Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: _Agrifoglio_    01/01/2020    18 recensioni
Una missione segreta, un’imboscata vicino al confine austriaco e il corso degli eventi cambia. Il senso di prostrazione dovuto al fallimento, il dubbio atroce di avere sbagliato tutto, un allontanamento che sembra, ormai, inesorabile, ma è proprio quando si tocca il fondo che nasce, prepotente, il desiderio di risorgere. Un incontro giusto, un’enorme forza di volontà e, quando tutto sembrava perduto, ci si rimette in gioco, con nuove prospettive.
Un’iniziativa poco ponderata della Regina sarà all’origine di sviluppi inaspettati da cui si dipanerà la trama di questa storia ricca di colpi di scena, che vi stupirà in più di un’occasione e vi parlerà di amore, di amicizia, di rapporti genitori-figli, di passaggio alla maturità, di lotta fra concretezza e velleitarismo, fra ragione e sogno e della difficoltà di demarcarne i confini, di avventura, di duelli, di guerra, di epos, di spirito di sacrificio, di fedeltà, di lealtà, di generosità e di senso dell’onore.
Sullo sfondo, una Francia ferita, fra sussulti e speranze.
Davanti a tutti, un’eroica, grande protagonista: la leonessa di Francia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I bambini rapiti
 
– Voglio scendere!
– Madamigella Antigone, abbiate pazienza. Stiamo per arrivare alla stazione di posta di Compiègne e, lì, potrete passeggiare un poco.
– Ma io voglio scendere adesso!!
La carrozza procedeva a ritmo costante per le strade di campagna, diretta verso nord, sobbalzando, di quando in quando, al sopraggiungere di un dosso o di un lieve avvallamento.
Fedeli al loro proposito di mettere al riparo i figli, Oscar e André ne avevano organizzato il viaggio ad Arras il giorno successivo alla liberazione degli ostaggi dal teatro.
Altre due carrozze, contenenti il grosso dei bagagli, con a bordo Mademoiselle Du Lac, governante di Antigone e un paio di cameriere, erano partite due giorni prima e, ora, già si trovavano a destinazione. Quella mattina, invece, si erano messi in viaggio i signorini insieme a Bernadette, a Mademoiselle Saint Pierre, governante di Honoré e a due cameriere.
Il panorama era piuttosto ripetitivo, a causa del costante susseguirsi di alberi, colline, ruscelli e distese erbose, di quando in quando inframmezzate da rocce e i bambini, del resto, non avrebbero potuto goderne, non arrivando ai finestrini. Honoré si era addormentato quasi subito, Bernadette taceva, composta e giudiziosa mentre Antigone era più sveglia e annoiata che mai e, come sempre le accadeva in questi casi, dava sfogo al suo disagio diventando insofferente e attaccabrighe. Questo stato nervoso era acuito dall’afa di luglio che, a mezzogiorno, cominciava a farsi sentire. La bambina sbuffava, non voleva stare seduta e resisteva a ogni tentativo di calmarla, tanto che la gentile, ma un po’ indolente Mademoiselle Saint Pierre, abituata al mite Honoré, stava affrontando il viaggio con fastidio e frustrazione. L’arrivo alla stazione di posta fu, pertanto, accolto da tutti con visibile sollievo.
Quando la carrozza si fu fermata, Honoré si destò e Antigone scattò in piedi, con l’intento di saltare fuori e mettersi a correre. Mademoiselle Saint Pierre la trattenne prontamente e, apprestandosi a scendere dall’abitacolo, disse:
– Vado a ordinare il cambio dei cavalli. Anne, Pauline, vigilate sui signorini. Monsieur Honoré, Madamigella Antigone, tornerò presto. Non uscite dalla carrozza, in mia assenza. Bernadette, questo vale anche per Voi.
Mentre Mademoiselle Saint Pierre si avviava verso l’edificio di legno, Antigone cominciò a smaniare. A un certo punto, si mise in piedi sul sedile e iniziò a sbirciare fuori dell’abitacolo, con le mani appoggiate alla base del finestrino e il naso schiacciato sul vetro. Fu da quella posizione che, dopo un paio di minuti, vide spuntare, da dietro un albero, un cagnolino legato a una corda. La bambina non ci pensò due volte e scese dalla carrozza, con un’agilità sorprendente per i suoi tre anni e sette mesi, mentre le cameriere, intente a parlottare, non si curavano di lei.
– Antigone, che fai? Mademoiselle Saint Pierre ha detto di non uscire dalla carrozza! – la ammonì Honoré che, dall’alto dei suoi quattro anni e quattro mesi, si sentiva pienamente investito dalla responsabilità di fratello maggiore.
– Lei, adesso, non c’è! – rispose la sorella, con aria di sfida.
– Antigone, torna indietro!
La bambina, per tutta risposta, gli fece la linguaccia e, voltatasi dall’altra parte, iniziò a correre verso il cane. Honoré, allora, decise di seguirla e, in pochi istanti, la raggiunse.
– Antigone, fermati!
– Voglio vedere il cane!
I due bambini correvano, ma, più si inoltravano nella macchia arborea vicina alla stazione di posta, più il cane spariva dietro a un albero o a un cespuglio, per, poi, ricomparire vari passi più indietro. A un certo punto, scorsero la bestiola legata a un tronco riverso a terra e Antigone le si lanciò incontro per accarezzarla.
– Finalmente ti ho preso! – esclamò, trionfante, la bambina, mentre il fratello si poneva al fianco di lei.
– E io ho preso voi!! – ghignò un uomo, avvolgendo i due piccoli in un sacco di tela grezza – Caccia grossa, a quanto pare! Pensavo di prenderne uno soltanto e, invece, ce li ho tutti e due!
Subito dopo, slegò il cane dal tronco e allungò la mano in direzione del muso.
– Mi sei stato di grande aiuto, amico…. Ahhh!!! Maledetta bestiaccia!! Ahhh!!
Emise un gemito acuto, portandosi alla bocca la mano morsa, mentre il cane fuggiva via.
– E’ meglio che me ne vada – biascicò l’uomo, issandosi il sacco su una spalla e massaggiandosi la mano dolorante – Si accorgeranno presto della scomparsa di questi marmocchi…. Maledetta bestiaccia!!
Ciò detto, se ne andò via, lasciandosi alle spalle un’agghiacciata Bernadette che, nel frattempo, era giunta sul posto e aveva assistito all’intera scena nascosta dietro a un albero.
Mademoiselle Saint Pierre, intanto, era tornata alla carrozza e, non avendovi trovato i signorini né Bernadette, aveva rampognato le due cameriere. Subito dopo, era corsa a chiamare l’ostessa che si era precipitata anche lei verso il veicolo.
A un tratto, sopraggiunse il cane con la corda legata al collo.
– Bon Bon! – esclamò l’ostessa – Dove eri finito? Chi ti ha legato quella corda al collo? Ma roba da pazzi!!
Mentre l’ostessa si rivolgeva al cane, Mademoiselle Saint Pierre e le due cameriere giravano nei dintorni, cariche di nervosismo. Trovarono, quasi subito, Bernadette che era in preda allo spavento, ma di Honoré e di Antigone non vi era alcuna traccia.
Furono, immediatamente, organizzate le ricerche dei due bambini che rimasero del tutto infruttuose.
 
