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Autore: crissi    31/12/2019    6 recensioni
Il mio lavoro mi costringe a volte a diventare invisibile nelle famiglie; obbligato a rimanere, indesiderato testimone, anche in momenti che intimi e segreti dovrebbero restare. E a restare imperturbabile, saldo, professionale, anche quando il loro dolore diventa mio.
Missing moments molto liberi visti da una personaggio marginale, una figura professionale ricorrente nell’anime, che ho voluto immaginare sempre come lo stesso individuo.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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16 inevitabile follia 16 inevitabile follia



1788, autunno, caserma della guardia francese, Parigi


Non sono riuscito a dirle no.
Quel semplice monosillabo così difficile da pronunciare, che può causare rimpianti, a volte rimorsi, ma sovente anche risparmiarci dolori, amarezze e infinite complicazioni.
E non ci sono riuscito non perché siamo stati parenti, non perché è una persona importante, non per timore.

Quando ho ricevuto il suo invito ad incontrarci in caserma per dei consigli professionali da parte mia, il primo impulso è stato di rispondere negativamente, perfino malamente a quelle poche essenziali parole con le quali mi convocava. È abituata ella ad essere obbedita senza esitazione, proprio come suo padre; bada poco alla perentorietà delle sue richieste, pur laddove la giusta creanza richiederebbe toni più morbidi, concilianti e persuasivi.
E non capisco neppure perché insista a rivolgersi a me, così refrattario agli ordini, ormai antipatico e quasi autolesionista nelle mie scelte politicamente scorrette; me, che vorrei soltanto serrare le imposte e celarmi a tutti.
Ci sono ben altri medici a Versailles, giovani anche ben disposti, che ambirebbero fare carriera sebbene, a ben pensare, credo anche non siano poi molti i disponibili a fare ciò che lei chiede, a  … sporcarsi le mani col volgo.
La sua lettera, concisa ma chiara, mi ha sorpreso con tutto ciò che lasciava trasparire: la sua voglia di impegnarsi, di lottare per il suo incarico, di fare magari non la storia, ma la differenza per questo corpo notoriamente indisciplinato.
Ammetto, mi ha scosso dalla mia apatia.
Per questo ho accettato il suo invito e sono qui col mio assistente per valutare il fattibile.
Poche parole scritte, l'accenno di un'idea, che voglio udire spiegatami da lei.

Siamo accumunati dalla solitudine, io e madamigella Oscar.
Nessuno di noi due frequenta più la reggia, nessuno di noi due ha qualcuno con cui condividere la vita.
Sebbene per lei ciò sia il risultato non non del destino avverso, ma di una scelta, per quanto difficile e quasi obbligata. E sostengo quasi perché nulla le impedirebbe una vita sentimentale, più o meno pubblica, ma qualcosa la trattiene ed io credo di sapere chi sia questo qualcosa.

Ora ho come l'impressione che si senta davvero sola.
Quel tipo di solitudine che senti nelle ossa, quella sensazione di deserto attorno, dell'inutilità di qualunque gesto, pensiero, emozione.
Quel timore di trovarsi in mezzo ad una strada senza fine, ma che a nulla porta.
In fin dei conti, neppure lei sta passando dei buoni momenti. Mi è giunta voce di quella che può essere considerata una caduta nella sua carriera e che il generale ha infierito consigliandola a maritarsi; questo, naturalmente, nel modo in cui lui intende i consigli, ovvero appena un grado al di sotto degli ordini.
Anche io, in quanto vedovo, ho ricevuto l'invito a quell'assurdo ricevimento organizzato dal generale Bouillé; invito che ho ovviamente declinato, forzandomi ad essere cortese con l'organizzatore.
Un affronto per lei, questo metterla in piazza come un animale alla sagra del bestiame.
"Guardate, signori, non troverete mucca più bella! Mantello perfetto, occhi lucenti, muscolatura forte, priva di grasso, ancora in grado di darvi dei bei vitelli! Lavora duramente senza lamentarsi e viene via a poco, ultima della figliata! "
Un segno inconscio di disprezzo questo tentare di manipolare ulteriormente la sua vita privata. E neppure se ne rendono conto. Il generale si autoconvince di voler rimediare alla sua follia di tanti anni fa. Altri, sperano di cancellare l'anomalia, il precedente pericoloso di una donna incapace di stare al posto destinatole, sia questo una cucina, un salotto o un velo.


