincolo del matrimonio, Kaleia è felice. La cerimonia è stata per lei un vero sogno, e ancora incredula, è ancora in viaggio verso un nuovo bosco. Lascia indietro la vecchia vita, per uscire nuovamente dalla propria crisalide ed evolvere, abituandosi lentamente a quella nuova. Memore delle tempeste che ha affrontato, sa che le ci vorrà tempo, e mentre il suo legame con l'amato protettore complica le cose, forse una speranza è nascosta nell'accogliente Giardino di Eltaria. Se avrà fortuna, la pace l'accompagnerà ancora, ma in ogni caso, seguitela nell'avventura che la condurrà alla libertà.
(Seguito di: Luce e ombra: Essere o non essere)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Luce e ombra'
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Luce-e-ombra-III-mod
 
 
Capitolo XL
 
Mai veramente soli
 
Respiravamo appena, e il tempo sembrava essersi fermato. Sconvolta da quanto era appena accaduto, non riuscivo a staccare gli occhi dall'ora esanime corpo di Marisa, e con il fiato sospeso, sentivo il cuore diviso in due metà opposte, perfettamente uguali eppure diverse. Da una parte il dolore e la preoccupazione per la salute e l'incolumità della mia amica, dall'altra l'odio, la rabbia verso sua madre, la donna che dandola alla luce le aveva offerto il prezioso dono della vita. Come aveva potuto? Quella l'unica domanda che la mia mente non faceva altro che replicare, e alla quale, anche in silenzio, trovavo presto una risposta. Regole. Stando a ciò che ci aveva detto, quella ragazza ormai non era più sua figlia. Lo era stata, certo, ma aveva perso quell'identità, quell'assoluto privilegio solo dopo aver tentato di aiutarci. Ero attonita, non riuscivo ancora a crederci, e sempre al mio fianco, Christopher restava a guardarla, vantando nello sguardo color smeraldo emozioni miste ma simili alle mie. "Signora Vaughn..." tentò, non riuscendo quasi a parlare. "Non preoccuparti, giovane protettore. Mia figlia sta bene." Si limitò a rispondere la strega, fissandoci con l'unico occhio ancora salvo dalla cecità che le oscurava la vista. "Bene?" chiesi, incredula, con il cuore che intanto aveva preso a martellarmi nel petto, battendo come impazzito. "Certo, mia cara fata, certo. Quello che vedete è soltanto un incantesimo. L'ho usato più volte, sapete? Specialmente quando era una bambina." Continuò poco dopo, seria e c'era da dirlo, malvagia. Confusi, Christopher ed io ci limitavamo a guardarla, ma per quanto mi sforzassi, i miei occhi restavano fermi, immobili su quel punto esatto del pavimento in legno. Stringendo i pugni, cercavo di calmarmi, ma era tutto inutile. C'erano troppe emozioni nel mio cuore e troppi pensieri nella mia mente, troppi dubbi su cosa fare e non fare, su quale fosse la mossa giusta e quale quella sbagliata. Nervosa, nascosi una mano nella tasca del vestito, rilasciando subito un sospiro di sollievo. Per pura fortuna il cristallo era al suo posto, al sicuro, dove quell'orrida strega non l'avrebbe mai trovato, o almeno così speravo. Nervosa, lo sfiorai appena con le dita, e stringendolo, respirai a fondo. Stando a ciò che ricordavo, non era un monile come gli altri, ma bensì, almeno a detta di Marisa, l'unico che avrebbe potuto aiutarci. Preoccupato, Christopher si voltò a guardarmi per un istante, e pur tremando, lo rassicurai. "Sto bene." Sussurrai al suo indirizzo, mentendo e sapendo di mentire. Annuendo, lui accennò a un debole sorriso, e il silenzio fra di noi si ruppe come vetro non appena udimmo di nuovo la voce della strega. "Sempre testarda, la mia Marisa, sin da piccola, ve l'assicuro. Per anni l'ho controllata, protetta e avvisata riguardo questo mondo e il suo ordine, e ha sempre ascoltato, ma non ora. Non da quando voi siete entrati nella sua vita. Vi rendete conto di ciò che avete fatto?" dure come sassi, le sue parole ci raggiunsero colpendoci in pieno, e indietreggiando, come se quei colpi fossero reali e non semplici metafore, portai una