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Autore: lady lina 77    26/01/2020    1 recensioni
Poldark, Season 5 Episodio 8: Cosa sarebbe successo se nell'episodio finale le cose fossero andate diversamente e Demelza si fosse imbarcata davvero coi suoi figli per la Jamaica, lasciando Ross al suo presunto tradimento con Tess? Cosa la attende ai Caraibi? Cosa le succederà? Che donna potrebbe diventare in quelle terre selvagge popolate da pirati? E i suoi figli?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Nuovo personaggio, Ross Poldark
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Mamma, mamma sembra farina!!!".

Demelza, arrancando assieme a Prudie dietro ai suoi figli che, con Garrick, correvano in quella spiaggia dalla sabbia bianca come neve e morbida come un tappeto di velluto, sorrise. I bambini sembravano apparentemente felici ed eccitati e questo la faceva sentire bene anche se non si illudeva che non combattessero con il demone dell'abbandono del loro padre. Sicuramente ci pensavano, ci rimuginavano e presto sarebbero dovuti scendere a patti con quella loro nuova vita senza di lui, sarebbe arrivata la crisi e forse di Ross ne parlavano anche di nascosto da lei per non preoccuparla, ma in quel momento erano eccitati da quel mondo nuovo che li circondava, non avvertivano come lei la paura dell'ignoto e la grande bellezza che sembrava emanare da ogni palmo di quell'isola era sufficiente a renderli entusiasti e contenti.

Si guardò attorno, sembrava davvero di essere nell'Eden. Lasciati alle spalle il villaggio e il porto, erano giunti in un luogo disabitato in cui la facevano da padroni una immensa spiaggia bianca delimitata da una infinita foresta tropicale che probabilmente ricopriva tutta la parte interna dell'isola. Piante di cui non conosceva né i nomi né i frutti, un cielo azzurro cobalto sopra di loro, nelle narici i profumi della natura e del mare che si fondevano e mischiavano. E quell'acqua trasparente, quel mare dai colori che andavano dall'azzurro al verde smeraldo e quella miriade di pesci che si vedevano nuotare in essa come se fossero i padroni di quell'oceano, le davano l'esatta idea della distanza da casa. Anche il mare della Cornovaglia era bello ma non aveva quei colori e nelle sue acque non pullulava tutta quella vita... Si chiese se fosse sempre così in Jamaica, terra di sole perenne e di mare azzurro e cristallino. O se il tempo a volte diventasse implacabile e furioso come quelle terre ancora selvagge... E se il mare a volte fosse in tempesta e cambiasse i suoi colori diventando nero e plumbeo. Santo cielo, non conosceva nulla di quei luoghi e doveva imparare in fretta per il suo bene e per quello dei suoi figli.

"Ci saremmo dovute fermare a bere del rum prima di questa camminata, avremmo affrontato meglio questo caldo orribile" – borbottò Prudie sprofondando nella sabbia.

Demelza lo adocchiò di traverso. "Prudie, in fondo quì in spiaggia c'è una bella arietta, non fa caldo come al villaggio. E non abbiamo denaro da buttare in rum".

"Ma il prete mica ti ha dato un lavoro, ragazza?".

"Suonerò alla Messa la spinetta, non guadagnerò che qualche monetina. E non voglio pretendere nulla di più, quell'uomo si fa in quattro per la sua piccola Chiesa, per chi ha bisogno e per i bambini del suo orfanotrofio".

Prudie si imbronciò. "Sì certo, ma in questa terra di rum, sarebbe un delitto non provarne un goccettino...".

Demelza rise, a dispetto di tutto. "Succederà, te lo prometto. Vivremo quì dopo tutto e dobbiamo adeguarci alle abitudini del posto. In Cornovaglia avevamo il Porto, quì capiterà di bere rum". In realtà non ne era molto convinta, non riusciva ad immaginarsi ubriaca a bere alcolici con qualche strambo pirata in riva al mare, ma non se la sentiva di spezzare le speranze della povera Prudie che l'aveva fedelmente seguita fin lì.

La povera donna si guardò attorno, stanca. Non era abituata né a camminare né a faticare e quella passeggiata sotto il sole cocente la stava uccidendo. "Dove abiteranno le signore? Quì non c'è nulla a parte uccelli colorati che ci svolazzano in testa, sabbia, mare e strane piante".

