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Autore: sunonthesea    20/01/2020    1 recensioni
Essere un adolescente è abbastanza complicato. Tra la scuola che pare una gabbia, compagnie di amici abbastanza discutibili e nomi di battesimo talmente strani ed inusuali da sembrare quasi scherzi si cerca di sopravvivere come si può.
Soprattutto se alla lista si aggiungono anche un corso di teatro trasformato in una guerra tra fazioni rivali per decidere i dettagli di una trasposizione di "Romeo e Giulietta", cerchie di conoscenze che non decidono ad ampliarsi e qualche insidioso serpente già familiare che decide improvvisamente di mettersi tra i piedi.
Ma infondo, non è forse vero che nella notte più scura si vedono le stelle più brillanti?
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Gabriele
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Un bambino si rotolava nell'erba.
Era una figura piccola, quasi microscopica, che con dei movimenti del tutto imprecisi e sregolati si buttava a terra, le dita strette in quelle centinaia di parti che componevano quel tappeto verde smeraldo.
Buttava la testa chiara in giù, spigendosi per poi ritornare al punto di partenza e farsi una risata per festeggiare il successo. E ripeteva questo movimento una, due, decine di volte. Un antico rituale che sembrava non voler vedere una fine, anche se i suoi capelli biondi, come i suoi vestiti, si stavano velocemente riempiendo di una sporcizia che profumava di felicità.
Rotolava, e si sentiva improvvisamente il re del mondo. O meglio, della piccola porzione di mondo che si può richiudere tra le dita quando si è straiati, e davanti si ha solo l'orizzonte.
Rotolava, e tutti i pensieri andavano via. Quelli belli, come i personaggi del libro a figure che sua mamma gli leggeva la sera, il gelato alla fragola che aveva mangiato poco tempo prima, la felpa bianca che odorava di zoo che si stava progressivamente macchiando di verde. Ma anche quelli brutti: la settimana che lo separava dall'inizio della prima elementare, il fuoco che usciva dalle fauci del forno in pizzeria, le auto che quando passavano veloci facevano tanto rumore. Rotolava, e non pensava assolutamente a niente.
Non vedeva niente. Non sentiva niente, nemmeno la voce burbera di suo padre che lo stava chiamando. Non la sentiva, non sentiva niente. I suoni erano attutiti come fosse sott'acqua, a nuotare circondato da quei meravigliosi tentacoli colorati che non erano altro che petali di fiori.
Non sentiva i suoni.
Non sentiva niente.
Per questo lo strattone da parte di una grande mano gli fece più male del previsto. -Questo piccolino è sempre sulle sue...ascolta molto poco- la voce di suo padre gli sembrava un tuono intelligente, soprattutto quando rideva, e le sue risate avevano il potere di scuotere la terra. Come in quel preciso istante. Sentì le sue gambette alzarsi da terra ed il braccio bloccato, ma non oppose resistenza: fintanto che sotto il suo naso aveva il prato con le sue piccole creaturine ed i suoi figlioletti dai mille colori, poteva considerarsi il ragazzino più fortunato del creato.
In un paio di secondi si ritrovò su di una panchina. Non sapeva nemmeno come, mezzo minuti prima era a chilometri di distanza dalla panchina dove erano seduti i suoi genitori -piccola arca di Noè in un diluvio di natura- o forse si era allontanato solo pochi passi dagli sguardi vigili di lei e il fumo grigio della pipa di lui.
Si sistemò sul legno laccato, sbattendo le piccole manine sui pantaloni beige dove steli d'erba facevano capolino. Alzò la testa, ed il mondo tornò a vivere.
-Azi, saluta la signora!- sua madre era dietro di lui, il sorriso rosso sangue come quello di un vampiro a causa del rossetto impiastricciato sulle sue labbra e il vestito di un azzurro brillante che la facevano sembrare un pezzo strappato al cielo di primavera. Davanti, nella panchina adiacente, un'altra donna lo stava guardando con curiosità. Pareva l'opposto di sua madre: gli occhi scuri come la notte riservavano un fascino rettile, mentre le labbra, sottili come un foglio di carta, erano piegate in un sorriso amichevole. L'unico sprazzo di colore in quella figura era la cascata di capelli rosso rubino che scendevano elegantemente sulla stoffa nera della sua maglia, decisamente più vivi rispetto ai capelli biondo cenere di sua madre, sempre pieni di spille a forma di farfalla e fiocchi dalle colorazioni tenui.
-È un piacere conoscerti, Aziraphale. Hai un nome davvero speciale- il suo tono era dolce come il miele che sia nonna gli versdava nel latte per farlo addormentare. Si ritrasse improvvisamente, una smorfia di confusione si creò in mezzo alle sue guance pallide, assieme ad un singulto. Era la prima volta che vedeva così tanto nero su di una persona. Era la prima volta che vedeva così tanto rosso su una persona.
