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Autore: Calia_Venustas    03/01/2020    4 recensioni
[IN PAUSA FINO AL PROSSIMO AGGIONAMENTO DI KHUX]
C'è qualcosa che il Maestro dei Maestri non può confessare a nessuno, nemmeno a Luxu. Qualcosa che se i suoi apprendisti dovessero scoprire metterebbe a repentaglio tutto quello in cui credono. Il Maestro sa di essere nel torto, ma sa anche di essere troppo orgoglioso per ammetterlo.
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Una storia sull'origine del Maestro dei Maestri e dei Veggenti sin dall'inizio del loro apprendistato fino all'epilogo di KH3. A partire dal capitolo 18 scorre in parallelo una seconda trama che ha per protagonisti Soggetto X e Luxu, ora nei panni di Xigbar, alle prese con i retroscena degli eventi successivi a Birth By Sleep.
[Coppie: Luxu/Ava, Luxu/Maestro dei Maestri, Invi/Ira, Ava/Gula, Soggetto X/Isa, Lauriam/Elrena]
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Organizzazione XIII, Vanitas, Ventus, Xigbar
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Furry, Spoiler! | Contesto: Altro contesto, Più contesti
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NOTA: questo capitolo è scritto intenzionalmente in modo frammentato perchè ripercorre in parte una storia raccontata ad alta voce e in parte i pensieri inespressi del Maestro. Lascio a voi decidere quanto effettivamete abbia rivelato ai suoi allievi e quanto invece si sia tenuto per sè (e per voi ;) ). Buona lettura e spero di non starvi annoiando con questa parentesona abbastanza fine a sè stessa. Ma se siete arrivati fin qui dopo oltre 30 capitoli, confido che un minimo d'affetto per la mia versione del Maestro ormai lo abbiate sviluppato. Grazie ancora di tutto e felice 2020!
PS: vi ricordo che 'Theon' è il nome che era stato affibbiato al Maestro al suo arrivo ad Auropoli e quello che poi ha abbandonato in favore di Perbias che è una mia invenzione. Theon invece, come quello di tutti gli altri Veggenti, è preso direttamente dalle 7 collane di libri che troviamo nel puzzle della Fortezza Oscura in KH1.


✭ THE BOY WHO FELL ✭

And when I reach the landing every ghostly face,
Is waiting for me there commanding me to RUN!
The walls are lifting, lockdown's already begun,
The staircase shatters as my fate I fly to meet,
The wood is splintering beneath my stocking feet,
At last I'm past the gate, at last I'm at the cell
That's kept me from the sun and hidden me in Hell!
[The Key - Emilie Autumn]

Tiene lo sguardo fisso sulla scodella di zuppa di cavolfiore, il cucchiaio stretto tra le dita ma mai sollevato.

E’ una bella giornata ad Auropoli e i raggi del sole filtrano attraverso le tende della graziosa casetta a graticcio del borgomastro mentre la donna seduta al lato opposto del tavolo gli sorride con fare incoraggiante, pregandolo di mangiare qualcosa.

Il bambino senza memoria sembra sentirla a malapena. Accenna un sì con la testa, ma non obbedisce e così la zuppa continua a raffreddarsi.

Nella stanza accanto, la voce di una strega venuta da un Mondo lontano dipinge un quadro clinico tutt’altro che roseo. Ha sondato il cuore del trovatello ed esso è così severamente danneggiato, così corroso, che a stento riesce a credere che sia ancora in vita.

“Anche se dovesse guarire” dice con amarezza, “probabilmente non recupererà mai i suoi ricordi.”

“Theon?”

Lui si decide finalmente a sollevare lo sguardo e i suoi occhi blu sono così grandi, limpidi e spaesati da sembrare due pozzanghere in cui si specchia il cielo.

La moglie del borgomastro sente una stretta al cuore a quella vista.

