Funny how love came tumbling down
with Adam and Eve
Funny how love is running wild and feeling free
Funny how love is coming home in time for tea
Funny, funny, funny
Funny how love is, Queen, 1974
Varicella.
Il
verdetto del pediatra accorso alla villa dell'ambasciatore americano
non dava adito a dubbi. Il rampollo di cinque anni di casa Dowling
vantava da un paio di giorni un discreto numero di sintomi tra i
quali spiccavano febbre e vistosi puntini rossi su tutto il corpo,
come se il bambino si fosse divertito a giocare con un pennarello.
La
signora Dowling aveva mandato immediatamente a chiamare il medico di
fiducia che aveva in cura il figlioletto per sottoporgli la questione
e, dopo una visita approfondita, la diagnosi fu inequivocabile:
Warlock Dowling aveva vinto alla lotteria immunitaria buscandosi una
delle malattie esantematiche più comuni durante gli anni
dell'infanzia.
Il
pediatra raccomandò una cura a base di antivirali e paracetamolo, e
che il personale della casa a stretto contatto con il bambino
risultasse immune al virus.
Tata
Ashtoreth e Fratello Francis si rivelarono perfettamente idonei ad
avvicinarsi al malato senza correre il rischio di venire contagiati.
Entrambi affermarono di aver già contratto la malattia in passato,
ma quell'immunità era chiaramente dovuta alla loro condizione di
entità sovrannaturali.
E
così, per i giorni a seguire, il piccolo dovette rimanere a letto,
confinato sotto le coperte almeno fino a quando la febbre non fosse
scesa. Harriet Dowling chiese a Tata Ashtoreth di restare con lui
durante il giorno e anche per buona parte della notte in modo da
fargli compagnia e vegliare sul suo sonno reso agitato e irregolare a
causa della febbre.
Ma
ovviamente questo poneva un grosso ostacolo al piano che il demone e
l'angelo avevano messo a punto per educare l'Anticristo secondo i
precetti sia dell'Inferno che del Paradiso. Di solito,Warlock si
recava in giardino per ricevere gli insegnamenti di Aziraphale, ma
ora che il bimbo era bloccato a letto con la costante presenza di
Crowley al suo fianco (praticamente h 24), il demone avrebbe goduto
di un vantaggio indiscutibile che avrebbe inevitabilmente finito col
rovinare l'equilibrio che si stavano dando tanto da fare per
costruire e mantenere.
Nel
frattempo, Harriet Dowling si era premurata di far pervenire a suo
figlio qualunque distrazione possibile per distoglierlo dal fastidio
della malattia e fargli trascorrere piacevolmente il tempo della sua
forzata permanenza in camera, evitandogli di finire preda della noia
e del malcontento, condizione della quale, lo sapeva bene, avrebbero
risentito per estensione tutti gli abitanti della casa.
E
così la stanza di Warlock si era riempita di giocattoli, passatempi
più o meno tecnologici e libri illustrati prelevati direttamente
dalla biblioteca della tenuta.
Tata
Ashtoreth era stata eletta a dama di compagnia del piccolo malato,
nonché governante e, all'occorrenza, infermiera. A lei toccava il
compito di misurare la temperatura del bambino ogni ora e di avvisare
immantinente la signora Dowling in caso di peggioramento, di vigilare
affinché il piccolo sorbisse il suo brodo di pollo e di assicurarsi
che prendesse la medicina prescritta dal dottore; sempre a lei era
stato inoltre affidato l'incarico di occuparsi dell'intrattenimento
di Warlock, leggendogli ad alta voce i libri che lui le indicava e
prestandosi a qualunque gioco egli volesse dedicarsi, dai videogiochi
alle battaglie con i robot.
Alla
fine della giornata, Crowley era esausto e non ne poteva più di
termometri, medicine, raccomandazioni apprensive da parte di Harriet,
giocattoli e chiacchiere infantili. Fortunatamente, Warlock passava
anche molto del suo tempo dormendo, fiaccato dalla febbre, e così il
demone poteva disporre di qualche ora per tirare un po' il fiato e
riprendersi prima di ricominciare tutto da capo un'altra volta.
