Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug
Segui la storia  |       
Autore: WhiteLight Girl    25/01/2020    1 recensioni
Papillon è stato sconfitto e Gabriel Agreste è in prigione; Marinette non ricorda come sia successo, né riesce a smettere di preoccuparsi per la sparizione improvvisa di Adrien. Con Chat Noir che le si rivolta contro e cerca di ucciderla, Maestro Fu irreperibile e la scatola dei Miraculous dispersa, Ladybug si ritrova da sola a cercare di capire cosa sia successo dopo che, durante la battaglia finale contro il suo peggior nemico, ha perso i sensi.
Genere: Angst, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Plagg, Tikki
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

17
IL GIORNO IN CUI PAPILLON FU SCONFITTO - 3


Marinette sospirò e scostò la borsetta sul fianco, sentiva Alya frugare tra i libri sugli scaffali della biblioteca scolastica, non sapeva cosa stesse cercando, ma era troppo concentrata a scrutare i titoli sui dorsi di quelli che aveva davanti, per preoccuparsene.

Era nella sezione che conteneva i volumi che avevano a che fare con l’occulto, ma perlopiù si trattava dii narrativa fantasy e horror, nulla che potesse esserle utile per capire come salvare Chat Noir dallo spirito che aveva deciso di abitare il suo corpo. Uno dei volumi, una raccolta di racconti sui fantasmi, era appena sopra la sua testa, quando tese la mano per afferrarlo le sue dita sfiorarono quelle di Nino, protese verso lo stesso libro.

«Scusa.» dissero nello stesso momento.

Nino ridacchiò. «Allora... Fantasmi, eh?»

Marinette annuì.

«Cercavo qualcosa che potesse mettermi un po’ i brividi.» disse, anche se non era affatto vero. «Prendilo pure, se ti interessa.» aggiunse poi.

Anche se probabilmente era il libro più in tema che avessero a scuola, era certa che non ci fosse nulla che potesse servirle, all’interno. Con un sospiro, lasciò che Nino aprisse il libro e, mentre lui iniziava a sfogliarlo freneticamente, ancora in piedi accanto allo scaffale, si allontanò a mani vuote.»


Il giorno in cui Papillon fu sconfitto:

Chat Noir corse rifiutandosi di fermarsi, si lasciò alle spalle Villa Agreste e si perse sui tetti di Parigi, procedendo senza sapere dove stesse andando.

Stringeva il bastone tra le dita, aspettando una risposta di Ladybug; il messaggio che le aveva mandato era stato breve, forse anche sgrammaticato, ma non gli importava. Non riusciva a pensare ad altro che a ciò che aveva visto nello studio di suo padre. Sperava che lui non lo stesse seguendo, sperava che non sapesse dove cercarlo e che almeno per un altro po' sarebbe stato al sicuro.

Quando vide Ladybug, all'inizio pensò di stare sognando; lei era lì ferma a fissarlo e Chat Noir la raggiunse e dischiuse le labbra senza riuscire a dire nulla. Fu lei a parlargli per prima, avvicinandosi e sfiorandogli il braccio come per assicurarsi che stesse bene.

«Chat Noir, che è successo?» domandò.

Forse, penso Chat Noir, era stato anche meno chiaro di quanto aveva pensato. Lanciò un'occhiata alle proprie spalle, non sembrava che Gabriel Agreste fosse vicino. Magari, pensò, non si è neanche accorto di essere stato visto. In fondo era stato veloce; era entrato, aveva visto il kwami ed era fuggito di corsa. Forse non sarebbe successo nulla di male. Poi realizzò che il fatto che suo padre fosse Papillon avrebbe distrutto comunque tutto.

«L’ho trovato.» disse a Ladybug.

Lei si corrucciò, inclinò il capo, Chat Noir lesse nei suoi occhi la confusione e nella curva delle sue labbra la perplessità.

«Chi?» gli domandò.