“Sì, signora?” Ha un accento strano, impossibile da identificare. Quando lo hanno trovato, ha quasi staccato un dito a morsi alla sventurata guardia cittadina che lo teneva in braccio nel momento in cui ha ripreso i sensi. Per giorni, non ha dato alcun segno di comprendere cosa gli venisse detto, continuando ad aggredire chiunque cercasse di avvicinarlo, gridandogli contro in una lingua sconosciuta o forse inventata di sana pianta.

Ora siede davanti a lei in modo composto, con una camicia ben stirata addosso e il visino pulito. Sono passati tre mesi dalla notte in cui il cielo s’è spalancato e una pioggia di meteoriti s’è abbattuta sulla città, riempiendo le strade di crateri e i tetti di terrificanti voragini.

La decrepita Torre Meccanica che sovrasta la città è stata l’edificio a risentirne maggiormente, al punto che la sua demolizione è stata presa in seria considerazione, per la sicurezza di tutti.

In quei tre mesi, Theon ha fatto molti progressi. Ha iniziato a parlare, imparato a vestirsi da solo, a sedere a tavola anche se raramente mangia più di un boccone. Per essere così giovane, ha dimostrato un’intelligenza sorprendente. Quasi spaventosa. Eppure nella maggior parte dei casi, continua a comportarsi come un selvaggio allevato da un branco di lupi.

Non cerca la compagnia di altri bambini, non ascolta i rimproveri degli adulti e reagisce in modo irragionevolmente violento se lo si tocca.

Inutile dire che non è affatto popolare tra i suoi coetanei. L’istitutrice l’ha trascinato più volte di fronte al borgomastro e sua moglie dopo averlo separato a forza da altri ragazzini con cui aveva fatto a botte. Ma neanche loro sanno cosa fare con lui.

E intanto, i suoi capelli bianco latte stanno, a poco a poco, diventando blu.

✭✭✭

Aveva speso i suoi primi mesi ad Auropoli brancolando nel buio. Senza sapere cosa fare, di chi fidarsi, domandandosi se restare oppure sgattaiolare via nella notte, diretto neanche lui sapeva dove. Soltanto le visite di Madam Mim gli erano davvero gradite. Forse perchè la fattucchiera di Camelot era sempre stata un pò matta, esattamente come lui. E tra matti ci si intende.

Ed era stata proprio Mim a riuscire a rimetterlo un tantinello in riga. Era la sola che gli diceva le cose come stavano, senza indorare la pillola. E la sola in grado di farlo sentire in colpa dopo aver fatto qualcosa di sbagliato, come ad esempio rifilare un pugno dritto in faccia ai teppistelli che lo prendevano in giro per i suoi capelli scoloriti.

Paradossalmente però, quando iniziò a calmarsi e a smettere di reagire, la paura che gli altri bambini nutrivano nei suoi confronti si tramutò in vigliacca cattiveria. E il fatto che voci sempre meno lusinghiere avessero preso a spargersi sul suo conto anche tra gli adulti, non aiutava affatto.

Dopotutto, lui era arrivato lo stesso giorno della pioggia di stelle cadenti che aveva devastato la città e agli occhi di molti non era assurdo pensare che fosse stato lui, in qualche modo, ad aver causato tutti quei danni. Soprattutto perché dopo quell'evento avevano iniziato a manifestarsi gli Heartless.

La gente sapeva della loro esistenza grazie alle antiche storie tramandate dall’inizio dei tempi e la teoria più popolare che iniziò a serpeggiare tra i cittadini era che lo squarcio nel cielo fosse un portale verso il Reame Oscuro da cui erano precipitati giù frammenti di Mondi divorati dal buio e...beh, e lui.

“Madam, pensate davvero che sia andata così?” le aveva chiesto un giorno, mentre la donna sedeva accanto a lui nello studiolo del borgomastro. Mandarlo a scuola si era dimostrato praticamente impossibile, così alla fine era stato deciso che Madam Mim si sarebbe occupata personalmente della sua istruzione e in quel momento la vecchia megera di Camelot e il bambino piovuto dal cielo erano alle prese con le equazioni.

