83
Apocalisse
La
tromba di Gabriel risuonava nel cielo, gli eserciti nemici si erano
schierati
ed erano pronti alla battaglia. Attendevano quel giorno da millenni,
dai tempi
della prima caduta, ed ora era giunto il momento. Alcuni erano
increduli, si
guardavano attorno senza troppa convinzione, mentre altri sembravano
non
aspettare altro. Le armature e le armi scintillavano, mentre il cielo
si
scuriva.
“Fai
ancora in tempo a fermare tutto, fratello” mormorò
Mihael.
“Non
ho intenzione di farlo” rispose Lucifero.
I
due erano a pochi centimetri di distanza e l’inizio del loro
scontro decretò anche
l’inizio dell’intera battaglia. Si alzò
un grido e le due fazioni si attaccarono,
in un turbinio di ali e scintille.
Espero
lottava fieramente accanto al padre, senza alcun timore. Nasfer, in
principio
titubante, provava una forte rabbia dentro di sé. Gli angeli
avevano ucciso suo
padre e lui si doveva vendicare! Così dimenticò
tutti i pensieri fatti con
Sophia, sulla pace e sulla convivenza fra popoli, e lottò
con ferocia. Si stupì
quando davanti si ritrovò gli occhi azzurri della sorella
angelica. Indossava l’armatura,
era coperta in parte da un elmo, ma quello sguardo lo avrebbe
riconosciuto
ovunque!
“Smettila
di combattere!” lo supplicò Sophia.
“Come
puoi chiedermelo? Nostro padre è morto!”
ringhiò Nasfer, minacciandola con la
spada.
“Nostro
padre è vivo. È imprigionato ma è
vivo! Ti prego, aiutami a fermare questa
follia!”.
“E
come?!”.
“Vieni
con me!”.
La
ragazza lo prese per mano e insieme si allontanarono dalla battaglia.
La
tromba di Gabriel svegliò Keros di soprassalto. Si
guardò attorno, accecato
dall’eccessivo bianco e dalla potenza della luce di quel
luogo. Sentiva molte
voci, concitate ed agitate, e passi svelti. La tromba
riecheggiò di nuovo e
fece vibrare le pareti. Il mezzodemone tentò di uscire da
quella stanza vuota
ma la porta era chiusa dall’esterno.
“Dove
sono? Qualcuno mi sente?” chiamò il prigioniero.
Non
era più stanco e nemmeno ferito. Riconosceva il tocco degli
angeli guaritori,
quasi sicuramente di Raphael. Ma per quale motivo si trovava
lì? Non ricordava
molto, se non che stava tentando di far ragionare i suoi allievi.
Chiamò ancora
ma il frastuono esterno copriva la sua voce.
“Ma
che succede?!”.
Capì
che doveva tentare di uscire da solo ed evocò il fuoco fra
le mani. Questi però
si spense appena accostato all’ingresso. Che altra tecnica
poteva usare? Pareva
brutto sfondare la porta a calci…
Tutto
crollava. Palazzi, città, edifici di ogni tipo. Al passaggio
degli eserciti,
tutto ciò che l’Uomo aveva creato stava
gradatamente svanendo, fra polvere e macerie.
Si udivano grida, di feriti e fuggitivi, poi più nulla.
Raphael rabbrividiva
dinnanzi a quello spettacolo, rimanendo al sicuro in Cielo. Vide Sophia
per
mano a Nasfer mentre correva veloce fra le strade della
città paradisiaca. Ma dove
pensava di andare? Fortunatamente tutti i soldati erano impegnati in
guerra o quel
giovane sarebbe già stato ucciso! Intuì dove
volessero andare e l’Arcangelo
decise di precederli, incamminandosi svelto lungo il sentiero che in
pochi
conoscevano. Quasi scivolando sull’argento della strada,
raggiunse l’edificio
in cui Keros era stato rinchiuso. Non si trattava di una prigione, in
Paradiso
non era previsto nulla di simile, bensì di una casa angelica
priva di
arredamento e con le uscite sprangate.
“Papà!”
chiamò Sophia “Papà, ti sei
svegliato?”.
“Sophia!”
rispose subito Keros “Che succede? Perché le
trombe? E dove sono?”.
“Ti
spiego tutto dopo! Ora ti dobbiamo liberare alla svelta. Stai indietro,
c’è qui
Nasfer con una spada!”.
Il
mezzodemone indietreggiò di qualche passo, mentre Nasfer
distruggeva la porta
in legno con l’arma che impugnava.
“Andiamo!”
incitò lei, non aspettandosi di ritrovarsi di fronte Raphael.
“Dove
pensate di andare?” domandò l’Arcangelo.
“Dobbiamo
fermare la guerra” spiegò Sophia.
“E
come pensate di farlo? Con i buoni propositi? Tutti noi vorremmo
fermarla!”.
“Mio
padre può, ne sono convinta! Lucifero lo crede morto ma
quando lo vedrà…”.
“Ormai
è tardi, bambina…”.
“Lasciaci
almeno provare!”.
