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Autore: Miharu_phos    17/01/2020    0 recensioni
Quando c’era lui a Caleb bastava scivolargli affianco ed abbracciarlo per poter riprendere a dormire.
Ma da quando lui se n’era andato era impossibile riaddormentarsi, la sua assenza era martellante e Caleb non tollerava più quel maledetto materasso che sapeva ancora di lui.
Dove Caleb è stato lasciato da Jude e continua a vivere nei ricordi.
~
Sarà una storia composta principalmente da flashback.
Per il titolo mi sono ispirata ad una frase della canzone “animal” di troye sivan.
Genere: Angst, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Caleb/Akio, Jude/Yuuto
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Quando Caleb si risvegliò dovette domandarsi se davvero quello in cui si trovava non fosse altro che un sogno, uno di quelli in cui Jude era ancora con lui e tutto era ancora perfetto.

 

Perché c'era proprio Jude, con la testa appoggiata sul suo letto, e le mani strette attorno ad una di quelle di Caleb, mentre dormiva beatamente, senza più i suoi occhiali a coprirgli il viso.

 

Il ragazzo si guardò attorno realizzando di trovarsi in una stanza d'ospedale.

 

Jude -perché si, quello era proprio Jude, il suo Jude- era seduto su di una sedia affianco al suo letto e dormiva; si sarebbe detto un sonno leggero a giudicare dal ritmo del suo respiro e dall'espressione crucciata ma stanca del suo viso. 

 

Caleb mosse di poco la mano, sentendosi appena le dita.

 

Jude aprì lentamente gli occhi e li spalancò quando trovo il castano già sveglio, che lo guardava con un'espressione di puro stupore dipinta sul volto.

 

-Caleb- mormorò ansioso avvicinandosi subito al ragazzo che si ritrovò stretto in un abbraccio, ancor prima di poter capire cosa diamine fosse accaduto.

 

Magari era morto e quello era semplicemente il paradiso; perché le braccia di Jude in fondo gli diedero esattamente quella sensazione.

 

Le sue braccia tremarono mentre con insicurezza ricambiò quell'abbraccio prezioso. Lo strinse piano, senza applicare alcuna forza, quasi come se avesse avuto paura di poterlo rompere o di farlo scappare via se avesse applicato troppa pressione.

 

Jude aveva cominciato a piangere in silenzio mentre stringeva l'altro a se.

 

Sembrava così sollevato.

 

-Che cosa è successo...?-

 

La voce di Caleb era rauca, gli graffiò la gola mentre uscì.

 

Si rese conto in effetti di avere la gola a dir poco in fiamme.

 

-Niente amore mio, non è successo niente. Per fortuna stai bene- aveva detto Jude tirando su col naso mentre accarezzava con premura la schiena del castano.

 

Amore...amore mio?

 

Caleb credette davvero di trovarsi in un sogno; non era possibile, non più.

 

-Jude che ci fai qui...che ci faccio in questo letto, cos'è successo?-

 

Il tono di Caleb era così gentile, dolce, impaurito.

 

Jude si staccò guardandolo con espressione intenerita, mentre gli accarezzava dolcemente le guance.

 

-Mi dispiace così tanto piccolo. Così tanto. È tutta colpa mia, non meritavi di finire così. Spero che tu possa perdonarmi amore.-

 

Via via la sua voce si era fatta più rotta ed il ragazzo aveva ripreso a piangere.

 

Era così addolorato.

 

Ma cosa era successo?

 

Cos'aveva fatto Caleb per meritare tutto quell'affetto dal ragazzo che lo aveva buttato via come una cartaccia solo tre mesi prima?

 

Il viso del rasta era sconvolto, gli occhi gonfi per il pianto ed in viso il pallore di un cadavere.

 

Guardava Caleb e gli occhi gli tremavano, così come la bocca che non faceva che contrarsi in smorfie dettate dal pianto.

 

-Non capisco...-

 

Caleb si guardò l'ago ficcato nel polso e collegato alla flebo che affiancava il letto.

