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Autore: Mari_Criscuolo    27/01/2020    1 recensioni
Leila (Ella) ha 22 anni e vive a Napoli, ma, dopo la laurea triennale in psicologia, si trasferisce a Roma, per continuare il suo percorso di studi.
Sofia, sua amica da otto anni, ha deciso di seguirla.
Entrambe mosse dalla stessa chimera: lottare per la propria felicità.
Ella ha compiuto una scelta che ha fatto soffrire molte persone.
Nonostante non ne se ne sia mai pentita, sa che ogni decisione comporta delle conseguenze e lei sta ancora scontando la pena che le è stata imposta.
È convinta di essere in grado di affrontare ogni difficoltà la vita le metterà sul suo cammino, perché l'inferno lo ha vissuto, deve solo trovare il modo di non ritornarci.
Una ragazza con le sue piccole manie e le sue paure.
Una ragazza che usa il sarcasmo e l'ironia per comunicare il suo affetto e, allo stesso tempo, proteggersi da chi si aspetta, da lei, cose che non può e non vuole fare.
La sua famiglia, Sofia con suo fratello Lorenzo e, infine, un incontro inaspettato, la sosterranno nella sua scalata verso la tanto agognata libertà.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo la pesante discussione intrattenuta con Matteo due giorni prima, non si era fatto più sentire.
 
Quel silenzio stampa era decisamente un bene, perché le avrebbe permesso di recuperare il controllo e preparare le difese in vista di un nuovo possibile attacco.
 
Preferiva non permettere alla speranza di annebbiarle il cervello.
 
Abbassare la guardia avrebbe significato lasciargli libero accesso alle proprie debolezze e non era disposta a permettere alla delusione di scottarla come era già accaduto in passato.
 
La mattinata non era comunque iniziata nel migliore dei modi perché, nonostante avesse dormito fino alle dieci e mezza, si era svegliata con un mal di testa lancinante e il torcicollo.
 
Se non aveva la voglia di alzarsi dal letto per andare in bagno, la sola idea di dover mettere il naso fuori casa le faceva accapponare la pelle, motivo per cui aveva inviato un messaggio a Gabriele, chiedendogli per pietà di trascorrere la serata spiaccicati sul divano.
 
Lo conosceva abbastanza bene da sapere che non avrebbe mostrato rimostranze, perché ad una pizza e un film non si poteva mai dire no, tuttavia, tanta era la disperazione, da spingerla a comporre un testo che trasudasse compassione e disagio.
 
Poco prima che Gabriele arrivasse, si era costretta ad infilarsi un jeans e una maglietta nera di cotone aderente, perché, anche se rimanevano chiusi in quelle quattro mura, non le piaceva l'idea di trascorrere tutta la serata nascosta in una tuta extra large.
 
La comodità prima di ogni cosa, quindi non si scervellò per indossare niente di elaborato.
 
«Abbi il coraggio di ammettere che hai temuto che da un momento all'altro potessero spuntare Sofia o Lorenzo.»
 
Subito dopo essere entrato in soggiorno, Gabriele aveva iniziato a guardare furtivamente in direzione della porta chiusa che conduceva alle altre stanze della casa.
 
Ella lo aveva colto in flagrante e da allora, tra un boccone di pizza e l'altro, aveva iniziato a tartassarlo affinché confessasse.
 
Non era veramente importante, ma di sicuro era estremamente divertente.
 
«Non ti vuoi arrendere?» Gabriele sbuffò, sbilanciandosi con il busto all'indietro per poggiare le spalle sullo schienale del divano.
 
Ella si girò completamente verso di lui, incrociando le gambe davanti a sé.
 
«Assolutamente no. Avevi l'espressione di un bambino spaventato, in attesa che il mostro uscisse di notte dall'armadio per divorarlo. Adorabile.» Ella non la smetteva di guardarlo con un sorriso divertito stampato sulle labbra.
 
«Solo se tu, invece, ammetti che stavi sbavando sulla mia camicia.»
 
L'inaspettata provocazione fece scomparire, per qualche istante, il divertimento dai tratti del suo viso.
 
Gabriele la osservava con un'espressione compiaciuta per averla scoperta quando, mentre si toglieva il giubbino, Ella era rimasta incantata, con lo sguardo fisso puntato sulla sua schiena.
 
Se ne era accorto solo perché, dopo essersi girato per guardarla, lei aveva distolto velocemente lo sguardo con le guance leggermente arrossate per l'imbarazzo.
 