“Le persone dicono e credono tante cose che non sono vere, Theon.” aveva risposto lei, mordicchiando la matita rossa alla ricerca di errori di calcolo che sapeva benissimo non avrebbe trovato.

La testa di quel ragazzino era come un super-computer.

“Ma se fosse vero- se venissi sul serio dal Reame Oscuro-”

“Nessuno tranne gli Heartless viene dall’Oscurità, ragazzo mio. Ti trovavi lì quando quel portale si è aperto? Senza alcun dubbio. Ma devi per forza venire da qualche altro posto. I bambini non nascono nel Reame Oscuro, lì niente cambia, niente si crea né si distrugge. E’ un luogo senza tempo.”

Theon serrò la mascella, il labbro inferiore che sporgeva appena “E allora perché tutti dicono che sono cattivo?”

La strega ridacchiò, scompigliandogli i capelli ormai quasi completamente blu “Perché sei una gran peste, ecco perchè!”

“Dico sul serio!” protestò lui e nel vederlo sull’orlo delle lacrime, lo sguardo di Madam Mim s’addolcì.

“A Camelot dicono lo stesso di me. Che sono una perfida strega cattiva. E beh, forse non hanno tutti i torti.” sospirò lei, ironica “Ma non c’è niente di male nell’essere un pò cattivelli, di tanto in tanto. Quel che conta, ragazzo mio, è sentirsi bene nella propria pelle. Vuoi essere l’eroe? Allora comportati come tale, dimostra a tutti che si sbagliano sul tuo conto.”

✭✭✭

“Vattene, non ti vogliamo qui!”

Il sasso lo colpì così forte alla tempia da tingergli la vista di rosso per un lungo, doloroso istante.

“Tornatene nel buco da cui tu e tutti questi maledetti mostri siete striciati fuori!”

“Hey, Theon! E’ vero che tua madre s’è scopata un Heartless ah?”

“Questa è buona! Spiegherebbe tante cose!”

Un altro sasso, stavolta in pieno petto, mentre lui cercava di rialzarsi.

Sta calmo Theon, sta calmo.

“Lasciatemi stare.” ringhiò a denti stretti, incerspicando verso l’uscita del vicolo.

“Hey, dove credi di andare? Abbiamo appena cominciato!”

Uno strattone al braccio, un pugno, una ginocchiata.

“Sai cos’è successo alla mia casa il giorno che sei piovuto dal cielo? Una stella cadente l’ha centrata in pieno, il terzo piano e la soffitta, completamente polverizzati.”

Un calcio dritto nelle costole, una boccata di sangue vermiglio sulla neve.

“Dentro c’era la mia sorellina!”

Di nuovo il sapore ferroso sulla lingua e l’impatto col marciapiede ghiacciato.

“Mi- mi dispiace…”

“Bugiardo!”

Ci ammazzeranno se non reagiamo.

Theon rotolò su un fianco, sfuggendo per un pelo all’ennesima percossa e scattò in piedi con gli abiti sporchi di brina e di sangue.

Possiamo dare a questi stronzetti la lezione che si meritano. Siamo più furbi, più forti.

No.

E allora stiamo qui a prenderle? Gran bel piano.

Zitto.

Senza sapere dove stesse andando nè cosa avrebbe fatto una volta arrivato lì, iniziò a correre a perdifiato, rischiando di scivolare sul selciato velato di ghiaccio.

Altre pietre ed insulti furono scagliati nella sua direzione ma Theon non si fermò. Sentiva il cuore battergli come un tamburo nelle orecchie e i polmoni sembravano sul punto di esplodere per la foga della sua corsa scoordinata. Cadde rovinosamente e si rialzò una miriade di volte, lasciandosi alle spalle le strade più trafficate per perdersi in vicoli sempre più bui e sempre più angusti dove mai aveva messo piede.

