Il mio sogno
La cucina era da
sempre stato il luogo preferito di Sanji: così calmo ed
accogliente, lì era impossibile annoiarsi. Impugnare un
coltello e un ortaggio qualsiasi portava sempre a realizzare una delle
sue squisite prelibatezze. Ma quella non era una giornata qualsiasi, e
lui lo sapeva bene. Quale scusa migliore per preparare i piatti
preferiti del suo amato figlio? Dunque si alzò presto,
allacciò il grembiule – talmente consumato e
sporco che Pudding gliene aveva comprati altri tre come minimo, ma lui
non voleva proprio liberarsene – e cominciò da una
torta salata con all’interno i salumi preferiti del piccolo.
Quest’ultimo si trovava all’asilo in quel momento,
ma il tempo passò così velocemente che voltandosi
trovò la ragazza che si alzava in punta di piedi per posare
il suo cappotto e quello del bimbo. Sanji accolse entrambi con uno dei
suoi migliori sorrisi, e loro ricambiarono.
«Buon compleanno, piccolo! Hai già quattro anni, ormai sei un ometto!», annunciò a gran voce mentre Pudding agganciò le orecchie del bambino, alzandole quattro volte. Delle lamentele provenivano dalla boccuccia del festeggiato.
«Stai crescendo così in fretta… Smettila, o diventerò vecchia!», disse Pudding ridacchiando,
nonostante ci fosse un velo di imbarazzo nelle sue parole. Come d’istinto Sanji si voltò verso di lei e guardò il suo viso, raggiante come al solito. Amava quella ragazza, e si vedeva. Quando i loro sguardi si incrociavano, il bimbo disse loro che sembravano due stelle.
La cena quella sera comprendeva polpette alla ricotta, torta salata e, ovviamente, la torta preparata da Pudding. Tutto il quartiere sapeva ormai che i suoi erano i dolci migliori del mondo, ma anche Sanji se la cavava bene: insieme allestivano un celebre ristorante e, grazie ad esso, erano la coppia di cuochi sulla bocca di tutti. Inutile negare che molti non si fidavano delle loro abilità a causa di quel muro chiamato età: i veterani del mestiere non avrebbero mai diviso il loro stipendio con dei novellini, perciò si erano rimboccati le maniche e, lavorando sodo un po’ dappertutto, ce l’hanno fatta con le loro stesse forze. La determinazione era sicuramente una cosa che non mancava in famiglia, e la coppia se ne accorse quando il bimbo disse di voler cucinare il dolce più buono del mondo. I due si guardarono e sorrisero, dicendogli – stringendo con cura i suoi minuscoli palmi delle mani – che avrebbe potuto fare tutto ciò che voleva, loro l’avrebbero supportato.
«Oggi una mia compagnetta mi ha detto che vuole assaggiare il dolce più buono del mondo, quello che farò io! Mi aiuterete? Io ancora non ne sono capace, non voglio farla rimanere male...»
Pudding pulì con un tovagliolo i lati della bocca del bambino mentre parlava con la bocca aperta, accarezzandogli velocemente i capelli prima di tornare al suo pasto e lanciare un’occhiata a Sanji, aspettando una risposta.
«Oh, ma certo. E dimmi, come si chiama questa tua compagnetta? Ce la farai conoscere?»
«Si chiama Mitsuri...», un velo rosso attraversò le sue soffici guance. «Voglio chiamare il mio dolce come lei, posso? Eh?»
I due si guardarono nuovamente e ridacchiarono, annuendo continuando a sorridere. Il pranzo terminò e Pudding sfoggiò con orgoglio la sua creazione, una graziosa torta al cioccolato con un orsacchiotto di zucchero nel primo ripiano: alla vista di quella prelibatezza il figlio unì le mani per batterle con eccitazione, sentendo già l’acquolina in bocca. Sanji tirò fuori dalla tasca l’accendino così da accendere le candeline; queste ultime si spensero dopo vari tentativi seguiti da una canzoncina non del tutto intonata, ma al bambino non sembrò importare. Divorarono gran parte della torta e i due gli regalarono un peluche che vide un paio di giorni prima di quello, mentre stava facendo la spesa con Pudding. Questi ultimi si stavano tenendo per mano e l’attenzione del piccolo si focalizzò su un grosso peluche a forma di lupo che indossava un tenero cappellino da chef. Non poteva certo farselo scappare e così, il giorno precedente, Sanji andrò a comprarlo in fretta e furia quando ebbe un attimo di tempo libero. Ovviamente alla vista di quel morbido lupo il bimbo non poté far altro che stringerlo a sé e dare un timido bacio sulle guance dei genitori.
«Allora, era quello che avevi desiderato spegnendo le candeline?» chiese Pudding accarezzandogli i capelli, portando alcune bionde ciocche dietro l’orecchio.
«No… Ho desiderato di diventare bravo come voi. Da grande voglio essere un pasticcere come te mamma!»