- Dottor Lassonne, buongiorno e benvenuto.
Mi riceve nel suo ufficio mentre il suo nuovo vice si eclissa alle mie spalle
- Inanzitutto, la ringrazio per aver accolto la mia richiesta, immagino un poco inaspettata, insolita… curiosa.
Si alza dalla scrivania mentre parla, ricollocando la piuma, i carteggi. I suoi occhi celesti, limpidi, scivolano su di me con elegante superiorità, con aristocratica indifferenza, con anche quella compostezza, quell'auto controllo che negli anni le ha fatto riconoscere, perfino dai più scettici, il polso del comando, solitamente considerato attributo mascolino, e da quelli più onesti, il merito.
- Se mi concede un istante l' accompagnerò personalmente e le illustrerò quale sarebbe il mio intento. Come ben immaginerà qui non siamo certo alla reggia, non siamo a Versailles. E questa non è la Guardia Reale. - esordisce col tono di colei che non può che rilevare l'ovvio, senza colpe, senza drammi, affiancandomi ed indicando la porta.
- Dopo di voi, colonnello. - replicò cedendole galantemente e rispettosamente, il passo.
In gruppo, preceduti dal colonnello D'Agout che ci aveva attesi in corridoio, insieme al mio assistente, camminiamo verso le camerate e più ci avviciniamo, più l'edificio peggiora architettonicamente; quello che poteva essere descritto come un complesso di edifici militari, dalle linee pulite, decori lineari ed austeri ma piacevoli, peggiora in uno squallore al limite della fatiscenza.
- Ammetto che non è facile trattare con questi soldati. - spiega Oscar, mentre entrambi lasciamo che il colonnello D'Agout ci preceda e che un soldato ci apra ogni porta evitandoci così  il disgusto di dovervi personalmente provvedere - Appartengono tutti agli strati meno abbienti di Parigi, ma sarei generosa in questo caso; sarò franca, invece, indelicata ed oserò affermare che, quando non sono delinquenti, sono straccioni, pezzenti sotto ogni aspetto: sono ignoranti, rozzi, volgari; non hanno la minima idea di cosa significhino decoro, dedizione, decenza.
Scandisce ogni parola seccamente, ad ogni passo accompagnato dall'eco degli stivali sul marmo, rigida nella postura, fissa nello sguardo; scandisce ogni termine come fosse una frustata, un colpo impietoso sul corpo della Guardia Francese, a conferma che la pessima reputazione del reparto non è una esagerazione.
- Ciò nonostante… - si ferma all'improvviso; le mani, allacciate dietro la schiena, si sciolgono, liberando la destra che allunga davanti a sé, alla cintura, per sistemare ciò che non ha bisogno d'esser sistemato, in un gesto inconscio, persa nella mente, come a voler ricomporre qualcosa di potenzialmente bello, ma diviso, scomposto, confuso; come quei giochi d'infanzia che, solo disposti con pazienza ed attenzione nel giusto modo, rivelano nell'unione, il dipinto celato .
- Ciò nonostante, - prosegue con tono più sereno - questi soldati, svolgono il loro dovere in una città che, giorno dopo giorno, peggiora. Lo fanno per una paga miserabile, ma che per molti è l'unica possibilità di impiego. Fino ad ora hanno avuto comandanti che hanno svolto il loro lavoro al minimo indispensabile, pronti a voltare le spalle a questo corpo d'armata alla prima occasione. Io non sono questo genere di comandante. - dichiara con fermezza dopo un istante di silenzio - Gli uomini a me affidati, nel bene e nel male, sono sotto la mia responsabilità. E la mia responsabilità di buon comandante è di averne cura. Certo, qualcuno potrebbe obiettare che loro non mostrano la minima intenzione di contraccambiare ed aver altrettanta cura del loro comandante, ma a me non importa. So che otterrò il loro rispetto, sono sicura di ciò.
Ci fermiamo dinnanzi ad una ultima porta.
- Un avviso ora, brutale e sincero - afferma guardandomi fisso negli occhi, come a volermi preparare a ciò che ci attende oltre quell'uscio -  Le camerate sono oltre l'indecenza, da anni si trovano in stato di abbandono, non vengono effettuate manutenzioni se non lo stretto indispensabile, il rancio è di poco migliore di quello riservato ai porci e la paga… bè, che è miserabile l'ho già detto.
Annuisco, posso immaginare. L'intera Francia, a guardare oltre il luccichio, è in stato d'abbandono e più non basta l'animo buono di un sovrano volonteroso o quello fondamentalmente gentile della sua consorte. La corda è lisa.
Penso di essere preparato, eppure, ciò che mi accoglie una volta varcata la soglia, mi appare chiaramente come qualcosa che va al di là di ciò che potrebbe essere incuria: é disprezzo.
- Va bene, colonnello. Avete la mia attenzione.