"Padre Colin ha detto che non è lontano e che dalla spiaggia vedremo le piccole costruzioni che danno sul mare. Sono una manciata di baracche, le dovremmo trovare subito e non dovrebbe mancare molto".

"Mamma!". Clowance tornò indietro di corsa interrompendole, per nulla stanca rispetto a Prudie. La sua carnagione chiara stava già abbronzandosi e i suoi capelli biondi invece sotto quel sole stavano schiarendosi. Sembrava una piccola e bellissima principessa, pensò orgogliosa Demelza...

"Dimmi!".

La bimba, giunta davanti a lei, le indicò un punto imprecisato della spiaggia. "Ci sono, la davanti! Le casette di legno!".

"Dio sia lodato!" - esclamò Prudie guardando al cielo.

Clowance rise, poi si voltò e con Garrick corse di nuovo avanti per raggiungere suo fratello. Sembravano così eccitati, pensò Demelza con sollievo... Poi però si chiese come Kitty e Cecily avrebbero preso il loro arrivo, la difficoltà che avrebbe dovuto vivere nel raccontare loro cosa li avesse portati in Jamaica e soprattutto, il mettersi a nudo davanti a donne che come lei una volta, consideravano Ross un eroe. L'avrebbero giudicata? O avrebbero provato pena per lei?

Ma poi pensò a Kitty e a quanto aveva vissuto, ai patti con la vita a cui era dovuta arrivare Cecily e capì che non l'avrebbero giudicata ma al contrario, le avrebbero teso una mano aiutandola a ricominciare da zero, come loro.

Persa in quei pensieri, sollevò lo sguardo nella direzione in cui erano corsi i suoi figli. Il sole era caldo e alto nel cielo, una leggera brezza le muoveva i capelli e il mare, sotto la luce del mezzogiorno, sembrava ancora più azzurro e trasparente. Era circondata dalla bellezza e dalla grandiosità della natura, non poteva essere depressa, non doveva! Si era sempre soffermata sulle cose belle nei suoi momenti bui e anche se la Jamaica era sicuramente una terra piena di ombre, aveva in se anche tante cose meravigliose che potevano farla sorridere. E si sforzò di farlo, pensando a quel mare e a padre Colin e alle tante scoperte che lì avrebbe fatto.

Osservando il paesaggio, vide i suoi figli tornare verso di loro. E non erano soli, stavolta.

Prudie la osservò. "Sono...?".

Demelza sorrise, il suo viso si illuminò e fu come se un grosso peso si fosse tolto dalle sue spalle. "Sono Kitty e Cecily!" - esclamò, osservando le due donne che, con indosso dei semplici abiti smanicati, assieme ai suoi bambini venivano verso di loro.

Jeremy le corse vicino. "Mamma, mamma le abbiamo trovate!" - esclamò eccitato mentre le donne, con Clowance, le si avvicinavano con espressione sorpresa.

Cecily, coi capelli legati in una semplice coda di cavallo, con abiti sbarazzini e la pelle abbronzata, abbozzò un sorpreso sorriso mentre Kitty, con in braccio un piccolo fagottino, la abbracciò e basta, senza chiedere nulla. "Non so cosa ti porti quì Demelza Poldark e di certo mi è venuto un colpo e ho pensato di essere ammattita quando ho visto i tuoi figli comparire davanti alla mia capanna! Ma benvenuta!".

"Benvenuta" – aggiunse Cecily, decisamente a corto di parole ma pronta a supportare Kitty in quel semplice e caldo benvenuto.

Demelza si rannicchiò fra le braccia della signora Despard e per un attimo tremò forte, non sapeva se per la stanchezza o se per il sollievo di aver raggiunto la sua meta e di non essere quindi più sola e dispersa in quell'angolo sconosciuto di mondo. Kitty rispose all'abbraccio e capì che qualcosa di grave doveva essere successo se loro si trovavano lì. Le accarezzò dolcemente il braccio, le diede un buffetto sulla guancia e le sorrise. "Su, quì c'è troppo sole per una pelle chiara come la vostra. Venite, andiamo nella nostra casa per salutarci come si deve e raccontarci cosa vi porta quì".