Quella reazione lo aveva piacevolmente sorpreso, non perché non sapesse di essere un bel ragazzo, quanto piuttosto perché, avendo avuto sempre un atteggiamento distaccato e solo raramente sentimentalmente coinvolto, non aveva creduto di poter generare in lei un simile effetto, lo stesso che Ella provocava in lui quando lo sfiorava o si avvicinava tanto da poter respirare il suo profumo.
 
Lasciato andare lo stupore, Ella ritornò a sorridere prima di rispondere.
 
«Pensi davvero di potermi mettere alle strette? Ognuno ha le proprie debolezze, la mia è vedere gli uomini indossare la camicia.»
 
Non aveva la minima intenzione di cedere, ma, considerando che le costava parecchio ammettere di essere rimasta spiazzata dal suo portamento sicuro e dalla sua bellezza, avrebbe trovato un modo meno imbarazzante per vuotare il sacco.
 
«Tutti?» chiese Gabriele, inarcando un sopracciglio, poco convinto dalla risposta evasiva di Ella.
 
«Beh, diciamo quelli che hanno un fisico tale da far sì che fasci bene le spalle e la schiena.»
 
Parlare di ciò che le piaceva degli uomini era meno imbarazzante di quando avesse immaginato. La faceva stare bene sentire la libertà di esprimere la propria opinione senza doversi aspettare una reazione di inutile gelosia.
 
Quando vedeva un film con Matteo in cui recitava un attore particolarmente bello, sia oggettivamente che soggettivamente, doveva mordersi la lingua per evitare di commentare.
 
A Ella non infastidiva se manifestava interesse per una modella o una attrice, perché era in grado di valutare oggettivamente le qualità di una persona e non avrebbe avuto senso negarle o provare gelosia.
 
Matteo era stato una condanna. Dopo le prime volte in cui le era scappato una battuta sulle braccia muscolose di Chris Hemsworth, i litigi inutili e infantili che ne erano seguiti l'avevano scossa così tanto da farle credere che ciò che aveva detto fosse sbagliato.
 
Si era approfittato dell'ingenuità derivata della sua mancanza di esperienza in materia di relazioni, per farla sentire sporca al punto da doversi scusare per qualcosa che non aveva niente a che fare con il tradimento.
 
L'aveva limitata così tanto nel parlare che a volte aveva avuto la sensazione di essere a corto di ossigeno.
 
Per quanto avesse cercato si opporsi, alla fine vinceva lui e lei, per qualche tempo, si era lasciata soffocare.
 
Quanto si era vergognata di sé stessa nessun'altro lo avrebbe mai potuto comprendere.
 
Gabriele aveva visto comparire nuovamente la piccola ruga tra le scure sopracciglia di Ella, mentre l'azzurro delle iridi si era scurito tanto da farlo allarmare.
 
La stava perdendo nuovamente in chissà quali pensieri o ricordi.
 
Detestava vederla precipitare in quegli abissi ricolmi di tristezza e malinconia, avrebbe fatto qualunque cosa per vederla sempre sorridente e fastidiosamente sarcastica.
 
«Quindi, se arrotolassi le maniche, mi salteresti addosso?» L'assurda domanda di Gabriele fu l'appiglio sicuro a cui si aggrappò per fuggire dal baratro di memorie ormai abbastanza lontane da lei.
 
Ella iniziò a ridere come un'isterica di fronte all'espressione seria con cui Gabriele aveva formulato quella domanda.
 
«Sei proprio un cretino. Ho detto che mi stuzzicano, non che mi fanno perdere il controllo delle facoltà mentali.»
 
«A me non dispiacerebbe se lo perdessi, quindi, se permetti, vorrei condurre questo esperimento.»
 
Con un sorriso provocatorio, Gabriele sbottonò l'unico bottone del polsino della manica sinistra, iniziando ad arrotolare lentamente la stoffa scura fino a scoprire metà avambraccio.
 
«Immagino quanto potrebbe essere utile per la società» rispose, prendendosi gioco delle sue intenzioni.
 
«Non sono così altruista. Diciamo che ha uno scopo molto personale.» Mentre iniziava ad avvolgere il tessuto della manica destra, rivolgeva a Ella sguardi furtivi per non perdersi la sua reazione.
 