Date
le circostanze, era diventato più difficile anche combinare gli
incontri strategici con Aziraphale ma un pomeriggio capitò che
Warlock si addormentasse profondamente e Crowley ne approfittò per
sgattaiolare fuori dalla cameretta e recarsi nel giardino, dove
Fratello Francis stava potando un cespuglio. Quando il giardiniere si
accorse della presenza del demone, sgranò gli occhi.
-
Oh, cielo. Hai una pessima cera, caro. -
Crowley
sbuffò. - Vorrei vedere te al mio posto. Giorno e notte ad occuparmi
del ragazzino con sua madre che mi sta perennemente col fiato sul
collo ma non muove un dito; non è proprio come essere in vacanza,
sai? -
Aziraphale
si guardò intorno per verificare l'eventuale presenza di ascoltatori
inopportuni, poi si rivolse alla tata con un bisbiglio sommesso. -
Non so proprio di cosa ti lamenti. Ti è capitata un'occasione d'oro
per avere l'esclusiva sull'educazione del giovane Anticristo, i tuoi
dirigenti saranno molto fieri di te. -
-
Sì, be', ti sfugge un piccolo particolare, angelo. - ribatté
Crowley risentito, bisbigliando a sua volta. - Non ho alcun interesse
a portare il figlio di Satana sulla via del Male. Il nostro obiettivo
comune è fare in modo che non propenda né per la tua fazione né
per la mia, ricordi? A volte sembra quasi che tu tenda a considerarmi
ancora il nemico. -
Aziraphale
arrossì sotto la folta peluria che ricopriva le guance di Fratello
Francis. - Scusa, caro. Le vecchie abitudini sono dure a morire,
temo. Il fatto è che il bambino sarà costretto a letto ancora per
un po' e io sto decisamente perdendo terreno con gli insegnamenti
virtuosi. Questo contrattempo potrebbe minare seriamente il lavoro
che abbiamo fatto fin'ora. -
-
Ecco perché sono qui: per proporti una soluzione a questo problema.
- rispose Crowley, sbrigativo. - Sai come si dice, no? Se Maometto
non va alla montagna... -
Da
dietro gli occhiali, il demone rivolse uno sguardo eloquente
all'amico, aspettandosi di scorgere un lampo di comprensione balenare
sul suo viso, ma ciò non accadde e l'unica cosa che poté rilevare
fu l'apparire di un'espressione confusa.
-
Scusa, ma adesso cosa c'entra Maometto? -
Crowley
emise un verso frustrato e scosse la testa, era inutile usare certe
sottigliezze con l'angelo. Occorreva essere più diretti. - Sto
dicendo che potresti andare tu dal ragazzo, tonto! -
Aziraphale
sbatté le palpebre. - Io? Ma, Crowley, io sono il giardiniere. Non
credo proprio di potermi auto-invitare così nella cameretta del
piccolo, senza una valida ragione. -
Il
demone scrollò le spalle. - Be', vai a genio a Warlock e sei uno dei
pochi in questa casa a poterglisi avvicinare senza rischiare il
contagio. Potresti chiedere a sua madre il permesso di andare a
trovarlo per tenerlo un po' occupato; sono certo che non ti dirà di
no. E poi siamo quasi in inverno e il giardino non ha bisogno di
molte cure al momento. Potresti darmi il cambio per qualche ora e
così la partita tornerebbe in parità. -
Aziraphale
parve riflettere su quella proposta, peraltro molto sensata, per
qualche secondo, dopodiché sfoderò un'espressione decisa e
raggiante. - Hai ragione, caro. È esattamente ciò che farò. Vado
subito a parlare con la signora Dowling. -
E
così, da quel giorno stesso, Fratello Francis ottenne
l'autorizzazione ad accantonare parzialmente il suo lavoro nel parco
della villa per recarsi in camera di Warlock e trattenersi per un po'
giocando con lui o leggendogli qualche storia. Durante quei momenti,
Tata Ashtoreth si ritirava con la scusa di alcune commissioni urgenti
da sbrigare per poi fare ritorno una volta che il giardiniere si
apprestava ad andarsene.
Se
non altro, lo stratagemma pareva aver riportato in stallo la
situazione e il piccolo Warlock, seppure prigioniero a letto,
assumeva quotidianamente la sua quotidiana dose di educazione
infernale e celestiale (oltre alle medicine per la varicella, che
egli mandava giù molto meno volentieri e avanzando molte più
proteste).
