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Autore: OneDayYoureGonnaFly    03/01/2020    1 recensioni
"Lo seguo senza troppe esitazioni, come la notte segue il giorno, come se lo avessi sempre fatto, fidarmi di lui mi sembrava una cosa così naturale..."
"Ed è così che la nostra storia è iniziata, come un lampo a ciel sereno in un giorno di piena estate. Come un treno che passa veloce in un paesaggio deserto e lo sconvolge, facendo tremare le foglie e piegare i fili d’erba..."
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Andy Dermanis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed è così che la nostra storia è iniziata, come un lampo a ciel sereno in un giorno di piena estate. Come un treno che passa veloce in un paesaggio deserto e lo sconvolge, facendo tremare le foglie e piegare i fili d’erba.

Quella sera era il 18 luglio, un mese esatto prima del mio compleanno, una data che mi ha segnato e che non dimenticherò mai. Siamo tornati a casa tardi, era quasi l’alba, mi ha lasciato davanti alla porta di casa mia, l’unica blu in mezzo a tante altre grigie tutte uguali. “Ci sentiamo”, mi bacia sulla fronte, aspetta che io entri e solo una volta che ho chiuso girando le chiavi nella serratura, sento che si allontana. Il rombo del motore svanisce piano piano. Resto con le spalle appoggiate alla porta, ho il viso rivolto all'insù e sto stringendo l’angolo del labbro inferiore in un morso leggero. Salgo la rampa di scale con uno slancio, mi tolgo i vestiti e mi butto di pancia sul letto.
Un raggio di sole entra dalla finestra e colpisce i miei occhi ancora chiusi, mi giro e per un attimo mi sveglio pensando che fosse stato tutto un sogno. Allungo la mano giù dal letto, trovo i jeans e goffamente tiro fuori il telefono dalla tasca. Apro la rubrica e digito “Andreas”… nessun risultato. Un tuffo al cuore, forse mi ero davvero sognato tutto. Riprovo “Andy”… un risultato: “Andy ;)”. Sorrido stringendo il telefono al petto. Mi riaddormento.
La luce nella stanza si fa più forte, mi metto un cuscino sulla faccia e spingo il lenzuolo in fondo ai piedi. Anche oggi fa caldo. A pancia in su e con il cuscino sul viso la mia mente si sveglia e mi sento soffocare. Metterselo sulla faccia e schiacciarlo con le mani non è stata una grande idea! A volte mi stupisco di me stesso per queste idee geniali! Lo tolgo repentinamente e prendo aria. Sbadiglio lasciando cadere prima la gamba sinistra seguita dal braccio e mi metto seduto. Mi trascino verso il bagno e mi sembra di essere ancora un po’ ubriaco.
Con andatura dondolante sbatto il mignolino contro lo stipite della porta e mi maledico dicendomi le peggio cose. Nemmeno questo però è servito a darmi una svegliata. Appoggio entrambe le mani ai lati del lavandino, giusto per riacquistare equilibrio. Apro l’acqua con la mano destra, ci metto sotto il dito indice per verificarne la temperatura. La lascio scorrere un po’ illuso che magari possa diventare un po’ più fresca. Mi guardo allo specchio “Per Dio!!” Esclamo, che spavento, ho i capelli dritti in testa -immagine molto brutta se pensate che li ho ricci- la faccia di un colorito tra giallo e bianco, delle occhiaie che fanno sembrare che io non dorma da giorni. Ma sulla bocca... sulla bocca un sorriso di cui non mi ero ancora accorto. Una volta notato, sorrido di più emettendo una sottile risata.
Chino la testa, metto le mani sotto l’acqua e me le passo sulla faccia. Ancora gocciolante prendo lo spazzolino, ci metto una dose inquantificabile di dentifricio alla menta e mi lavo i denti energicamente -tra le mie fissazioni c’è anche la cura dei denti, me li lavo circa 7 volte al giorno.