Trovarsi a poca distanza da Gabriele era decisamente un problema, perché per quanto stesse imponendo a sé stessa di distogliere lo sguardo, la forza di volontà sembrava decisamente troppo debole per poter vincere l'istinto.
 
Ella cedette e, in un istante, si ritrovò persa tra le vene in rilievo che percorrevano i suoi avambracci, partendo da poco sopra il polso fino a scomparire sotto i risvolti delle maniche.
 
La piscina era decisamente il suo sport preferito.
 
Ella sentiva lo sguardo di Gabriele su di sé, ma non si scompose. Guardare non era sbagliato e non ci sarebbe stato nulla per cui provare imbarazzo se fosse riuscita a nascondere le proprie emozioni dietro un'espressione che fosse più neutrale possibile, solo per non dargli la soddisfazione di scoprirla interessata alla sua struttura fisica.
 
«Adesso che hai constatato che non sono una ninfomane, tocca a te confessare» lo incitò, riportando l'attenzione sul suo viso, per incontrare un sorriso soddisfatto.
 
«Sarà, ma ho sentito chiaramente una goccia di saliva cadere sul mio braccio.»
 
«In genere non uso la violenza, ma credo che questa volta potrei fare un'eccezione.» La sua non era una reale minaccia, perché non si preoccupò né di indurire l'espressione né di utilizzare un tono vagamente aspro.
 
«Un patto è un patto» disse, alzando le mani in segno di resa. «Si, lo ammetto, temevo che spuntasse qualcuno, se non tutti, da una delle altre camere.»
 
«Perché non hai chiesto?»
 
Ella poteva comprendere i suoi dubbi, poiché anche lei non aveva ben capito a quale categoria appartenesse quella serata.
 
Non era un appuntamento, ma nemmeno un semplice ritrovo di amici di vecchia data.
 
Era di più e, allo stesso tempo, meno di quanto si potesse pensare.
 
Non tutto poteva essere etichettato e quel loro strano rapporto era tutt'altro che ben definito, ma a Ella non dispiaceva la sensazione che quell'incertezza suscitava in lei.
 
Avrebbe lasciato che fosse la strada a guidarla, mettendo i pensieri da parte, anche se sapeva che, prima o poi, sarebbe giunta ad un bivio e allora avrebbe dovuto compiere una scelta, ma per il momento preferiva godersi ogni singolo respiro.
 
«Non volevo darti la sensazione di essere opprimente o inopportuno. Alla fine mi sono detto che, anche se ci fossero state altre persone, l'importante sarebbe stato rivederti.»
 
Ella assorbì la spiegazione di Gabriele, che le permise di vedere chiaramente gli effetti disturbanti dei suoi ripetuti rifiuti nei suoi confronti.
 
Lo stava costringendo a reprimersi per paura di scatenare in lei una guerra, lo stava soffocando e, anche se le circostanze e i modi erano differenti, sentiva di star agendo come Matteo aveva fatto con lei.
 
Lo stava reprimendo.
 
Più lei non si apriva, più l'aria attorno a lui diminuiva.
 
Non poteva permettere che ciò accadesse. Ella voleva che lui si sentisse a proprio agio, tanto quanto lei lo era con Gabriele, ma le serviva un modo per arrivare all'argomento senza essere troppo diretta.
 
Un percorso graduale sarebbe stato meno traumatico sia per lei, sia per Gabriele.
 
«Che film ti andrebbe di vedere?» chiese, ma, pentendosi subito della domanda, rispose prima che Gabriele potesse parlare. «No, non rispondere. Scelgo io.»
 
Accese la televisione e, dopo aver effettuato l'accesso all'account Netflix, iniziò a sfogliare le pellicole del genere commedia fino a quando non trovò ciò che stava cercando.
 
Aveva appena capito come aprire il discorso, senza rischiare che il panico si riversasse su di lei tutto insieme.
 
«Midnight in Paris?» chiese Gabriele con tono leggermente confuso.
 
In effetti, Ella sperava in una reazione del genere, contando sul fatto che considerasse insolita la scelta di quel film, poiché non erano il suo genere preferito, ma, per quella volta, era necessaria un'eccezione.
 
«È da una settimana che voglio rivederlo, ma non ho mai avuto tempo» si giustificò Ella.
 
«Fai attenzione, sta emergendo la tua anima romantica.»
 
Era triste da pensare, ma Ella stava manipolando il discorso. Per lei era facile prevedere le risposte di Gabriele e non aveva dubitato nemmeno un'istante dell'idea che non si sarebbe lasciato scappare un'occasione simile per provocarla, usando il suo stesso cinismo contro di lei.
 
