Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Eris Gendei    24/01/2020    1 recensioni
[Finale alternativo Vento Aureo_Parte 5]
Chariot Requiem e Diavolo sono stati sconfitti, la Bucci Gang ha perso la sua guida e non sa come andare avanti. Cosa succederebbe se Gold Experience riuscisse per la seconda volta ad operare l'impensabile? E se vecchi e nuovi sentimenti venissero alla luce?
Piccola reinterpretazione super fluff e demenziale a tratti, perché soffro per la carenza di materiale BruTrish in giro.
[Angst_Fluff_POV_Headcanon; BruTrish_Giomis]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Bruno Bucciarati, Giorno Giovanna, Guido Mista, Jean Pierre Polnareff, Trish Una
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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POV del capitolo: Bruno e Mista

Bruno Bucciarati si era sempre ritenuto una persona ponderata e ragionevole, poco incline ad agire d’impulso e attento pianificatore.
Grazie a queste attitudini la sua carriera all’interno dell’organizzazione Passione era stata vertiginosamente rapida: divenuto dal principio uno dei prediletti di Polpo, a malapena vent’anni si era già trovato in lizza per diventare capo regime.
La sua squadra era piccola e talvolta confusionaria, ma lui riusciva ad orchestrare ogni mossa con infallibile efficacia; anche se i caratteri dei suoi compagni erano così differenti da rendere difficile la collaborazione, lui trovava un modo per farli agire insieme: dove gli altri vedevano un limite, lui vedeva una possibilità.
Forse era per questo che si era circondato di persone dal passato difficile, perché non sopportava che andassero sprecate; pensava che chiunque avesse un potenziale, bastava soltanto scoprirlo e sapere come farlo fiorire.
Tutti i ragazzi che aveva scelto lo avevano percepito. In qualche modo intuivano che lui aveva visto qualcosa che a loro sfuggiva, un motivo per riporre fiducia in loro che avevano dimenticato.
Non avrebbero mai potuto mancare di rispetto al loro capo, perché lui lo aveva dimostrato a loro quando sentivano di meritarlo di meno.
Dal canto suo, Bucciarati sapeva cosa significassero una vita difficile e un’infanzia compromessa ed era deciso ad aiutare tutte le persone che poteva, se avessero avuto le caratteristiche giuste : abbastanza buone da non corrompersi, abbastanza disperate da volersi rialzare.
Purtroppo il suo aiuto aveva un onere di cui non poteva dimenticarsi; unirsi a lui e lasciare che risollevasse le sorti della propria vita significava giurare fedeltà a Passione, votarsi alla malavita per il resto dell’esistenza.
Per alcuni questo non era un gran prezzo da pagare e queste erano esattamente le persone di cui Bucciarati andava in cerca: rotte, ma ancora riparabili.
Dall’altro lato c’erano quelli che tentava di difendere; la gente comune, gli abitanti del quartiere di sua competenza, gli innocenti.
Trish.
Si portò le mani alle tempie, cercando di alleggerire la pressione che gli stritolava da meningi da dieci minuti buoni.
Sin dall’inizio di quella bizzarra avventura la ragazza si era sempre comportata in modo quasi ineccepibile. Obbediente, tranquilla, non aveva mai fatto qualcosa che non le fosse stato ordinato né aveva tentato di fuggire. Certo, in principio era sembrata capricciosa, aveva avanzato delle richieste tanto banali quanto assurde in una circostanza simile, che l’avevano fatta sembrare una ragazza piuttosto superficiale.
Solo imparando a conoscerla Bucciarati si era reso conto che le sue non erano state pretese immotivate, ma uno scudo dietro cui ripararsi; nel momento in cui l’avevano presa in custodia non aveva più nulla o nessuno a parte se stessa, aveva sentito il bisogno di darsi un tono per non fare la figura della donzella spaurita e indifesa.
