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Autore: Emmastory    01/01/2020    4 recensioni
Dopo essersi unita al suo Christopher nel sacro vincolo del matrimonio, Kaleia è felice. La cerimonia è stata per lei un vero sogno, e ancora incredula, è ancora in viaggio verso un nuovo bosco. Lascia indietro la vecchia vita, per uscire nuovamente dalla propria crisalide ed evolvere, abituandosi lentamente a quella nuova. Memore delle tempeste che ha affrontato, sa che le ci vorrà tempo, e mentre il suo legame con l'amato protettore complica le cose, forse una speranza è nascosta nell'accogliente Giardino di Eltaria. Se avrà fortuna, la pace l'accompagnerà ancora, ma in ogni caso, seguitela nell'avventura che la condurrà alla libertà.
(Seguito di: Luce e ombra: Essere o non essere)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Luce e ombra'
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Luce-e-ombra-III-mod
 
 
Capitolo XLI

Luce e buio nella vita

Un viaggio, un nascondiglio, una fuga e un luogo di pace. Questi quattro segni, quattro nodi in una falsa corda a cui Christopher ed io ci affidavamo, tirando e stringendo con forza per paura di cadere nel baratro del nulla. Era già successo, e lo sapevamo bene, ma ogni volta eravamo riusciti a rialzarci e arrampicarci di nuovo, certi che anche scivolando, saremmo stati presenti l’uno per l’altra, pronti a sostenerci a vicenda nel bene e nel male. Un sentiero ci aveva riportati all’unica casa che non avrei mai smesso di visitare, e felice, sorridevo. Non parlavo, ma sorridevo, sentendo con ogni attimo i miei nervi distendersi e i miei muscoli rilassarsi. Ero nuovamente tornata alle mie radici, e non avendo occhi che per Christopher, ora quasi ignoravo mia madre e mia sorella, che alla mia vista, avevano avuto reazioni diverse. Per fortuna entrambe positive, ma non per questo uguali nel significato. Difatti, se una non aveva fatto altro che riempirmi di domande alle quali ancora non rispondevo, troppo concentrata sull’uomo che amavo per darle davvero ascolto, l’altra si era limitata a guardarmi e mostrare un sorriso debole ma convincente, che per qualche ragione non raggiungeva i suoi occhi. Tranquilla, mi avvicinai ancora di più al mio Christopher, e anche lui dimentico della mia piccola famiglia lì accanto a noi, continuava a guardarmi, accarezzarmi e stringermi la mano. “Chris, tesoro?” azzardai, sicura che l’atmosfera stesse diventando in egual misura tesa e imbarazzante. “Sì, Kaleia?” rispose lui, dolce come sempre e ancora distratto dalla miriade di sentimenti che provava per me. “Mia madre è proprio qui accanto.” Gli feci notare, indicandola con il solo uso dello sguardo e riuscendo solo allora a riportarlo alla realtà. A quelle parole, lui si irrigidì all’istante, e passando subito da innamorato a serio, si voltò a guardarla. “Scusaci, Eliza, a volte non so cosa ci succede, vero, amore?” spiegò, mostrando un sorriso colmo d’innocenza e concludendo il discorso con quella domanda. “Già, è vero.” Mi limitai a rispondere, arrossendo in volto come una bambina colta in flagrante a combinare qualche marachella. “Via, ragazzi, non preoccupatevi. In fondo siete innamorati, è anche giusto che ve lo dimostriate.” Disse allora mia madre, regalandoci un sorriso e lasciando cadere l’argomento con molta fretta, forse perfino troppa. Confusa, non seppi cosa pensare, e incrociando nuovamente l’azzurro degli occhi di Sky, uguale al mio, capii ogni cosa, e improvvisamente, mi sentii malissimo. Avevo letto la sua lettera, scoperto delle sue sofferenze riguardo Noah, e ora mi comportavo così, dedicandomi a Christopher come se nulla fosse. Vergognandomi come una ladra, desiderai solo scomparire, essere inghiottita dal terreno e sprofondare per sempre, ma con mia grande sorpresa, lei sollevò una mano come e la mosse appena, quasi con noncuranza. “Tranquilla, Kia, va… va tutto bene.” Riuscì a dire poco dopo, con quegli ultimi lemmi che faticarono a uscirle dalla bocca. “Dici davvero? Ne sei sicura?” chiesi, improvvisamente