A
quel ritmo di lettura serrato, i libri prelevati dalla biblioteca al
piano di sopra iniziarono a scarseggiare quanto a varietà. Ormai il
bimbo li conosceva praticamente a memoria ed esigeva che la tata o il
giardiniere gli leggessero qualcosa di nuovo. Un solo volume era
rimasto in disparte rispetto a quelli già sfogliati più e più
volte: si trattava di un'edizione illustrata che riportava alcuni
degli episodi più famosi della Bibbia, adattati a misura di
bambino... almeno per quanto riguardava lo stile narrativo.
Quando
il libricino capitò fra le mani di Aziraphale, l'angelo pensò che,
in fondo, si trattava pur sempre di una storia che avrebbe potuto
avvincere la giovane mente del suo protetto, tanto più per il fatto
che egli era destinato a divenirne parte integrante e con un ruolo
non da poco, per giunta.
Si
sedette sul bordo del letto e sorrise bonariamente al visetto
puntinato di rosso di Warlock, che lo fissava con aspettativa.
-
Oggi, mio caro ragazzo, ti leggerò una storia nuova. E ti dirò di
più: è una storia vera! -
Il
bambino arricciò il naso. - Le storie vere sono sempre noiose. -
Fratello
Francis gli strizzò l'occhio. - Questa non lo sarà, promesso. -
Il
giardiniere iniziò a leggere, mentre Warlock divorava con gli occhi
le figure senza perdersi una parola. Contro ogni previsione, il bimbo
dovette ammettere che quella storia non era noiosa per niente, anche
se non era sicuro che fosse proprio tutta vera. Un serpente
che parlava, ma andiamo! Lo sanno tutti che i serpenti sibilano!
Ma forse Eva era come Harry Potter e poteva capire il linguaggio dei
rettili. Warlock diede voce a questo pensiero e sul volto pienotto di
Fratello Francis si dipinse un'espressione vagamente disorientata.
-
Ehm, no, ragazzo mio. Eva poteva capire il serpente perché in realtà
quello non era affatto un serpente ma un demone tentatore sotto forma
di animale. -
Il
bambino non parve troppo convinto da quella teoria, ma lasciò che il
giardiniere proseguisse il racconto senza ulteriori osservazioni da
parte sua, per quanto intelligenti e brillanti... almeno per i
successivi tre minuti.
-
E quindi Adamo ed Eva erano sposati? Come la mia mamma e il mio papà?
-
Di
nuovo, Fratello Francis parve preso in contropiede ed esitò un
momento prima di rispondere. - Be', no, non proprio, in realtà. Ma
si amavano molto. -
-
Allora perché lei ha fatto assaggiare la mela a lui anche se sapeva
che era sbagliato? L'ha fatto apposta? -
Il
giardiniere scosse la testa con vigore. - No! Certo che no, anzi, Eva
pensava di fare una cosa buona. Succede così quando si è
innamorati: se si ha qualcosa di bello, lo si vuole condividere con
l'altra persona, credo. -
-
Tu sei innamorato, Fratello Francis? -
Il
viso tondo dell'uomo assunse una lieve sfumatura cremisi. - Io,
ecco... -
Warlock
sbuffò. - Nessuno vuole mai dirmi cosa succede quando ci si innamora
ma sembra una cosa molto difficile da capire. Me lo spieghi tu,
Fratello Francis? -
-
Ma, figliolo, è qualcosa di veramente complesso da esprimere a
parole. Io non... -
-
Provaci, ti preeeeego. -
Aziraphale
trasse un gran sospiro e cercò di radunare tutte le nozioni che
aveva acquisito a proposito dell'amore nei suoi lunghi secoli di
permanenza sulla Terra e organizzarle in un discorso logico che però
risultasse abbastanza comprensibile alle orecchie di un bambino di
cinque anni.
-
Be', prima di tutto, ci sono tanti tipi diversi di amore. - esordì.
- Ma quello di cui vuoi sapere è in assoluto il più complesso.
Vedi, l'amore ha tante facce, non tutti lo vivono nello stesso modo.