mano al ventre. Ormai ero in attesa da quasi tre mesi, il mio stato e la mia condizione continuavano a progredire, e con ogni giorno che passava, ero sempre più in ansia. Non se soffrivo, era ovvio, e potevo ritenermi fortunata, ma nonostante tutto, i segnali c'erano, e a volte era impossibile ignorarli. Tremavo, sentivo il cuore accelerare, il petto mi doleva e continuava a farmi male anche dopo minuti interi, e stranamente, anche senza pensieri a turbarmi, avevo voglia di piangere. Non stavo affatto bene, ma stoica, affermavo il contrario, e con una mano ferma e l'altra protesa in avanti, sempre allo scopo di proteggere i miei futuri bambini, avanzi. "Kaleia, no, aspetta, sei..." Pregò Chris, posandomi una mano sulla spalla nel tentativo di fermarmi. Conoscevo le sue intenzioni, sapevo che tentava di proteggermi, così come sapevo di amarlo, e di fidarmi ciecamente, ma già decisa, lo ignorai, e sostenendo lo sguardo e l'ira della strega, mi preparai ad afrontarla. Silenziosa, lei mi fissò a lungo, squadrandomi da capo a piedi, ma io non demorsi, e raccogliendo le mie forze e il mio coraggio, parlai. "Davvero?" esordii, sarcastica. "Crede davvero di spaventarmi, signora?" chiesi poco dopo, sfidandola con la voce. "Crede davvero che un incantesimo come questo ci impietrirà entrambi? Lei stessa ha ammesso che non è letale, perciò abbia coraggio, e risponda a una domanda. Non farebbe mai del male a Marisa, vero?" continuai poco dopo, improvvisamente calma e sicura di me stessa. Colta alla sprovvista, la strega sgranò gli occhi, e abbassando una mano fino a chiuderla a pugno, quasi non si espresse. "N-No... non... alla mia bambina." Balbettò poi, dopo una pausa di silenzio che parve durare anni. "Esatto." Replicai a quel punto, sollevando entrambe le mani e mostrandole solo allora ciò che da tempo nascondevo. Era strano, eppure Chris ed io non avevamo fatto altro, incerti sul da farsi e sull'esistenza di un'altra soluzione, ma ora tutto era diverso. Le cose erano cambiate, le carte in tavola erano state rimescolate, e proprio davanti a noi, una metaforica regina appariva in stallo, o in altre parole, proprio sotto scacco. Scivolando nel silenzio, indietreggiai fino a sentire la mano di Christopher cercare la mia, e ricambiando quel gesto, arretrai ancora, sicura di aver già parlato abbastanza. Orgoglioso, lui mi sfiorò una guancia con la mano, e facendosi più vicino, mi sussurrò una frase all'orecchio. "Ci sono io qui, Kia." Cinque parole, fra cui anche un simpatico diminutivo del mio nome che ormai accettavo di buon grado, e che per qualche strano motivo mi fece sorridere. Ricordavo bene il primo giorno in cui l'avevo sentito, e allietata da quel pensiero, per poco non mi estraniai dal mondo, sentendomi libera e leggera come gli uccelli che più volte avevo visto solcare il cielo al mattino. Avevo provato a difendermi, lo sapevo, e sapevo anche di aver fatto un buon lavoro, ma dentro di me speravo fosse abbastanza, poichè ora non toccava più a me, ma a qualcuno di diverso. A Chris, che serio come nel giorno della disputa con Amelie, sembrava non attendere altro, o in altri termini, quella che preferivo chiamare occasione. Un'occasione di starmi accanto, aiutarmi e proteggermi, portando avanti quello che per lui non era soltanto un lavoro, ma anzi, la vita di entrambi. Mi amava, mi amava davvero, così tanto che a volte stentavo a crederci, arrivando a ringraziare il cielo e interrogare le stelle, domandando loro cosa avessi fatto per meritare un uomo del suo calibro al mio fianco. Mute, queste non rispondevano mai a voce, ma al contrario, a modo loro, proprio come ora, silenziosa e in disparte, potevo vedere. "Ascolti, Zaria, giusto?" in quel momento, la voce del mio amato spezzò la quiete scesa nella stanza, e ignorandolo, la donna non rispose, concentrandosi invece sul corpo della figlia ancora a terra. "Non osare parlarmi." Sibilò, sputando veleno e continuando a sforzarsi e