Rialzo il viso e mi passo l’indice sulla bocca e sulla fronte nel punto esatto in cui mi aveva baciato. Mi asciugo le gocce rimaste sul mento e vado in cucina. Ho lo stomaco che brontola e penso di non avere assolutamente nulla per poter fare colazione. Alzo gli occhi e sbuffo all’idea di dover uscire. Guardo l’orologio, le 9.00. - pensavo di aver dormito di più- mi rassegno al fatto che se voglio mangiare -cosa alla quale mi è impossibile rinunciare- devo vestirmi e uscire di casa. Totalmente svogliato mi metto addosso le prime cose che mi capitano, una t-shirt nera e un pantalone bianco in lino, converse e via. Scendo le scale facendo girare la mano sul pomello in legno del corrimano, ormai a metà mi ricordo che non ho messo il profumo. Giro nuovamente gli occhi e li alzo al cielo pensando di dover tornare indietro. Torno in bagno apro l’armadietto, deodorante e profumo. Faccio mente locale. Mi tocco le tasche. Sono vuote. “Il telefono e il portafoglio, certo! Ma dove ho la testa oggi?”. Sapevo benissimo dove cel’avessi. Era persa nel ricordo di ieri sera. Torno nuovamente indietro e li prendo entrambi, il portafoglio era ancora nei pantaloni e il telefono era finito sotto al letto.
Controllo i messaggi prima di metterlo in tasca, sperando forse di averne ricevuto uno suo. Ma niente. Nascondo la delusione ed esco di casa.
Il sole è già alto e decido di andare al caffè che fa angolo. Sto camminando quando mi suona il telefono, per un attimo mi si ferma il cuore e il respiro pensando sia lui. Ma appena guardo…un tuffo nella realtà! È Jules, il mio manager che mi ricorda dell’appuntamento con il discografico e mi dice di chiamarlo subito. Da ieri sera non pensavo ad altro che ad Andy, ma la vita vera, il mio futuro mi stava chiamando. Abbandono un attimo il ricordo del suo sguardo e del suo profumo, faccio un sospiro fermandomi all’ombra di un albero e chiamo. Dopo qualche squillo risponde con tono sorpreso: 
“Mika, che fine avevi fatto? Dovevi chiamarmi ancora ieri. È l’appuntamento più importante della tua vita e tu sparisci nel nulla?”
“Si scusa, hai ragione”
“Dai non importa… sei pronto? Sarà un successone!” Jules è sempre così gentile, cerca sempre di non prendersela per i miei ritardi e il mio essere estremamente straminato. “Ci vediamo oggi pomeriggio davanti allo studio, mi raccomando questa volta non sono ammessi ritardi”
Questa sua frase mi ricorda quella di Marc ieri sera, tutti vogliono che io sia puntuale! Ma davvero sono sempre così in ritardo? Non me ne sono mai accorto… scrollo le spalle e sorrido salutando e mettendo giù. Nell'esatto momento in cui premo il tasto rosso un flash: io sto aspettando il messaggio di una persona –ovviamente sto parlando di Andy… di chi altrimenti? - che non ha il mio numero. Lui mi ha segnato il suo, ma io non gli ho dato il mio! Quando realizzo mi si ripresenta l’immagine di me che si da una botta in testa e rido arricciano il naso. Torno sulle nuvole.
Ma adesso… il dilemma. Che faccio gli scrivo? E se poi lo disturbo?...
Decido di prendere la decisione davanti ad un tazza di tè calda e un croissant. Giro l’angolo e come solito leggo il nome del bar con il mio bellissimo accento francese. Mon Petit Bistrot, tra i miei posti preferiti, mi ricorda gli anni passati in Francia e Parigi, una città che ha un posto nel mio cuore riservato per sempre.
Mi siedo fuori. I tavolini sono davvero carini, in ferro battuto bianco con delle sedie che sembrano quelle che si mettono nei giardini. I ricami sullo schienale ricordano un cuore che si intreccia.