 

Poi altri fili a monitorargli il cuore, rimandando l'immagine su di uno schermo poco distante dalla flebo.

 

-Cos'è successo? Perché mi trovo qui?-

 

"Che ci fai tu qui" avrebbe voluto chiedere anche, ma quella domanda se la tenne per sé.

 

-Hai fatto una cosa tanto brutta piccolo...veramente tanto brutta. Per colpa mia. Ma ora sei fuori pericolo, ti hanno ripulito e ti stanno tenendo sotto controllo. Tornerai a casa con me, mh? E non ti lascerò mai più. Te lo prometto.-

 

La voce di Jude era rassicurante, fin troppo.

 

Caleb non comprese una sola parola di quelle che stava sentendo e riprese a fissare quei tubicini che sondavano la sua pelle.

 

"Io non ho fatto proprio nulla" pensò.

 

Jude gli accarezzava le mani e cercava di controllare il pianto, mentre fissava in modo ossessivo le espressioni che si susseguivano sul volto di Caleb.

 

Cercò di ricordare in tutti i modi che cosa fosse avvenuto, tentando di capire quale fosse la cosa tanto brutta che aveva fatto.

 

Poi si ricordò del letto, della gattina e del sonnifero.

 

Poteva davvero averne preso talmente tanto da aver addirittura rischiato la vita?

 

Guardò di nuovo Jude, riconoscendolo a stento a causa dell'espressione fin troppo apprensiva dipinta sul suo viso.

 

Ritirò la mano senza un motivo preciso.

 

Jude sussultò, ferito dal gesto ma lo accettò, sospirando mentre ancora tirava su col naso.

 

-Mi dispiace. Non pensavo di spingerti a tanto, non avrei mai voluto. Pensavo che fossi forte abbastanza, che sarebbe stato meglio così per entrambi. Mi dispiace così tanto.-

 

-Smettila ti prego. Non ho tentato il suicidio. Non lo farei mai.-

 

-Caleb non devi vergognarti!-

 

Le sue mani avevano afferrato istintivamente quella di Caleb ma lui l'aveva ritirata ancora, spinto da una rabbia che non sapeva neanche di possedere.

 

-Sei...sei un fottuto ipocrita. Che ci fai qui?! Che cosa vuoi, adesso? Mi hai spezzato il cuore cazzo, mi hai distrutto, mi hai annientato! Che cazzo ci fai qui, ora?!-

 

Jude aveva ripreso a piangere senza emettere un fiato.

 

Non staccava gli occhi dal volto di Caleb e lo guardava consapevole del dolore che aveva provocato in lui.

 

-Mi dispiace- era riuscito a dire soltanto, mentre scuoteva la testa.

 

Caleb aveva stretto le palpebre, incapace di sopportare quella vista straziante.

 

-Non voglio che torni con me per pietà. Non ho tentato il suicidio, volevo solo prendere subito sonno.-

 

-Alle tre del pomeriggio?!-

 

-Si! Cazzo si, alle tre del pomeriggio, esattamente un minuto dopo averti trovato mentre prendevi il tuo caffè con il tuo nuovo ragazzo!-

 

Jude aveva sussultato, sconvolto da quella rivelazione.

 

-Io...eri lì?-

 

Caleb si era strofinato gli occhi, sospirando di fastidio.

 

-Vaffanculo Jude, vaffanculo. Non ho tentato il fottuto suicidio, non l'ho fatto, non lo farei per te come per nessun altro. Nessuno è così importante. Volevo solo dormire e aspettare che la giornata passasse-

 

Jude scuoteva la testa, come se volesse ostinarsi a credere alla versione che gli avevano propinato i dottori.