Passiamo tra due file di brande fatiscenti, camminiamo a malapena affiancati poiché lo spazio non è molto. Alcuni soldati sono nelle loro cuccette, a riposare tra coperte talmente lise da sembrare veli, su pagliericci rammendati più e più volte; altri evidentemente non sono in forze e mostrano un aspetto tutt'altro che sano, scossi da tosse e temo febbricitanti.
Il grosso della guarnigione è fuori a svolgere le mansioni quotidiane, cercando di mostrarsi al meglio possibile. Perfetta rappresentazione di questa nazione: fuori gli stucchi dorati, dentro tarli e marciume.

- Più di una volta, in passato, mi avevate espresso i vostri sogni riguardo la prevenzione. Ebbene dottore, le offro occasione per cominciare a sperare in questo sogno che sua maestà, il re, aveva avallato... Un sogno bruscamente infranto per… - la voce trema, condividendo il mio dolore al ricordo di Alexandra - Vorrei che il vostro sogno ripartisse da qui, in piccolo. Penso che potrebbe essere d’aiuto, a me, ai miei soldati ed anche a voi.
Vorrei rifiutare, perché è facile la resa, ritirarmi e compiangermi. Ma alla fine accondiscendo. Non perché lei è il colonnello Oscar Francois des Jarjayes, ma perché quando la guardo negli occhi, vedo quel sottofondo di solitudine e tristezza che ben comprendo. Entrambi abbiamo bisogno di una mano tesa.
- Il mio assistente vi renderà noto tutto ciò che è necessario e come dovrà svolgersi la visita. Possiamo accordarci per un giorno della prossima settimana. Alla fine potrebbe essere una esperienza utile anche ai miei studenti.
Lo sguardo di lei si distende non appena capisce che la aiuterò nel suo intento e spero davvero che ciò aiuti anche noi due.