********
 
Seduta alla scrivania del suo ufficio alla reggia, Oscar ascoltava il resoconto del Capitano de Valmy sulla situazione parigina.
Dopo il ferimento di Madame de Girodel, il compito di relazionare periodicamente Oscar era provvisoriamente passato al Capitano. Madame de Girodel era stazionaria, ma grave e al Colonnello era stata concessa una licenza. Il minimo, pensava Oscar, dopo che la consorte era stata ferita, prendendo parte a una missione militare col beneplacito di lei, ma col dissenso di lui.
– I disordini stanno perdendo vigore, Comandante. Spunta ancora qualche focolaio qua e là, ma si tratta di fenomeni deboli e scoordinati cui manca vitalità e determinazione. Giacobini e sanculotti sono, giorno dopo giorno, sempre più isolati, perché la gente comune non prova interesse per questa lotta a oltranza contro lo status quo.
Per forza! – pensava Oscar – Da quando André e gli altri possidenti hanno dato il via alle elargizioni di frumento, la fame è diminuita e il prezzo del pane è calato
– A parte la guerra di cui, peraltro, ancora non si avvertono le conseguenze peggiori, la gente comune non ha motivo di essere scontenta – disse la donna, omettendo di esternare le sue lodi all’operato del marito – perché la riforma tributaria ha esteso l’imposizione fiscale a tutti e ha razionalizzato il sistema di riscossione che non è più appaltato a privati voraci, ma affidato alla pubblica amministrazione. Nuovi ospedali, più puliti e moderni, stanno sorgendo ovunque e il passo successivo sarà riedificare il centro storico parigino, sostituendo alla case di legno malsane, fatiscenti e facilmente incendiabili, edifici in pietra ariosi e distanziati l’uno dall’altro.
– Per non parlare del gesto generoso compiuto dal Conte di Lille che è stato d’esempio a tanti proprietari terrieri! – aggiunse il Capitano de Valmy – Con la diminuzione della fame, è venuto meno il principale motivo di scontento della popolazione. Tutto il resto è filosofia.
– Già – fece eco Oscar, contenendo a stento l’orgoglio per gli elogi rivolti ad André, ma sorridendo, soddisfatta, al Capitano – Il popolo desidera stabilità e accetta i cambiamenti soltanto quando avverte un fortissimo disagio.
– Il brutto di tutta questa situazione, almeno secondo i nostri infiltrati, è che, mentre Danton, Demoulins, Hébert e Fabre d’Églantine non sanno cosa fare, Saint Just starebbe meditando gesti disperati – asserì il Capitano, riprendendo il suo resoconto – Ma, se di lui sappiamo, almeno, dov’è, Théroigne de Méricourt, invece, è uccel di bosco.
– Capisco – sussurrò Oscar – Robespierre, dal canto suo, sembra temporaneamente sparito dalla scena politica. C’è chi dice che ha grattacapi familiari e chi parla di problemi di salute. Di sicuro, sta avendo delle noie con la Santa Inquisizione.
– Gli sta bene, Comandante, se perdonate l’ardire! – esclamò il Capitano de Valmy, con la veemenza dei suoi vent’anni – Non l’ho mai sopportato, con quelle arie di superiorità morale e quel fare freddo e intransigente! Mi ha sempre dato i brividi….
Oscar evitò di esprimere giudizi morali di fronte a un sottoposto, ma abbassò le palpebre e sospirò.
Proprio in quel mentre, l’attendente Jean fece irruzione nella stanza e, senza salutare né ricomporsi, col fiato rotto, balbettò:
– Generale, i Vostri figli sono stati rapiti presso la stazione di posta di Compiègne!
– Come?!?! – urlò Oscar, alzandosi di scatto in piedi e facendo cadere all’indietro la sedia – Com’è successo?! Chi è stato?!
– Ignoti, Generale, è opera di ignoti – rispose il ragazzo che ancora ansimava per la fatica e l’agitazione – E’ arrivato un corriere da Compiègne che ha portato questo messaggio di una delle Vostre governanti….
Oscar strappò dalle mani di Jean la missiva spedita da Mademoiselle Saint Pierre e, leggendo le poche righe, vergate in tutta fretta dalla donna, constatò che nulla riportavano in più rispetto alle parole dell’attendente.
– Jean, sbrigati, vai a chiamare il Conte di Lille!! Fai presto!!
Non aveva ancora finito di parlare che André e il Generale de Jarjayes irruppero nell’ufficio, trafelati e scossi.
– E’ una tragedia…. – ebbe appena la forza di articolare André che era pallido come un morto.
– Speriamo che, invece, non lo sia – lo contraddisse, più fermo e marziale, il Generale de Jarjayes.
André aveva perso gran parte della sua lucidità e si muoveva come in un sogno, con i suoni che gli giungevano rarefatti e le immagini che gli ondeggiavano davanti agli occhi. Aveva desiderato per una vita intera di stare con Oscar e, ora che il sogno si era realizzato e che da quell’unione tanto agognata erano nati due figli ai quali era visceralmente legato, qualcuno glieli aveva portati via e neppure si sapeva se erano vivi e se stavano bene.
Oscar, invece, pur essendo nervosa e agitata, avendo un carattere più freddo di quello del marito e un’educazione militare alle spalle, aveva esternato una reazione simile a quella del padre e, ora, già pianificava le contromosse.
– Prima che sia troppo tardi e che le tracce siano cancellate dalle intemperie o dall’opera dell’uomo, è necessario battere palmo a palmo la zona limitrofa alla stazione di posta di Compiègne. Occorre allertare la milizia cittadina, se già non è stato fatto! Bisogna anche avvertire le città e i borghi circostanti!
– Io invierò una squadra a Compiègne, per effettuare le prime ricerche e una compagnia nella zona nord est, al fine di allertare le milizie e di evitare che i rapitori varchino il confine – disse il Generale de Jarjayes.
– Bisogna capire, innanzitutto, chi sono i rapitori e perché hanno agito – aggiunse, con voce metallica, Oscar – Se si tratta di una vendetta, di spie nemiche in cerca di ostaggi o di delinquenti comuni…. Mi recherò sul posto…. Capitano de Valmy, venite con me. Jean, procuraci lo stretto necessario per il viaggio. André, tu rimani qui.
– No, Oscar – le rispose il marito, riscuotendosi – Io verrò con te.
Oscar, André e il Capitano de Valmy uscirono dalla stanza, seguiti da Jean mentre il Generale de Jarjayes si recò a dare disposizioni per l’invio delle truppe.
 