Chat Noir si morse l'interno della guancia, distolse lo sguardo e per un istante pensò che non voleva più che lei conoscesse la sua identità. Cosa avrebbe pensato di lui? Cosa avrebbe detto o fatto una volta che avesse scoperto chi era? L'avrebbe ancora guardato allo stesso modo e si sarebbe fidata comunque di lui? Si disse che la conosceva bene, che la sua opinione di lui non sarebbe cambiata solo a causa dell’identità di Papillon, ma per quanto riguardava Parigi? Sarebbe mai riuscito a tornare a camminare in mezzo alla gente sapendo che ogni persona che incontrava rivedeva in lui l'eredità di un uomo che aveva fatto loro tanto male? Era disposto a scoprirlo?

Si chiese se avrebbe avuto l'opportunità di ritirarsi, se avrebbe mai potuto perdonarsi se l’avesse fatto. Avrebbe potuto scegliere di lasciare andare suo padre pur di continuare con la sua solita vita, ma ne sarebbe valsa la pena? Era il momento di decidere, realizzò, il momento in cui avrebbe tracciato le basi per il suo futuro, un futuro che avrebbe potuto essere controverso, pericoloso ma di certo mai e in alcun modo totalmente felice, perché in qualunque modo sarebbe andata, l’identità di Papillon aveva comunque sconvolto il suo mondo e nulla sarebbe più potuto tornare come prima.

Si fece forza, non sapeva più cosa voleva, se mantenere la sua facciata da eroe e parlare oppure lasciar correre, ma Ladybug ancora lo fissava e aspettava pazientemente una risposta.

«Papillon...» disse Chat Noir, biascicando le lettere al punto che lui stesso si domandò se avesse davvero detto il suo nome, ma Ladybug capi lo stesso, sgranò gli occhi e si sporse verso di lui.

«Davvero?» chiese.

Annui, lei scosse il capo.

«Non è possibile... come... cosa?»

Sì fermo ed inspirò, forse prendendo tempo per riordinare i pensieri, e per un istante si guardò attorno. Quando si ricompose sfiorò il suo braccio.

«Come l'hai scoperto?» Domandò.

Chat Noir evitò il suo sguardo, non era ancora pronto a farglielo sapere, a conoscere la sua reazione alla scoperta della sua identità.

«Non chiedermelo...» supplicò. «Non posso dirtelo, ma ti assicuro che ho ragione... Che tu avevi ragione...»

Ladybug spalancò le braccia, era palese la richiesta muta di avere un chiarimento.

Chat Noir prese una boccata d’aria, l’ultima prima che la sua vita così come la conosceva svanisse. «Gabriel Agreste.»

Ladybug sorrise, forse pensando ad uno scherzo.

«Non può essere.» disse. «Abbiamo già controllato, abbiamo visto quando è stato akumizzato; c'eravamo anche noi.»

Chat Noir si morse il labbro, ricordando quel giorno.

«Ti giuro, Mia Signora, che questa volta ho le prove. L'ho visto parlare con il suo kwami, non c'è assolutamente alcun dubbio.»

Ladybug ondeggiò sul posto. «Ma non può essere...»

Adrien avrebbe davvero voluto che avesse ragione. «Milady... Ladybug... Ti fidi di me?» domandò.

Lei non esitò un solo istante, prima di rispondergli.

«Certo che mi fido.» disse.

Pochi minuti dopo, senza bisogno che tra loro ci fossero altre parole, Chat Noir guidò Ladybug verso casa sua. Lei rimase sempre alcuni passi indietro, forse persa in qualche pensiero che non voleva condividere con lui, ma la cosa non gli dispiaceva affatto. Stava ancora metabolizzando, non voleva dover già dare spiegazioni e, anzi, per quanto lo riguardava avrebbe potuto evitare l'argomento anche per sempre.