Il giorno convenuto per le visite, porta nell'aria il ricordo dell'estate, il sole caldo ha mitigato la frescura notturna e ciò rende più piacevole la nostra operazione. È stato approntato quanto richiesto nel porticato sud, ove i soldati possono attendere il loro turno in coda, senza patire né sotto il sole né sotto una eventuale, improvvisa pioggia. I miei studenti ed il mio assistente sono pronti, mentre il colonnello D'Agout ha fatto sì che i soldati si incolonnassero ordinatamente, a torso nudo, davanti al tavolo per lo smistamento.
Alcuni hanno lo sguardo preoccupato, altri rassegnato, altri ancora trattengono a stento sorrisini nervosi.
- Il vostro nome, soldato? - chiede il mio assistente seduto ad uno scrittoio, mentre io alle sue spalle osservo ed attendo. Gli studenti accompagnano un soldato alla volta nella stanza per le visite, dove li raggiungo per supervisionare.
- Luc Paillard, signori.
- Disturbi, malattie precedenti…
E mentre le domande di rito si succedono, passeggio su e giù, pochi passi, un orecchio teso alle risposte dei soldati, un occhio a madamigella Oscar che ci ha raggiunti e sta ascoltando il rapporto del suo vice.
La fila scala di uno ed il soldato che arriva di fronte al panchetto puzza terribilmente. Sia io che il mio segretario non possiamo evitare di portare fazzoletto e mano alla bocca.
- Da quanto non vi lavate?
- Lavarmi? - balbetta, lo sguardo perso come se parlassimo una lingua a lui sconosciuta. E già la replica non promette bene.
- Sì, lavarsi… tu, acqua, sapone...
- Vediamo…. mio padre era ancora in questo mondo e mia sorella non era maritata….  Mio nipote...
- Almeno un bagno all'anno come prescrive la legge lo hai fatto o no? - scatta il mio assistente assai meno paziente di me.
- La… ehm… la legge…?
Sospiro rassegnato: dovremo partire da educazione di base, come temevo.
- Prenda nota: lavaggio energico prima di esame visivo. - sottolineo al mio segretario.
- Energico? Visivo? - ripete il soldato col panico sul volto.
- Avanti un altro!
E mentre la fila scala ancora, sento rumoreggiare.
- Devono solo provarci! - tuona qualcuno.
- E di che ti lamenti? Non è normale per te?
- Bada bene…. Non scambiarmi per LaSalle!
- E che c'entro io?! - esclama il chiamato in causa - Ma davvero…?
- Ma no, hanno talmente paura per la loro virilità inesistente da cominciare a minaccciare a destra e a manca, come loro solito.
- Avanti un altro! - intima D'Agout in persona per arginare il panico.
- Il tuo nome, soldato!
- LaSalle Gerard, signore.
- Denti sani, orecchie pulite… - comunica uno degli studenti incaricato della visita preliminare.
- Eh, già! Gerardine fa il bagno come la regina… - strilla qualcuno dal fondo della fila.
- Uhhh… - si leva un coro in una imitazione poco credibile di fanciullette svenevoli, tra risate sguaiate.
il soldato arrossisce.
- Mia madre mi ha insegnato così… - balbetta come a volersi scusare.
- Tua madre ti ha insegnato bene, ragazzo - gli assicuro con tono paterno.
- Avanti un altro! - tuona D'Agout.
Quest'altro fatico a guardarlo in volto da quanto è alto.
- E tu soldato…?
- Soisson Alain, signore…
- Hai qualche disturbo da segnalare?
- A parte lo squassanento di interiora dovuto al rancio? O all'invasione di pidocchi?
- Mhm… - mugugno. - Colonnello D'Agout? - l'ufficiale scatta al mio fianco. - Potrebbe accompagnare il mio studente alle cucine? Ci serve la lista degli acquisti e fare un inventario. E parlare col cuoco e chi lo aiuta. Controllate insieme lo stato di conservazione degli alimenti, per cortesia.
Torno a guardare il gigante. Sul suo volto la sorpresa di colui che non si aspetta più di essere ascoltato.
- L'ultima volta che avete mangiato carne?
Sorride beffardo, come se avessi detto qualcosa di molto buffo.
Intuisco.
- Scrivete: verificare il consumo di carne nella dieta. Sei sposato, soldato? - chiedo.
- Nossignore, non mi faccio incastrare io! - esclama quasi indignato con voce tonante, ricevendo mormorii d'approvazione alle sue spalle.
- Bene, allora giù le branche, soldato. - lo invita quindi il mio assistente con poco entusiasmo.
I mormorii di prima diventano un pesante preoccupato brusio fino a scemare in un glaciale silenzio.
L'espressione beffarda si trasforma in sorpresa imbarazzata, ma solo per un istante.
- Oh, bè...Siamo avvezzi ormai a calarci le brache per Sua Maestà, non è forse vero ragazzi!
E lo vedo ostentare lo sguardo spavaldo verso Oscar, silenziosa ed in disparte, quasi invisibile nell'ombra del porticato,  prima di mettere mano alla cinta e slacciare i calzoni che, senza bisogno di altro, scivolano sui fianchi fino a denudare le parti intime e, già ad un primo sguardo, sane.
- Tutto a posto, dottore. - sentenzia il mio studente invitando il soldato a rivestirsi, non prima che costui si volti sfrontato al resto della colonna di commilitoni, alzando le braccia come un attore in un mezzo giro d'onore e raccogliendo applausi ed ovazioni di ammirazione per la prorompente mascolinità appena valutata ed approvata.
- La tua ultima visita ad un bordello? - domando appena il clamore scema. È risaputo che la guardia francese gestisce il malaffare attorno al palais royale, senza rifiutare di valutare la mercanzia in prima persona.
- So riconoscere un'appestata, signori… - replica finendo di allacciarsi le braghe.
- Sì… vi rinfrescheremo comunque la memoria sui rischi… - ribatte il mio assistente -  Avanti un altro!