********
 
– Avanti, camminate, maledetti sgorbi! Fate presto, muovetevi!
Il Conte di Compiègne trascinava con mala grazia, tenendoli da una mano ciascuno, Honoré e Antigone. Il trio si stava inerpicando per un sentiero boschivo pieno di rami talmente bassi e intricati da rendere difficile la prosecuzione a cavallo. Il Conte era, quindi, dovuto smontare e, adesso, conduceva a piedi i suoi recalcitranti e piagnucolosi compagni di viaggio, dovendo, in aggiunta, tirare l’animale con le redini avvolte intorno al braccio. Quello scomodo e impervio sentiero offriva, tuttavia, il vantaggio della lontananza dai centri abitati oltre a essere un’ottima scorciatoia verso il confine.
– L’austriaca ha organizzato una caccia all’uomo in grande stile, ma voi due siete il mio salvacondotto verso la libertà – biascicava il ricercato, del tutto incurante del fatto che i bambini erano troppo piccoli per afferrare il significato di quelle parole.
L’uomo non aveva preso in considerazione la possibilità che qualcuno lo avrebbe visto sottrarre i documenti dal cabinet doré. Aveva congegnato nei dettagli il diversivo dell’incendio nei boschetti di Versailles, sincronizzando alla perfezione i tempi, ma senza prevedere che Oscar avrebbe avuto la presenza di spirito di inviare qualcuno nella sala della musica mentre era impegnata a inseguire, arrestare e interrogare il sedicente Hervé Huppert. Grande era stato, quindi, il disappunto del Conte nel ritrovarsi braccato e senza casa dall’oggi al domani e nel capire che la fuga sarebbe stata particolarmente difficoltosa, perché la Regina aveva organizzato le ricerche con grande dispiegamento di mezzi. Era rimasto nascosto per giorni e giorni, senza osare avvicinarsi al confine, tanto che, quando aveva appreso dalle sue spie che i giovani de Jarjayes et de Lille erano in viaggio per Arras e che avrebbero fatto tappa alla stazione di posta di Compiègne, aveva accolto la notizia come manna dal cielo. Conoscendo quelle zone come le sue tasche, aveva, in poco tempo, ideato un piano e messo in atto, con successo, il rapimento. Si stava, adesso, dirigendo indisturbato verso il confine, con un unico problema: i due ostaggi, data la giovane età, rallentavano considerevolmente la marcia, senza contare che non aveva mai sopportato i bambini.
– Piantatela di frignare, mi date ai nervi, tanto nessuno vi starà a sentire! Siete insopportabili come gli uccelli, le cicale e i grilli!
Entrambi i bambini piangevano ed erano spaventati, ma, mentre Honoré era più docile e inoffensivo, Antigone reagiva alla paura con aggressività e, di tanto in tanto, tirava calci agli stivali del Conte senza che questi avvertisse il minimo fastidio.
Giunsero, infine, in una radura prossima alla fine del bosco, meno accidentata del sentiero appena percorso, ma molto vicina alla strada principale e alle case.
– Montiamo a cavallo, forza! Dobbiamo sbrigarci, potrebbero esserci dei soldati nei paraggi!
Afferrò, quindi, Antigone, allungandole una mano sull’addome per issarla in groppa all’animale. La bambina, abituata a lottare col fratello e ad approfittare di ogni minimo appiglio per tendergli degli agguati e prevalere, si accorse della fasciatura che copriva i segni lasciati dal morso del cane sulla mano del Conte e, senza pensarci un attimo, appose sullo stesso punto il marchio dei suoi denti. L’uomo emise un urlo di dolore e lasciò andare la presa, massaggiandosi la mano già tumefatta a causa della lesione che si stava infettando. I piccoli, allora, approfittarono del trambusto per fuggire via. Nonostante la disavventura, il Conte si ricompose e iniziò a inseguire i suoi preziosi ostaggi che mai si sarebbe potuto fare scappare anche se il dolore fosse stato cento volte più forte. Raggiunse, in poche falcate, i bambini che, data la giovanissima età, si muovevano lentamente e con andatura incerta e, appena li ebbe ghermiti, cominciò a strattonarli e a picchiarli.
Tutto quel rumore di corse, urla e percosse attirò l’attenzione di un drappello di soldati che marciava sulla strada vicina e che, essendo a conoscenza del rapimento, stava, da giorni, sul chi vive. Il Comandante ordinò agli uomini di sparpagliarsi per i campi e le stradine secondarie e questi obbedirono. Dopo alcuni minuti, un gruppo di tre militari, addentratosi nella radura, avvistò un uomo a cavallo con due bambini in groppa davanti a lui e diede l’allarme. In breve, tutto il drappello giunse sul posto, sbarrando la strada al Conte di Compiègne.
– Accidenti, a meno di mezza lega dal confine! – esclamò il Conte – E’ giunta l’ora di usare il mio salvacondotto!
L’uomo afferrò per i capelli Antigone – che detestava cordialmente a causa della somiglianza con la madre e della condotta da lei tenuta nel corso del rapimento – e glieli tirò così forte da farla urlare di dolore. Poi, disse all’indirizzo dei soldati:
– Se non mi lasciate andare, farò saltare le cervella a questi mocciosi!
– Fatelo e affronterete la scure del boia! – rispose, per nulla intimidito, il Comandante.
– Può darsi – rispose, con irriverenza, il Conte che sapeva di avere in mano carte migliori – Ma questi due mi precederanno nella tomba. Vogliamo fare la prova?
– Lasciatelo andare o ucciderà i Contini! – ingiunse il Comandante ai suoi uomini – Non possiamo rischiare!
Il Conte di Compiègne atteggiò le labbra a un ghigno silenzioso, diede un colpo di tacco al fianco del cavallo e si allontanò.
Un soldato, allora, gli puntò il fucile contro, ma il Comandante deviò bruscamente la canna con la mano, fulminando il sottoposto con una frase secca:
– Cosa fate, idiota, rischiate di colpire i Contini!
Il soldato abbassò il fucile e tutti gli uomini, ingoiando lo smacco, osservarono il Conte che sfrecciava al galoppo verso il confine.
 