In ogni caso, Ella non era il tipo di persona che lasciava al caso il margine di errore, quindi aveva nascosto molti assi nella manica nel malaugurato e quasi impossibile caso avesse sbagliato la previsione.
 
Era fin troppo facile indurre una persona che conosceva abbastanza bene a dire ciò che avrebbe voluto sentire e, anche se poteva sembrare meschino, era l'unico modo meno doloroso per affrontare ciò che sarebbe fuoriuscito dal vaso di pandora.
 
«Si, lo ammetto, ma è anche molto più di questo.»
 
Gabriele fu sorpreso dal tono troppo serio con cui Ella aveva parlato. Sentì nitidamente la pressione dell'aria aumentare, pesando sulle sue spalle che si incurvarono inevitabilmente in avanti.
 
La luce bianca del soggiorno si rifletteva sul viso di Ella, rendendola di più pallida del solito. Sembrava sul punto di vomitare l'unica fetta di pizza che aveva ingerito.
 
Era così calma da essere inquietante, la postura era rigida e la sua schiena era troppo dritta, una posa decisamente innaturale che non faceva presumere nulla di buono.
 
Sotto quell'espressione impassibile, Gabriele sapeva che stava bruciando l'inferno, alimentato da chissà quali pensieri.
 
Forse gli avrebbe rivelato qualcosa di importante oppure gli avrebbe confessato di essersi pentita di avergli dato una possibilità. Si chiese se avesse azzardato troppo a baciarle la fronte per darle la buona notte o se si fosse offesa quando l'aveva chiamata piccola strega, ma era la sua Ursula e lei sapeva che quella parola aveva un suono dolce quando la pronunciava per lei.
 
In quel silenzio, in cui Gabriele non poté far altro che attendere la sentenza, il fuoco che stava facendo ribollire il sangue di Ella e stava spegnendo la pioggia di speranza che imperversava in Gabriele.
 
«È uno di quei film che più guardi e più riesci a scovare nuovi significati. Ovviamente dipende anche dalle emozioni che provi al momento. Ho notato che se sei triste cogli i tratti più malinconici, se sei innamorato quelli più romantici, se sei particolarmente felice quelli più nostalgici. Credo sia il migliore ad essere stato prodotto da Woody Allen.»
 
Tutto si sarebbe aspettato tranne una riflessione su Midnight in Paris. Cosa assillava i suoi pensieri non avrebbe potuto scoprirlo nemmeno osservandola, perché fissava, con sguardo perso, il poter del film immobile sullo schermo.
 
«Posso chiedere cosa ti ha aiutato a vedere?»
 
Era una tortura vederla in quello stato catatonico e non poterla avvicinare, perché sapeva che se lo avesse fatto lei sarebbe scattata come una molla, allontanandosi e mettendo fine alla serata.
 
Vederla così fragile lo devastava, ma doveva ingoiare la paura e la rabbia, mettere da parte i suoi sentimenti per lasciare spazio a quelli della sua piccola strega.
 
«Io sono Gil quando si ostinava a credere che ciò che provava per Ines fosse amore. Lui sapeva che c'era qualcosa di profondamente sbagliato nella loro relazione, eppure fingeva che avessero gli stessi gusti, pensieri comuni e stesso stile di vita, quando in realtà i loro desideri non potevano essere più distanti. Allora mi sono chiesta il perché non capisse tutto quello che a me sembrava così palese.»
 
Ella aveva pensato che creare un parallelismo tra la propria vita e quella del protagonista del film fosse il modo più semplice per aprirsi.
 
Era una cosa che faceva sin da piccola. Non le piaceva esporre i propri sentimenti, quindi, quando si ritrovava ad affrontare determinati argomenti, parlava di sé stessa in terza persona oppure si paragonava a un personaggio di un cartone, di un film o di un libro.
 
In questo modo si sentiva meno esposta, meno vulnerabile, perché le dava l'illusione di avere un maggior controllo sulle emozioni che provava e che vedeva riflesse negli occhi di chi la ascoltava, tuttavia non sempre era possibile.
 
«Lo hai scoperto?»
 