“E
per cosa? Fareste meglio a restare qui. Sopravvivreste tutti e tre e
vivreste
in Cielo, una volta che le porte di entrambi i mondi si chiuderanno per
sempre”.
“Ma
c’è la mia famiglia agli Inferi!”
protestò Nasfer.
“Voglio
tentare” si intromise Keros “I ragazzi possono
restare qui al sicuro, mentre io
provo a far ragionare le due fazioni. Se convinco Mihael e Lucifero,
forse…”.
“E
se ne venissi ucciso?”.
“Correrò
il rischio”.
“Lascialo
passare o ti tiro un pugno!” si udì una voce.
Tutti
si stupirono molto nel constatare che a pronunciare quella frase era
stato Camael,
l’Arcangelo dell’amore puro.
“Ma
cos…?” provò a ribattere Raphael.
“Questi
giovani hanno rischiato tutto per venire qui. Un angelo ed un demone,
per mano,
sono venuti qui per tentare in ogni modo di riportare la pace. Hanno
liberato
il loro padre, un ibrido fra due specie che non dovrebbe nemmeno
esistere
eppure è qui. E forse, dico forse, è davvero
l’unico in grado di fermare la
fine del Mondo. Perché vuoi impedirlo, Raphael?”.
“Io…
e va bene” sospirò il guaritore “Fate
quel che volete!”.
Padre
e figli corsero verso la guerra. La distruzione aveva avvolto il Mondo,
l’odore
di morte e di anime impregnava ogni cosa. I secoli passati a studiare
la
fisionomia di Keros aveva permesso la creazione di armi che abbattevano
angeli
e anime pure. I demoni uccisi svanivano in una coltre di fumo, gli
abitanti del
Paradiso in scintille d’oro. Il mezzodemone rimase immobile,
sospeso a mezz’aria,
osservando tutto quel disastro e quei cadaveri.
Lucifero
e Mihael continuavano ad affrontarsi. Entrambi feriti, non si levavano
gli
occhi di dosso. Keros raccolte le proprie forze e scagliò un
colpo di fuoco che
divise i due contendenti. Il sovrano degli Inferi e
l’Arcangelo alzarono lo
sguardo e videro il sanguemisto, con un certo stupore.
“Basta!
Vi prego!” gemette Keros “State distruggendo il
Mondo!”.
Lucifero
sorrise, felice nel vedere il suo protetto ancora vivo. Mihael invece
era piuttosto
contrariato da quella presenza.
“Ormai
è tardi” ghignò il Diavolo
“Unisciti a noi! Dov’è Dio? Te lo dico
io: non c’è! Vieni
qui e combatti, l’ultima guerra del Mondo! È stato
l’Uomo stesso a volerlo, è
stato Dio a volerlo: ci ha creati per fare la guerra!”.
“No!”.
“Non
c’è più nulla da salvare”.
Keros
si guardò attorno. Fuoco, sangue, polvere… era
vero: non c’era più nulla da
salvare! In terra solo cadaveri e morti, in cielo ancora scontri e
corpi che
precipitavano. Lucifero e Mihael si preparavano. Il sovrano era
atterrato
accanto a Keros, incitandolo ancora a partecipare a quella guerra.
Mihael, con
l’armatura che scintillava in modo quasi accecante nonostante
il sangue ed i
graffi, puntò la spada contro il Diavolo.
“Vieni
pure, fratellino” ghignò Lucifero “Ti
aspetto!”.
L’Arcangelo
iniziò la sua discesa, deciso a dare finalmente il colpo di
grazia all’avversario.
“Facciamola
finita!” rise il demone, spalancando le braccia.
“Ma
siete impazziti?!”. Keros non capiva. Che stavano facendo?
Come potevano
desiderare così tanto la morte? Come potevano essere
così felici di vedere
fratelli e sorelle cadere, svanire?
Il
loro sguardo era acceso, infuocato, colmo d’ira. Come se non
fossero loro
stessi, come mossi da una volontà che non erano in grado di
controllare del
tutto, lanciarono entrambi un urlo di rabbia.
Nasfer
e Sophia si strinsero, capendo che quell’unico colpo poteva
determinare la fine
della guerra, mentre le anime mortali svettavano verso il Cielo o
svanivano
negli Inferi. Keros chiuse gli occhi, non sapendo che altro fare,
richiamando a
sé tutta l’energia che ancora aveva.
Creò la barriera più forte che mai era stato
in grado di evocare, aprendo le braccia per riempire il cielo di luce.
Quando il
Diavolo e l’Arcangelo si scontrarono, si balenò un
lampo che costrinse tutti a serrare
le palpebre. Keros fu sbalzato all’indietro per quel colpo.
Nel bianco,
temporaneamente incapace di vedere, batté violentemente la
testa su quel che
restava di un edificio umano.
Quando
riprese i sensi, vi era un insolito silenzio. Un silenzio inquietante.
Keros si
passò una mano sugli occhi, ancora infastiditi dal lampo
sprigionato della
barriera, e rizzò le orecchie. Si alzò a sedere,
guardandosi attorno. Era solo!
