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Autore: Marauder Juggernaut    09/01/2020    3 recensioni
[ Victorian Age! AU ]
Laxus Dreher, capitano ed erede di una delle più importanti compagnie commerciali inglesi, tornato a Londra dopo un lungo viaggio, scopre che la sua famiglia ha già scelto per lui il suo futuro; un avvenire che, per quanto immaginato e scontato, lo costringerebbe ad abbandonare le rotte navali per segregarlo dietro a una scrivania. Laxus non è disposto ad abbandonare così a cuor leggero la navigazione, soprattutto perché è sul punto di partire per un viaggio che avrebbe dimostrato a tutta Londra le sue abilità non dipendono unicamente dal cognome che porta. Tuttavia, forse c'è sul serio un valido motivo per restare sulla terra ferma.
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luxus Dreher, Mirajane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo III


Una volta, quando era molto più giovane, Laxus aveva rischiato di affogare. L’acqua gli aveva regalato una strana impressione di sospensione nel nulla, la pressione gli aveva costretto il petto che non gli aveva permesso di prendere una boccata d’aria. L’acqua, prima blu, gli era parsa nera e oscura, un intorpidimento dei sensi pressoché totale, solo una vaga eco di voci distanti che tentavano di riportarlo nel mondo reale.
La medesima sensazione opprimente gli pervase la gola quando riuscì a recepire completamente e a soppesare, dando significato a ogni parola di suo nonno.
Senza nemmeno un saluto di congedo per gli ospiti, seguì il parente, bloccandolo nell’atrio, ora più che mai colmo di rabbia.
«Cosa significa tutto questo?!».
Il possente riverbero delle parole attirò l’attenzione di tutti i domestici della casa.
Makarov guardò serio il nipote, anche lui inamovibile nelle proprie idee: « Significa quello che ho detto, Laxus. »
«Perché così all’improvviso?!».
Nonostante fosse molto più basso del nipote, quando era arrabbiato Makarov era in grado di guadagnare molte spanne in autorità, riuscendo tranquillamente a zittire quel ragazzo che credeva di saperne una più del diavolo.
«Oltre a essere un buon affare per la nostra compagnia, gli Strauss sono stati nostri fedeli collaboratori da quando tu non eri nemmeno nato. Anzi, non sono solo collaboratori, sono amici. Sai che non ho la minima intenzione di abbandonare degli amici in difficoltà. E prima che tu possa dirlo, no, una semplice donazione in denaro non è sufficiente: bisogna unire le due compagnie…»
«E non ti è passato per quella testaccia che io non potessi essere d’accordo?!»
«È un’eventualità a cui avresti dovuto comunque far fronte: sei un uomo, ti saresti dovuto sposare presto o tardi!»
«Sir Laxus, io…».
Per quanto lieve, il contatto della mano di Mirajane con il braccio di Laxus fece scattare quest’ultimo che si voltò con un movimento involontario, come se si sentisse minacciato da un attacco, pronto a colpire per far male. Si bloccò appena in tempo nel notare le iridi blu colme di paura e non preparate a soffrire il dolore che sarebbe sicuramente arrivato. Il capitano abbassò il braccio, quasi spaventato lui stesso dal gesto che stava per compiere.
La ragazza fece alcuni tremanti passi all’indietro, prima di scappare impaurita su per le scale, probabilmente diretta alla stanza che occupava, seguita dal richiamo preoccupato del fratello minore, che l’aveva immediatamente inseguita, non prima di aver lanciato un’occhiata inviperita a Laxus.
Capendo di aver incrinato la faccenda già di per sé molto delicata, il giovane si voltò verso il nonno, come alla ricerca di comprensione e di una soluzione ai suoi ultimi gesti. Quello che vi trovò in quegli occhi fu solo un cieco e muto rimprovero.
«Va’ immediatamente a scusarti.»
«Ma-».
Non bastò che uno sguardo di Makarov per far desistere il nipote da qualsiasi cosa volesse aggiungere per discolparsi delle sue azioni. Laxus si grattò la nuca, ancora molto irritato per quella faccenda; in quelle condizioni non poteva tornare a parlarle subito, probabilmente causando un nuovo diverbio che non avrebbe fatto altro che peggiorare il loro rapporto.
Con un sbuffo, si ritirò nella serra, dove sperava che la solitudine facesse sbollire quella sensazione di rabbia e impotenza per nuovo corso degli eventi.
Sedutosi sul divanetto di vimini, allungò le gambe e posò la testa sullo schienale. Il suo sguardo vagò verso l’alto, oltre il vetro del soffitto, dove il cielo si stava già colorando di un intenso cobalto. Fra poco avrebbero servito la cena.
Socchiuse le palpebre, facendosi cullare dall’aria tiepida e dai profumi di quelle piante che lui e altri capitani della compagnia avevano portato dai loro viaggi in giro per l’Impero. Un pezzo di mondo a formare un mosaico tutto insieme diverso.  Quando si richiudeva lì gli pareva quasi essere ritornato in uno di quei porti lontani, distante da qualsiasi preoccupazione e vicino a soddisfare quella sete d’avventura patita da ogni uomo del suo equipaggio.
A Singapore o a Bombay non c’erano gli ordini strillati di Makarov, il moderno caos di Londra, ragazzine piangenti che avrebbe dovuto sposare … solo libertà d’azione.
Aprì gli occhi quando sentì il proprio piede urtare qualcosa lasciato per terra. Laxus raccolse il volume che Mirajane aveva fatto cadere poco prima e non aveva più raccolto; almeno aveva un altro motivo per andare a parlare nuovamente con lei.
Cime tempestose, di Ellis Bell, a cura di Charlotte Brontë.