********
 
Qualche ora più tardi, sull’imbrunire, Oscar e André galoppavano verso il confine nord orientale, giacché le tracce che partivano dal luogo del ritrovamento di Bernadette conducevano in quella direzione e alcuni contadini avevano offerto un’ulteriore conferma, raccontando di avere visto un uomo e due bambini cavalcare verso nord est.
André fissava Oscar, lucida e marziale come sempre, ma preoccupata oltre ogni dire, come testimoniavano alcuni segni inequivocabili: l’intrattabilità e l’essere concentrata su un unico obiettivo senza distrazione alcuna. Egli, invece, stentava a mantenere l’autocontrollo e a non cedere alla disperazione e, dentro di sé, ripensava alle frasi che la nonna e Alain gli avevano sbattuto in faccia alcuni anni prima: se neppure sapeva gestire l’amore per una donna, cosa avrebbe fatto, se fosse successo qualcosa a un figlio? Parole sagge che lo avevano scosso e spinto a modificare i suoi atteggiamenti e che, ora, tornavano a risuonargli nella testa. La vita non fa sconti e, anzi, alza sempre il tiro delle vicissitudini da sottoporre agli esseri umani e, prima uno se ne accorge, meglio impara a vivere.
– André, Capitano de Valmy! – urlò Oscar, interrompendo i pensieri del marito, mentre tirava le redini del suo cavallo – Questa deve essere la radura dove quel drappello di soldati ha avvistato Honoré e Antigone. La fasciatura che il rapitore aveva alla mano trova riscontro in quella parte del racconto di Bernadette in cui il cane lo ha morso. Mi sono fatta l’idea che si tratti del Conte di Compiègne…. La descrizione effettuata dal Comandante del drappello corrisponde e il Conte ha tutto l’interesse a coprirsi le spalle con degli ostaggi, per varcare il confine in modo sicuro. Chi meglio di lui, oltretutto, avrebbe potuto organizzare, in poche ore, un rapimento nelle campagne di Compiègne?
I tre smontarono da cavallo, seguiti, subito dopo, dalle altre Guardie Reali.
– Comandante, queste tracce potrebbero corrispondere agli zoccoli dei cavalli dei militari! – disse una delle Guardie.
– E, in direzione nord est, verso il confine, puntano le impronte degli zoccoli di un cavallo al galoppo – aggiunse il Capitano de Valmy.
– Andiamo da quella parte! – ordinò Oscar – I Paesi Bassi austriaci sono a meno di mezza lega da qui.
– Forse, il Conte di Compiègne non ha ancora varcato il confine – intervenne André – Può darsi che attenda la notte per evitare di essere avvistato da qualche sentinella.
– Non possiamo che augurarcelo, André – rispose Oscar – Uomini, andiamo!
 