Prudie non se lo fece ripetere e a grandi passi, veloce come non aveva mai camminato, avanzò nella sabbia. I bimbi con Garrick le corsero dietro e Demelza, attorniata da Cecily e Kitty, andò loro dietro. "Grazie..." - disse solo.


...


Demelza non si era mai resa conto, da quando era partita e aveva lasciato Dwight e Caroline, di quanto avesse bisogno di parlare, raccontare, sfogarsi... Aveva viaggiato per due lunghi mesi in nave cercando di mostrarsi forte e fiduciosa per non turbare i suoi figli, aveva nascosto i suoi sentimenti più intimi perché non voleva vedessero la luce e la spezzassero, era dovuta venire a patti con realtà che non riusciva ad accettare e si era illusa di aver superato la parte peggiore della tempesta.

Già, illusa, appunto... Perché era bastato uno sguardo preoccupato di Kitty, un suo abbraccio, la vista del suo bambino e la fatidica domanda 'Cos'è successo?' perché scoppiasse a piangere.

Kitty e Cecily li avevano accompagnati fino alla loro casetta a ridosso della spiaggia, una piccola e graziosa costruzione in legno con alle spalle la foresta e davanti la sabbia bianca che diradava verso il mare. Un posto lontano dal chiasso del villaggio e dal porto, circondato da pace e natura e allo stesso tempo vicino ai servizi e alla civiltà offerti dall'isola. Era una casupola piccola, modesta, di sole due stanze, un piccolo braciere all'esterno testimoniava che le donne cucinavano fuori mentre dentro una camera fungeva da spazio per la notte e l'altra era una specie di improvvisato salottino con un vecchio divano, un armadio, un baule e un tavolaccio. Eppure seppur rustico, quel posto tanto spartano infuse a Demelza uno strano senso di pace come se un ambiente del genere, nella sua semplicità, fosse tutto ciò di cui lei aveva bisogno per tirare avanti.

Cecily aveva capito che qualcosa di grave era successo e di certo poi avrebbe chiesto spiegazioni a Kitty, ma sul momento decise di dar pace a Demelza allontanando i figli perché lei potesse raccontare tutto senza remore, di trasformarsi in compagna di giochi dei bambini e, dopo aver promesso loro una grande avventura e un giretto di esplorazione della foresta e della baia, si era allontanata con i piccoli e con Garrick.

Prudie si era sdraiata su una stuoia e dopo infiniti borbottìì era caduta in un sonno profondo e così Demelza era rimasta sola con Kitty e col piccolo James che, con sguardo pacioso e biricchino, osservava dalle braccia della madre la nuova arrivata muovendo gambette e braccia per attirare l'attenzione. Era un bimbo delizioso e fisicamente tanto diverso da quelli che Demelza aveva conosciuto fino a quel momento... Aveva la carnagione di un colorito non scuro come quello della madre ma nemmeno chiaro come quello di Ned, era piuttosto una via di mezzo. Ma gli occhi, gli occhi erano azzurri e trasparenti come quelli di suo padre e assieme al colorito ambrato della sua pelle, ne facevano un bambino meraviglioso, un bellissimo riassunto di ciò che erano i suoi genitori, pensò Demelza, chiedendosi come sarebbe stata la sua di bambina e se l'eventuale somiglianza con Ross non avrebbe finito col rendere tutto ancora più difficile.

Aveva parlato a lungo con Kitty mentre i bambini e Cecily erano in giro, raccontandole cosa fosse successo, cosa ci facesse lì e il grande dolore che l'aveva spinta a partire e a cercare una nuova vita. Kitty era rimasta in silenzio, non aveva fatto domande, non aveva cercato spiegazioni inutili a quanto successo con Ross, non aveva cercato giustificazioni ma si era limitata a guardarla con comprensione e stima. "E' quasi impossibile da credere, Ned aveva una così alta opinione di lui. E anche io..." - si limitò a dire, in un soffio, al termine di quella lunga chiacchierata durata ore, ininterrottamente.