Il suo carattere pepato giocava un ruolo importante nella prima impressione che si aveva di lei, ma sotto sotto non era né sciocca né presuntuosa, anzi; l’aveva vista avvicinarsi sempre più a Mista fino a diventare una sorta di amica per lui, fraternizzare con Narancia e persino rivolgersi con gentilezza ad Abbacchio.
Cercò di allontanare il pensiero dei due compagni morti. Ci sarebbe stato tempo per cedere al dolore e piangerli, ma non era ancora arrivato. Prima c’era una missione che doveva portare a termine.
Più di una in realtà e, assurdamente, la più innocua era quella che lo spaventava di più: trovare una sistemazione per Trish.
Tempo addietro le aveva già proposto di stabilirsi, almeno temporaneamente, in un piccolo appartamento che possedeva alla periferia di Napoli, non lontano da quello in cui lui viveva e dalla loro base operativa, il ristorante Libeccio; lei aveva accettato, forse anche solo perché non aveva altro posto in cui andare.
Un tempo si era trovato a desiderare, più o meno consciamente, che la ragione per cui aveva detto sì avesse a che fare con lui; ora si rese conto che era meglio non sperarlo: ultimamente i suoi pensieri, belli o brutti che fossero, avevano la malaugurata tendenza a concretizzarsi.
La sfuriata di Trish era solo una conferma dei suoi peggiori timori. Nonostante tutti gli sforzi che aveva fatto per tenere a bada i propri sentimenti, perché non trasparisse nulla e nessuno si insospettisse, lei sembrava provare qualcosa per lui.
Se si fosse concesso solo per un istante di essere un normale ragazzo di vent’anni, come in realtà era, avrebbe sorriso, trionfante e imbarazzato: cosa può esserci di più bello dello scoprire che la persona di cui si è invaghiti ricambia questo sentimento?
Il momento in cui nasce qualcosa è il più sorprendente; sguardi che si cercano, sempre più significativi, piccoli segnali, un lento avvicinarsi in punta di piedi, senza parlare.
Quando se ne era reso conto ormai era troppo tardi. Qualcosa si era fatto strada dentro di lui, provocandogli una specie di formicolio ogni volta che lei si trovava nelle vicinanze, spingendolo a guardarla più di quanto avrebbe fatto normalmente:”E’ solo per controllare che stia bene” si era detto, cercando di attribuire la sua crescente preoccupazione alla pericolosità della missione, ma sapeva bene che non era così.
Poteva fabbricare quante scuse volesse a suo uso e consumo, ma la realtà era un’altra: per la prima volta nella sua vita, sentiva che se quella persona glielo avesse chiesto avrebbe mollato tutto.
L’intensità dei suoi stessi sentimenti lo aveva spaventato. Nessuno lo aveva mai attratto così, e non c’entrava l’aspetto fisico: Trish era un mondo da scoprire, lo sentiva, c’era moltissimo sotto la superficie.
Nell’ascensore di San Giorgio Maggiore a Venezia si era reso conto per la prima volta di provare qualcosa a cui non sapeva dare un nome; lei riusciva a spostare il suo centro di gravità, concentrando su di sé tutta la sua attenzione.
La sua preoccupazione e il suo spavento l’avevano commosso, al punto da spingerlo a fare qualcosa di impensabile: varcare la barriera del contatto fisico.
Le aveva porto la mano e lei si era aggrappata con una forza delicata; mentre le dita di lei sfioravano per la prima volta le sue si era reso conto che era stato uno sbaglio immenso: non avrebbe potuto più dimenticare quella sensazione, non avrebbe voluto.
Bruno Bucciarati non aveva mai preso nulla alla leggera, ma il contatto fisico era qualcosa di particolarmente cruciale per lui; grazie al suo potere era in grado di leggere le persone, dedurre se erano sincere o stavano mentendo, e grazie alla sua innata sensibilità sapeva capire molto altro: toccare qualcuno significava ottenere troppe informazioni, volute o meno, e lui non amava frugare negli altri se non quando era strettamente indispensabile.