incerta. “Sì, non c’è problema. Eliza ha ragione, in fondo vi amate.” Replicò lei, abbozzando un nuovo sorriso e fermandosi a guardarci per qualche istante, spostando poi l’occhio attento sulle nostre mani unite. Di lì a poco, un silenzio di tomba cadde fra noi, così forte da renderci sordi, e respirando a fondo, attesi che qualcuno avesse il coraggio di romperlo. Passarono così altri interminabili, secondi, e finalmente, sentii qualcosa, un cambiamento nella voce di mia madre. Nessuna parola, solo un tentativo strozzato da un nodo alla gola. Il sorriso che ci aveva mostrato pochi attimi prima aveva ormai lasciato il suo volto, trasformatosi lentamente in una maschera di preoccupazione e dolore. Taceva, tentava in tutti i modi di nasconderli, ma in quanto sua figlia, seppur adottiva, riuscivo a notarlo, specialmente ora che sembrava improvvisamente vicina a piangere. Non riuscendo a trattenersi, versò qualche lacrima, e veloce, mi avvicinai per confortarla. “Mamma…” soffiai al suo indirizzo, con voce flebile e rotta dall’emozione. Con il cuore stretto in una triste morsa, la strinsi a me in un nuovo e delicato abbraccio, e la sua reazione non tardò ad arrivare, semplice e chiara ai miei occhi ancora increduli. Rimasto in disparte, ora Christopher non osava intervenire, sicuro che quel momento fosse solo mio e di mia madre, così rimasi con lei anche mentre altre calde lacrime le solcavano il volto. “Non è niente, pixie, sta… sta tranquilla. È solo che ho riletto quel… quel dannato libro, e ora so cosa potrebbe succederti. Mi dispiace, non avrei dovuto!” parole che pronunciò a fatica, quasi strozzandosi nel pianto, e che ascoltai in silenzio, stringendola a me con forza ancora maggiore e confortandola come potevo. Decisa a vivere la mia vita per quella che era, avevo preso la sana abitudine di concentrarmi sulle gioie che mi regalava, ma non appena notai quel vecchio, polveroso e oscuro tomo ancora nella libreria, mi bloccai all’istante. Aveva ragione, quel libro era lì ed esisteva ancora, e la copertina, che raffigurava una stella racchiusa in una strana forma geometrica, non lasciava certo presagire nulla di buono. Poteva sembrare strano, sciocco o addirittura folle, ma a quanto sembrava, c’era ben poco che il mio trasferimento ad Eltaria potesse fare ora. Non mentivo, ero felice della vita che vivevo, ma a quando sembrava, il passato aveva solo ora ripreso ad inseguirmi, e quello che avrebbe dovuto essere un momento di gioia e riconciliazione, si era trasformato in qualcosa di diverso, ossia l’imbrunire più tetro che avessi mai vissuto. Così, dopo svariati tentativi di consolare mia madre, rivolsi l’attenzione anche a mia sorella andando alla ricerca di spiegazioni che alla fine ricevetti, ma che lei diede criticamente. Mi aspettavo di comprendere lo scopo del crollo emotivo di nostra madre, ma ciò che ascoltai con l’arrivo della notte non fu che una frase, un augurio di buona fortuna seguito da un abbraccio e da una porta chiusa. Giunta nella mia vecchia stanza, teatro di ognuno dei miei giochi infantili, tentai di affidarmi alla luna e alle stelle, scoprendole mute, assenti, e coperte da una nebbia che non poteva certo essere casuale. Qualcosa nel mio intero mondo stava cambiando nuovamente, e nonostante mi fidassi di tutti i miei amici, della mia famiglia e di chi mi stava intorno accompagnandomi in questo viaggio, ora naufragavo, finita alla deriva, in piedi davanti al confine che segnava l’alternarsi di luce e buio nella mia vita.    

 
 
 
Ancora una volta buonasera, miei lettori. Come vi avevo detto, ci ritroviamo insieme in questo primo giorno del nuovo anno, e anche se ormai sta per finire, spero l'abbiate trascorso serenamente vicino a coloro che amate. Kaleia qui non ha avuto la stessa fortuna, ma che ne pensate? Lei e il suo amato riusciranno ad avere la vita che sognano e meritano? Lo scopriremo insieme, ma intanto vi ringrazio come sempre di tutto il vostro supporto. Al prossimo capitolo,
 
Emmastory :)
   
 
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