Demelza osservò il cielo. Si era fatto pomeriggio inoltrato senza che se ne accorgesse e il mare e il cielo parevano fondersi in colori caldi che andavano dal rosso fuoco all'arancione. Era uno spettacolo da lasciar senza fiato per la sua bellezza. "Eppure è così. Anche se pure io fatico a crederci che sia successo davvero. Ma dalla morte di Ned, è come se Ross avesse perso se stesso e la sua anima. E mi ha fatto chiaramente capire che non sarebbe tornato sui suoi passi".

Kitty osservò il suo ventre gonfio. "E il bambino? Nemmeno per lui ha voluto tentare?".

Demelza sentì gli occhi pungerle. "Non credo che sia un suo interesse, questo bambino. E onestamente forse non è un interesse nemmeno mio, la differenza è che Ross può scappare dalle sue responsabilità, io no".

Kitty la abbracciò, accarezzandole la schiana. "Non dire così mia cara, sei una madre meravigliosa e lo sarai anche per questo piccolo. Sei solo ferita, stanca e spezzata ma sono certa che sarà una grande storia d'amore la vostra, come lo è per me e James. E' ironico che l'unica gravidanza che sono riuscita a portare a termine sia arrivata in contemporanea alla morte di Ned che tanto avrebbe desiderato questo bambino, ma anche se mio marito non c'è più, io vivo mio figlio come un grande dono e me ne prendo cura anche per lui. Come farai tu, in ricordo di un amore che è stato grandissimo e che anche se ora non è quì, ti ha lasciato una grande testimonianza di ciò che è stato".

Demelza ispirò profondamente per non piangere. Sperava che sarebbe stato come diceva Kitty, lo sperava di cuore. Ma per ora si sentiva solo circondata da una grande voragine nera che la rendeva impermeabile a ogni sentimento materno. Osservò il piccolo James, forse sarebbe stato un amichetto di Isabella-Rose e avrebbero giocato insieme... Avrebbe avuto tanti amichetti e tanto affetto da tutti sua figlia, forse anche il suo un giorno, il giorno in cui sarebbe tornata a sentirsi forte. "Ti ringrazio per averci accolte quì. Ma non vogliamo disturbarti troppo, io, Prudie e i bambini ci metteremo da domani a cercare una casetta come questa per noi".

Kitty le prese le mani. "Non avere fretta, quì viviamo in maniera spartana ma semplice e felice. Sei incinta e se ci faremo un pò stretti, ci staremo bene in questa casetta. Tu devi riposare".

No, non era d'accordo. "Voglio essere indipendente. Ho un pò di denaro portato da casa e padre Colin mi ha offerto un piccolo lavoro, come ti ho detto. Voglio farcela da sola".

Kitty le sorrise dolcemente. "Tu e Ross avete aperto le porte della vostra casa per me e Ned, avete corso tanti pericoli e mi sento anche responsabile per quanto ti è successo e ti ha portata quì. Non devi sentirti un peso, per me sei una preziosa amica e ospite. Io e Cecily viviamo libere, ridiamo, scherziamo, non ci poniamo limiti, orari o regole, viviamo in pace con la natura e con l'isola, godendoci il mare, preparando marmellate con la frutta del posto che vendiamo poi alle navi merci che le smistano o in Europa o nel nuovo mondo e in tutto questo puoi inserirti anche tu, darci una mano e soprattutto, vivere insieme come una strana ma grande famiglia".

Demelza rispose al sorriso. "Lo farò, vi aiuterò, farò parte della vostra famiglia e della vostra squadra. Ma ho visto un'altra baracca, a pochi metri da questa" – disse, indicando una casetta di legno malmessa ma in tutto simile a quella di Kitty, che si intravedeva fra gli alberi a una ventina di metri da lì – "E credo che essere vicine di casa sarebbe meglio che tutti quì insieme, affollati. Tu hai un bambino piccolo, io ne ho due vivaci e una domestica. Saremmo a pochi passi, casa mia sarà la vostra e viceversa e se quella baracca è abbandonata, posso renderla la mia casa come voi avete fatto con questa".

Kitty le accarezzò le mani. "Se è questo che vuoi, ti aiuteremo. Ma non oggi, non stanotte. Stanotte sarete nostri ospiti e se quando Jeremy torna e ne ha voglia, può cercare di pescare qualcosa con Cecily per la cena di stasera. Quì pesce e frutta non mancano mai, questa è un'isola generosa con chi la abita, almeno per quanto riguarda il cibo".