«Si. Il suo sogno era quello di vivere a Parigi negli anni 20, perché non si sentiva a proprio agio nel 2000. Alla fine del film, ho capito che non era l'epoca in cui viveva a ad essere sbagliata, ma lo erano le persone di cui si era circondato. Erano loro a farlo sentire fuori luogo, un emarginato, diverso solo perché amava passeggiare per le strade di Parigi sotto la pioggia, solo perché voleva scrivere e sognava i più grandi artisti nel '900. Di conseguenza, queste influenze negative lo hanno spinto a desiderare di vivere in un altro tempo, nella speranza di poter essere felice, di sentirsi accettato dagli altri e finalmente trovare la pace in sé stesso.»
 
Ella era talmente assorta nell'elaborare la spiegazione per esprimere al meglio i propri pensieri, da non rendersi conto che, a ogni sua parola, Gabriele avanzava di qualche centimetro.
 
Si fermò solo quando le ultime due dita della sua mano sinistra sfiorarono quella destra di Ella.
 
Il suo corpo non aveva bisogno di essere toccato, ma la sua mente aveva necessità di sentire la vicinanza di Gabriele e lui l'avrebbe protetta, con le loro mani che si toccavano impercettibilmente senza mai incrociarsi.
 
«Ti rivedevi nei suoi pensieri?»
 
Gabriele cercava la complicità degli occhi di Ella, ma tutto ciò che poteva osservare era il suo profilo. Il suo naso piccolino, leggermente schiacciato sulla punta che si allargava alla base. Da quella angolazione sarebbe stato impossibile non notare che il labbro inferiore era poco più carnoso rispetto a quello superiore, ma insieme creavano una armonia perfetta. Sembravano i petali di un fiore bagnati dalla rugiada del mattino.
 
Le sue iridi azzurre erano così chiare da sembrare trasparenti a causa della luce che vi si rifletteva, rendendo il suo sguardo ancora più angoscioso, mentre i capelli scuri in netto contrasto con la pelle di porcellana, le donavano l'aspetto di una bambola vuota e priva di volontà.
 
«Annullarsi e desiderare qualcosa che non potremmo mai avere è molto più semplice che dover affrontare il problema.»
 
Le parole di Ella riverberarono nella mente di Gabriele, fino a quando non furono completamente assimilate.
 
La facilità con cui aveva pronunciato quella frase così carica di significato gli lasciò intendere che ci avesse rimuginato parecchie volte in quegli anni.
 
Scappare di fronte alle difficoltà, fingere di non vedere per non essere costretti a soffrire, rifugiarsi in un sogno per non dover affrontare la realtà era come voler curare un taglio profondo con un cerotto. Forse per qualche minuto avrebbe contenuto il sangue che si accumulava entro i suoi margini, ma, quando fosse stato troppo, si sarebbe staccato e la ferita avrebbe continuato a provocare dolore.
 
Un concetto che racchiudeva alla perfezione l'essenza dell'umana imperfezione.
 
«È così che hai capito che il sentimento era svanito?»
 
Gabriele aveva elaborato il significato del suo discorso e il motivo per cui aveva deciso di percorrere il sentiero più lungo per arrivare a destinazione: voltare pagina.
 
Dal canto suo, Ella fu spinta a girarsi in direzione del proprietario di quella voce profonda e preoccupata, facendo un piccolo balzo all'indietro quando si rese conto che si trovava estremamente vicino a lei.
 
Gabriele sorrise, soddisfatto per essere riuscito a suscitare in lei una minima reazione e, quando anche lo stupore sparì dal suo volto, i suoi occhi non smisero di luccicare.
 
«In parte. Questa conclusione non mi ha fatto capire che non lo amavo più, ma semplicemente che forse qualche cosa dovesse cambiare perché la nostra relazione potesse funzionare.»
 
La sua voce era più espressiva, forse perché si sentiva meno a disagio e, magari, il velo che aveva tenuto separati i loro mondi stava svanendo proprio grazie a quel discorso iniziato da un film.
 
«Allora cosa ti ha fatto aprire gli occhi?»
 
«Un discorso che Hemingway fa a Gil» rispose Ella, mentre premeva il pulsante avanti veloce. Quando trovò il minuto esatto, mise in pausa. «Ascolta.»
 
Ella schiacciò play e le frasi che avrebbe voluto tatuarsi nella mente si diffusero nell'aria.
 