La città intera sembrava chiudersi sopra di lui come una bocca irta di denti aguzzi, pronta a divorarlo, a farlo sparire per sempre.

A nessuno sarebbe importato.

Probabilmente tutta Auropoli avrebbe tirato un gran sospiro di sollievo se quello scomodo ragazzino venuto dal buio fosse scomparso senza lasciare traccia.

Che ironia, si ritrovò a pensare mentre un lancio di sasso più forte e preciso degli altri lo colpiva dritto alle gambe, sbilanciandolo al punto da farlo cadere di peso contro il muro marcescente di uno dei tanti edifici abbandonati che circondavano la Torre Meccanica che ancora stava lì, alta e cigolante, in attesa di essere demolita.

Che ironia che nemmeno nella città dell’Aurora vi fosse posto per qualcuno che, come lui, era emerso dalle tenebre in cerca della luce.

Il muro di assi sconnesse cedette sotto il suo peso, catapultandolo in una stanza invasa di polvere e ragnatele grandi come lenzuola. Il pavimento di legno era stato ridotto ad un colabrodo dalle infiltrazioni d’acqua e il suo peso fu sufficiente per farlo crollare definitivamente.

Precipitò per quella che gli sembrò un’eternità.

Chiuse gli occhi, aspettando l’inevitabile impatto con le fondamenta di pietra. Se era fortunato, sarebbe morto sul colpo.

Invece ad accoglierlo arrivò il gelido abbraccio dell’acqua.

Annaspò in superficie, aggrappandosi ad una trave ricoperta di muschio e guardò verso l’alto con gli occhi blu sgranati per la paura.

Una luce fievole delineava i mattoni fradici che rivestivano il tunnel fetido e profondo in cui era intrappolato e la raggelante consapevolezza che non sarebbe mai riuscito a scalare le sue pareti viscide gli strinse il cuore come una morsa.

“Dite che è ancora vivo?”

Uno dei ragazzini calciò un sassolino giù nella voragine e questo andò a colpire Theon dritto in testa. Intirizzito dal freddo e così scosso da riuscire a malapena a parlare, implorò i suoi aguzzini di tirarlo fuori. Di chiamare aiuto, di non lasciarlo morire lì.

Alcuni scoppiarono a ridere, dicendo che quello era esattamente il posto adatto a lui, ma altri protestarono a gran voce che non si trattava più di uno dei loro sadici giochetti e che avrebbero dovuto davvero chiamare qualcuno. Una fitta discussione s’accese decine e decine di metri sopra di lui ma l’eco e l’accavallarsi delle voci gli resero impossibile capire quale fosse stato il verdetto finale.

Dolorante e troppo spaventato per pensare in modo coerente, si aggrappò all’asse più forte che potè cominciando sommessamente a piangere.

A poco a poco, le voci cessarono e lui si ritrovò solo nel buio quasi totale, bagnato fradicio e scosso da brividi di freddo così violenti da risultare dolorosi.

Smettila di frignare. Troviamo un modo per uscire di qui.

Theon annuì, continuando a tremare. E prese a guardarsi intorno alla ricerca di un appiglio, una botola… qualunque cosa.

L’odore non lasciava alcun dubbio sul fatto che fosse finito dritto nel sistema fognario della città, perciò doveva esserci un modo per risalire. Il canale sotterraneo s’allargava per diversi metri su entrambi i lati ma non vi erano scale o tombini d’emergenza… eccezion fatta per una griglia semiaperta attraverso cui l’acqua sembrava scorrere via, ma che era sommersa nella sua interezza.

Anche se fosse riuscito ad aprirla e a passarvi attraverso, non c’era modo di sapere se dall’altro lato avrebbe trovato una sacca d’aria ad aspettarlo o una cisterna senza uscita dove la forza dell’acqua sarebbe stata così forte da impedirgli di tornare indietro.

