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Autore: apollo41    28/01/2020    3 recensioni
A undici anni dalla fine della guerra Draco ha trovato un nuovo equilibrio: è il proprietario di un negozio di successo, vive con la sua migliore amica e si gode l’anonimato che deriva dalla mancanza di una vita sociale. Certo, è consapevole di un vuoto che non sa come riempire, ma lo ignora occupando le giornate in un’inutile battaglia contro il Poltergeist che infesta il magazzino del suo negozio. Basta però che a varcare la soglia di Accessori di Prima Qualità per il Quidditch sia un vecchio nemico per fargli scoprire che quel vuoto ha in realtà dei contorni ben definiti.
Dal testo:
Draco poteva sentire fisicamente su di sé lo sguardo di Potter, eppure non riuscì a distogliere l’attenzione da quel pezzo della sua famiglia che non avrebbe mai avuto l’opportunità di conoscere a causa degli errori del suo passato. Era così vicino, eppure così distante che Draco poté quasi sentire il suo cuore spezzarsi.
Teddy, nella sua totale ignoranza di chi lui fosse, gli aveva ricordato per la prima volta in molto tempo cosa di preciso avesse perso per colpa della guerra: qualcosa che neppure tutto l’oro del mondo avrebbe mai potuto dargli.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Teddy Lupin | Coppie: Draco/Harry
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Capitolo 3

 

And I hold up my hands
This will be my final step
Before I rise, rise, rise, rise, rise

 

Il piccolo appartamento sopra Accessori di Prima Qualità per il Quidditch era sempre silenzioso di prima mattina. Quando splendeva il sole, la luce che filtrava nella zona living dalle ampie finestre rivolte verso il viale ancora deserto era la vera protagonista: illuminava i mobili in legno dai toni caldi e i pavimenti in parquet chiaro, e rimbalzava contro la superficie liscia del marmo grigio scuro dell’isola della cucina in un caleidoscopio di riflessi sulle pareti di un caldo rosa pastello.

Le uniche due persone che vivevano nell’appartamento e godevano di tale spettacolo – se si escludevano le numerose piante sparse in gran parte delle stanze –, non erano affatto prone alle chiacchiere, soprattutto prima della fine della colazione.

La routine mattutina di Draco e di Saoirse era perlopiù rimasta immutata negli anni in cui avevano convissuto nel modesto ma ormai del tutto rimodernato trilocale.

Draco si svegliava per primo e dopo essersi assicurato che le sue adorate piante non necessitassero di essere innaffiate, preparava una colazione molto semplice per poi sedersi all’isola e ignorare ogni altro essere vivente finché non aveva finito almeno la prima tazza di caffè. Quando aveva più o meno raggiunto lo stato di semi coscienza un’assonnata Saoirse lo raggiungeva, il Profeta già stretto tra le dita mentre leggeva in silenzio, quasi in uno stato di trance. Draco si alzava quindi a recuperare la posta, che nella maggior parte dei casi riguardava il negozio, per poi tornare a sedersi in attesa che Saoirse finisse di mangiare, non senza commentare con la bocca piena l’ennesima cavolata presente sul quotidiano. Infine, con un serie di veloci colpi di bacchetta, Saoirse si occupava delle stoviglie sporche e insieme scendevano ad aprire il negozio.

Era una macchina talmente ben oliata che quando quella mattina la routine venne interrotta da un gridolino eccitato di Saoirse, i residui di sonno da cui la tazza di caffè che Draco stava sorseggiando non lo aveva ancora curato, sparirono lasciandolo solo di pessimo umore.

Stava quasi per alzarsi e controllare se le fosse successo qualcosa, quando la porta della stanza della sua coinquilina si aprì. Saoirse rimase sulla soglia, lanciandogli un’occhiata dallo stretto corridoio, un’espressione sorniona stampata in viso che lo mise immediatamente a disagio. Conosceva quell’espressione e di solito non portava a nulla di divertente, non per Draco almeno.

“Cosa?”

Saoirse balzellò fino alla cucina in un modo che gli ricordò quasi Luna Lovegood che camminava sognante per i corridoi di Hogwarts. Saoirse teneva qualcosa ben nascosto dietro la schiena e stava soltanto fingendo quell’aria innocente, e la cosa continuava a tenerlo sulle spine.