 

-Ti hanno trovato i tuoi colleghi di lavoro questa mattina, incosciente e completamente disidratato. Eri addormentato da più di venti ore Caleb. E la dose che avevi in corpo ti avrebbe fatto restare incosciente almeno per altri due giorni. Quindi non venirmi a dire che non era un tentativo di-

 

-Ma tu che cosa vuoi saperne, mh?! Ti farebbe piacere sapere che il ragazzo che hai sfanculato dopo cinque anni di relazione ha tentato il suicidio per te, vero? Beh buongiorno Jude Sharp, il mondo non gira attorno a te e onestamente non me ne frega più un cazzo, né di te né delle tue fottute convinzioni da megalomane. Volevo soltanto dormire, che tu ci creda o no e non ho intenzione di svenarmi per riuscire a convincerti, non me ne importa. E adesso lasciami solo. Voglio il mio telefono, digli di ridarmi il mio cazzo di telefono- intimò Caleb, facendo cenno alla porta.

 

Jude aveva schiuso le labbra come se avesse voluto dire qualcosa ma non aveva parlato. Era uscito dalla stanza di Caleb e lo aveva lasciato da solo, chiudendosi la porta alle spalle.

 

Si era seduto sulle sedie in corridoio ed era crollato contro la parete, sospirando mentre scoppiava nell'ennesimo pianto, incurante degli sguardi incuriositi dei visitatori o degli infermieri.

 

Dall'altro lato della parete Caleb restava immobile e fissava la grande finestra che dava sul parco cittadino.

 

All'esterno c'era un tempo da cani, scrosciava una pioggia a dir poco spaventosa e lui non aveva una macchina, non sapeva come ritornare a casa né tanto meno avrebbe potuto permettersi di chiamare un taxi; avrebbe aspettato il primo autobus utile e sarebbe rincasato almeno entro mezzanotte.

 

Staccò i vari tubicini dalle braccia e dal petto e cercò nella stanza i propri vestiti, non trovando però nessuna delle cose che gli appartenevano.

 

Era anche scalzo, dannazione.

 

Si affacciò in corridoio, sperando di trovare ancora il suo ex ragazzo nei paraggi.

 

Avverti una forte fitta al cuore quando lo trovò singhiozzante, con le mani sul viso, la testa appoggiata al muro e la bocca schiusa, presa dai sussulti che gli facevano tremare tutto il corpo.

 

Gli ricordò il pianto dei bambini; dopo una forte crisi, anche se cercano di smettere di piangere ci vuole un po' prima che riescano del tutto a calmarsi e continuano a sussultare involontariamente, scossi da brividi incontrollati.

 

-Scusami...-

 

Jude lo aveva guardato con gli occhi socchiusi, il volto rosso e rigato dalle lacrime, la bocca ancora ansimante.

 

-Potresti procurarmi qualcosa da mettermi? Voglio tornare a casa mia.-

 

Jude aveva annuito mettendosi in piedi mentre si ripuliva il viso con i polsi della camicia.

 

-Ma certo. Aspettami qui.- aveva detto per poi sparire lungo il corridoio dopo avergli dato un ultimo sguardo insicuro, accompagnato da un sorriso forzato.

 

Caleb aveva sospirato e si era grattato la testa, confuso.

 

Non riusciva davvero a crederci che il suo presunto tentativo di suicidio avesse potuto gettare così tanto Jude nell'angoscia.

 

Pensava di non contare più nulla per lui, anzi ormai ne era certo.

 

Tutta quella situazione era talmente strana e surreale che più volte fantasticò sull'effettiva eventualità di trovarsi in un sogno.

 

E altrettante volte aveva riflettuto sulla possibilità che quel suo aver rischiato involontariamente di morire fosse stato in realtà dettato da una volontà recondita che si ostinava a non accettare.

 

"Io non voglio morire" si ripeteva, per convincersi che no, lui non era così debole, che nonostante tutte le volte in cui la vita glielo aveva messo amaramente nel culo lui non si era mai arreso, che l'abbandono di Jude era stata solo l'ennesima delle sfighe superate fino ad allora, che certamente sarebbe bastato solo qualche altro mese ed avrebbe superato anche quella;

 

Eppure una lontana consapevolezza gli pulsava nella testa, ferma lì a ricordargli che spesso ci aveva pensato, ed aveva anche riflettuto su quale sarebbe stato il metodo meno doloroso per riuscirci.

