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Autore: lunatica91    06/01/2020    1 recensioni
-Dov'è che vuoi andare te?-
-Ad un larp.-
-Sì, ok, ma dove hai detto che si svolge questo larp?-
-In un bunker.-

Un gioco può cambiare anche la realtà? Ma infondo, cosa è reale e cosa un gioco?
Genere: Comico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Eccomi con un nuovo capitolo.
La storia sarà di 5 capitoli totali, di cui il prossimo è già in cantiere, conto di finirlo in qualche giorno, massimo una settimana. Se avete domande circa i Larp o magari avete notato errori, fate sapere ^^
E con questo, buona lettura! :)

 

 
Giorno 0

 

Quando partimmo, un giovedì pomeriggio particolarmente afoso, eravamo tutti elettrizzati e carichi: Andre non faceva altro che gongolare e parlare dei problemi del suo personaggio, Earhart, vedovo distrutto e con un figlio a carico piuttosto ribelle; Gio mise su della musica a tutto volume, rigorosamente anni '50, per entrare nel mood; io, invece, mi ritrovai in balia di molteplici emozioni troppo difficili da classificare e tutte mischiate assieme: paura, euforia, felicità, ansia.

Nel complesso posso dire che eravamo felici e terrorizzati allo stesso tempo. Era una sensazione strana ma comunque piacevole e, capii subito, non sarebbe stata la prima volta che l'avrei provata.

-Ragazzi, faremo un giro un po' lungo perché passiamo a prendere un altro ragazzo che giocherà con noi.-

Guardai curiosamente Andre alla guida.

-E chi è?-

-Ah, non lo so. So solo che si chiama Tommaso e ci aspetta al casello.-

Io e Gio scoppiammo a ridere, pensando che in realtà il poveretto che sarebbe salito in macchina con noi sarebbe stato sicuramente messo a disagio dai tre tizi carichi e con la musica anni '50 a palla. In realtà non avevo bene inteso la definizione di larper, ossia, i giocatori di ruolo dal vivo: ebbene, sono tutti carichi e fissati allo stesso modo, soprattutto a poca distanza da un evento e il nostro ospite a sorpresa non fu differente. Tommaso, un ragazzo alto e magro dallo spiccatissimo accento emiliano, apprezzò tantissimo la musica a tema e, con non calanche, prese a parlare anche lui del larp imminente e mi diede alcuni consigli tecnici, visto il mio essere novellina. Nemmeno a dirlo, nel giro di mezz'ora sembravamo tutti amici di vecchia data, immersi in dialoghi assurdi, dove la realtà e la finzione si intrecciavano perfettamente.

-Ehi, Debbi! Ma alla fine l'hai contattato il tipo che fa tuo marito?-

-Ehm... no.- risposi tranquillamente.

Le espressioni attonite degli altri tre mi misero leggermente in allarme.

-Ma perché?- chiesi ingenuamente -È così importante?-

-Cioè, tu dovresti essere sposata ma non sai nemmeno chi sia tuo marito?-

-Pazza...-

Sentii l'ansia salire come un plotone d'esecuzione. Io avevo anche provato a cercare questo tizio sui social, anche perché sul sito del larp erano stati messi tutti i nomi delle persone partecipanti; solo che non avevo trovato proprio nulla. Nessun profilo, nessuna foto, niente. Quindi mi ero rassegnata all'idea di incontrare mio marito al larp, sperando di poterci parlare da sola per qualche momento prima dell'inizio dei giochi. Non credevo sarebbe stato così strano, ma le facce dei miei amici mi fecero salire parecchi dubbi al riguardo.

-Il mio personaggio, Owens, è fidanzato e ho già parlato con questa ragazza di come si evolverà il nostro rapporto.- precisò Tommaso.

-E io ho parlato con quello che interpreterà mio figlio.- si intromise Andre con tono saccente -È importante parlare prima di come si vuole interpretare il personaggio, così da non fare cose che possano dare fastidio all'altro.-

Gonfiai le guance, iniziando ad infastidirmi.

-Insomma! Voi avete avuto mesi per sentire sta gente, io mi sono iscritta due settimane fa ed è già tanto che sia riuscita a trovare posto. Mio marito se ne farà una ragione!-

Ovviamente tutti scoppiarono a ridere, e io capii di aver messo troppa enfasi in un dialogo che era, decisamente, fintamente esagerato.

-Ma prende sempre tutto così seriamente?- chiese Tommaso continuando a sghignazzare.