"Tutti gli uomini temono la morte. È una paura naturale che ci consuma tutti. Temiamo la morte perché sentiamo che non abbiamo amato abbastanza o non abbiamo amato affatto, che alla fine sono la stessa cosa. Comunque, quando fai l'amore con una donna davvero eccezionale, una che merita il massimo rispetto in questo mondo e che ti fa sentire davvero potente, quella paura della morte sparisce completamente. Perché quando condividi il tuo corpo ed il tuo cuore con una donna eccezionale il mondo svanisce. Voi due siete le uniche persone nell'intero universo. Stai conquistando quello che non molti uomini hanno conquistato prima, hai conquistato il cuore di una donna eccezionale, la cosa più vulnerabile che lei può offrire ad un'altra persona. La morte non indugia più nella mente. La paura non annebbia più il tuo cuore. Solo la passione per vivere, e per amare, diventa la tua unica realtà. Questo non è un compito facile, per esso ci vuole un insormontabile coraggio. Ma ricorda questo, nel preciso momento in cui farai l'amore con una donna davvero eccezionale ti sentirai immortale!"
 
Hemingway terminò il discorso e le sue ultime parole risuonavano ancora chiaramente nelle orecchie di Gabriele.
 
Era quello quindi il significato dell'amore: trovare la propria immortalità nell'anima di chi si amava.
 
Gabriele fermò i pensieri prima che potessero prendere vita, poiché non era il momento di interrogarsi sui propri sentimenti.
 
«Ecco, io ogni momento di ogni giorno di quel lungo anno di relazione mi svegliavo e mi addormentavo con la paura di morire. Non l'ho mai dimenticata, per un solo istante e nemmeno mi sono mai sentita invincibile, anzi, la sera mi ritrovavo a sperare che il giorno seguente non sarebbe stato peggiore del precedente. Forse oggi è un'utopia, ma credo sia questo l'amore.»
 
Ella era uno spettacolo unico da contemplare. Non aveva mai visto qualcuno usare le proprie debolezze per spingersi a trovare la forza e il coraggio per affrontarle.
 
La leggera inclinazione del suo tono di voce rendevano solo più evidente il dolore che la tormentava, eppure ancora riusciva a controllarlo, lasciandolo bruciare solo all'interno e, se Gabriele conosceva abbastanza bene quella testa calda, era sicuro si stesse ripetendo che non doveva cedere per non ferirlo, ma, in realtà, proteggeva sé stessa da qualcosa che alimentava le sue sofferenze.
 
Era forte, era coraggiosa, ma era anche fragile e ciò la rendeva incosciente rispetto al male che poteva provocarsi.
 
«Solo perché Mattero non ti ha fatta sentire viva come speravi, non significa che le emozioni che immagini tu non possa provarle realmente un giorno.»
 
Gabriele capì, finalmente, qual era una delle sue più grandi paure: non riuscire a sentirsi immortale, nemmeno per un istante della propria vita.
 
Ella, solo in quel momento, solo avendolo al suo fianco dopo tanto tempo, comprese il significato di ciò che aveva provato in quegli anni e che la presenza di Matteo aveva amplificato.
 
Il suo pensiero ritornava incessantemente a Gabriele, facendole temere che non avrebbe mai amato nessun'altro come lui, perché era stato l'unico con cui non aveva mai avuto paura della morte.
 
Schiacciata dal peso di quella consapevolezza, sentì le emozioni prendere il sopravvento sul suo corpo e la loro intensità le provocò dei tremori incontrollati nelle mani.
 
Prima che Gabriele potesse accorgersene e agire d'istinto, intrecciò tra loro le sue mani, sfuggendo a qualunque possibilità di contatto.
 
«Per questo motivo ho messo un punto a quella relazione. Perché avrei dovuto accontentarmi di qualcosa che non mi rendeva felice? Non ho trovato una risposta ed eccomi qui, su questo divano ad annoiarti con questi discorsi deprimenti.» Ella gli rivolse un piccolo sorriso tirato, figlio della frustrazione e dell'angoscia.
 
«Non mi annoieresti nemmeno se parlassi della fotosintesi clorofilliana. Ti ho chiesto io di aprirmi il tuo mondo, quindi non farti frenare da questi inutili pensieri.»
 
«Una persona mi ha ricordato che devo imparare ad accettare l'aiuto di chi mi tende una mano, di lasciare che le persone che mi amano mi proteggano. È difficile.»
 
«Lo so.»
 
Era giunto il momento e il ricordo delle parole di Sofia fu la spinta decisiva che le fece trovare il coraggio di saltare nel vuoto, sperando che Gabriele non la lasciasse cadere.
 