Preso di nuovo dallo sconforto, ricominciò a piangere e stavolta persino la voce nella sua testa non riuscì a trovare parole aspre ma incoraggianti per convincerlo ad agire. Tentare quella strada sarebbe stato un suicidio.

Ma affogare era comunque preferibile al morire di fame e di freddo.

Con lo stesso spirito di rassegnazione con cui aveva affrontato la caduta, Theon prese una gran boccata d’aria e s’immerse, tirando a sé la griglia che bloccava l’accesso alla conduttura e vi sgusciò dentro, certo che non avrebbe mai più rivisto la luce del giorno.

Forse gli altri bambini avevano ragione.


Continuò a nuotare, l’aria che sempre più in fretta andava a mancargli nei polmoni, gli occhi arrossati dalle peggiori schifezze chimiche disciolte nell’acqua torbida.

Forse non sarebbe mai dovuto arrivare nel Reame della Luce.

Forse il suo posto era lì, nelle acque scure dell’Abisso.

Inghiottì un primo sorso d’acqua, ma continuò a nuotare, scalciando nella stretta conduttura.

Ricordò una spiaggia dalla sabbia grigia come la cenere e un mare nero come l’inchiostro e di essere stato seduto sulla sua sponda per un tempo apparentemente infinito.

Fermo immobile, a guardare quella distesa di oscurità liquida davanti a sé.

Poi, ad un tratto, sospeso sulle acque stagnanti era apparso un rettangolo di luce. E lui aveva teso la mano verso di esso, proprio come stava facendo in quel momento verso la superficie.

Si issò fuori dalla vasca con un rantolo, sputando acqua melmosa e tossendo tanto forte da farsi sanguinare la gola.

Era salvo.

Era all’asciutto.

Era…

Tutto intorno a lui era ombroso e gelido. Ma una fievole luce proveniente dalle feritoie nel soffitto gli permise di mettere a fuoco quella che ad una prima occhiata poteva sembrare la sala macchine di una nave o una stanza delle caldaie. Tubazioni contorte come radici ed enormi ingranaggi rugginosi occupavano interamente il soffitto e le pareti. Alcune ruote dentate erano così grandi da somigliare a quelle di un mulino e, ad un’ispezione più ravvicinata, si rivelarono essere esattamente questo: ruote ad acqua che grazie al loro movimento mettevano in funzione tutti gli altri meccanismi. Ma il canale da cui Theon si era appena trascinato fuori era praticamente prosciugato e perciò quell’immensa diavoleria meccanica restava ferma.

Diavoleria meccanica…

Era forse finito nei sotterranei della Torre?

Tutti ad Auropoli guardavano a quell’edificio con inquietudine e costernazione. Era stato un grande e bellissimo castello molto tempo prima, un luogo dove i cittadini erano ammessi e una lunga serie di sovrani magnanimi e potenti maghi aveva vissuto e governato.

Ma poi, come tutte le cose, era lentamente caduta in disuso e nell’incuria e la pioggia di stelle cadenti l’aveva colpita così duramente da ridurla ad un rudere che sembrava essere stato preso a cannonate da una temibile nave pirata.

Il ponte che collegava le due guglie principali era parzialmente crollato e i tetti erano per lo più scoperchiati, lasciando gli interni spogli in balia delle intemperie. Il quadrante del grande orologio meccanico che i cittadini avevano ormai da tempo smesso di consultare per conoscere l’ora era collassato su sè stesso, il pendolo e le sue lancette perdute sul fondale del fiume sottostante.

Theon aveva sempre pensato che fosse un grande peccato.