L'amore è proprio strano, per certi versi. Ti può far sentire la
persona più felice del mondo, o la più triste, a seconda della
situazione; può nascere in un istante o può impiegarci anche anni;
ti fa venire voglia di trascorrere la maggior parte del tuo tempo con
l'altra persona, di farle dei regali, di renderla felice e appagata.
-
Warlock
aggrottò la fronte, desideroso di capire meglio. - Quindi non si
litiga mai? -
-
Oh, al contrario. - rise Fratello Francis. - Si litiga spessissimo, a
volte per delle sciocchezze e poi ci si pente di ciò che si è detto
e allora si cerca di farsi perdonare in qualche modo perché sapere
che l'altra persona è arrabbiata con te ti fa stare malissimo. Ma
anche questa è una delle caratteristiche principali dell'amore. -
Aziraphale
approfittò di un momento di riflessione del suo piccolo ascoltatore
per sorprendersi di quante cose sapesse sull'amore, senza esserne
conscio. Come era arrivato a costruirsi tutta quella cultura a
proposito del sentimento più antico e intricato che esistesse al
mondo? Forse aveva appreso tutto ciò grazie ai libri, ma era
convinto che ci fosse dell'altro. Una parte ribelle della sua psiche
continuava prepotentemente a sfuggire al suo controllo e a
presentargli l'immagine del volto di Crowley.
Proprio
in quell'istante, la porta della cameretta si aprì, rivelando Tata
Ashtoreth in piedi sulla soglia. Parve molto sorpresa (e non troppo
contenta) di trovare Warlock ancora in compagnia del giardiniere.
-
Fratello Francis, cosa ci fa ancora qui? Non doveva rimanere fino
alle 16.30? - abbassò gli occhi sul grosso orologio che portava al
polso. - Sono le 16.45. -
Il
bambino anticipò la risposta. - Fratello Francis mi ha letto la
storia di Adamo ed Eva e mi ha spiegato cos'è l'amore. -
-
Ma davvero? - fece la tata con un sorrisetto allusivo alla volta
dell'uomo. - E, dimmi, caro: che cos'hai capito? -
-
Che l'amore è un casino. - sentenziò il bambino, ricorrendo
a un termine che aveva sentito spesso alla televisione dei grandi. -
Io non mi innamorerò mai. È troppo difficile essere innamorati! -
Tata
Ashtoreth sfoderò un sorriso d'approvazione. - Bene, l'amore è una
gran perdita di tempo prezioso. Tempo che potresti dedicare ad
attività più piacevoli, come governare sul Mondo che verrà dopo
che avrai distrutto la Terra. -
Aziraphale
gli scoccò un'occhiata obliqua ma non replicò, in fondo Crowley
stava solo facendo la sua parte, come da progetto.
-
E comunque io avrei fatto come Eva. - affermò il bambino, risoluto.
-
Che vuoi dire, tesoro? - chiese la tata, il tono dolce e fintamente
casuale.
-
Anch'io avrei colto la mela. - dichiarò Warlock, con tutta la
sicurezza del caso. - Se Dio non voleva farlo succedere, doveva
nasconderla meglio, non metterla lì dove tutti la potevano vedere,
no? -
Tata
e giardiniere si scambiarono uno sguardo d'intesa, riportando alla
memoria il loro primo incontro e l'obiezione molto simile che il
demone aveva sollevato riguardo a quella stessa falla nel Piano
Ineffabile dell'Onnipotente, e non poterono trattenere un sorrisino
complice davanti a quel lontano ricordo.
Dopo
che Tata Ashtoreth ebbe svolto le sue mansioni di infermiera,
misurando la febbre al bambino e facendogli ingollare di malavoglia
un bicchiere nel quale era stata disciolta una disgustosa compressa
effervescente di paracetamolo, Warlock si distese nel letto, le
palpebre visibilmente pesanti.
-
Vuoi dormire un po', diavoletto? - domandò la tata, rimboccandogli
le coperte.
In
risposta, il bambino fece cenno di sì con la testa, poi chiuse gli
occhi e si addormentò profondamente.
Crowley
valutò che la sua presenza non sarebbe stata necessaria almeno per
un'ora o due, nella migliore delle ipotesi, e così si diresse fuori
dalla camera, socchiudendo piano la porta.
