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Autore: Koa__    06/01/2020    4 recensioni
Questa sarà una raccolta di lettere, scritti, pagine di diario e messaggi, scritti dai personaggi che gravitano attorno a la Norbury e a capitan Sherlock Holmes, il ben noto Pirata Bianco. Il contesto è strettamente legato alla serie Let's Pirate! E a ogni storia da Sherlock Holmes e l'isola del tesoro, in avanti.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes, Victor Trevor
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Let's Pirate!'
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Ambientazione: Nel passato, prima di “Sherlock Holmes e l’isola del tesoro”.
Note: I fatti narrati qui vengono raccontati nel capitolo 3, La ballata di Victor Trevor, di “Sherlock Holmes e l’isola del tesoro”. La lettera è da collocarsi prima dei fatti lì raccontati. Altre note in fondo.

Attenzione, alcune delle attività narrate in questa lettera, oltre che il linguaggio usato, potrebbero urtare la sensibilità di chi è religioso.

 
 
 


 
 
4. Contessa de Roux
 
 
 
 
 
 
Parigi, 4 maggio 1646
 
 
 
 
 
 
 
            Mio amato padre Trevor, è col cuore traboccante d’agitazione che mi accingo a scriverti queste poche parole affrettate dalla mia mano tremante. So che t’eri raccomandato di non usare carta e penna se non quando strettamente necessario, ma sappi che l’urgenza che nutro non è soltanto di carattere sentimentale e che ben più gravi problemi angustiano il mio animo. Anzitutto sappi che ho seguito con scrupolosa attenzione le istruzioni che mi hai lasciato: ho scelto della comunissima carta da lettere e non la mia personale, quella profumata degli stessi fiori di violette che tanto hai dimostrato d’apprezzare. Ho già mandato a chiamare quel giovane mendicante che mi avevi indicato come persona fidata e infine mi accingo a scriverti in inglese così che i miei servi, al pari di mio marito, non possano comprendere quanto sto per dirti. Per quanto il mio detestato consorte si vanti di parlare inglese e tedesco in maniera fluente, so per certo che non saprebbe leggere una parola di questo mio scritto.
 

            Mio carissimo frate, in questa splendida mattina di maggio ben altre dovrebbero essere le attività con le quali impegnarsi. Di certo non vorrei trovarmi qui, seduta allo scrittoio a tentare di ricordare tutte quelle parole straniere che mi hai insegnato in questi mesi insieme. Eppure mi ci vedo costretta poiché esiste una ragione a tutto ciò ed è la stessa che innervosisce così troppo la mia calligrafia, che fa vacillare di molto le mie intenzioni. Mio amato, vedi, potrei giurare sulla mia stessa vita che per il conte tu non sei altro che il mio confessore. Per l’appunto, ieri sera io e lui ci siamo ritrovati a discutere su quanta stima non si possa avere che di te. Il conte non faceva altro che declamare la tua intelligenza e la tua eccellente conoscenza nel greco e nel latino, e con quanta premura ti sei imposto d’insegnarmele. Ha egli, inoltre, una buona opinione dell’ordine religioso che rappresenti e per la quale si è prodigato in generose donazioni che gli sono valse una qualche amicizia in più tra la vostra gente. Sono quindi certa che di sua iniziativa non arriverebbe mai a scoprire quel che ci lega veramente e infatti non è lui il motivo di tanta preoccupazione. Ho un dubbio che mi attanaglia le viscere, un sospetto che riguarda la mia cameriera personale e che non mi fa dormire la notte. Non posso in queste righe farti il nome di questa persona, poiché temo che apra anche la mia posta. Ritengo che ella abbia capito qualcosa della nostra relazione e temo possa decidersi a rivelare i suoi sospetti a mio marito, se istigata a tal punto. Nel caso in cui questo dovesse accadere, ho paura che la tua vita possa essere in pericolo. Ho pertanto bisogno di parlarti, di rivelarti a viva voce i miei sospetti così che la tua mente acuta possa darmi un consiglio su come comportarmi. Mio caro frate, la tua intelligenza e furbizia sono quanto ci potrà salvare, ne sono sicura. Perciò ti domando un incontro, chiedendoti però il favore di non incontrarci qui nella mia villa. Verrò io a Sainte-Chapelle, * domattina, chiedendo con urgenza di un confessore. Mio amato, già mi pare di vedere le espressioni che colorano il tuo viso e la disapprovazione farsi largo nel tono della tua voce. Mi rendo conto che una chiesa situata accanto a una prigione sia un luogo poco indicato per due amanti fedifraghi nonché per una delle tue confessioni, ma non vedo altra scelta che questa.
 
 
           È anche un’altra la questione che vorrei affrontare tra queste righe, anche se so bene che le parole che spenderò non potranno mai davvero elogiare la tua immensità, nonché tutto l’amore che nutro per te. Padre, da quando ti ho incontrato io non vivo più. E in questo splendido mattino, alla mia paura d’essere scoperta così come al terrore che la tua vita possa essere in pericolo, si aggiunge anche questo bruciante desiderio che provo. Ardo d’amore, padre e di passione, come mai mi è successo nella vita. Liberami da questo tormento te ne prego giacché non so come fare per levarmi il pensiero che ho di te, e per cancellare dalla memoria le tracce del nostro ultimo incontro, quando mi mostrasti le gioie del battesimo. Battezzami, padre. Confesso a te e in queste parole che mai prima avevo nutrito un così grande interesse per i sacramenti o per seguire la messa la domenica, così come anche per il greco e per il latino le cui lezioni tanto bramo. Desidero sentire la tua virile voce declamare antichi autori e poi accarezzarmi la nuca con parole sconce. Desiderio le tue mani addosso a me, strizzarmi e accarezzarmi con delicatezza. E bramo d’essere presa con volgare bramosia. Ora e in questi istanti non vivo d’altro che dell’attesa spasmodica della confessione. Ti vorrei qui, padre. Con me. Sopra di me. Tra le mie cosce, sui miei seni strizzati in un bustino come piacciono a te. Voglio la tua virilità, la tua passione. Il tuo modo perverso di amare. Le tue mani addosso e la tua voce ad accarezzarmi. Ti desiderio come non credevo si potesse desiderare qualcuno. L’assenza è un dolore troppo grande da sopportare, un male che temo sarò costretta a portarmi dentro per tutta quanta la vita, poiché mai potremo essere liberi di amarci come vogliamo. Quest’oggi vivrò dell’aspettativa, del sogno costante che ho di te. In attesa di una tua confessione.
 
 
 
 
 

Géraldine de Roux
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*La Sainte-Chapelle è una chiesetta situata nell’ile de la Cité, a Parigi, proprio in prossimità della Conciergerie che nel tempo in cui è ambientata questa storia era una prigione. La chiesa oltre a esser stata più volte distrutta e ricostruita, è stata anche sede del Parlamento di Parigi. Ciononostante fino al tardo settecento, è stata gestita da un collegio di canonici.
 
Note: Riprendo in mano questa raccolta di lettere dopo tanto tempo. Lo faccio perché la terza parte sta arrivando, ho già iniziato a lavorarci. Sta diventando tutto sempre più complicato, devo stare attenta a mille cose e infatti temo ci vorrà ancora un po’. Ma ho questa lettera, come vedete non importante ai fini della trama, e una prossima già scritta che sarà invece fondamentale per il quadro più in generale. La posterò tra un pochino, intanto grazie a tutti per essere giunti sin qui. E grazie anche a chi ha recensito.
Koa
   
 
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