 

Anche prima che Jude lo abbandonasse, anche quando andava tutto bene; 

 

Certe persone lo hanno proprio dentro, il suicidio, la morte. E Caleb era una di queste.

 

Ma non si sarebbe arreso, non lui.

 

Quella voce poteva andare al diavolo e la vita con tutta la merda che aveva ancora in serbo per lui, poteva andare a farsi fottere.

 

E anche Jude, si, decisamente lui doveva andare al diavolo più di chiunque altro.

 

Questa sua convinzione vacillò parecchio però, quando lo vide andargli incontro con un sacchetto di ciambelle ed una bustina bianca appesa fra le dita.

 

-Ti ho portato la cena. E purtroppo questo è tutto ciò che sono riuscito a recuperare, un paio di ciabatte ed un pigiama. Puoi prendere la mia giacca, comunque.-

 

Caleb prese entrambi i sacchetti senza dire una parola e tornò a chiudersi nella sua stanza, dove rimase più del dovuto, cercando di capire che cosa sarebbe successo da quel momento in poi.

 

Jude lo avrebbe ripreso con se, dopo ben tre mesi di completo e improvviso abbandono?

 

Si sarebbe preso cura di lui ed avrebbe cercato di far finta di nulla, guidato dal senso di colpa per aver spinto una persona al suicidio?

 

Spinto dalla pena?

 

Per quanto Caleb avesse sperato in un suo ritorno nell'arco di quelle lunghe e dolorose settimane, non era certo di riuscire a sopportare una situazione del genere; Jude non lo amava più, che senso avrebbe avuto ormai?

 

Provò a mangiare ma la gola gli faceva troppo male, gli bruciava da far paura.

 

Svuotò un'intera bottiglietta d'acqua scoprendosi incredibilmente assetato e si guardò per bene attorno, prima di lasciare la stanza, per assicurarsi di non aver lasciato nulla di suo in quel luogo.

 

Quando uscì notò Jude scattare in piedi, mentre gli si avvicinava porgendogli la giacca.

 

-Sicuro di voler andare? Ti stavano tenendo sotto osservazione, sai per assicurarsi di-

 

-Sta zitto. Riportami a casa e non aggiungere altro.- gli disse, prendendo la giacca con fare aggressivo.

 

Jude non provò più a parlare, divorato dal senso di colpa.

 

Il viaggio in auto fu silenzioso; l'uno era troppo orgoglioso per concedere una conversazione e l'altro troppo in preda alla vergogna per azzardarsi ad iniziarne una.

 

Giunti sotto casa di Caleb -un tempo anche casa di Jude- il castano si rese conto di non avere le chiavi, così l'altro ne tirò fuori una copia dal proprio portafogli, porgendola al padrone di casa.

 

-Era la mia, non te l'ho mai ridata indietro.- spiegò, di fronte allo sguardo interrogativo di Caleb.

 

Il castano la prese, strappandola prepotentemente dalle mani del rasta, facendolo sussultare.

 

Indugiò parecchio prima di riuscire ad uscire dall'auto; rimasero per parecchio tempo immobili, zitti, incerti sul voler terminare quel loro incontro quasi forzato.

 

-Ti va se ti accompagno su?-

 

Caleb non rispose, ma Jude capì comunque che quello era un sì, per cui quando il castano uscì dall'auto lui lo seguì continuando a mantenere il silenzio, mentre camminava con la coda fra le gambe.

 

Caleb fece strada, entrando in casa per primo.

 

-Non ho niente da offrirti, ti avviso. Se ti va bene un po' d'acqua del rubinetto...-

 

Si bloccò, guardando la sua gatta già fra le braccia del rasta, mentre si faceva coccolare come non aveva mai fatto con lui.