Ordino un tè nero – si perché anche se siamo in piena estate da buon londinese il tè caldo non può mancare a colazione – e un croissant. Mentre aspetto continuo a fissare il telefono, ho deciso di scrivergli ma non so ancora cosa. La cameriera mi coglie impreparato, ero troppo immerso nel pensiero di cosa avrei potuto scrivergli per notarla. “Good mor…” non ha nemmeno terminato la frase che mi spavento e rischio di farle cadere il vassoio. Povera ragazza, chissà cosa avrà pensato di me… mi scuso e lei sorride appoggiando la mia colazione sul tavolino.
Dopo un sorso di tè e un morso al croissant appena sfornato esclamo a gran voce “Ho deciso!”, attorno a me tutti si girano a guardami, ma io non ci faccio quasi caso. Prendo il telefono con mani tremanti e digito “Ei ;) sono Michael” - Si lo so, non è molto originale, tutti vi aspettavate il messaggio del secolo… ma ora come ora non ho fantasia, dovrete accontentarvi– Cancello e riscrivo cinque o sei volte prima di chiudere gli occhi e premere sul tasto “Invio”.
Riapro gli occhi, metto il telefono in tasca. Ancora tremo.
Finisco la colazione, mi alzo per andare a pagare e la mia tasca anteriore vibra. Adesso ci sono buone probabilità che sia lui... Il respiro diventa affannoso e i battiti accelerano. Metto i soldi nelle mani della ragazza, saluto, mi scuso ancora per il danno che stavo per compiere ed esco.
Appoggio la mano sui pantaloni, esito un secondo ma poi prendo il telefono, lo apro. Mi ha risposto. Sembro un bambino di fronte all'albero di Natale pieno di regali, non riesco a contenere la mia felicità e faccio un salto.
“Michael!” recitava solo così, ma mi sembrava il messaggio più bello di sempre.
Mentre sto contemplando lo schermo, un altro messaggio. “Speravo mi scrivessi. Sono stato sciocco a non chiederti il tuo numero, avrei potuto mandarti il buongiorno ;)”
Mi sembrava di sognare, sentivo per la prima volta le farfalle nello stomaco. Una sensazione mai provata, come se mi si stesse girando e rigirando e il mio cuore fosse impazzito.
“Ti perdono, ma il tuo buongiorno lo voglio lo stesso”
Nemmeno il tempo di inviare e…
“Buongiorno Michael… ti ho sognato”
“Buongiorno a te…mi sembra di vivere un sogno” , mi sembrava di averlo accanto e l’emozione forte di ieri sera si ripresenta e mi blocca.
Per tutta la strada ci scambiamo messaggi e scopro che si trova fuori città per un video documentario sulle opere d’arte degli artisti di strada. Gli dico che oggi ho un appuntamento importante, mi augura buona fortuna e mi rassicura dicendomi che sicuramente andrà tutto bene. Ci salutiamo con la promessa da parte mia di fargli sapere come andrà.

Mi accorgo che ho camminato troppo e sono già ben oltre casa mia. Mi sento bene. Ho la testa alta e l’andatura fiera. Era tanto che gli sguardi delle persone non mi facevano sentire a disagio, giudicato. Mi sentivo sopra le righe come al solito ma ordinario nella mia poca e insolita ordinarietà. Sono sempre stato categorizzato e bullizzato per com'ero, per come sono. Ho vissuto anni infernali in cui i colori che mi piaceva indossare erano quasi un taboo. Ho sempre pensato fosse un’ingiustizia, mi svegliavo tutte le mattine proprio come ogni uomo fa, andavo in bagno a lavarmi la faccia come tutti fanno, rifacevo il letto e mi sistemavo i capelli prima di uscire proprio come chiunque fa. Cosa avevo io di diverso? Perché mi giudicavano? Perché i miei colori, la mia gioia erano mal visti? Non sono mai riuscito a rispondere a queste domande, ma dopo ieri sera qualcosa è cambiato in me. Il suo sguardo, il modo che aveva di sorridermi e parlarmi. Le attenzioni che mi ha riservato. Il modo in cui mi ha fatto sentire. Ho capito che per gli altri forse sono fuori dalle righe, ma a me basta essere ordinario per lui.
   
 
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