-Il più delle volte.-

-Allora sarà divertentissimo giocarci!-

 

 

-Ma sei sicuro che la strada sia questa?-

-Ah bo', il navigatore dice di andare di qua...-

-Una strada più inquietante non potevamo prenderla: niente luci, niente case...-

-Secondo me a domani non ci arriviamo.-

-Domani? Qua non arriviamo nemmeno in hotel!-

E invece l'edificio si stagliò tranquillo e solido di fronte a noi, come a ricordarci quanto fossero assurdi e paranoici i nostri discorsi.

Arrivati nella stanza ci accasciammo esausti sui letti, pensando con ansia e trepidazione al giorno seguente. Solo una notte ci separava da quella strana esperienza e ancora non riuscivo a capacitarmene: avevo davvero detto di sì ad una cosa del genere? Sarei veramente rimasta chiusa per tre giorni in un bunker antiatomico? Ero mentalmente stabile per aver scelto volontariamente di entrarci, ed aver anche pagato per farlo?

-Ehi, vi va di provarci i costumi di domani?-

La richiesta di Gio arrivò al momento giusto, segregando in un angolo della mente le mie consuete paranoie.

In un attimo aprii la valigia e iniziai a prepararmi: camicetta, maglione, collant, gonna, sottogonna, scarpe, … Il tempo di tirare fuori tutto e la mia compagnia maschile aveva quasi terminato di vestirsi.

-Accidenti al sottogonna...- brontolai mentre litigavo con l'indumento che continuava ostinatamente ad impigliarsi ovunque -Chi diamine ha inventato quest'aggeggio infernale?-

I ragazzi non risposero, impegnati nell'unica parte complicata del loro vestiario: il nodo alla cravatta. Facile la vita per loro, pensai mentre indossavo i collant, pregando in ogni modo che non si smagliassero.

Quando finalmente la gonna e il sottogonna smisero di litigare fra loro, mi guardai allo specchio, rimirando il risultato: la gonna bianca a pois blu era troppo lunga per i miei standard, ma perfetta per l'epoca; le scarpe, vecchio cimelio di mia madre, mi avrebbero distrutto i piedi dopo appena due ore, ne ero convinta; pregai che la camicetta ed il maglione mi avrebbero riscaldata adeguatamente, anche se non ne ero proprio convinta; infine il foulard e la fascia per capelli rendevano il costume tremendamente verosimile.

-Oh mio Dio! Ma sembro mia nonna!-

-Be', è quella l'idea, credo.- ridacchiò Andre dietro di me, ammirandosi nel suo completo grigio fumo.

-Gio, mi piace un sacco la tua camicia!- esclamai al mio amico mentre sfoggiava una camicia scura con disegni floreali -Qual è il tuo personaggio?-

-Chaplin, “lo spione fascinoso”.-

-Addirittura?- replicai alzando divertita un sopracciglio -E il tuo ruolo quale sarebbe?-

-Quello di provarci con tutte le signore del bunker.- e concluse la battuta con un occhiolino provocatorio.

-Mmm, non so quanto sarà felice mio marito di sapere questa cosa...-

Il cellulare iniziò a vibrare, entrando prepotentemente nella conversazione. Il nome del mio ragazzo lampeggiò sullo schermo e io, con una smorfia, risposi. Non capii perché quella volta mi diede così fastidio che il mio ragazzo mi chiamasse: pensai proprio che mi stesse disturbando quando in realtà voleva solo sapere come stessi. Chiusi piuttosto velocemente la chiamata, attirandomi gli sguardi incuriositi dei miei amici.

-Tutto bene?-

Guardai Andre, non sapendo bene cosa rispondere.

-Non lo so...-

In realtà lo sapevo benissimo che non stava andando bene. Lo sapevo che c'erano dei problemi, lo sapevo che stavamo lavorando per risolverli e lo sapevo che non ci stavamo riuscendo. Solo che non volevo ammetterlo, non volevo ammettere quella sconfitta che, un giorno o l'altro sarebbe arrivata. Volevo crogiolarmi nell'ignoranza, mantenere quella meravigliosa benda sugli occhi e far finta di niente perché, per adesso, mi andava bene così. I problemi li avremmo risolti più avanti.

Abbozzai un sorriso, scuotendo energicamente la testa, e cambiai discorso, fomentando nuovamente le aspettative per l'indomani.

Fu in quel momento, mentre ci facevamo foto senza sosta condite da commenti idioti, che mi chiesi: perché sono qui? Perché mi sono voluta imbarcare in questa avventura? Volevo stare da sola con i miei pensieri oppure non volevo proprio pensare?



 

   
 
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