Mentre stringeva la mano di Trish aveva sentito un flusso infinito di sentimenti scorrere fra le loro dita intrecciate: preoccupazione, ansia, emozione, tristezza, malinconia, speranza, timore.
Li aveva raccolti come fossero suoi, sperando di alleggerire almeno un po’ il fardello della ragazza, e le aveva stretto la mano in risposta: comunque fosse andata, lui l’avrebbe protetta fino all’ultimo.
Un ultimo che si stava protraendo decisamente troppo per il suo spirito di sopportazione, troppo poco per quella parte di lui che desiderava cedere.
Ma non avrebbe ceduto. Non si sarebbe concesso l’illusione di poter vivere come un qualsiasi ragazzo, cercando ciò che lo rendeva felice, voltando le spalle al mondo per ottenerlo. Non lo faceva mai.
Trish era una delle persone che cercava di proteggere; il tipo di persona da cui doveva tenersi alla larga.

Mista uscì sul balcone, nella speranza che la frescura notturna potesse lenire almeno un po’ la rabbia e la vergogna che provava. Sentiva le guance scottare, probabilmente doveva essere rosso come un pomodoro.
Si sfilò il cappello in cerca di un po’ di sollievo, lasciando che una leggera brezza spettinasse i suoi già poco ordinati riccioli scuri: vi passò una mano in mezzo cercando di ravvivarli, gesto abituale che ripeteva ogni sera prima di dormire o quando si sentiva nervoso.
Pettine e spazzola erano fronzoli con cui lui non avrebbe sprecato il suo tempo. Era roba da donne, o da mammolette.
O da ragazzi eleganti, bellissimi e raffinati, come quello che probabilmente già dormiva nella camera dove avrebbe dovuto riposare anche lui.
Sopraffatto dallo sconforto lasciò scivolare la mano sugli occhi, come se un gesto potesse cancellare la stanchezza o ciò che era successo.
Forse stava dormendo e tutto ciò era soltanto un incubo.
Forse era svenuto da qualche parte nei pressi del Colosseo.
Per come andavano di solito le cose nella sua vita l’ipotesi peggiore era la più probabile, ma, ad essere sincero, non sapeva se fosse meno augurabile essere mezzo morto in mano a Diavolo o trovarsi davvero in quella situazione allucinante.
Si chiese con che coraggio avrebbe guardato negli occhi l’amico la mattina seguente, cosa si sarebbero detti.
Peggio ancora, se Giorno avesse raccontato a Trish e Bucciarati ciò che aveva combinato??
Sentì un fiotto di acido risalire in gola e fu grato di essere a digiuno da un pezzo. Forse avrebbe dovuto controllare se nella stanza c’era un mobile frigo e cercare qualcosa con cui mandare giù tutto.
Qualcosa di forte.

Nello stesso balcone, appena dietro una rigogliosa composizione di aspidistre, Bruno Bucciarati contemplava la città sotto di sé, brulicante di vita anche nella notte.
Roma città eterna, Roma che non dorme mai.
Non c’era definizione più giusta: se era ancora in piedi dopo gli avvenimenti dell’ultimo giorno si poteva davvero affermare che la capitale non sarebbe mai venuta meno. E la prova della sua vivacità notturna era sotto i suoi occhi; nemmeno il recente disastro poteva arrestare il flusso di turisti, ragazzi e artisti di strada che si aggiravano dalle parti del Colosseo, una delle più belle zone della metropoli.
Era affascinante osservare quel via vai dall’alto, accompagnato dal tipico sottofondo chiassoso che è la voce delle grandi città: chiacchiericcio confuso, clacson e sirene in lontananza, il roboante borbottio del traffico.
Chiuse gli occhi e immaginò di essere ancora a Napoli: il rumore sembrava essere lo stesso ma, per quanto si sforzasse, non riusciva ad immaginare la sua città tutta intorno, c’erano troppe note stonate.
Mancava l’aria frizzante del mare, il profumo salmastro del golfo, l’aroma delle pizze cotte in ogni dove.
Sentì una fitta di nostalgia stringergli il cuore al pensiero di casa.