********
 
Come era stato ipotizzato da André, il Conte di Compiègne non aveva varcato subito il confine, ma aveva preferito attendere il sopraggiungere della notte nascosto in una grotta, dove si era ricongiunto ad alcuni servitori che gli avevano portato cibo, denaro, indumenti puliti e rifornimenti di vario genere. All’interno della grotta, il Conte aveva aspettato l’arrivo di Théroigne de Méricourt, anch’ella fuggitiva, con la quale si era dato appuntamento tramite le rispettive spie.
Lo scopo dell’incontro era tanto venale quanto riprovevole: il Conte avrebbe venduto, a peso d’oro, i due bambini alla folle belga. Cosa, poi, ne avrebbe fatto costei non gli era ben chiaro. Avrebbe chiesto un riscatto ai genitori? Se ne sarebbe servita per ricattare la Corona? Lui, al posto di Théroigne de Méricourt, non ci avrebbe pensato due volte ad abbandonare la Francia per il Belgio, ma era risaputo che quella donna e la razionalità non andavano troppo d’accordo. Se anche avesse voluto bollirli vivi, del resto, a lui ben poco sarebbe importato. Quel denaro gli era necessario per la fuga e il soggiorno all’estero, senza contare che, vendendo i due marmocchi a una pazza sanguinaria, avrebbe messo in atto una spietata vendetta sia contro Oscar che aveva fatto di lui un ricercato e che, in passato, lo aveva rifiutato come marito, scoppiando a ridergli in faccia e preferendogli un ex servitore sia contro André che, in base a ciò che gli aveva riferito la madre, era il responsabile del salvataggio in extremis della moglie dalla morte per parto e dell’assegnazione della reggenza del feudo d’Amiens alla suocera.
– Mangiate questo! – disse il Conte, lanciando ai due bambini delle croste di formaggio e un tozzo di pane raffermo mentre lui masticava una coscia di pollo e del coniglio.
– Questo pane è duro e il formaggio puzza! – urlò Antigone mentre Honoré taceva e tirava su col naso.
– Avete sentito? – domandò il Conte con aria di scherno – Fate venire il cuoco della Regina per Madamigella!
Mentre i servitori sghignazzavano, il fuoco acceso a terra proiettò un’ombra ai loro piedi e, subito dopo, Théroigne de Méricourt fece il suo ingresso nella grotta.
– Questi sono i soldi – disse la donna, senza salutare e mostrando un sacchetto di velluto – Mentre questi devono essere i mocciosi.
– La Vostra rinomata intelligenza Vi ha fatto inquadrare subito la situazione – le rispose il Conte di Compiègne, con aria enigmatica mentre si esibiva in una lieve riverenza.
– Bene – aggiunse, dopo avere contato i soldi ed esserseli infilati in una tasca della giubba – Sono tutti Vostri. State attenta alla femmina che è una vera piaga.
Ciò detto, spinse i due bambini verso la furia scarlatta.
– Non temete – rispose Théroigne de Méricourt – Nessun marmocchio me l’ha mai fatta. Avanti, disgustose cimici, muovetevi!
– Io con voi non ci vengo – si schermì Antigone – Siete cattiva e avete gli occhi da pazza.
– Muoviti, brutta sfacciata!
– Sono Madamigella Antigone! – ribatté la piccola.
– Una carrozza per Madamigella! – grugnì la folle belga.
– Antigone, stai zitta! – la implorò il fratello.
– Bene, vi lascio al vostro amore a prima vista e vi saluto – ironizzò il Conte di Compiègne, uscendo dalla grotta, seguito dai suoi servitori.
Quella matta, come minimo, li farà a pezzi! Oscar François de Jarjayes, André de Lille, questo è soltanto l’inizio della mia vendetta, perché sentirete ancora parlare di me….
Il Conte di Compiègne lanciò un ultimo sguardo agli occupanti della grotta e, avvolgendosi nel mantello, scomparve nelle tenebre.
 
********
 
Seguendo le tracce lasciate dal cavallo del Conte di Compiègne, Oscar, André, il Capitano de Valmy e le Guardie Reali giunsero alla grotta mentre albeggiava. Entrati nella caverna, si accorsero che le orme erano davvero tante e, per qualche istante, furono sopraffatti dalla confusione mentale. Si rinfrancarono poco dopo, quando ebbero scorto, accanto alle impronte grandi, altre decisamente più minute che potevano appartenere soltanto a dei bambini.
– Le braci sono state spente di recente, Comandante – disse il Capitano de Valmy – Si sono allontanati da poche ore.
Fuori dalla grotta, la situazione non migliorava dal punto di vista della chiarezza, perché alcune impronte, di uomini e di cavalli, andavano verso il confine mentre altre, fra cui quelle piccole, esclusivamente umane, erano orientate nella direzione opposta.
– Non ci capisco più niente – sbuffò Oscar – Perché il Conte di Compiègne ha deciso di tornare indietro, privandosi, oltretutto, del cavallo? Queste impronte, poi, non sembrano nemmeno le sue….
Decisero, tuttavia, di seguire le tracce che includevano le orme dei bambini, finché non si imbatterono in alcuni soldati che pattugliavano le zone di confine.
Uno di questi, riconosciuta Oscar dai gradi, le fece il saluto militare e le chiese:
– Siete il Comandante Supremo delle Guardie Reali?
– Sono io, soldato.
– Il Generale Vostro padre ci ha inviato alcuni militari per informarci del rapimento, ma i Vostri figli non li abbiamo visti.
– Non avete notato persone che tentavano di attraversare il confine, con o senza bambini?
– Nessuno, Generale. O sono passati col favore delle tenebre e sono ancora in Francia.
Oscar prese congedo da quei militari e, insieme al resto del gruppo, continuò a seguire le tracce che, a un certo punto, si interruppero. Erano le nove del mattino, nessuno di loro dormiva o toccava cibo da ore e il peso della stanchezza cominciava a farsi sentire.
Procedettero ancora per un po’, finché non scorsero, a pochi piedi dalla strada, alcuni contadini che lavoravano nei campi. André si rivolse loro, domandando:
– Brava gente, avete visto un uomo sui quarant’anni, alto e castano, dal portamento aristocratico, in compagnia di due bambini?
– Un uomo no – rispose uno dei contadini – ma una donna sì.
– Una donna? – si meravigliò André.
– Sì, una donna vestita di rosso.
– Vestita di rosso?! – esclamarono, all’unisono, Oscar e André, impallidendo e deglutendo a vuoto.
– Sì, Signori. Voleva andare al castello del Conte di Lille, per raggiungere una certa torre e mio fratello, che doveva recarsi in città a vendere il fieno, si è offerto di accompagnarla col suo carro.
– A che ora? – chiese il Capitano de Valmy.
– Intorno alle sei di questa mattina, Signore.
– Presto! – ingiunse Oscar, quasi raggiunta da una secchiata di acqua gelida – Corriamo al castello di André! Mercurio, al nostro confronto, dovrà sembrare una tartaruga!
 