"Credo che Jeremy ne sarà felicissimo, si è già proposto come pescatore ufficiale della famiglia fin dal viaggio in nave".

Kitty rise, battendo le mani e sollevando allegramente James. "Visto, saremo una grande famiglia e ognuno contrinuirà a rendere più facile e semplice la vita degli altri. E il vostro arrivo è un gradito dono per noi, anche se ovviamente capisco quanto tu avresti voluto essere a casa tua, adesso. Ma dalla vita dobbiamo imparare ad apprezzare il meglio che ci da in ogni occasione e quindi, partiamo da questo concetto e andiamo avanti insieme!".

Demelza annuì, voltandosi verso Prudie che continuava a dormire dalla grossa. Poi si stiracchiò, desiderosa di sgranchirsi le gambe. "Ti andrebbe di fare due passi sul bagnasciuga? E' da quando sono arrivata che sogno di bagnarmi i piedi in questa splendida acqua?".

"Con piacere" – rispose Kitty, prendendola sottobraccio con la mano libera da James.

"E i bambini e Cecily?" - chiese Demelza, osservando che non erano ancora tornati.

"Tranquilla, Cecily conosce bene la foresta e le baie, si staranno divertendo un sacco e torneranno entusiasti e felici dopo ore passate ad esplorare e giocare. E' una ragazza d'oro e coi bambini è meravigliosa. Vero James?" - chiese al piccolo.

Il bimbo rise fra le sue braccia e Demelza si unì a lui. "Vero, meravigliosa. E' incredibile come la figlia di un uomo tanto orribile, sia uscita tanto splendida. Geoffrey Charles la adorava, credo non la dimenticherà mai".

Kitty annuì. "Ha tutta la vita davanti. La hanno entrambi e troveranno e vivranno amori più adulti, ne sono certa. E di loro, in entrambi, resterà un dolce ricordo".

Demelza si trovò d'accordo con lei mentre si avviava a piedi nudi verso il mare. Se persino Ross era riuscito a lasciare indietro il ricordo di Elizabeth, di certo ce l'avrebbero fatta Geoffrey Charles e Cecily. I primi amori ti sconvolgono ma poi si va oltre, si cresce, si guarda lontano e si vivono amori più adulti e completi. Di questo era certa e questo augurava a quei due giovani.

La sabbia era sofficissima sotto i suoi piedi, farina appunto, come avevano detto i suoi bambini poco prima. Accanto a lei, fra le braccia di sua madre, il vivacissimo James gorgogliava contento tentanto di afferrare con le manine i suoi lunghi capelli rossi che forse dovevano apparirgli strani. Aveva espressioni del viso buffe, le guance tonde e sane e un modo di fare irresistibilmente simpatico. Ned lo avrebbe adorato e forse per amor suo avrebbe sotterrato almeno un pò il suo animo bellicoso per dedicarsi solo al benessere della sua famiglia... Forse... Ma coi forse non si fa la storia e questo valeva per Ned ma anche per lei. Forse avrebbe avuto ancora Ross se non avesse portato Tess a casa loro, ma forse se non era con Tess, l'avrebbe perso a causa di un'altra donna. Ci era già passata, no? Elizabeth quasi glielo aveva portato via e Ross l'aveva lasciata fare, allora. Se un uomo ti tradisce una volta, non è detto che non lo faccia ancora. O forse lei stessa avrebbe vacillato ancora, se un altro Hugh fosse arrivato all'orizzonte. Dubitava fortemente di cedere di nuovo a un altro uomo, non era nata per questo e tutto ciò che aveva sempre sognato era essere la moglie di Ross e avere il suo amore, ma Hugh prima e quanto successo in quei mesi poi, avevano minato ogni sua certezza negli altri, ma soprattutto in se stessa.

I piedi sfiorarono l'acqua, era squisitamente tiepida. Il cielo stava scurendosi, i gabbiani sembravano spariti in qualche rifugio per la notte e il calmo via vai delle onde che si infrangevano sulla battiglia sembrava una dolce ninna-nanna in quella immensa spiaggia deserta e tutta loro.

"Ti piace la Jamaica?" - chiese improvvisamente Kitty, al suo fianco.