«Voglio raccontarti una storia. C'era una volta una ragazza di 20 anni di nome Ella che, in un caldo pomeriggio di metà maggio, aveva deciso di trovare un po' di fresco in un bar, che aveva aperto da poco sul lungomare di Castellammare. Attratta dall'idea che la brezza marina e il rumore del mare avrebbero potuto aiutarla a concentrarsi sullo studio, voltò le spalle al suo piccolo studio. Dopo aver camminato quindici minuti, cercando riparo dal sole all'ombra dei palazzi e degli alberi disseminati lungo i marciapiedi, giunse a destinazione. Il locale era popolato solo da un paio di coppie, quindi, potendo scegliere liberamente il tavolo, si andò a sedere in quello più distante dall'ingresso e dagli altri ospiti, per non essere disturbata. Un cameriere, di un anno più grande di lei, le si avvicinò sorridendole, si presentò e, rivelandole il suo nome, le lasciò cortesemente un menù. Dopo che lo stesso le ebbe portato l'ordinazione, Ella iniziò a sentire una strana sensazione, così alzò lo sguardo dai libri, cogliendo di sorpresa il ragazzo che la stava osservando con insistenza. Ella non distolse lo sguardo perché voleva fargli capire che non l'avrebbe messa in imbarazzo, ma sicuramente l'avrebbe infastidita se avesse continuato a fissarla. Alla fine riuscì a ottenere ciò che voleva e, soddisfatta, riprese a leggere i suoi appunti. Quando il locale iniziò a riempirsi e la ragazza capì che non sarebbe più riuscita a studiare così si alzò per andarsene, ma fu fermata da Matteo. Si scusò per averla fatta sentire a disagio, dicendole di essere stato colpito dalla sua bellezza. Ella pensò che la giustificazione fosse piuttosto patetica, ma si lasciò comunque andare, perché non c'era nulla di sbagliato nel fare un complimento e nell'accettarlo. Da questo incontro trascorse un mese, prima che decidessero di iniziare una relazione. Ella si sentiva una ragazza fortunata a stare con una persona gentile e premurosa come Matteo. Credeva che la migliorasse, che la stimolasse a sfruttare tutte le sue qualità e forse per i primi due mesi era stato realmente così. Le favole in genere si fermano a questo punto della storia, al vissero felici e contenti, lasciando al lettore l'illusione che il fantomatico principe azzurro abbia reso felice la principessa per il resto dei suoi giorni. Ora, permettimi di raccontarti il finale reale di tutte queste storie e di come il principe tratta l'amore della sua vita. La loro relazione durò complessivamente un anno e, togliendo i primi due mesi, i restanti otto furono un tripudio di litigi, gelosie, privazioni e prevaricazioni. Quando Ella finalmente aprì gli occhi, interrompendo quel rapporto malato e morboso, si rese conto che persone come lui erano capaci di violentare senza che la vittima se ne accorgesse. Le decisioni che pensava di aver preso di sua spontanea volontà erano in realtà manovrate e plagiate da chi le aveva detto di amarla.»
 
«Ella...» Il suo nome fu pronunciato come una supplica, quattro sillabe intrise di una disperazione che le perforò i timpani e si andò a schiantare sul suo cuore.
 
Quella storia era così piena di significati che Gabriele ancora non poteva comprendere. Un suono gutturale di frustrazione nato dal dolore e dalla rabbia fuoriuscì incontrollato dalle sue labbra.
 
Ella aveva immaginato la sua reazione così tante volte, credendo che avrebbe fatto meno male osservarla poi dal vivo, ma le cose non stavano andando come aveva pensato.
 
La sofferenza era come un pallone rovente, abbandonato sotto il sole di mezzogiorno, che si stavano passando a vicenda per ridurne l'intensità, ma entrambi ne sarebbero usciti scottati dal termine della giornata.
 
«La favola non è ancora conclusa.» Se non avesse continuato ora, probabilmente, non lo avrebbe più fatto e lui meritava di sapere. «Matteo non si arrese di fronte alla decisione della principessa, perché era sua e non poteva accettare l'idea che potesse appartenere a qualcun altro, così decise di doverla riconquistare. Iniziò ascriverle messaggi, inviarle chiamate, farsi trovare per strada quando, conoscendo le sue abitudini, immaginava sarebbe scesa. E, mentre lui cercava di dimostrarle il suo amore, Ella moriva.
 
 
   
 
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