torreggiando sul corpo della figlia, la bambina che lei stessa aveva partorito. Lenta, fece fatica a sollevarlo, e notandola, mossi ad arte le dita di una mano, concentrando lì la mia energia magica per facilitarle il lavoro. Forse non avrei dovuto, certo, ma Marisa era mia amica, e incosciente o meno, meritava di meglio che restare sdraiata su un duro e inospitale pavimento in legno. Così, concentrata, mi assicurai che levitasse senza rischi fino al letto e alle coperte che fino a poco tempo prima mi avevano accolta, e a quella vista, la donna sbiancò, diventando pallida come una morta. "Tu... Kaleia... tu hai..." balbettò, penosa. Mantenendo in silenzio, mi limitai ad annuire, sicura che le parole fossero superflue, ma poco dopo, quasi contro la mia volontà, una sola frase abbandonò le mie labbra. "Sì, Signora Vaughn. Lei non lo sa, ma farei questo ed altro per un'amica." Ammisi, solidamente ferma  in quella convinzione. Almeno allora non stavo mentendo, e ferree regole o no, Marisa sarebbe sempre stata la mia migliore amica, l'unica oltre a Sky che si fosse prodigata per aiutarmi a rialzarmi ogni volta che cadevo. Colpita dalle mie parole, la strega si ridusse al silenzio, e con le lacrime agli occhi, serrò le labbra. Confusa, la guardai senza capire, e attonito, Christopher fece lo stesso, ma evitando di scomporsi, capì che il suo lavoro non era finitò, così provo ancora. "Zaria, la prego, ci ascolti. Sa perchè siamo venuti qui, non lo neghi. Fra tanti in questo regno, lei è stata la prima ad agire, a decidere di offrirci il suo aiuto, come anche sua figlia. Abbiamo avuto i nostri dissapori, e credete che nulla li cancellerà, ma perchè non tentare? Perchè non fermarvi, non riflettere anche solo per un attimo e dare a me e Kaleia, alla nostra famiglia, una possibilità di realizzarci?" Un discorso chiaro, profondo e soprattutto vero, che ascoltai senza interrompere, e con la cui fine, mille lacrime minacciarono di sfuggirmi dagli occhi, per poi vincere una metaforica battaglia e rigarmi il viso senza controllo. Con uno sforzo, evitai che accadesse, ma non appena li richiusi, compresi di aver perso. Libere, le lacrime mi rotolarono lungo le guance, e facendo quanto in mio potere per restare in silenzio, incontrai ancora una volta lo sguardo di quella potente maga, e con una mano sempre ferma sul ventre, in un gesto a metà fra amore e protezione, sperai ardentemente che capisse. Christopher le aveva già parlato, aveva usato proprio la parola famiglia, ma nonostante la purezza delle nostre intenzioni, ossia vivere continuando ad amarci fino a coronare quel sogno che da tanto attendevamo di veder tramutato in realtà, la scelta restava a lei, mentre noi, di nuovo muti, restavamo in attesa. Fu quindi questione di un singolo attimo, la quiete fu tale da renderci sordi, e sul suo viso lessi qualcosa, l'unica espressione che mai avrei voluto rivedere. Avevo sperato, pregato, scongiurato il cielo che non succedesse, supplicato la mia buona stella perchè le cose cambiassero in meglio, ma al contrario, proprio davanti ai nostri occhi, il peggio. "Famiglia?" ripetè la donna, lasciando che quella singola parola echeggiasse nella stanza. "Famiglia?" disse ancora, la voce sempre più bassa e cavernosa, ridotta a un roco mormorio appena decifrabile. "Pensate davvero che quella che avrete possa mai essere una famiglia? No, non se ne parla. Sapete una cosa? Non m'importa. Non m'importa se siete venuti a chiedere il mio perdono, il mio aiuto o la mia benedizione, perchè sappiatelo, io non ve la concederò. Ora fuori da questa casa, voi e il botolo che vi accompagna!" quelle furono le sue ultime parole, un crescendo di accuse e malcelato astio nei nostri confronti, alle quali nessuno di noi reagì, prendendo come unica decisione quella di fare ciò che ci era stato chiesto. Annuendo mestamente, tutti e tre la seguimmo aspettando che ci mostrasse la porta di casa, fra noi ormai solo il gelo, e a poca