Nel
corridoio quasi si scontrò con Aziraphale. L'angelo reggeva un
vassoio sul quale era posato un intero servizio da tè di finissima
porcellana, completo di zuccheriera e lattiera. Il demone osservò il
tutto con espressione interrogativa.
-
Oh, eccoti qui, caro. - sorrise, cercando di mantenere in equilibrio
il tutto che tremolava e tintinnava spaventosamente tra le sue mani.
- Ho incontrato una cameriera che stava scendendo le scale e mi ha
detto che la signora Dowling le aveva ordinato di servirle il tè
alle 5 in punto ma, a quanto pare, ha preferito andare a fare
shopping con un'amica americana in visita e così lei ha preparato
tutto per niente. Mi ha letteralmente rifilato il vassoio tra le mani
e così ho pensato che, forse, avremmo potuto bere una tazza insieme.
Il salottino piccolo è sempre vuoto a quest'ora ed è proprio qui di
fianco alla camera di Warlock. -
Crowley
scosse le spalle ed emise un suono intraducibile che valse come un
bizzarro segno d'assenso e aprì la porta della stanza adiacente alla
cameretta.
I
due si ritrovarono in un salotto arredato secondo un gusto
spiccatamente retrò che strizzava l'occhio allo stile barocco.
Aziraphale
depose il vassoio sul tavolino posto fra un divano e due poltrone, al
centro di un tappeto dalla trama variopinta. Nel frattempo, Crowley
si lasciò cadere mollemente sul divano, la posa scomposta come suo
solito, nel limite di quello che la longuette aderente gli
permetteva.
L'angelo
sedette sulla poltrona, versò il tè in due tazze e ne porse una al
demone, prima di aggiungere un goccio di latte nella propria.
-
E così gli hai raccontato come tutto ebbe inizio. - commentò
Crowley, pensieroso. - Mi sembra appropriato visto che il suo destino
sarebbe, teoricamente, quello di scrivere la parola Fine a
quella stessa storia. -
-
Non succederà, caro. - lo rassicurò Aziraphale riponendo
delicatamente la lattiera sul vassoio. - Stiamo lavorando bene, non
credi? Tutto sta procedendo secondo i piani e il bambino non sembra
propendere né per la tua fazione né per la mia. È normale, come
volevamo. Non c'è ragione di preoccuparsi. -
Crowley
accennò un tacito assenso, dopodiché prese un sorso di tè.
-
E comunque come siete finiti a parlare dell'amore? -
Aziraphale
si prese un secondo per assaporare a sua volta la bevanda calda prima
di rispondere. - Il ragazzo voleva capire per quale motivo Eva avesse
condiviso la mela con Adamo. -
-
Mi sembra più che lecito. - approvò Crowley. - E tu cosa gli hai
risposto? -
-
Gli ho detto che quando si è innamorati si vuole condividere tutto
con la persona amata e poi lui mi ha chiesto come sia l'amore. -
-
E... ? - incalzò il demone, le sopracciglia sempre più sollevate
sopra le lenti che tradivano una fremente curiosità.
Aziraphale
si sentì improvvisamente arrossire e abbassò lo sguardo sulla tazza
che teneva tra le dita. - Be', gli ho spiegato che l'amore può
essere vissuto in modo diverso da individuo a individuo ma che,
solitamente, fa sentire molto felici oppure molto tristi e spinge a
donarsi completamente all'amato pur di farlo felice e che, anche se a
volte si litiga, se si è davvero innamorati e ci si rispetta a
vicenda, alla fine tutto si risolve per il meglio. Sai, le solite
cose che gli umani vanno raccontando sull'amore da... be', da sempre.
-
Crowley
aveva ascoltato con attenzione ogni parola dell'angelo, ostentando
una calma apparentemente imperturbabile. Eppure, se i suoi occhi non
fossero stati protetti dal filtro scuro, forse Aziraphale avrebbe
potuto accorgersi della fissità del suo sguardo intenso mentre
parlava, del modo insolitamente appassionato con cui l'amico lo
osservava mentre lui era intento a raccontargli di come avesse
spiegato il mistero dell'amore ad un bambino di cinque anni con tanta
naturalezza e, perché no, magari anche di un flebile guizzo di... di
cosa? Dolore? Frustrazione? Oppure di una remota speranza?