Alzo gli occhi e mi sorprendo. Sapevo del suo arruolamento, ma trovarmelo qui davanti è così…. Fuori posto.
- André…
- Buongiorno dottore
Noto aloni grigi sul volto e sul torace, un labbro spaccato e rimarginato, segni di un pestaggio recente. Mi avvicino a lui, aggirando il tavolo che funge da scrivania.
- Come state?
- Non mi lamento dottore. - replica con una vena di ironia - E voi?
Sorrido tristemente e non rispondo. Che sia lui a chiedermelo non mi disturba; ogni parola che esce da quest'uomo non è mai una formalità.
- Il vostro occhio? - mormoro evitando una replica che egli già intuisce, avvicinandomi ulteriormente, in modo che Oscar, uscita dall'ombra ed arrivata alle mie spalle non oda.
- Come l'ultima volta, direi.
- Dovete dirglielo.
- Lo farò dottore - assicura guardandomi dritto negli occhi. Ed ancora una volta penso a quanto sia bravo a mentire.
Mi avvicino al volto e lo tasto, per verificare che i pugni abbiano lasciato solo antiestetici ematomi in via di guarigione e non danni più profondi.
- Che vi è successo? L'ultima volta che vi ho visto così pesto eravate solo un ragazzo poco abile nell'evitare pugni.
- A quanto pare, i soldati della guardia sono tutti ragazzoni, solo un po cresciuti. Ed io… bè, sono migliorato nello schivare, ma a quanto pare non abbastanza.
- Perché non mi avete chiamato per un controllo?
- Oscar avrebbe voluto, ma non mi pareva il caso.
- Pugni al vostro occhio non vi sembra il caso? Raccontatele della vostra situazione o lo farò io
- Dottore…
Lo zittisco con uno sguardo che non ammette repliche.
Annuisce mesto.
- Dolori? Disturbi? - domando con tono più alto, chinandomi di persona ad auscultare.
- Sto bene, dottore. - afferma smentendo le parole con una smorfia al mio tocco sul costato.
Lo guardo malamente. Sì, lo so, i disturbi gravi di cui soffre da sempre, non sono rilevabili da una mia visita; il cuore batte sano nonostante tutto; i polmoni hanno un respiro pulito, nonostante l'uomo stia soffocando.
- Non è stata una grande idea arruolarvi, se posso permettermi.
- Ogni tanto, una follia dottore…
Sospiro sconfortato.
- Vedrò che vi vengano dati giorni di riposo…
- Che non godrò. - Mi interrompe - Non posso assentarmi dal servizio, i miei compagni potrebbero aversene a male. Inoltre, non voglio. - bisbiglia.
- Evitate sforzi, bendate il torace e almeno imparate a scansare se non ad evitare, già ve lo dissi…
Sorride al ricordo dei tempi in cui la vita pareva un gioco.
- Non posso, dottore, lo sapete. - mormora. - Non posso… evitare.
- Siete un'incosciente, André e l'incoscienza alla fine…
- Se l'incoscienza fosse saggia non sarebbe incoscienza.
- Mi arrendo la vostra follia ragazzo.
- Beati i folli, dottore, hanno ancora speranza.
Vorrei replicare che la speranza porta solo alla tomba, ma non ne ho la forza.
- Vi farò avere degli uguenti per quei lividi. Non lesinateli.
- Avanti un altro! - strilla il mio assistente, mentre mi volto ed incrocio lo sguardo ansioso di madamigella.
Quindi, tutto questo per lui? Perché alla fine è lui che conta? Per proteggere il vostro amico che non vuole ascoltare ragioni? Perché sia io a ordinargli di fare un passo indietro? No, Oscar, tocca a voi salvare la vostra amicizia, o qualunque cosa sia questo legame tra voi.
Per ora vedo solo due persone ben determinate a compiere scelte sbagliate.
Ostinati testardi.

Sì, col senno di poi, vorrei che Oscar avesse impiegato la stessa fermezza nei propri confronti e che forse venuta da me subito, appena apparse le prime febbriciattole.
E per tutto il resto...
"… se solo, se invece…"


***
Auguri di Buon Anno a tutti!

   
 
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