Demelza sospirò, accarezzandosi il ventre. "Sono arrivata solo stamattina, non so ancora dirlo. Per certi versi mi sembra un posto simile al Paradiso. Ma per altri...".

"Per altri?".

Si adombrò, pensando alle tante stonature che aveva, se non visto, captato. "Ci sono molte ombre, oscure. Ho visto degli schiavi appena scesa dalla nave. Ed è una visione a cui non riuscirò mai ad abituarmi e so che questa isola ne è piena. Così come di pirati, che però mi sembrano ben accetti dalla popolazione ma di cui non posso avere una buona visione, visto quanto si dice sul loro conto. Ed esecuzioni in piazza, monelli che cercano monete con ogni mezzo, smaliziati come piccoli adulti...".

Kitty le strinse il braccio. "Hai ragione, ci sono molte ombre nascoste fra queste rigogliose piante e questo splendido mare. La foresta, meravigliosa e rigogliosa e anche impenetrabile in alcune sue parti, è piena di uomini messi in catene da altri uomini. Persone senza libertà nemmeno di respirare, se i loro padroni non lo ritengono più necessario... Persone che lavorano come bestie, senza requie o diritto alcuno, oggetti, nulla più che oggetti per i loro padroni. Io ero una di loro una volta e solo grazie a Ned sono una donna libera, adesso, con i mezzi anche per comprare della terra. Ma una donna col colore scuro della pelle, libera, è qualcosa a cui questa gente non è pronta. E per questo, per vivere in pace, ho scelto di vivere lontana dal villaggio. Io non disturbo gli altri, gli altri non disturbano me e così sto lontana da guai e problemi. Vado al villaggio solo se necessario e per il resto rimango quì, a crescere mio figlio senza attirare attenzioni sgradite su di noi. I pirati invece... beh, fanno parte dell'economia dell'isola. Le guardie dan loro la caccia ma gli abitanti del posto li proteggono. I pirati portano denaro, ricchezza e danno commercio... E non si danno troppe preoccupazioni sul colore della pelle del loro interlocutore, a loro basta solo fare buoni affari. Tutto il resto invece, monelli per strada, case del piacere, caos e strani modi di vivere, fanno tutti parte di questo mondo nuovo che sta nascendo solo ora e che ancora deve trovare le sue regole. Ti ci abituerai, ne sono certa".

Demelza fece per risponderle quando si bloccò. Una strana nenia, una sommessa melodia cantata in una lingua che le era sconosciuta e che sembrava provenire dalla foresta, raggiunse le sue orecchie, dandole un brivido alla schiena. Era una musica a suo modo ritmica ma così incredibilmente triste... "Che cos'è?" - chiese a Kitty.

La donna si voltò verso la foresta con un sorriso triste sul viso. "Sono gli schiavi che lavorano nelle piantagioni per i grandi signori dell'isola. Quando il sole tramonta e la loro dura giornata arriva al termine, cantano nella loro lingua natia e la loro voce giunge sin quì portata dal vento".

"Cosa cantano?".

"Della loro terra, del desiderio di tornarci, di libertà, di abitudini e famiglie lasciate indietro... Non conosco la loro lingua, ma immagino che i loro inni riguardino tutto questo".

Gli occhi di Demelza divennero lucidi mentre immaginava quegli schiavi arrivati lì in quell'angolo sconosciuto di mondo portati per forza, contro la loro volontà, condotti a un destino duro e senza speranza. Uomini, donne e bambini ridotti in schiavitù da altre persone che si credevano superiori a loro e ne diventavano i carnefici. E si trovò a pensare che le sarebbe piaciuto tanto sapere le parole di quella loro canzone per conoscerli meglio, capirli e comprendere una parte di mondo a lei sconosciuta. "Un giorno finirà tutto questo, Kitty?" - chiese, ripensando alle parole di Padre Colin di quella mattina.

La donna, il cui sguardo si perse nel mare mentre stringeva a se suo figlio, sospirò. "Sì. Ma quel giorno temo sia ancora molto lontano".


...


Il mondo era diventato un posto buio, oscuro e senza nessuna attrattiva per Ross Poldark. Così come la sua casa, Nampara, tornata improvvisamente ad essere solitaria e fredda come lo era stata al suo ritorno dall'America, tanti anni prima, quando si era ritrovato senza nessuno ad aspettarlo, con una fidanzata che gli aveva voltato le spalle per suo cugino e nessuna prospettiva per il futuro. Si sentiva come allora, sperso e senza speranza, arrabbiato con il mondo e incapace di racciuffare fra le mani quanto aveva di più caro nella vita.