E mentre camminava, solo e infreddolito tra gli ingranaggi immobili si sentì pervadere da un senso di tristezza così assoluto da risultare stranamente confortante. Per lui fu come guardarsi allo specchio e vedersi per la prima volta e la malinconia si tramutò in accettazione e determinazione. D’un tratto, sentì come se qualcuno l’avesse preso per mano, guidandolo in quel sotterraneo labirintico dove non aveva mai messo piede prima d’allora. Eppure sapeva dove andare, cosa fare.

E mentre camminava, sempre più sicuro e sempre più svelto, quasi a passo di danza, quasi saltellando, sfiorava uno ad uno gli ingranaggi e i marchingegni della Torre e questi, come risvegliati dal suo tocco, riprendevano vita.

La chiusa che bloccava il passaggio dell’acqua nelle condutture di piombo si aprì di scatto, riversando onde violente contro le vecchie ruote dentate che, cigolando sonoramente, ripresero immediatamente a girare.

Un sorriso estatico s’aprì sulle labbra del bambino che sembrava aver dimenticato l’esperienza traumatica appena vissuta mentre saliva sempre più su sulla scala a chiocciola, saltando i gradini a due a due.

La Torre sembrò stiracchiarsi come un pigro animale appena uscito dal letargo.

All’esterno, i cittadini di Auropoli restarono come stregati a guardare l’enorme rudere riacquistare il proprio aspetto originale a velocità sorprendente. Il quadrante tra le due guglie si rimise in funzione e le enormi lancette d’ottone presero a girare in senso anti-orario non appena gli ingranaggi mancanti emersero dal letto del fiume sottostante e, come manovrati da una forza invisibile, tornarono a prendere posto nei loro alloggiamenti. Un’intera torretta si ricostruì da sola, le tegole che s’allineavano perfettamente sul tetto a cono mentre una musica lieve, come quella di un carillon, echeggiava per le strade della città.

Theon raggiunse la cima delle scale mentre ingranaggi e intere porzioni di muro crollato volteggiavano attorno a lui come prive di peso. Il ponte sospeso si ricomponeva mentre lo attraversava perché potesse sempre avere abbastanza spazio per proseguire senza temere di scivolare giù. Ancora infreddolito e con gli abiti gocciolanti, serrò le manine attorno all’inferriata del parapetto per guardare giù, ma era ancora troppo piccolo per arrivarci e così infilò la testa tra le sbarre, godendosi il panorama di quella gelida ma soleggiata mattina d’inverno.

Sembrava che l’intera città si fosse radunata nella piazza principale e a quella vista, il primo sorriso diabolico della sua lunga ed illustre carriera fece capolino sulle labbra del bambino.

Vedere tutto così dall’alto metteva davvero le cose in prospettiva.

✭✭✭

Almeno uno dei ragazzacci che lo avevano inseguito doveva aver avuto rimorsi di coscienza perché nel giro di poche ore, il borgomastro si presentò al cancello principale della Torre Meccanica, chiamandolo a gran voce.

A Theon bastò pensarlo perchè il massiccio portone di legno chiodato si aprisse per lasciar passare l’uomo che sin dal suo arrivo si era preso la responsabilità di tutte le sue azioni. Al bambino sembrava una persona per bene, per quanto alla sua età fosse in grado di giudicare qualcuno. Ma non aveva mai nutrito nei suoi confronti più di una superficiale gratitudine, lo stesso tipo che si prova nei confronti di qualcuno che sta solamente facendo il proprio dovere.

L’uomo s’addentrò nelle ampie sale dell’edificio, meravigliandosi alla vista delle vetrate nuovamente intatte che lasciavano filtrare la luce del primo pomeriggio disegnando sul pavimento un caleidoscopio di colori.

Trovò Theon nella tromba dell’ascensore che percorreva verticalmente l’intera struttura, seduto su ciglio della piattaforma mobile e intento a riarrangiare a proprio piacimento le varie stanze, come fossero i comparti di una gigantesca casa delle bambole.