Il profilo di Villa Agreste fu visibile fin troppo presto, le grandi vetrate riflettevano la luce del sole, quasi accecandoli. Aveva sempre pensato, specialmente negli ultimi anni, che avrebbe preferito vivere in qualunque posto che non fosse in quella grande casa vuota, ma per la prima volta realizzò quanto fosse legato a quel posto e a quanto non potesse più farne a meno anche se era dimora di centinaia di pensieri e ricordi tristi.

Quella casa, in fondo, era anche la casa in cui aveva vissuto con sua madre; c'erano anche i suoi ricordi, quei pochi che gli erano rimasti di lei e che non erano stati soffocati dal dolore portato dalla sua dalla sua scomparsa ed aveva sempre pensato che forse, un giorno, se mai avesse deciso di tornare, la villa sarebbe potuta tornare a essere un posto felice. Anche quella speranza scemò subito, poiché nessun posto che avesse visto la perversione di Papillon sarebbe potuto essere un posto felice.

Si fermò sul bordo del muretto, incapace di andare oltre. Se ora avesse affrontato suo padre, tutto sarebbe cambiato. Ladybug si fermò con lui, aspettò in silenzio, Chat Noir la scoprì ad osservarlo di sottecchi, probabilmente ancora confusa dal suo comportamento, ma non trovò il coraggio di girarsi per guardarla. Temette ciò che avrebbe potuto leggere nei suoi occhi.

Non voleva che Ladybug sapesse tutto ciò che conosceva di Papillon e della sua identità segreta, quindi lascio che fosse lei ad andare avanti, lanciando lo yo-yo e aggrappandosi a uno dei cornicioni per volteggiare fino alla finestra più vicina; con un rantolo rammarico, realizzò che si trattava della sua camera da letto. Segui la ragazza, non poteva fare altrimenti; non l'avrebbe lasciata da sola con suo padre senza sapere se sarebbe stata al sicuro, ciò che sarebbe successo di lì in poi era un’incognita.

Una volta oltre il davanzale trovò Ladybug che si guardava attorno a pochi passi dal suo letto, aveva lasciato i libri di scuola abbandonati sul cuscino, prima di andare a chiedere a suo padre se potesse uscire con gli amici, e quelli erano rimasti lì, ancora aperti sull’ultimo esercizio di matematica che aveva svolto. Deglutì.

«Credi che Adrien sia in casa?» chiese Ladybug.

Sentirla pronunciare il suo nome gli fece mancare un battito, ma ignorò comunque la preoccupazione che aveva percepito dalle sue parole.

La vide sporgersi verso l’ingresso del bagno e sbirciarci dentro per controllare che non fosse lì, avrebbe voluto poterle dire che era al sicuro e che stava bene, per quanto gli era possibile, ma non poteva farlo e non voleva nemmeno.

«Adrien Agreste starà bene.» promise e le fece cenno di seguirlo procedendo verso il corridoio.

Sperò di non essere costretto a ripeterlo, perché non ci credeva neanche lui.

«Era nel suo ufficio.» le disse. «Parlava con il suo kwami »

Sperò che non gli chiedesse come l’avesse scoperto e perché, per quale ragione fosse finito lì proprio in quel momento. Sperò che Ladybug desse per scontato che sapeva dove era lo studio di Gabriel Agreste solo perché l'aveva trovato per caso l'ultima volta che erano stati lì.

Lei non fece altre domande.


Ad ogni passo percorso nel corridoio si sentiva più allo scoperto, inerme, impreparato ad affrontare suo padre. Ladybug era sempre al tuo fianco, silenziosa e in attesa che succedesse qualcosa, qualunque cosa fosse, avvertiva la sua preoccupazione quasi come fosse la propria. Quando vide la porta dell'ufficio di suo padre esitò, quasi pensò di lasciare andare avanti l'amica e aspettare in disparte, ma allo stesso tempo non voleva che lei si esponesse da sola, quindi poggiò la mano sulla maniglia e la abbassò dischiudendo la porta. Suo padre dava loro le spalle, guardava fuori dalla finestra, per un momento fu come se non li avesse notati, poi si voltò e Chat Noir realizzò, con un tremito, non era stupito di vederli lì.