 

-Ma guarda 'sta stronza...- osservò, facendo ridere Jude che fece spallucce mentre la micia non la smetteva di miagolare, estremamente contenta di rivedere il suo padrone.

 

-Dell'acqua comunque andrà benissimo. Se vuoi ordino d'asporto e ci facciamo consegnare qui-

 

-Chi ti ha invitato a restare? Volevi solo accompagnarmi su, no? Quindi ecco la tua acqua- mormorò sbattendo il bicchiere sul tavolo -e porta fuori il tuo culo aristocratico-

 

Jude perse immediatamente il sorriso e osservò Caleb dirigersi alla finestra, la sua finestra preferita, quella dalla quale si appostava la mattina appollaiato sulla sua poltrona sfondata per criticare chi si alzava presto per andare a lavoro.

 

Quella casa era fin troppo pregna di ricordi e stare lì gli stava facendo venire il magone, così decise di andar via, tanto Caleb nemmeno ce lo voleva più lì.

 

-Non avevi il diritto di farlo- 

 

Le parole di Caleb bloccarono Jude mentre si dirigeva verso la porta, pronto ad andare via.

 

-Mi hai completamente spiazzato. Mi hai colto di sorpresa, anzi dire che mi hai pugnalato alle spalle sarebbe decisamente una definizione più corretta.

Mi hai buttato via, Jude. Mi hai fatto sentire come se non valessi nulla. E lo so che infondo è così, non valgo nulla, ma non era compito tuo farmelo capire-

 

-Caleb aspetta, io non-

 

-Sta zitto e fammi finire. Ho pianto ogni fottuto giorno da quando te ne sei andato. Per cinque anni mi sono completamente affidato a te, certo che non mi avresti abbandonato mai, che avrei sempre potuto contare su di te, almeno su di te. Ho progettato il mio futuro contando sul fatto che tu ci saresti stato. Ho sopportato ogni giorno quel lavoro di merda perché sapevo che a casa c'eri tu, ad aspettarmi. Ogni mattina cercavo di dormire il più possibile solo per bruciare gran parte della giornata in attesa del tuo rientro. Tu Jude sei stato la mia vita per cinque fottuti anni. Avrei dato tutto per te, tutto. Avrei potuto sopportare qualsiasi cosa, ti avrei perdonato di tutto perché ho sempre saputo che eri decisamente troppo per uno come me e che non ti meritavo. Ma tu, Jude. Tu mi hai annientato.

Non mi hai concesso neanche un chiarimento, una spiegazione, uno scambio di opinioni, che cazzo ne so. Un qualsiasi cenno mi sarebbe bastato, davvero, io me lo sarei fatto andar bene, qualunque esso fosse stato. E invece niente, mi hai rinnegato, mi hai tagliato fuori Jude mi hai chiuso in una stanza ed hai buttato la chiave, come con un ricordo col quale non vuoi più avere niente a che fare. E adesso tu, vieni qui dopo tre mesi solo perché ho rischiato di lasciarci la pelle per colpa di un cazzo di sonnifero e di un disperato bisogno di dormire per sempre. E si Jude, si lo ammetto, forse un po' lo volevo davvero, forse è stato il mio inconscio a farmelo fare, perché speravo davvero di non poter più riaprire gli occhi e vivere un altro giorno senza di te. Ma solo perché adesso vuoi sentirti la coscienza pulita per aver quasi ammazzato una persona, non vuol dire che io sarò qui ad aspettarti a braccia aperte, perché sei stato tu a spingermi a questo ed io ti odio- disse Caleb scoppiando in un pianto prepotente -io ti odio fottutamente tanto, ti odio come non ho mai odiato nessun altro e non potrò mai perdonarti per come mi hai abbandonato-

 

Jude stringeva le proprie braccia attorno a Caleb e rispondeva al suo pianto con il proprio, mentre il castano faceva di tutto per allontanarlo da sé.