Con una certa sorpresa realizzò che per la prima volta in vita sua aveva lasciato Napoli; a mente fredda si rese conto di essere stato in due delle città più belle d’Italia, Venezia e Firenze, senza averle osservate per più di un istante.
Sebbene al tempo fosse stato inevitabile, il pensiero lo intristì.
Faceva parte di Passione ormai da molti anni, tempo in cui si era dedicato completamente all’organizzazione e alle sue attività, votato ai suoi doveri e impegnato nella sua ascesa; non aveva mai sottratto neanche un briciolo di tempo al lavoro per scopi personali o semplicemente per riposarsi. La città e l’organizzazione erano la sua casa e la sua famiglia, non riusciva a pensare di venir meno nei loro confronti per qualsiasi ragione.
Oberato com’era ogni giorno da un’infinita sequela di mansioni, incontri più o meno pacifici e altre attività movimentate aveva finito per ridursi ad una sorta di automa.
Organizzato.
Efficace.
Micidiale.
Vuoto.
Quando era stata l’ultima volta che aveva passeggiato per le vie della sua città per il semplice gusto di farlo?
Non se lo ricordava.
L’unico piacere che continuava a concedersi era il cibo, sebbene il condimento di preoccupazioni che si portava appresso finisse spesso per guastare anche quell’unica fonte di appagamento.
Quanto avrebbe voluto godersi un tramonto sulla Costiera senza dover pensare a nulla, un bicchiere di vino in mano e il profumo dei limoni nell’aria.
Quanto avrebbe voluto non essere solo.
Conscio che i suoi pensieri stavano prendendo una piega pericolosa, si riscosse e aprì gli occhi, cercando di distrarsi; sollevò le braccia sopra il capo per stiracchiarsi, improvvisamente indolenzito per aver tenuto una posizione rigida troppo a lungo. Evidentemente la tensione che aveva accumulato era più di quanta credesse.
Per di più sembrava che il potere benefico di Gold Experience avesse un prezzo: era come se tutto il dolore che non aveva provato da quando Giorno lo aveva salvato a Venezia stesse tornando in un’unica rata. Poco piacevole. Decisamente poco piacevole.
Voltò le spalle al panorama, lasciandosi sfuggire un flebile lamento, e si trovò faccia a faccia con Guido Mista, che avanzava alla cieca come un sonnambulo.
In un’altra situazione Bucciarati avrebbe trovato comica la scena, ma in quel momento era evidente che qualcosa non andava.
“Guido, non mi sembra la migliore delle idee giocare a mosca cieca sul terrazzo…che succede?” gli chiese.
Il ragazzo sobbalzò: evidentemente pensava di essere solo lì fuori o si era dimenticato che i balconi fossero comunicanti; si guardò intorno sconcertato prima di individuare la testa dell’amico che galleggiava sopra la piccola giungla di piante in vaso.
“Bucciarati, sei tu! Mi hai fatto venire un colpo, per la miseria” esclamò portandosi una mano al cuore “Che ci fai qui fuori? Credevo avessi bisogno di riposo…anzi, hai assolutamente bisogno di riposo! Perché non sei ancora a dormire?” lo rimproverò, le sopracciglia aggrottate.
Bucciarati sorrise: “Trish sta facendo una doccia, immagino avesse bisogno di un po’ di privacy dopo tutto questo tempo passato a stretto contatto con noi. Non mi stupirei se riemergesse direttamente domattina…” sentì le labbra incurvarsi in un sorriso stiracchiato “In ogni caso non credo gradirebbe la presenza altrui mentre si sistema” concluse, occhieggiando il buio della stanza oltre la finestra.
Mista rise sotto i baffi:”Non ci metterei la mano sul fuoco capo…di certo se invadessi io il suo spazio vitale mi ritroverei ridotto ad un budino in men che non si dica, ma sono sicuro che per qualcun altro farebbe un’eccezione” rispose ammiccante, prima che una fitta al gusto di senso di colpa gli ricordasse che violare lo spazio altrui era esattamente ciò che aveva fatto con Giorno.