«Buongiorno.» disse loro. «Come posso esservi utile?» Domandò.

«Salve.» disse Ladybug, la voce le tremava, notò Chat Noir, raramente l'aveva vista così esitante.

Lui sembrava aspettare una risposta alla sua domanda, sorrideva, ma quello che si apriva sul suo volto era più un ghigno. Forse, pensò Chat Noir, lo aveva solo immaginato; non era possibile che lui sapesse che stavano per arrivare, o forse sì? Non era stato attento, non si era neanche preoccupato di esserlo, era scappato e basta pensando che l'unica cosa che voleva era che quella storia finisse. L'aveva visto, realizzò, e non aveva provato a fermarlo quando era scappato via. Sapeva che stavano arrivando, e li aveva aspettati lì.

«Basta con i giochetti.» gli disse, facendosi avanti e parandosi tra lui e Ladybug. Non avrebbe permesso che lei pagasse per un suo errore, non finché fosse stato in vita. «Sappiamo che sei Papillon, ti ho visto parlare con il tuo kwami.»

«Ma davvero?» chiese suo padre. Teneva il voto sollevato e guardava in basso per poterlo vedere, il suo sorriso ora era apertamente divertito e nei suoi occhi c'era uno scintillio che non avrebbe mai voluto scorgervi.

Se prima aveva sperato di essersi sbagliato, ora Chat Noir poteva dire per certo di essere caduto in una trappola.

«E tu» disse lui «cosa ci facevi qui? Forse dovrei chiamare la polizia per invasione di proprietà privata?» Lo guardò, poi scrutò anche Ladybug come alla ricerca di qualche reazione o debolezza.

Anche Chat Noir guardò con la coda degli occhi Ladybug, lei faceva scorrere lo sguardo tra l'uomo che avevano davanti e lui. Aveva gli occhi sgranati, sembrava confusa, forse ancora incredula vista l'assenza di una negazione. Il fatto che Gabriel Agreste stesse aggirando la domanda poteva essere, probabilmente, equiparato ad una confessione.

«O forse avevi altre ragioni per essere qui?» gli domandò il padre.

Chat Noir deglutì, sapeva, dal modo in cui lo stava guardando, che sapeva chi era. Chiaramente voleva che lo sapesse anche lui.

«Signor Agreste... Lei non è Papillon, vero?» chiese Ladybug.

Chat Noir la sentì avvicinarsi a lui, sfiorargli il braccio, forse in cerca di sicurezza. Non sapeva perché l'idea che proprio lui fosse Papillon potesse sconvolgerla tanto.

«Lo sa, signorina, io glielo avevo detto.» disse lui. «Fare il supereroe è un gioco pericoloso, quasi impossibile per due ragazzi della vostra età. Non avete l'esperienza, la maturità per capire davvero ciò che vi succede attorno, per riconoscere chi vi è amico e chi no e per intuire quando qualcuno è contro di voi.» Ladybug scosse il capo. «No, non può essere. Non lei...»

«Perché non io?» chiese lui «Cosa ho io meno degli altri? Prima che proviate reagire, prima che vi facciate male, è il momento che mi date i vostri Miraculous, finalmente. Vi assicuro che ne farò buon uso.»



***

Ciao, so che non lascio spesso note e mi scuso per questo, ma di solito avendo i capitoli già pronti preferisco concentrare tutte le mie energie nell’ultima e più fondamentale revisione. A proposito di questo volevo confessare che oltre questo capitolo ne ho scritti solo altri due ed essendo in un periodo molto impegnato temo che sia il caso per me di diminuire le fanfiction da portare avanti. Questa storia non mi sta dando le soddisfazioni che speravo mi desse in fatto di interazione con i lettori, quindi probabilmente andrà in pausa per un po’, nella migliore delle ipotesi.

Spero che possiate perdonarmi. Ci vediamo al prossimo capitolo.

   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug / Vai alla pagina dell'autore: WhiteLight Girl