 

-Non mi devi toccare- singhiozzò tirandogli un pugno sul petto -lasciami, non ne hai il diritto-

 

Jude non si arrendeva ed incassava i colpi del castano con passività, conscio di meritare molto di più di semplice dolore fisico.

 

-Io non ti odio per avermi lasciato- mormorò Caleb rallentando il ritmo dei pugni, permettendo così a Jude di avvicinarsi maggiormente.

 

-Non ti odio per quello. Ti odio per il modo in cui l'hai fatto, perché te ne sei andato come un ladro, senza ritenermi degno neanche di una misera spiegazione. Come hai potuto- 

 

La voce di Caleb ormai era totalmente distrutta dal pianto ed il ragazzo era fuori di sé dalla rabbia.

 

Per la primissima volta aveva potuto davvero sfogarsi di tutto il dolore accumulato in quei mesi e per giunta con il responsabile del suo dolore; e non lo avrebbe mai pensato, credeva che ci sarebbe voluto molto di più per farlo capitolare, per farlo finire direttamente fra le braccia di Jude.

 

Eppure quando questi con la bocca tremante si avvicinò alla sua per sussurrargli un semplice "mi dispiace" Caleb sentì di aver dato sfogo al rancore abbastanza, e di potersi finalmente concedere ciò a cui aveva pensato fin dal primo incontro, quel pomeriggio, con il suo ex ragazzo: le sue labbra.

 

Sembrarono così dolci, calde, piene.

 

E la sua lingua poi fu così gentile, lenta, precisa.

 

A Caleb sembrò di essere stato catapultato in uno dei suoi sogni, uno di quelli in cui continuava la vecchia vita insieme a Jude, senza paure, senza problemi.

 

Jude lo prese in braccio, provocando un sussulto nel castano che gli si aggrappò immediatamente al collo, mentre l'altro percorreva i pochi passi che li separavano dal letto matrimoniale.

 

I vantaggi di vivere in un monolocale.

 

Lo appoggiò sulle coperte, nel lato dove di solito si metteva quando dormivano insieme; lo ricoprì e gli si stese di fianco, per poi cominciare a guardarlo mentre gli accarezzava dolcemente una guancia, giocando con i suoi bei capelli castani.

 

Non fecero nulla, a malapena si abbracciarono, quella notte.

 

Jude strinse Caleb fra le braccia, gli baciò teneramente la testa e gli accarezzò i capelli, ascoltando il suo respiro mentre diventava sempre più regolare e profondo man mano che scivolava nel sonno.

 

E Caleb si lasciò stringere, senza ricambiare, ma chiudendo le proprie braccia contro il proprio petto, come un bimbo piccolo che si accuccia fra le braccia grandi e protettive della propria mamma.

 

 

 

 

 

 

•••

 

Ho un libro che parla di Rimbaud da qualche parte. Dice che per uno scrittore è impossibile creare qualcosa di non autobiografico. Non che io mi definisca una scrittrice, però questa storia è decisamente la dimostrazione del pensiero espresso in quel libro. 

Ho cominciato questa storia qualche mese fa, penso fosse settembre, o ottobre. Ero completamente divorata dal dolore e dalla rabbia. E forse per questo poi l'ho abbandonata, perché stavo meglio. Inevitabilmente si guarisce, da ogni male, anche se non del tutto: te ne porti dentro sempre un pezzettino. 

In me quel "pezzettino" è ancora tanto grande, ma è normale, è relativamente presto, ancora.

Purtroppo non avrò un lieto fine come ho deciso per il nostro Caleb ma guarirò anch'io e imparerò, come con tutte le cose.

Detto ciò ringrazio di cuore chi ha seguito la storia, non era tanto interessante ma per me è stato un vero e proprio sfogo; non smetterò mai di immedesimarmi nel mio punk preferito❤️

Farò un piccolo epilogo, decidendo una volta per tutte il destino del mio tesoro grande Caleb, poi la storia sarà conclusa. È decisamente una delle mie preferite e sarà sempre parte di me, anche se è breve. 

Grazie a tutti❤️

   
 
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