Sopraffatto dall’amarezza, non si accorse che il viso di Bucciarati era scolorato di colpo alle sue parole.
“Come?” rispose il ragazzo, cercando di mantenere un tono neutro nonostante si sentisse gelare. Guido non poteva pensare davvero ciò che aveva detto.
“Ma dai, è così palese, mi stupisco che un tipo sveglio come sei tu non si sia accorto di niente…scommetto ciò che vuoi che Trish è solo contenta di condividere la stanza con te stanotte. Credo che non ne potesse più di avere me e Giorno continuamente fra i piedi.”
Bucciarati sentì il poco calore che Gold Experience gli aveva ridato scivolare via:”Guido, ma cosa vai dicendo?”
Il ragazzo alzò le mani in segno di resa:”D’accordo, se non ne vuoi parlare non c’è problema, in fondo non sono affari miei. Ma non sono uno sciocco Bucciarati, e non lo sei neanche tu. Soltanto un cieco non si sarebbe accorto dell’interesse che ha Trish nei tuoi confronti, figurati se non lo hai notato. Se sono cose personali non c’è bisogno che tu faccia il finto tonto, non ne parliamo e basta.”
Il giovane capo rimase in silenzio, realizzando quanto doveva essere stato ingenuo a pensare che nessuno si fosse accorto delle attenzioni che Trish gli dedicava; poteva far sì che non trapelasse nulla dei propri sentimenti, ma non poteva controllare lei.
Improvvisamente si rese conto che sarebbe stato bello poter parlare apertamente con qualcuno.
La sua posizione di leader lo aveva portato a doversi ergere al di sopra degli altri; affinché le cose funzionassero era necessario che ci fosse qualcuno a dirigere tutti quanti, una persona un gradino più in alto che desse ordini e organizzasse ogni cosa.
Bucciarati non lo faceva con superiorità o sdegno, era una formalità puramente necessaria, ma ciò aveva scavato negli anni un piccolo solco fra lui e la sua squadra: sebbene considerasse ciascuno un amico, da un lato si trovava lui e dall’altro loro. Governare il gruppo aveva chiesto di mantenere un certo riserbo e, talvolta, un certo distacco; il suo carattere naturalmente chiuso aveva fatto il resto.
In quel momento, tuttavia, pensò che avrebbe fatto un torto a Guido tacendogli cosa lo assillava; Mista non era  un esperto di questioni di cuore, ma di certo non lo avrebbe deriso e forse lo avrebbe capito.
“Perdonami Guido, sono stato indelicato. Non intendevo trattarti da stupido e neanche escluderti dalla questione. La verità è che questa cosa mi preoccupa molto…” si trovò ad ammettere, infilando le mani nelle tasche e volgendo lo sguardo alla luna, grande e luminosa sopra di loro.
“Beh, non credo sarà così difficile trovarle una sistemazione, non le avevi proposto di stabilirsi nella tua vecchia casa, almeno per un po’? Napoli è più grande del paese dove abitava lei ma si abituerà, vedrai che si troverà bene. Inoltre saremo tutti abbastanza vicini, potremmo tenerla d’occhio a turno quando tu non ci sei.” cercò di rincuorarlo l’amico, con il tono di chi sta facendo la considerazione più ovvia del mondo.
Bucciarati lo guardò stranito:”Non è per questo che le avevo proposto la mia vecchia casa, era solo in attesa di trovare una sistemazione migliore…”
Fu il turno di Mista di guardarlo con tanto d’occhi:”Ah vorresti andare a vivere con lei?? Non pensavo fossi così impaziente capo, sei sempre così misurato…ma di sicuro sai cosa è meglio, non ho dubbi” asserì soddisfatto, grattandosi la nuca da sopra il cappello e incrociando le braccia dietro la testa con fare rilassato.
Bucciarati aveva gli occhi fuori dalle orbite:”Frena un istante! Hai lasciato correre l’immaginazione a briglia sciolta, non è niente di tutto ciò!”