distanza da me e Chris, Cosmo, con la coda fra le zampe. Voltandosi, uggiolò debolmente nell'osservare un'ancora dormiente Marisa, e tentato, mosse perfino qualche passo verso di lei, ma con uno scatto degno di un felino, la strega gli sì parò davanti, sbarrandogli la strada. "Ho detto fuori di qui. Non mi hai sentita, piccolo Arylu?" gli disse appena, gelida. Cocciuto e combattivo, Cosmo non si diede per vinto, e prima di lasciare quelle mura, mi decisi a mia volta, afferrando saldamente la mano del mio Christopher. "Cosmo ha ragione, non possiamo andarcene. Non prima di aver salutato Marisa." Dichiarai, irremovibile. Per un breve tempo, solo il silenzio, poi, finalmente, la risposta. "E sia, ma solo perchè anche lei ci terrebbe." Concesse, scostandosi per lasciarci passare. Ringraziandola con il solo uso dello sguardo, avanzai cautamente verso il letto, e non appena fui abbastanza vicina da toccarla, mossi lievemente la coperta per coprirle meglio le spalle, così che anche durante il sonno indotto da quell'incantesimo non avesse freddo. Un pensiero per molti patetico, ma per me pregno d'importanza, poichè nonostante non lo dicessi ad alta voce, e preferissi mostrarglielo, le volevo un gran bene, e quella, come tante altre, era stata un'ennesima dimostrazione. Sorridendo debolmente, permisi a Cosmo di posare le zampe sulla coperta e salutarla a modo suo, ossia leccandole piano il viso con la lingua appiccicosa e colorata. Ultimo a muoversi, Chris rise di gusto, e veloce, sfiorò la mano della nostra amica ormai scivolata fuori da quel giaciglio, e solo allora, notai qualcosa. Simile a quello che avevo ricevuto proprio da Christopher nel giorno del nostro matrimonio, un argenteo anello risplendeva, piccolo ma prezioso. Seppur curiosa, non mi azzardai a toccarlo, ma mentre la strega restava ferma ad aspettarci, ignara di tutto, qualcos'altro accadde. Come per incanto, Marisa parve svegliarsi, e mugolando parole prive di senso, tentò di sfilarsi quel gioiello come poteva. Veloce, l'aiutai, e non appena mi avvicinai per ridarglielo, lei chiuse la mano. Confusa, mi scambiai con Christopher una sola occhiata d'intesa, e notando un'ormai caratteristica luce nei suoi occhi, capii. Proprio come il cristallo bianco e simbolo di novità secondo le credenze di noi fate, anche quello doveva essere una sorta di oggetto magico, e a noi non toccava che scoprire a cosa servisse. Muta come un pesce, tacqui quella scoperta, e minuti più tardi, ormai lontani da quella dimora, sospirai. Avevamo parzialmente perso e vinto quella battaglia, e con il tempo, ci sarebbe sicuramente stata una guerra. Fortunatamente metaforica e non reale, ma non per questo meno pericolosa. Colta dal freddo vento che aveva iniziato a spirare, imputai la colpa di tutto alla sorta di lite avuta con quella dannata strega, e andando alla ricerca di conforto, mi strinsi al mio Christopher. "Chris..." chiamai appena, le gambe già dolenti e i muscoli provati dal clima stranamente algido. "Va... va tutto bene?" non potè evitare di chiedermi, emulando senza volerlo il mio tono di voce. "Sì, almeno credo. Tu riesci a capire dove siamo. Con questa nebbia non vedo più nulla." Ebbi la sola forza di rispondere, per poi lamentarmi aspramente. Non ero arrabbiata, la colpa non era certo sua, ma ora, oltre al vento, anche la nebbia. Frustrata, calciai una roccia sul nostro cammino, e indebolita, dovetti reggermi a lui per evitare di cadere. Veloce, Christopher fu lì per sostenermi, e stringendomi fra le sue braccia, mi permise di sfogarmi. Contrariamente a ciò che pensava, e che era accaduto in passato, non piansi nè urlai, limitandomi invece a sospirare. Di nuovo ansiosa, cercai il mio gioiello, ma precedendomi, lui mi strinse con forza entrambe le mani.  "Kaleia, guardami. Guardami." Ordinò, serio. Rispondendo a quella sorta di richiamo, sollevai lo sguardo fino ad incontrare il suo. "Bene, ora vedremo se gli allenamenti stanno funzionando, d'accordo? Concentrati. Chiudi gli occhi e concentrati, io sarò qui." Aggiunse poco dopo, non mutando tono di voce e facendo suonare quelle parole come l'ordine di un potente monarca. Annuendo, feci ciò che mi era stato chiesto, e perdendo metaforicamente il dono della vista, acquisii il pieno controllo della mia energia magica, e ben presto, anche la scia di molte altre. Per mia sfortuna, un momento che non durò molto, ma abbastanza da permettermi di capire dove fossimo. Come in ogni altro bosco, anche qui c'erano erba, fiori e alberi, ma oltre a loro, anche altre creature magiche, come mia sorella, la cui scia, rafforzata dal vento che soffiava rischiando di congelarmi, aveva in quel momento lo strano potere di attirarmi. Decisa, mi voltai nella direzione indicata dalla mia mente, e insieme, Chris ed io ci rimettemmo in marcia, seguiti da un Cosmo sempre intelligente e fiero, che ci seguiva a testa alta, concentrato sul nostro cammino sotto migliaia di lucenti stelle. Fra un passo e l'altro, l'energia di Sky divenne sempre più forte, fino a quando, dopo un tempo che nessuno di noi fu in grado di definire, non scorsi una casa. Piccola ma accogliente, la stessa in cui ero cresciuta. "Siamo arrivati." Dissi, felice e orgogliosa di essere riuscita ancora una volta a orientarmi nella selva. Sorridendo, Christopher mi cinse un braccio attorno alle spalle, e innamorato come sempre, mi sfiorò appena la guancia con le labbra. Lasciandolo fare, non mi sottrassi al suo affetto, e abbracciandolo ancora, gli dedicai una sola frase. "Grazie. Grazie, mio dolce custode." Poche parole rivolte all'uomo che più amavo, e alle quali, anche non rispondendo in alcun modo, lui mostrò immnensa gratitudine. "Prego, fatina mia." Disse poi, dopo un tempo che come sempre mi parve indefinibile. "Ora che fai, bussi tu?" aggiunse subito dopo, scherzando e distraendomi da pensieri ben lontani dalla realtà. Sorpresa, mi staccai da lui scattando all'indietro, e scoppiando a ridere, mi ricomposi. Alcuni attimi si susseguirono veloci, e chiudendo la mano a pugno, bussai. Una, due, tre volte, sperando che il vento cessasse e la porta venisse aperta. Mai fermo, il tempo continuò a scorrere, e dopo poco, finalmente rividi le due persone che da tanto, troppo tempo aspettavo di rivedere. Mia madre e mia sorella. "Mamma!" quasi urlai, felicissima. "Kaleia, tesoro! Cosa vi è successo? Entrate! Cielo, sapevo dell'avvicinarsi dell'autunno, ma non di questa bufera!" commentò lei in risposta, preoccupata e felice al tempo stesso. Poco lontana, Sky esitò prima di abbracciarmi, e scostandosi, mi indicò il divano di casa. Tranquilla, mi sedetti, e battendo una mano sul posto accanto a me, invitai una sola persona. Piccolo e veloce, il lupacchiotto ai miei piedi recepì il messaggio sbagliato, e con un balzo, occupò lo spazio che avevo riservato a Christopher. "Cosmo!" lo richiamai, fintamente arrabbiata. Capendo al volo, il cucciolo scese dal divano, e finalmente libero di farlo, il mio amato prese posto accanto a me. Felice, gli sorrisi, e chiudendo gli occhi mentre mi lasciavo abbracciare, ignorai i quesiti di mia madre e gli sguardi di mia sorella, che pur non riuscendo a mettere da parte la preoccupazione, mi mostrarono per l'ennesima volta quanto la famiglia potesse essere importante, e quanto fortunati potevamo ritenerci io e Christopher, che con una al nostro fianco, non eravamo mai veramente soli.   
 
 
Un nuovo saluto a tutti i miei lettori, buonasera! Che ne pensate del capitolo? Dato ciò che è successo, lo definirei dolceamaro, ma voi che dite? Attendo di scoprirlo, e intanto vi avverto che sarà l'ultimo del 2019, ma non abbiate paura, l'anno che sta per arrivare porterà con sè mille sorprese per fata e protettore, vedrete. Per adesso vi saluto, ma ringraziandovi sentitamente, vi auguro ancora buone feste, e soprattutto buon 2020,
 
 
Emmastory :)
   
 
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