Le pareti che avrebbero dovuto separare i vari ambienti dall’ascensore erano state rimosse così che fosse possibile vedere il contenuto di ogni alcova. Con semplici gesti, il bambino poteva cambiare la disposizione degli arredi e persino di porte e finestre. La realtà stessa sembrava distorcersi attorno a lui mentre la Torre produceva stanze piene di giocattoli e libri, una cucina che sfornava solamente biscotti e persino una piscina al coperto con un groviglio di scivoli degno di un acquapark.

Nonostante l’ingenuità di quelle creazioni infantili, il Borgomastro non poté fare a meno che rabbrividire dinnanzi ad una simile manifestazione di potere.

“Theon..?”

Lui si voltò e tutt’intorno a loro la Torre sembrò fermarsi, come in attesa. Un divano rivestito di velluto verde fluttuava a mezz’aria sopra le loro teste, bloccato mentre stava per spostarsi da una stanza all’altra.

“Ci hai fatto preoccupare.”

Il bambino sorrise, scoprendo i dentini bianchissimi. “Mi dispiace, prometto che non succederà più. Ho capito da dove vengono fuori gli Heartless.”

Il Borgomastro trasalì nell’udire quell’affermazione inaspettata uscire dalla bocca di un bambino di otto anni. Ne aveva viste di cose strane nella sua vita, ma quel ragazzino piovuto giù dal cielo le batteva tutte.

“C’è una Porta, nascosta sotto la Torre. Ho paura di essere stato io ad aprirla, quando sono arrivato. Mi dispiace moltissimo. Ma posso chiuderla, lo giuro.”

“Di cosa stai parlando…?” balbettò l’uomo, raggiungendolo sul ciglio dell’ingranaggio.

Theon rispose con semplicità, come se fosse la cosa più naturale del mondo. “E’ una Porta con dietro una grande luce. E’ calda. E molto bella.”

...Kingdom Hearts?

“Ah, è così che si chiama?”

“Io… non lo so.” ammise il Borgomastro, cercando le parole giuste per continuare “E’ una cosa che nemmeno gli adulti capiscono. E di certo non qualcosa di cui dovresti preoccuparti...”

“Ma se la chiudessi, non ci sarebbero più Heartless! E tutti smetterebbero di dire che è colpa mia!” insistette lui, con un candore a dir poco disarmante.

“Nessuno lo pensa davvero… e se lo fanno, allora sono degli stupidi. Sei solo un bambino.”

“Oh lo pensano eccome.” Mise il broncio lui, raccogliendo le ginocchia al petto. “Anche tu. Lo sento che hai paura.” aggiunse poi, con aria sconsolata. Non sembrava arrabbiato, solo deluso.

L’uomo sentì una goccia di sudore freddo scendergli lungo il collo.

Il ragazzino gli stava leggendo la mente e il cuore come un libro aperto.

Sì, aveva paura.

Paura perché erano mesi interi che sapienti provenienti da ogni angolo del Reame della Luce cercavano di contenere la breccia che dal cielo sembrava essersi trasferita nelle profondità della terra sotto la Torre Meccanica. La demolizione dell’edificio, ormai programmata da tempo, era dovuta alla consapevolezza di non poter tenere la popolazione all’oscuro del pericolo imminente ancora per molto.

Dovevano agire sulla Porta e chiuderla al più presto se non volevano trovarsi un’invasione incontrastabile di Heartless per le mani.

Ed era ormai chiaro che Theon fosse la chiave di tutto.

✭✭✭

Mentre Perbias raccontava, mettendosi a nudo come mai aveva fatto prima di allora, Luxu non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.

Non aveva idea di cosa avesse passato. Sapeva che era stato ‘trovato’ ad Auropoli senza memoria, ma nella sua testa l’aveva sempre immaginato immediatamente lucido e sorridente, magari persino col Keyblade già stretto in pugno.