********
 
– Muovetevi, sciagurati! Non possiamo fare notte! – sbraitò Théroigne de Méricourt ai bambini che erano stanchi morti e avevano gli arti irrigiditi – Siamo giunti alla fine del nostro viaggio!
Mentre pronunciava queste parole, una luce delirante le brillava negli occhi e la follia, che, ormai, si era totalmente impadronita di lei, le deformava i lineamenti del volto.
Quando alcuni messaggeri del Conte di Compiègne, tramite la rete creata dal Duca d’Orléans, le avevano fatto sapere che c’era la possibilità di impossessarsi dei bambini, non se lo era fatto ripetere due volte, tanto da accantonare immediatamente il progetto di fare ritorno a Liegi. La donna aveva deciso di vendicarsi di Oscar e di André, che reputava responsabili del fallimento della rivoluzione, uccidendo i loro figli e aveva scelto un modo particolarmente cruento e scenografico per farlo. Avrebbe portato i fanciulli in cima alla torre più alta del castello di Lille e, poi, li avrebbe gettati di sotto. A tale scopo, si era procurata, tramite alcuni uomini del Duca di Germain, una piantina del maniero che, ora, conosceva alla perfezione.
Essendo senza cavallo, aveva condotto i bambini al castello di Lille sul carro di fieno di un contadino al quale aveva chiesto un passaggio. L’uomo si era subito pentito del gesto di generosità verso quella che, a prima vista, gli era sembrata una madre di famiglia, ma che, a un’osservazione più attenta, si era rivelata una pazza pericolosa. Tanto timore aveva provato, che non aveva avuto il coraggio di farla scendere dal carro e, quando la donna era saltata giù spontaneamente, aveva tirato un sospiro di sollievo, affrettandosi a recitare una preghiera per quei poveri piccoli smarriti e terrorizzati.
– Lasciateci andare! Non vi abbiamo fatto niente di male! – protestò il timido Honoré.
– Nostra madre vi infilzerà con la spada! – la minacciò Antigone che accompagnò alle parole alcuni calci che le fruttarono una sequela di improperi e numerosi scappellotti.
– Siamo giunti al castello di vostro padre, non siete contenti? – ghignò la donna.
Tramite un passaggio segreto raffigurato nella mappa, che partiva da un fosso situato a ridosso delle mura e si snodava attraverso un sentiero sotterraneo sbucante nella corte principale, Théroigne de Méricourt introdusse i bambini all’interno del castello. Il custode, vedendo una sconosciuta dall’aria poco raccomandabile che si aggirava nel cortile con i padroncini, le andò incontro con un bastone, ma quella gli sparò senza pensarci due volte, lasciandolo a terra morto. Mentre Honoré e Antigone urlavano dal terrore, la belga sottrasse al cadavere un mazzo di chiavi, per, poi, proseguire la folle corsa verso l’attuazione del suo disegno criminoso. Spinti i bambini all’interno della torre del maschio, imboccò una scala che la condusse, percorse varie rampe, al cammino di ronda.
Giunti a cento piedi dal castello, Oscar, André, il Capitano de Valmy e le Guardie videro Théroigne de Méricourt aggirarsi per il cammino di ronda e, in preda alla foga, spronarono gli animali. Arrivati davanti al portone, André, che si era provvidenzialmente portato le chiavi, fece girare la serratura, consentendo a tutti l’accesso. Lasciati i cavalli nella corte interna e notato il cadavere del custode, si diressero verso la torre del maschio la cui porta era spalancata e, imboccate le scale, iniziarono a salirle a due a due. Raggiunto il cammino di ronda, si sparpagliarono fra le molteplici torri e i vari corpi di fabbrica.
Oscar e André si diressero verso la torre a est e la risalirono completamente. Arrivati quasi in cima, ebbero la sensazione che qualcuno li osservasse da sopra, ma, sbucati sui merli, capirono che si era trattato di un gioco di luce.
– Ehi, André – disse Oscar al marito – La megalomania di Théroigne de Méricourt ci è nota…. Qualunque cosa voglia fare, deve avere scelto la torre più alta!
– Ma come ho fatto a non pensarci prima?! – esclamò l’uomo – Presto, andiamo!
Correndo all’impazzata, Oscar e André udirono dei passi rimbombare lungo la parete che faceva angolo con quella che stavano costeggiando. Estrassero le pistole dalla fondina e le puntarono, ma, dall’altra parte, comparve il Capitano de Valmy. Tirato un profondo sospiro, proseguirono la loro corsa disperata alla ricerca dei figli.