Mista li sgranò ancora di più:”Vorresti dire che Trish non ti piace??”
“Sì! Cioè, no! Aspetta, non è che non mi piaccia, ma non in quel senso!”
“E in quale senso allora?” chiese Mista, più perplesso che mai.
“San Gennaro aiutami…” mormorò Bucciarati a denti stretti, cercando di ricomporsi e recuperare la lucidità persa:”Trish è una bellissima persona e proprio per questo voglio che resti fuori dal nostro ambiente. Il fatto di avere avuto un padre immischiato nella mafia non è una buona ragione perché anche lei venga coinvolta in questo mondo; nessuna persona per bene dovrebbe frequentare noi…” calcò la voce con amarezza sull’ultima parola.
“So cosa le avevo proposto, ma vorrei trovare una soluzione diversa. Dovrebbe avere dei parenti della madre da qualche parte, affidarla a loro sarebbe la cosa migliore per lei.”
Quanto a lui, sarebbe sopravvissuto al dispiacere. Non avrebbe permesso che il proprio egoismo minasse la vita di un’innocente.
Mista lo stava guardando con sorprendente intensità, l’espressione che lasciava trasparire dubbio:”E per caso hai pensato di chiedere a lei cosa preferirebbe?”
La frase sembrava quasi un rimprovero.
Bucciarati si irrigidì e lo guardò con genuino stupore:”Eh? Direi di no. Trish ha solo quindici anni, non è certo la persona più adatta a stabilire cos’è meglio per se stessa.”
Mista incrociò le braccia e gli lanciò un’occhiata incredibilmente simile a quella che avrebbe potuto lanciargli la stessa Trish:“Sarà anche un’adolescente, ma è comunque della sua vita che stiamo parlando. Cosa ti fa pensare di avere il diritto di decidere per lei senza neanche interpellarla?”
Bucciarati si sentiva sempre più sconcertato; Guido, notoriamente privo di tatto, empatico come un ortaggio e altrettanto emotivo, gli stava facendo una ramanzina sul suo essere indelicato e saccente.
A peggiorare la situazione, era nel giusto.
Cosa lo aveva spinto a pensare di scegliere al posto di Trish quale piega dovesse prendere la sua vita?
“Io…ho paura che Trish possa fare una scelta sbagliata, lasciandosi coinvolgere in qualcosa che finisca per farle male. Ho paura per lei.” ammise “Sento di poter essere più obiettivo semplicemente perché ho più esperienza. A volte…vorrei che ci fosse stato qualcuno di più grande, nella mia vita, che mi facesse fare la scelta giusta.”
Mista restò in silenzio per un lungo attimo. “Vorresti dire che, se potessi tornare indietro, faresti delle scelte diverse?”
Non sembrava un’accusa, solo bisogno di capire.
“No, non cambierei niente di ciò che ho fatto, non le cose più importanti, ma…”
“Vedi? Alla fine dei conti sei tu che hai scelto per te stesso e guarda fin dove sei arrivato…non hai sbagliato nulla Bucciarati.”
“Non voglio che Trish diventi una sottospecie di mafiosa per causa mia!”
“Dubito fortemente che sia la sua più grande aspirazione, immagino che lei desideri una vita normale e…”
“Appunto!”
“Lasciami finire…scommetto che lei desidera una vita normale,  ma insieme a te. Non è impossibile come credi capo.”
“Io…non voglio condannare nessuno alla vita che è toccata a me. E’ stata una scelta mia, non deve riguardare nessun’altro.”
“E perché lei non dovrebbe avere il diritto di scegliere? Perché la sua scelta non potrebbe essere quella di restare accanto a te?”
“Perché sono un gangster! Un malavitoso! Per la miseria, Guido, io per vivere ammazzo la gente se me lo ordinano!!”
L’esclamazione improvvisa fece volare via da un albero vicino una coppia di uccelli notturni, che si alzarono in volo tubando indignati.