Pudding a quelle parole non riuscì a trattenere qualche lacrima che solcò con velocità le sue guance rosee, era fin troppo emotiva. Lo strinse a sé cercando di trasmettergli tutto l’amore e l’affetto che provava nei suoi confronti, prima di vedere Sanji inginocchiarsi dinanzi a lui con un sorriso sul volto.
«Buon compleanno, piccolo! Hai già quattro anni, ormai sei un ometto!», annunciò a gran voce mentre Pudding agganciò le orecchie del bambino, alzandole quattro volte. Delle lamentele provenivano dalla boccuccia del festeggiato.
«Stai crescendo così in fretta… Smettila, o diventerò vecchia!», disse Pudding ridacchiando,
nonostante ci fosse un velo di imbarazzo nelle sue parole. Come d’istinto Sanji si voltò verso di lei e guardò il suo viso, raggiante come al solito. Amava quella ragazza, e si vedeva. Quando i loro sguardi si incrociavano, il bimbo disse loro che sembravano due stelle.
La cena quella sera comprendeva polpette alla ricotta, torta salata e, ovviamente, la torta preparata da Pudding. Tutto il quartiere sapeva ormai che i suoi erano i dolci migliori del mondo, ma anche Sanji se la cavava bene: insieme allestivano un celebre ristorante e, grazie ad esso, erano la coppia di cuochi sulla bocca di tutti. Inutile negare che molti non si fidavano delle loro abilità a causa di quel muro chiamato età: i veterani del mestiere non avrebbero mai diviso il loro stipendio con dei novellini, perciò si erano rimboccati le maniche e, lavorando sodo un po’ dappertutto, ce l’hanno fatta con le loro stesse forze. La determinazione era sicuramente una cosa che non mancava in famiglia, e la coppia se ne accorse quando il bimbo disse di voler cucinare il dolce più buono del mondo. I due si guardarono e sorrisero, dicendogli – stringendo con cura i suoi minuscoli palmi delle mani – che avrebbe potuto fare tutto ciò che voleva, loro l’avrebbero supportato.
«Oggi una mia compagnetta mi ha detto che vuole assaggiare il dolce più buono del mondo, quello che farò io! Mi aiuterete? Io ancora non ne sono capace, non voglio farla rimanere male...»
Pudding pulì con un tovagliolo i lati della bocca del bambino mentre parlava con la bocca aperta, accarezzandogli velocemente i capelli prima di tornare al suo pasto e lanciare un’occhiata a Sanji, aspettando una risposta.
«Oh, ma certo. E dimmi, come si chiama questa tua compagnetta? Ce la farai conoscere?»
«Si chiama Mitsuri...», un velo rosso attraversò le sue soffici guance. «Voglio chiamare il mio dolce come lei, posso? Eh?»
I due si guardarono nuovamente e ridacchiarono, annuendo continuando a sorridere. Il pranzo terminò e Pudding sfoggiò con orgoglio la sua creazione, una graziosa torta al cioccolato con un orsacchiotto di zucchero nel primo ripiano: alla vista di quella prelibatezza il figlio unì le mani per batterle con eccitazione, sentendo già l’acquolina in bocca. Sanji tirò fuori dalla tasca l’accendino così da accendere le candeline; queste ultime si spensero dopo vari tentativi seguiti da una canzoncina non del tutto intonata, ma al bambino non sembrò importare. Divorarono gran parte della torta e i due gli regalarono un peluche che vide un paio di giorni prima di quello, mentre stava facendo la spesa con Pudding. Questi ultimi si stavano tenendo per mano e l’attenzione del piccolo si focalizzò su un grosso peluche a forma di lupo che indossava un tenero cappellino da chef. Non poteva certo farselo scappare e così, il giorno precedente, Sanji andrò a comprarlo in fretta e furia quando ebbe un attimo di tempo libero. Ovviamente alla vista di quel morbido lupo il bimbo non poté far altro che stringerlo a sé e dare un timido bacio sulle guance dei genitori.
«Allora, era quello che avevi desiderato spegnendo le candeline?» chiese Pudding accarezzandogli i capelli, portando alcune bionde ciocche dietro l’orecchio.
«No… Ho desiderato di diventare bravo come voi. Da grande voglio essere un pasticcere come te mamma!»
Pudding a quelle parole non riuscì a trattenere qualche lacrima che solcò con velocità le sue guance rosee, era fin troppo emotiva. Lo strinse a sé cercando di trasmettergli tutto l’amore e l’affetto che provava nei suoi confronti, prima di vedere Sanji inginocchiarsi dinanzi a lui con un sorriso sul volto.
«Se
è il tuo sogno, beh, allora devi fare di tutto per
realizzarlo. Anch’io ne avevo uno e, finalmente,
l’ho realizzato», disse stringendo la mano di sua
moglie e di suo figlio. «Perciò non ti arrendere
mai piccolo mio, io e tua madre saremo sempre dalla tua parte. Siamo
una famiglia, non dimenticarlo.»