-Non fare il timido- lo incoraggiò suo padre dandogli una pacca sulla spalla. -Non farci fare brutte figure- gli sussurrò poi all'orecchio con un tono più freddo di una lamina d'acciaio. I baffi duri e taglienti sembravano aprirgli la pelle al solo contatto.
-Anche a me- borbottò, sporgendosi di nuovo in avanti. Doveva trovare qualcosa da guardare al posto di quei capelli, guizzanti serpenti che parevano vivi. Notò un cane, un minuscolo cane che si aggirava nella strada dietro al piccolo giardinetto. Era piccolino e solo, proprio come lui. Lo fissò mentre beveva da un vaso di fiori e ridacchiò da solo, per poi sentire altre di quelle parole che tanto lo avevano imbarazzato.
-Antony, vieni qui!- la donna si sporse verso un altro angolo del parchetto, e trotterellando arrivò un altro bimbo. Era decisamente più alto di Aziraphale, qualche centimentro almeno, e sembrava una fotocopia rimpicciolita della madre: i capelli ramati lunghi erano raccolti in una treccia laterale, mentre l'espressione decisa lo faceva sembrare molto più grande. Tra le mani sottili stringeva dei fiorellini appena colti. Li guardava con astio.
-Li farò crescere- asserì in un sibilo. -Li farò crescere e saranno bellissimi- sbattè le palpebre, guardando poi l'altro.
-Certo, tesoro. Lui è Aziraphale, sarà un tuo compagnetto di scuola- la donna gli spinse la schiena, avvicinandolo. Anthony lo squadrò da cima a fondo, con la stessa curiosità con cui si guarda un animale spiaccicato sull'asfalto.
-Ciao- lo salutò timido Aziraphale, le guance pallide che stavano prendendo un leggero colorito rossastro. Non era propriamente abituato a parlare con altre persone. Con altri bambini. Gli porse la mano, esattamente come aveva visto fare da suo padre e sua madre tante volte con persone nuove, accennando un piccolo sorriso.
Antony la osservò interdetto, indeciso su cosa fare. Posò i fiori sulla panchina, per poi continuare a guardare il bambino. I suoi occhi di uno strano riflesso giallastro fissavano prima la mano davanti a lui, poi la madre che gli sorrideva incoraggiante. Mano. Madre. Mano. Madre. Mano.
-Sembri un marshmallow- esclamò il rosso, battendo il palmo sopra quello di Aziraphale. Lo stesso non capì molto bene: i marshmallows erano buoni, sì, ma probabilmente il ragazzino aveva fatto quel commento riferendosi alla sua forma fisica. E se c'era una cosa che Aziraphale odiava più di altra cosa erano i commenti sulla sua forma fisica. Abbassò lo sguardo, notando il vestiario del bambino: era anche la prima volta che vedeva un ragazzino, un maschio, con una gonna. Certo, i suoi genitori non gli avrebbero mai permesso di indossarne una, sicuramente molto più comoda di quei scomodissimi pantaloni che gli facevano sempre trattenere il respiro per infilarli, quindi oltre alla rabbia nel suo cuore c'era anche una parvenza di invidia. -Embè, tu assomigli a mia cugina- alzò la testa con fare altezzoso, incrociando le braccia al petto e socchiudendo gli occhi chiari.
-Vuol dire che hai una cugina molto carina- Anthony gli fece la linguaccia, ricambiata praticamente subito da Aziraphale. Si era già capito che non sarebbe stata una convivenza facile, in modo particolare a scuola.
-Perchè al posto di litigare non andate a giocare dal laghetto?- imbarazzata, la madre di Aziraphale fece questa propostra, osservando nervosa il marito. Esso posò una mano sulla spalla della moglie, cercando di assumere un'espressione il più possibile calma.
-Ottima idea, Judith- la madre di Antony le diede ragione, alzandosi. Sembrava un'ombra senziente che si avviava in mezzo al mondo dei comuni mortali, più precisamente in mezzo ai due bambini, prendendoli per mano. Aziraphale sentì la morbidezza di quelle dita in mezzo alle sue, prima di iniziare a camminare guidato dalla donna. Essa li portò sulle rive del piccolo corso d'acqua nel mezzo del parchetto, abbassandosi poi al livello dei due ragazzini. Aziraphale non notò lo stesso strano riflesso che aveva visto negli occhi del figlio, però emanavano la stessa energia. La stessa bellezza di un serpente.
-Adesso voi due fate amicizia. Parlate, giocate. Basta che nessuno dei due anneghi l'altro, intesi? Bravi- fece un sorriso di circostanza molto tirato, per poi girare i tacchi e andare via.
-Mia mamma fa sempre così. Conosce i tuoi da un po'- Anthony si era seduto sull'erba, spianando le pieghe della gonna nera che indossava. Le sue braccia esili erano ricoperte da tatuaggi temporanei, principalmente serpenti e altri animaletti disgustosi resi più appetibili dallo stile cartoon con cui erano disegnate. -Adesso dobbiamo diventare amici- aggiunse in una specie di capriccio sussurrato.