Un silenzio freddo, carico di aspettativa, si dilatò tra i due giovani; Bucciarati serrò le mani tremanti nelle tasche, cercando di controllare l’agitazione che lo scuoteva.
Tutte le preoccupazioni che lo avevano assalito nelle ultime ore si stavano riversando fuori nel modo peggiore; non voleva gridare contro il compagno, non ce l’aveva con lui.
Ce l’aveva con se stesso.
Mista lo guardò negli occhi, con un’espressione decisa che non gli aveva mia visto:”Anche io, Bucciarati, forse anche più di te. Eppure non per questo mi ritengo un essere spregevole o indegno di essere amato da qualcuno. Semplicemente la vita mi ha portato ad essere quello che sono, e dovrò farci i conti finché camperò. Ma lo farò io, nessun altro. Le mie colpe non sono di nessuno se non mie.”
“Bruno, tu sei una persona da ammirare. Sei giusto, leale, non hai mai fatto nulla per te stesso e non hai mai ucciso se potevi evitarlo. Cerchi sempre di aiutare e proteggere chiunque, a costo della tua stessa vita. Cosa potrebbe esserci di male in te? Chi se non te potrebbe proteggerla da ogni pericolo?”
“Sapresti tenerla fuori da tutto questo, ne sono certo. Il mio è solo un consiglio, ma decidere per lei senza lasciarle possibilità di parlare sarebbe un grande errore. Per la prima volta nella tua vita, commetteresti un’ingiustizia.”
Bucciarati lo fissava ammutolito, incapace di muoversi; sentiva una inaspettata e rassicurante  bolla di calore gonfiarsi nel petto. Forse ciò che diceva Guido non era così assurdo, l’immagine della vita futura che gli aveva prospettato non così impossibile.
Fu lui a rompere il silenzio dopo lunghi minuti, la voce morbida e titubante.
“In certi momenti parli come lei…quasi non sembri tu Guido.”
“Credo di capire cosa penserebbe lei se fosse qui. O almeno ho questa sensazione, da quando siamo stati scambiati mi succede spesso.”
“Trish sarebbe molto felice di sapere che siete diventati telepatici” scherzò Bucciarati, cercando di alleggerire l’atmosfera e capire se l’amico l’avesse perdonato per il suo sfogo.
“Nah, non è telepatia, mica so cosa sta pensando proprio adesso…è più un qualcosa che viene da qui.” Il ragazzo portò la mano al petto, toccandosi un punto vago dalle parti del cuore; o forse intendeva lo stomaco, con Mista spesso era impossibile distinguere fra le due cose.
“Per certi versi preferisco non leggerle nella mente, chissà cosa pensa di me ogni tanto…” Guido si grattò il mento con fare pensieroso; l’amico lo fissava impassibile, il caschetto scuro bagnato dalla luce della luna.
“E come fai a sapere che quello che senti è giusto? Che Trish la penserebbe davvero così?”
Il tono era vago, ma sembrava quasi che Bucciarati fosse in cerca di conferme.
“Non lo so, lo sento e basta. E’ come se avessi una specie di vocina nella testa che ogni tanto parla come lei. Ma non ci vuole chissà cosa per capire che una Trish non sopporterebbe di essere spedita indietro come un pacco senza poter dire la sua. Non che resterebbe in silenzio, questo è certo…”
“Non mi pare abbia mosso obiezioni quando il padre l’ha reclamata…” tentò il giovane.
“Bucciarati, per favore! Adesso è lei che stai tentando di far passare per stupida. Sua madre era appena morta ed è stata praticamente prelevata a forza da Pericolo e i suoi, cosa poteva fare? Non ha avuto neanche il tempo di realizzare cosa stava succedendo. Se avesse saputo qualcosa di questi fantomatici parenti forse sarebbe stata la prima a proporre fin dall’inizio di rintracciarli, ma non mi sembra che siano proprio vecchi amici…”.
Mista si avvicinò alla siepe che li divideva e lo guardò dritto negli occhi, sorridendo appena. L’aveva perdonato.