Per Londra e per le poche persone che conoscevano le sue gesta coi francesi era un eroe ma per i suoi amici e per la sua famiglia una delusione, uno scarto da tenere alla larga.

Dwight era diventato introvabile e nemmeno Caroline si era più fatta vedere in giro, alla miniera lo trattavano con rispetto ma comprendevano che qualcosa di grave era successo e che la sua famiglia non era più al suo fianco e la partenza di George, improvvisato amico dell'ultimo minuto e unico testimone di quanto successo, lo avevano fatto sentire ancora più solo.

Santo cielo, se sentiva la mancanza di George, aveva proprio toccato il fondo!

L'unico suo interesse era la miniera, la ragione di vita dei suoi uomini e l'eredità per i suoi bambini, se mai fossero tornati... Ma lo avrebbero fatto? E Demelza, la sua Demelza scappata lontano pensando che la stesse tradendo di nuovo, lei sarebbe tornata per delle spiegazioni? O aveva rinunciato a lottare? In fondo perché combattere per un uomo che già l'aveva tradita e che quindi, ai suoi occhi ora, non ci avrebbe messo nulla a tradirla ancora? Come poteva dirle che mai, MAI avrebbe fatto qualcosa del genere? Come poteva dirle che aveva sbagliato una volta e che si sarebbe fatto uccidere pur di non commettere nuovamente quell'errore? Come poteva chiedere al destino una nuova occasione con lei per urlarle che la amava, che era stata la salvezza della sua vita e che nulla per lui aveva senso senza di lei al suo fianco?

Rimuginava su questo e tante cose, Ross, nelle serate fredde e solitarie di Nampara, davanti a quel camino testimone di tanti momenti dolci, risate e di tante chiacchierate con sua moglie e i suoi figli. Ora loro non c'erano più e l'unico suo compagno era un bicchiere pieno di vino quando andava bene o di liquori se aveva voglia di stordirsi per non pensare... Era una vita miserabile all'interno di un mondo grande dove trovare i suoi cari poteva essere pressocché impossibile senza l'aiuto di Dwight. Era sicuro che lui sapesse dove si trovassero Demelza e i bambini ma era altrettanto certo che non avrebbe aperto bocca se pensava di dover proteggere sua moglie. Proteggerla... Santo cielo, lui amava Demelza ed era suo compito proteggerla, non di Dwight! Ed era quello che, forse sbagliando, aveva sempre cercato di fare dall'inizio. E nessuno gli avrebbe creduto!

Eppure non poteva stare con le mani in mano a piangersi addosso, lo sapeva bene anche lui e non era tipo da farlo troppo a lungo... Si era annullato e crogiolato troppo a lungo nel dolore e nell'alcol, in quelle settimane disperate si era distrutto a furia di ingurgitare alcolici, in un impeto d'ira aveva fatto a pezzi la culla che aveva riverniciato e l'aveva gettata nel camino per poi pentirsene subito dopo, ma ora basta. Non poteva comportarsi così, non poteva farlo, non doveva lasciarsi morire finché non avesse ritrovato sani e salvi i suoi cari.

E con questo pensiero era tornato a Londra, dopo lunghe settimane di silenzio e solitudine, deciso ad abbracciare forse l'unica strada che potesse aiutarlo a rimettere ordine nella sua vita o quanto meno a dargli uno scopo.

Quando irruppe nello studio, Wichman stava sistemando alcuni incartamenti e il suo sguardo parve sorpreso ma non turbato, quando lo vide, come se si aspettasse questa visita prima o poi. "Poldark?

Con sguardo torvo, scuro, senza il minimo accenno a qualche emozione, Ross si avvicinò alla scrivania e vi poggiò i pugni con forza. "Quel lavoro di spia per il Governo inglese è ancora disponibile?".

Wichman lo guardò coi suoi occhietti furbi. "Potrebbe..." - rispose, sibillino.

Ross annuì, senza il minimo tentennamento. "Accetto l'incarico".


  
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