Lo sfogliò mentre si alzava e usciva, leggendo rapidamente qualche frase, ogni tanto. Una storia d’amore, un genere che non gli interessava particolarmente.
Fattosi dire da alcune cameriere in quale stanza si trovasse la ragazza, bussò senza alcuna esitazione.
«Chi è?».
La voce flautata della ragazza arrivò attutita dal legno della porta e solo in quel momento Laxus riuscì a prestare attenzione all’inglese un poco stentato e alla pronuncia di alcuni suoni indurita dalla sua parlata germanica.
«Sono Laxus. Sono venuto a rendervi il libro che avete dimenticato nella serra…» e mentre pronunciava quelle parole, il giovane sentì nella testa la voce del proprio nonno che gli ricordava che era lì anche per un altro motivo «… e per porgervi le mie scuse per il mio comportamento di prima» esalò, come se quelle parole gli costassero caro.
Dopo alcuni secondi di assoluto silenzio, la porta si aprì in uno spiraglio, mostrando quell’intenso sguardo oltremare. Le sue iridi sembravano fremere, mentre le pupille passavano velocemente dal viso di Laxus al libro che egli teneva in mano. Glielo porse mentre sul viso di lei si faceva strada un piccolo sorriso che diventò poi più ampio.
«Vi ringrazio, sir Dreher. E accetto le vostre scuse» disse, riprendendo tra le mani il volume, guardando poi unicamente negli occhi il giovane davanti a sé. Il tono sembrava essersi fatto più dolce, sebbene fosse ancora velato da quello che Laxus riconobbe come timore.
Scrollò le spalle: «Date le circostanze, signorina Mirajane, trovo stupido usare certi appellativi quando parliamo tra noi, non trovate?».
La ragazza sgranò un poco gli occhi, prima di annuire, nonostante non sembrasse particolarmente convinta.
Un imbarazzante silenzio piombò su di loro, ormai effettivamente a corto di qualsiasi argomento per poter continuare – o iniziare – un discorso che non implicasse veramente il matrimonio che li vedeva come protagonisti.
Fu Mirajane a portare una voce fuori dall’imbarazzo: «Voi leggete, Laxus?».
Una conversazione semplice, che non riguardasse affari di qualsiasi genere; un argomento adatto per cominciare a parlare come semplici conoscenti per approfondire poi di più l’intesa che si sarebbe creata. Forse avrebbe potuto funzionare.
«Non quanto vorrei. E comunque credo che i miei gusti siano diversi dai vostri…» aggiunse, indicando il libro che lei teneva in mano. La ragazza strinse di più la copertina rigida del libro senza perdere minimamente il suo dolce sorriso.
«Ma io leggo di tutto! L’unica cosa che mi dispiace è non averne portati di più da Amburgo… » ammise con un po’ di rammarico, gettando un’occhiata al grosso baule ancora aperto, appoggiato a un muro all’interno della stanza. Si intravedevano le pregiate stoffe di alcuni vestiti dai più variegati colori, insieme ad alcune carte e a dei libri che spuntavano fuori.
Laxus mise le mani in tasca, alzando la testa.
«Potete usare i nostri. Ne abbiamo parecchi e per voi la lingua inglese non è un problema. Seguitemi» la chiamò con un cenno della testa. La vide titubare alcuni istanti, prima di seguirlo, rincuorata anche dalla presenza dei domestici che si aggiravano per casa ad accendere le lampade a gas.
Si premurò di lasciare la porta aperta quando il giovane la condusse nello studio del parente; Mirajane osservò interessante i dorsi rilegati dei libri, le carte nautiche e le mappe mondiali, il grosso mappamondo decorato e il mobile contenente gli ambrati alcolici.
Il capitano si diresse verso uno scaffale, leggendo i titoli. «Avete preferenze?» domandò distratto mentre guardava i volumi, cercando qualcosa che potesse interessare alla ragazza. Aveva delle traduzioni di alcuni romanzi tedeschi, ma non dubitava che li avesse già letti.
«Adoro le storie del terrore e di demoni» ammise la ragazza, osservando anche lei i volumi, sfiorandoli con le dita con innaturale candore, quasi in contrasto con l’affermazione appena fatta. Laxus sgranò gli occhi sorpreso, prima di annuire e cercare qualcosa che soddisfacesse quegli strani gusti. Lo trovò dopo pochi istanti, ma non si rese conto di quella mano minuta che aveva adocchiato il medesimo libro solo qualche istante prima. Il palmo ruvido di Laxus, abituato a imbracciare il timone e a non mollarlo nemmeno durante le più violente tempeste, avvertì la pelle morbida e le dita affusolate di Mirajane. Sembravano delicate come vetro di Boemia e la mano del giovane era come una zampa che poteva romperle. La ragazza ritrasse lentamente la mano, sorridendogli appena mentre lui tirava giù il libro dallo scaffale, porgendoglielo e non dando per nulla peso a quel lieve contatto, sebbene si poté dire un poco sollevato di veder sorridere quella ragazza in sua compagnia.
«L’autore non è molto conosciuto, ma le storie non sono male» affermò Laxus, mentre Mirajane ripassava con le dita i ghirigori argentei sulla pelle nera della rilegatura.
«Racconti del grottesco e dell’arabesco, di Edgar Allan Poe…» lesse ad alta voce la ragazza, prima di guardare il capitano « Sembra qualcosa di adatto a me. » disse con un sorriso genuino, sfogliandone le pagine.
Laxus non disse nulla, fece solo un gesto per accompagnarla fuori e questa si diresse verso la propria stanza.
«Ci rivediamo a cena, Laxus».
La guardò uscire dalla stanza: almeno non sembrava una di quelle donnette viziate dagli agi dei genitori. Forse era una persona più interessante di quanto potesse immaginare.
   
 
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