La torre più alta era anche la più diroccata, tanto che una porticina interna, situata dieci gradini oltre quella che comunicava col cammino di ronda, era perennemente chiusa a chiave. Fortunatamente per i bambini, Théroigne de Méricourt aveva perso molto tempo a cercare la chiave giusta fra quelle comprese nel mazzo sottratto al custode e si era immessa nella scala a chiocciola con notevole ritardo. Alla fine, il vantaggio su Oscar e André si era ridotto a un paio di minuti e a compensare ulteriormente questo scarto temporale concorreva la circostanza che Théroigne de Méricourt era rallentata dai bambini.
Entrati nella torre, Oscar e André udirono i lamenti dei figli e le bestemmie della loro aguzzina, tutti amplificati dall’eco.
– Théroigne de Méricourt, arrendetevi! Il cammino di ronda brulica di Guardie, non avete scampo! – tuonò Oscar, con voce resa ancora più grave e imperiosa dal rimbombo – Honoré, Antigone, stiamo arrivando!
– State tranquilli, bambini, stiamo venendo e prendervi! – aggiunse André.
– Padre, madre, aiuto!! – urlarono i piccoli all’unisono.
– Tanto, non ce la farete a fermarmi! – gridò l’esaltata, accompagnando alle minacce un turbinio di improperi e di bestemmie – Non rivedrete vivi questi pidocchi!!
Oscar e André divoravano i gradini senza avvertire la pur enorme fatica, spinti avanti dalla foga e dalla preoccupazione. Incespicavano, di tanto in tanto, sugli scalini di pietra sconnessi da secoli di incuria e, con le braccia, strappavano liane di ragnatele che scendevano dal soffitto, ritrovandosi, a volte, i neri inquilini di esse sui vestiti. L’aria che respiravano era carica di polvere e l’afa di luglio era resa insopportabile dall’umido stratificato sulle grandi pietre medievali.
D’un tratto, uno sparo sibilò sordo. Il proiettile andò a conficcarsi in un punto della parete vicino alle loro teste, provocando una pioggia di polvere sottile. Altri colpi seguirono il primo, ma Oscar e André riuscirono a schivarli tutti anche perché si trattava di spari alla cieca.
Giunti quasi in cima alla torre, svoltando l’ennesima spira della scala a chiocciola, videro, finalmente, Théroigne de Méricourt con i bambini davanti a lei. Senza porre tempo in mezzo, le puntarono le pistole contro, ma, quando stavano per premere il grilletto, un grosso corvo entrò da una delle finestre e, sbattendo le ali vicino ai loro volti, deviò gli spari. Mentre Oscar e André ricaricavano le armi, Théroigne de Méricourt tirò fuori dalla borsa di cuoio una grossa fune che fissò al davanzale con un arpione di ferro. Fatto un balzo sulla finestra, si calò di sotto e atterrò sul cammino di ronda.
Oscar e André raggiunsero i bambini e li abbracciarono e, subito dopo, si affacciarono alla finestra, giusto in tempo per scorgere Théroigne de Méricourt che entrava nella torre del maschio.
– Uomini! – gridò Oscar dalla finestra – Sta scendendo nel cortile!
Vedendosi braccata dalle Guardie Reali, la belga accelerò il passo e continuò a correre all’impazzata come un’erinni scappata dall’inferno. Giunta nel cortile del castello, si diresse verso il cavallo di André, che era il più vicino, con l’intento di montarvi sopra e di fuggire via. L’animale si accorse subito delle intenzioni della donna e, riconoscendo in lei quella che, sei anni prima, aveva gravemente ferito il suo padrone nei boschetti di Versailles, nitrì furiosamente, si impennò e, voltatosi di scatto, le assestò un poderoso calcio con le zampe posteriori. Théroigne de Méricourt fu raggiunta dagli zoccoli in pieno viso e sbalzata di dieci piedi. Al termine del volo, si schiantò contro un muro, battendo la testa e perdendo conoscenza.
Trasportata nel più vicino nosocomio, i medici non poterono che constatare le gravi lesioni alla testa e il profondo stato di confusione mentale. La furia scarlatta sopravvisse alle ferite, ma non riacquistò più il bene dell’intelletto. Internata in un manicomio, vi trascorse il resto dei suoi giorni, ridotta alla larva di se stessa e dimenticata da tutti.







Théroigne de Méricourt finì davvero la sua vita in un manicomio, dopo essere stata brutalmente malmenata da un gruppo di donne aizzatele contro da Marat.
L’episodio del cavallo che nitrisce e si impenna dopo il ferimento di André da parte di Théroigne de Méricourt è riportato alla fine del quindicesimo capitolo.
Come sempre, grazie a chi vorrà leggere e recensire!
   
 
Leggi le 18 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: _Agrifoglio_