Appena si mise a sedere accanto a lui, la sua curiosità di Draco venne infine soddisfatta quando lei quasi gli schiacciò una copia del Profeta contro il naso.

Il giornale era così vicino al suo viso che gli occhi quasi gli si incrociarono nel tentativo di capire cose gli stesse indicando con il dito, ma quando riuscì a mettere a fuoco l’immagine che occupava almeno un quarto della pagina, il fiato gli si mozzò in gola.

Lo scatto della notte prima di lui e Potter di fronte alla fontana era stato usato come foto principale per l’articolo che parlava dell’evento di beneficenza del JUST, affiancato da una foto che occupava altrettanto spazio sulla pagina di Hermione che svelava in loop il quadro di Piton.

Lo sguardo di Draco si spostò alla svelta sul numero della pagina. Si lasciò andare in un respiro di sollievo quando si rese conto che, nonostante si trattasse di Harry Potter, la notizia non era valsa le prime pagine e la foto fosse ben nascosta verso la fine del giornale, poco prima degli articoli di puro gossip.

Saoirse spostò di scatto il giornale, continuando a guardarlo con un sorriso sornione. “Vuoi davvero ancora continuare a negare che conosci il signor Potter un po’ più da vicino di quel che sei disposto ad ammettere?”

Draco le lanciò un’occhiataccia. “Cosa credi che dovrebbe provare quella foto, Sha?”

Lei fece schioccare la lingua e iniziò a tracciare con il dito qualcosa sulla pagina.

“Prima di tutto prova che tu e Potter avete scelto di avere una conversazione in un posto pieno di altre persone con cui chiacchierare,” puntualizzò, confermando a Draco che se mai Saoirse avesse frequentato Hogwarts, il Cappello non avrebbe esitato a fare di lei una Serpe.

“Potter voleva solo vantarsi del suo figlioccio,” cercò di divagare con una mezza bugia.

Saoirse però sorrise solo con maggior convinzione. Era sempre stato impossibile per lui mentirle.

“Ma davvero? Ti ha chiesto se vuoi incontrare tuo cugino di nuovo?”

Per un istante Draco portò gli occhi al cielo e si chiese perché di preciso considerasse Saoirse sua amica tanto da sentirsi a suo agio da parlarle di cose che gli stavano a cuore, quando era ovvio che lei premeva sempre perché lui si aprisse anche quando forse Draco non era pronto a farlo. Forse era quella la ragione.

“E con questo?”

Lei alzò le mani quasi in segno di resa, prima di tornare a disegnare con la punta del dito sulla pagina, riportando l’attenzione di Draco sulla foto. Dopo averla osservata per qualche istante, si rese conto che Saoirse stava disegnando piccoli cuoricini attorno al viso del Draco ritratto nella foto e distolse di nuovo lo sguardo con uno sbuffo irritato.

“Oh, nulla, significa solo che da quando vi siete visti l’ultima volta sei stato nei suoi pensieri tanto quanto lui lo è stato nei tuoi…” borbottò lei con finta indifferenza.

Draco, che era tornato alla colazione in un tentativo di non ripensare al braccio di Potter appoggiato sulla sua spalla, quasi si strozzò. Saoirse, accanto a lui, ridacchiò prima di dargli un colpetto sulla schiena.

“Vuoi smetterla? Non c’è nessuna attrazione tra me e Potter!”

Saoirse sospirò e scrollò le spalle. “Come vuoi. Anche se a me il modo in cui lo fissi in questa foto sembra dire proprio il contrario,” disse prima di recuperare la sua colazione e tornarsene nella stanza da cui era venuta, lasciando Draco da solo con il Profeta ancora aperto.

Cercò con tutte le sue forze di ignorare il giornale, arrivando persino a spingerlo fino a farlo cadere a terra pur di non averlo sotto il naso. Riuscì a lasciarlo lì per la durata di un solo boccone del suo toast, prima di alzarsi a recuperarlo.

Osservò con maggiore attenzione la foto, chiedendosi cosa avesse visto Saoirse di preciso.

Potter guardava verso l’obbiettivo, il suo sorriso quasi immobile, gli occhi che si aprivano e chiudevano in modo quasi ipnotico e la mano destra che si alzava in un saluto un po’ ridicolo, ma che per qualche ragione lo faceva sembrare affabile. Dava l’impressione di essere la persona più amichevole e disponibile del mondo nonostante emanasse un livello di carisma che non aveva per nulla avuto in adolescenza, non quando si trattava di quel genere di situazioni perlomeno.