Invece aveva dovuto convivere con l’idea di essere letteralmente saltato fuori dalla stessa porta da cui erano usciti gli Heartless senza nessuno in grado di offrirgli risposte concrete.

Ma come accidenti c’era finito un bambino nel Reame dell’Oscurità?

“Quando arrivai ad Auropoli, i miei capelli erano bianchi. Ma persero quel colore nel giro di pochi mesi.”

Luxu spostò lo sguardo sui capelli serici di Kida e riformulò la sua domanda.

Come accidenti c’era finito un bambino di Atlantide nel Reame dell’Oscurità?

L’incredibile somiglianza di Perbias con quel popolo non lasciava più spazio ad alcun dubbio. Possibile che l’evento cataclismico che aveva fatto scomparire la città e sul quale Kida stava così ardentemente investigando avesse qualcosa a che fare con lo smarrimento di Perbias?

Magari s’era aperto un qualche strano portale e il poveretto c’era caduto dentro, venendo poi risputato fuori chissà quanto tempo dopo in un luogo completamente diverso.

Del resto, e questo Luxu lo sapeva perché era stato Perbias stesso ad insegnarglielo, il tempo scorreva diversamente nel Reame dell’Oscurità rispetto al Reame della Luce. O almeno era questo ciò che molti studiosi sostenevano e c’era persino chi ipotizzava che il tempo lì non esistesse affatto.

Per quanto quel ragionamento fosse logico, sebbene fondato su una supposizione un pò azzardata, Luxu sperò di tutto cuore di non averci preso. Perchè se la sua teoria si fosse dimostrata corretta… questo significava che Perbias aveva passato un’eternità completamente solo, nel posto più terrificante dell’intero universo. Luxu non riusciva neppure a capacitarsi di come un bambino fosse riuscito a sopravvivere in una situazione simile.

All’improvviso, tutte le stranezze di Perbias, le sue reazioni imprevedibili e il suo costante bisogno di sorridere e scherzare assunsero connotati ben più tragici. Erano forse il modo istintivo ed inconsapevole con cui scendeva a patti con tutta l’Oscurità che aveva affrontato? Con tutte le cose terribili che dovevano essergli capitate in quel lasso di tempo dilatato all'infinito in cui era rimasto prigioniero?

“Così la decisione fu presa e il borgomastro preparò l’intera città all’apertura della Porta. Perchè per chiuderla definitivamente, dovevamo prima spalancarla di nuovo. Sono certo che i miei allievi, anche se all’epoca erano molto giovani, ricorderanno una lunga notte più buia delle altre. Una notte terribile in cui il vento soffiò forte e l’Oscurità dilagò ovunque. Vi risparmierò i dettagli, ma si da il caso che quella notte il sottoscritto manifestò il proprio Keyblade e lo utilizzò per sigillare la Porta.”

Nahara si strinse le mani al petto “Certo che lo ricordiamo. Tutti celebrarono le vostre gesta. Quella fu la prima volta che sentii parlare di voi.”

“Lo stesso vale per me.” confermò Azal “Ma, Maestro… perché non ce ne avete parlato prima?”

“Lo sai come sono fatto. Non mi piace vantarmi.” ironizzò lui e Luxu trattenne a stento una risatina sebbene la situazione fosse terribilmente seria. Che faccia tosta!

Al termine del racconto, Re Kashekim maledisse più che mai la perdita della propria vista. Non solo essa l’aveva privato della gioia di veder crescere sua figlia ma adesso gl’impediva anche di fugare il terribile sospetto che come un tarlo si era fatto largo nella sua mente.

Possibile che...?

Senza altra alternativa, si rivolse a Kida nella sua lingua natia così che gli Estranei non potessero comprenderlo e le chiese di descrivere l’uomo che gli stava di fronte.

La principessa trasse un respiro profondo prima di rispondere, anche lei visibilmente scossa e confusa dagli avvenimenti delle ultime ore e da quel racconto così triste e bizzarro.

   
 
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