Passarono alcuni minuti in totale silenzio, mentre in lontanaza sentivano i loro genitori parlottare di cose segrete ridacchinando all'evenienza. Anthony si tolse le scarpe, mettendo i piedi nell'acqua stagnante e sorridendo soddisfatto.
-Non puoi farlo! È proibito!- il biondo si alzò di scatto, il ditino paffuto puntato verso il ribelle.
-Non mi interessa se è proibito o no. Avevo caldo- asserì il rosso, continuando a muovere i piedini sotto lo specchio rovinato e verdastro dell'acqua.
Aziaphale, ancora più confuso da quel suo atteggiamento (i suoi genitori l'avrebbero già riempito di sberle), si morse le labbra, sedendosi affianco all'altro. -Tu sei molto strano- continuò, stringendosi le ginocchia al petto e guardando il cielo: tenere nuvole si mischiavano nell'azzurro infinito, prendendone piano piano il posto.
-Lo so- rispose Anthony, grattandosi la nuca vicino alla lunga treccia. -Ma a me piace così-. Altro imbarazzante silenzio: Aziraphale non era bravo a farsi degli amichetti. -Ti piacciono i libri?- chiese d'un tratto. Voleva iniziare un discorso soltanto perchè aveva il terrore che l'altro dicesse blasfemie assurde come "giochiamo ad acchiapparella?". Perchè essenzialmente lui odiava l'acchiapparella. Anzi, lui odiava correre in generale. Odiava muoversi in generale.
-Non troppo- la risposta in sè era assente, un alito di vento in mezzo alle montagne inabitate. -Preferisco le piante-.
-Bello-. Altro silenzio si impossessò dei due ragazzini, quando un tuono squarciò l'aria in lontananza, seguito da un pesante sospiro da parte del biondo. -Perchè hai una gonna e i capelli lunghi?- chiese curioso, sporgendosi leggermente.
-Sembri una bambina-.
Il rosso lo guardò stizzito, emettendo una sorta di soffio infastidito come un gatto. O come un serpente. -Perchè mi piace- rispose semplicemente, tirandosi la treccia sulla schiena.
-E la tua mamma?- -Dice che finchè una cosa mi rende felice posso farla-
-Bello-. Anche Aziraphale voleva una mamma così, ma evidentemente era un privilegio per pochi.
-E la tua di mamma?- chiese Antony estraendo i piedi dall'acqua.
Adesso che Aziraphale gli era vicino gli sembrava davvero tanto un serpente, con la sua corporatura sinuosa e la sua pelle diafana. -I miei genitori dicono che devo seguire Dio e solo Dio, perchè tutto fa parte del Suo piano ineffabile- sputò fuori tutto d'un fiato quello che sapeva a memoria, abbassando lo sguardo. Sentiva come una vergogna nell'averlo detto.
-Sai almeno cosa vuol dire ineffabile?- chiese scettico l'altro, alzando un sopracciglio. Aziraphale scosse la testa. -Allora anche tu sei strano- concluse Anthony, guardando le nuvole. -E due strani non possono essere amici-.
-Già. Non mi piaci nemmeno molto-. borbottò il biondo, abbassando lo sguardo. Ritornò a guardare il laghetto, notando che delle minuscole gocce di pioggia stavano iniziando ad incrinare lo specchio d'acqua. Stava iniziando a piovere. Si voltò verso l'altro, guardandolo mentre con le mani iniziava a strofinarsi la pelle delle braccia per un po' di caldo. Era pur sempre in maniche corte, e questo non aiutava di certo contro il vento freddo portato dalle nubi. La visione di quel ragazzino infreddolito gli faceva abbastanza pena, anche se era il suo esatto opposto. Gli si avvicinò di soppiatto, slegandosi la felpa bianca e coprendogli la schiena con la manica. Era la prima volta che stava così tanto vicino ad un suo coetaneo. -Fa più caldo?- chiese, alzando anche il cappuccio per proteggerli dalla prima pioggia autunnale.
-No- Anthony si strinse ad Aziraphale, appoggiando la testa sulla sua spalla (tutta quella confidenza stava facendo esplodere il cuore del biondo). -Ma grazie del pensiero. Me lo ricorderò-. Dopo pochi minuti le loro madri li chiamarono, quando Anthony si voltò verso Aziraphale.
-Sai- iniziò, gli occhi brillanti di un qualcosa che assomigliava a gioia. -Tu non assomigli ad un marshmallow-. Aziraphale era spaventato. Cosa avrebbe detto? Qualcosa di più cattivo? Di più insolente?
-Assomigli molto di più ad un...- poco prima di balzare in piedi e scappare gli diede un buffetto sul naso, cercando la parola. -Assomigli di più ad un angelo, ecco!-.
Inutile dire che Aziraphale pensò a quella frase per molto, troppo tempo.
   
 
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