Silenzio, niente più battaglie. I cadaveri umani erano
rimasti in terra, mentre
angeli e demoni erano svaniti. E gli altri?
“Papà?”
chiamò, rivolto a chiunque potesse rispondere a
quell’epiteto.
Pronunciò
altri nomi, di figli e amici, senza udire alcuna voce di rimando. Si
alzò,
scuotendosi e togliendo la polvere dalle vesti. La testa gli doleva e
ancora
sanguinava. Si passò una mano sul capo, ritrovandosi le mani
sporche di rosso
scarlatto. Fortunatamente il sole spuntò da dietro alle
nuvole e questo aiutò a
cicatrizzare quel brutto taglio. Appena riuscì a spiccare il
volo con sufficienti
energie, raggiunse i luoghi dove sapeva si aprissero portali per
l’Inferno. Tentò
di utilizzarli ma non successe nulla. Stupito, Keros ci
riprovò. Tentò la
stessa cosa con diversi portali, provò a crearne uno a sua
volta ma nulla.
“Gli
Inferi sono chiusi?” mormorò il mezzodemone.
Volò
ancora un po’, cercando allora di mettersi in contatto con il
Paradiso. Anche
quelle porte però parevano chiuse. Atterrò, nel
punto dove aveva ripreso i
sensi, e storse il naso.
“Ma
dove siete tutti?” chiamò ancora “Hei!
C’è qualcuno?! Di sopra o di sotto, qualcuno
mi sente? Sono rimasto qui!”.
Sperava
di udire qualcosa, qualcuno, o di veder qualcuno venire a prenderlo e
portarlo
a casa. Paradiso o Inferno non faceva differenza,
l’importante era non rimanere
lì da solo! Sedette in quel punto, attendendo speranzoso.
Qualcuno si sarebbe
accorto della sua presenza, giusto? Qualcuno doveva venirlo a prendere!
Non poteva
rimanere lì da solo, nel mondo Umano! Un rumore gli fece
girare il capo, allarmato.
Non percepiva angeli o demoni eppure qualcosa si era mosso. Qualche
maceria
caduta? Qualche animale? Dopotutto l’Apocalisse prevedeva la
fine dell’Uomo e
delle sue opere, non di animali e natura.
“Aiuto!”
chiamò una voce.
Aiuto?
Qualcuno era in vita? Qualcuno c’era? Qualcun altro era
rimasto? Keros scavò
fra resti di cemento e terra, scorgendo un viso di fanciullo.
“Ci
sono qua io” lo rassicurò il mezzodemone
“Ora ti tiro fuori”.
Si
unirono altre voci, altre richieste di aiuto. Un gruppetto di bambini
mortali,
sporchi e feriti, erano riemersi da quel che restava di una scuola.
Nessun adulto,
nessun’altro. Keros intuì che doveva averli
protetti con la barriera che aveva
creato, impedendogli di morire come il resto
dell’umanità.
“Chi
sei?” piagnucolò una bambina, spaventata.
“Un
angelo?” azzardò un’altra bambina.
“Ha
le corna!” notò un terzo bambino.
“Sono
Keros” si limitò a dire il sanguemisto.
“Cosa
è successo? La maestra…”.
La
maestra era poco più in là, schiacciata da un
muro di cemento.
“Siete
rimasti solo voi” parlò piano il principe
“Solo voi…”.
I
bambini si guardarono, piangendo. Il mezzodemone non sapeva che fare,
non sapeva
come comportarsi davanti ad una scena simile. Li lasciò
lì, abbracciati, e
tornò a sedersi sullo spuntone di cemento contro cui era
andato a sbattere. Il sole
tramontava, la brezza lieve della sera ne muoveva le ali con dolcezza.
Sospirò.
Che poteva fare? Qualcuno però doveva venire a prendere quei
bambini! Forse
doveva ucciderli? Li guardò, mentre piangevano e si
stringevano l’un l’altro. Dopotutto
erano mortali. Primo o poi sarebbero morti lo stesso e allora Paradiso
e Inferno
dovevano accorgersi di quella presenza! Dovevano riaprirsi le porte per
accogliere quelle anime! Si alzò, avanzando lento verso quel
gruppo di piccoli.
Era la cosa migliore: ucciderli e far sì che si
ricongiungessero con i propri
genitori e famiglie. I bimbi si voltarono tutti verso di lui e gli
sorrisero. L’innocenza
dell’infanzia: qual meraviglia!
“Grazie
per averci salvato” parlò una bimba
“Angelo o demone, siamo vivi grazie a te”.
Keros
sobbalzò. Che doveva mai rispondere? Già pronto a
sferrare il colpo di grazia, così
facile spezzare la vita di quegli esseri così piccini, si
trattenne.
“Non
posso” sospirò, rassegnato.
“Che
cosa?”.
“Nulla.
Venite qui. Sarà difficile ma staremo assieme. Solo noi. Ce
la faremo”.
“Ma
non c’è più niente!”.
“Ci
siamo noi. E questo ci basterà,
vedrai…”.