-
Una spiegazione davvero esemplare, angelo. - decretò infine il
demone, con voce piatta e indecifrabile, scevra di qualunque emozione
tranne forse una punta di ironia appena percepibile.
-
Dici? - fece Aziraphale, sollevato. - Oh, grazie al cielo! Certe
volte, quel ragazzino fa domande talmente complicate e bizzarre! Mi
mette in difficoltà. -
Un
angolo delle labbra perfettamente disegnate di Crowley si inarcò in
un sorrisetto sghembo. - Me ne sono accorto. È un tipo sveglio, il
nostro Anticristo. Ed è anche curioso: una qualità che,
personalmente, apprezzo sempre in chiunque, umano o no. -
-
Già. - annuì Aziraphale, sorridendo a sua volta prima di
sorseggiare un po' del suo tè col cuore inspiegabilmente molto più
leggero.
Aziraphale
e Crowley finirono la bevanda appena in tempo, prima che, dalla
parete accanto, si levasse la voce strillante e autoritaria di
Warlock. - TAAAATAAAAA! DOVE SEI? -
Il
demone sospirò, conscio di essere stato troppo ottimista nei suoi
calcoli circa il tempo libero che avrebbe avuto a disposizione. Il
sonnellino del piccolo malato era durato decisamente meno del
previsto.
-
Meglio che vada. - disse, posando la propria tazza di nuovo sul
vassoio. - Il figlio del mio Signore reclama la mia presenza. -
aggiunse in tono rassegnato.
Aziraphale
annuì, conciliante. - Va' pure. Ci penso io a riportare questo in
cucina. -
Crowley
si diede una rapida sistemata alla gonna e all'acconciatura e, prima
di uscire dal salotto, si volse verso l'amico con una mano appoggiata
allo stipite. - Angelo? -
L'altro
alzò lo sguardo, in attesa. - Sì, caro? -
Il
demone parve titubare per un attimo. - Stasera non devo badare a
Warlock. Ci vediamo più tardi per parlare della giornata, vero? Come
al solito? -
-
Ma certo. - confermò Aziraphale, leggermente sorpreso da quella
domanda. Insomma, era ovvio che si sarebbero visti per fare il punto
della situazione, no? Non lo facevano sempre?
Crowley
non fornì alcun chiarimento che potesse lenire la sua perplessità e
si limitò ad un cenno del capo. - Bene. - Sparì oltre la porta
senza aggiungere altro e Aziraphale udì riaprirsi quasi in
contemporanea quella della camera di Warlock.
L'angelo
ripose anche la sua tazza vuota sul vassoio e si preparò a scendere
in cucina per restituire le preziose stoviglie. Ma, proprio mentre si
accingeva ad alzarsi, gli tornò alla mente una delle frasi che aveva
rivolto al bambino poco prima: Succede così quando si è
innamorati: se si ha qualcosa di bello, lo si vuole condividere con
l'altra persona.
E
non era forse ciò che egli aveva appena fatto? Si era
inaspettatamente ritrovato tra le mani un vassoio con due tazze e una
teiera fumante e subito aveva assecondato l'istinto che gli suggeriva
con insistenza di condividerlo con Crowley. Non si era fermato
neanche per un attimo a riflettere sulla possibilità di tenerlo per
sé o offrirlo a qualcun altro. Era successo tutto automaticamente.
E
poi c'era quell'inaspettata conoscenza che aveva interiorizzato a
proposito dell'amore senza neanche rendersene conto. Possibile
che...?
Aziraphale
scosse la testa, come per liberarsi di quelle idee tanto bislacche e
che, lo sapeva bene, non avrebbero portato a niente se non
distoglierlo pericolosamente dalla sua missione, la quale godeva
della priorità assoluta. Non poteva permettersi alcuna distrazione.
Sebbene
questa giustificazione fosse più che valida, una molesta vocina
interiore continuava a sussurragli una versione ben diversa: “Hai
solo paura della verità che potresti scoprire se scavassi un po' più
a fondo dentro di te. Sei un vigliacco, angelo.”