“Bruno, ora che Diavolo è morto le cose cambieranno. Con te e Giorno a capo di tutta la baracca la vita sarà diversa. Pensa anche a questo.”
“Poi sei tu il capo. Ma se davvero tieni a Trish, in qualsiasi senso, falle questo regalo. Almeno tu dalle la possibilità di scegliere.”
L’amico continuava a tacere, il volto una maschera di preoccupazione e un solco profondo scavato sulla fronte.
“Dai, non è il momento di preoccuparsi di questo, hai seriamente bisogno di andare a dormire. Domani penseremo a tutto.” lo rassicurò il compagno.
“Guido, è notte fonda, è già domani…” rispose Bucciarati inespressivo.
Mista scosse teatralmente il capo e gli rivolse un’espressione condiscendente, puntandogli il dito contro: “Quanto sei pignolo a volte! Hai capito cosa intendo. Buonanotte capo.” lo salutò, prima di sparire oltre la finestra, inghiottito dal buio della stanza.
Bucciarati osservò la schiena del ragazzo allontanarsi e sparire, non senza una certa difficoltà, fra le tende che oscuravano la vetrata.
Credeva che si sarebbe sentito improvvisamente abbandonato, ora che anche l’ultimo membro di quell’assurdo gruppo lo aveva mollato da solo con i suoi pensieri, ma dovette ammettere di provare solo una strana sensazione di sollievo.
Condividere parte delle sue angosce con Guido lo aveva tranquillizzato, percepiva il gravoso senso di responsabilità che lo attanagliava farsi meno pesante; sebbene continuasse a ritenere il punto di vista dell’amico piuttosto assurdo, sapere che qualcuno aveva più fiducia di lui nel futuro era confortante.
Sollevò la testa e si trovò a fissare la luna senza vederla, lasciando che la luce abbacinante gli riempisse gli occhi e cancellasse i suoi fantasmi.
Forse, da un tempo che non ricordava più, aveva solo bisogno che qualcuno gli dicesse che, in fondo, non era una brutta persona.
La luna era così vicina e grande che sembrava avrebbe potuto inghiottirlo. Forse sarebbe stato più facile chiudere la questione così.
Gli occhi allagati di luce, scosse con forza la testa e voltò le spalle al balcone, intenzionato a rientrare.
Non avrebbe scelto la via facile. Non l’aveva mai fatto.
Serrò le palpebre e pensò che doveva ringraziare Guido, aveva colto la reale essenza del problema. Gli aveva rammentato che credeva in lui, che lo stimava. Che aveva ancora qualcosa di bello da condividere.
Ma non con lei.
In fondo anche Bruno Bucciarati era umano, aveva bisogno che qualcuno gli assicurasse che non era da buttare. Che avrebbe fatto la scelta giusta perché ne era in grado.
Purché rimanesse lucido.
Ringraziò che fosse stato Mista a ricordarglielo: se fosse stata Trish avrebbe potuto crederci davvero.




Nota dell'autrice: Ta-daan, ecco che entra in campo Bucciarati come protagonista del capitolo! Personalmente non vedevo l'ora di arrivare a questo punto della storia.
Ve l'avevo detto, purtroppo da qui in avanti le attese fra un capitolo e l'altro e si faranno più lunghe...però (c'è un però) cercherò di pubblicare almeno un paio di capitoli a settimana, se riesco fra venerdì e domenica, quindi potreste trovarvi una pioggia di nuovi capitoli tutti insieme.
Se siete in cerca del fluff più fluffoso non disperate, ci siamo. Giuro che dal prossimo capitolo non ci sarà altro fino alla fine della storia, che ancora non è nemmeno delineata, quindi chissà come e quando sarà!
Detto ciò grazie ancora una volta per aver letto! Spero che la storia vi stia piacendo o quantomeno interessando (sennò se siete arrivati fin qui siete proprio masochisti) e che la conclusione, sempre più vicina, vi lasci soddisfatti.
Enjoy

 

  
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