Spostò lo sguardo sul se stesso della foto e trattenne di nuovo il fiato. Gli occhi del Draco ritratto sulla carta si spostavano in un loop dal fissare colti di sorpresa l’obbiettivo, all’osservare il viso di Potter, come ammaliato dalla sua presenza. Chiunque non fosse stato presente nel momento in cui era stata scatta la foto non avrebbe avuto idea di cosa Draco avesse osservato per primo; lui che ne era il soggetto lo sapeva perfettamente e sentì le gote andargli a fuoco.

Fu costretto ad ammettere che forse c’era una buona ragione se Saoirse credeva che fosse attratto da Potter. Sembrava quasi che fosse stato occupato nell’ammirarlo, prima che lo scatto lo sorprendesse come un criminale colto in flagranza. Il problema era che lo scatto non ritraeva neppure qualcosa di inesistente: Draco era davvero rimasto ammaliato dal charme di Potter, almeno per un momento.

Grugnì, sbattendosi inutilmente il Profeta contro il viso, cercando di rinnegare quell’immagine.

Era davvero bastata quell’improvvisa disinvoltura di Potter per fargli realizzare per la prima volta perché di preciso tutti avessero sempre avuto un tale rispetto innato nei suoi confronti. O perché fosse tanto semplice iniziare quasi a venerarlo, se si era abbastanza fortunati da venir accettati nel suo ristretto circolo di confidenti.

Non era qualcosa che Potter faceva per manipolare le persone, seppure Draco fosse sicuro che almeno un po’ fosse stato subdolo nei confronti del ragazzino che aveva scattato quella foto, pur di controllare l’argomento della conversazione.

Il punto era che tutti, a prescindere dall’età o dalla posizione che ricoprivano nella comunità magica, rimanevano incantati dal fascino di Harry Potter appena si rendevano conto che la realtà era migliore di qualsiasi versione avessero costruito nel loro cervello.

Riportò l’attenzione un’ultima volta sulla foto, chiedendosi in quanti di preciso avrebbero riconosciuto la sua faccia soltanto da quell’immagine, ma ogni sua speranza di passare come un anonimo nessuno venne subito distrutta.

La didascalia citava: “Harry Potter, il Salvatore, attuale insegnante di Difesa contro le Arti Oscure a Hogwarts, si congratula con Draco Malfoy, uno dei beneficiari del JUST e proprietario di un’attività di successo a Diagon Alley.”

Draco grugnì, lasciando cadere il Profeta sul piano di marmo dell’isola, per poi nascondere la faccia contro la carta, stropicciando irrimediabilmente la pagina. Stava ancora rimuginando se fosse possibile morire di umiliazione – nonostante esperienze precedenti gliene avessero già provato l’impossibilità –, quando il rumore di qualcosa che picchiettava contro il vetro della finestra del salotto lo risvegliò.

Si alzò e si avviò verso il sofà, piccole stelle che gli offuscavano la vista a causa della forza con cui si era premuto i palmi delle mani contro le palpebre. Abbandonò il Profeta ormai stropicciato sul tavolino di vetro e si poggiò con il ginocchio sul vecchio divano sotto la finestra, il tessuto rosa pastello che si lamentava sotto il suo peso. Si sporse verso la finestra per aprila, e scostò le tende candide che erano sempre state quasi del tutto inutili nel filtrare la luce del mattino.

Notò solo in quel momento il gruppo di gufi stranamente rumoroso che attendeva di esser lasciato entrare per consegnare la posta. Nonostante fosse perplesso, aprì e li lasciò passare.

Uno a uno fecero una serie di giri intorno al lampadario della cucina e a quello del piccolo angolo relax, prima di lasciare la posta o accanto a lui ancora in ginocchio sul sofà, oppure sopra la copia del Profeta.

L’uscita dalla finestra fu un po’ più caotica; un paio di gufi in entrata si scontrarono con quelli in uscita, e per un attimo Draco si trovò tra le braccia una giovane civetta dalle zampe lunghe e il petto chiaro che sembrava non essere ancora del tutto pratica nel consegnare la posta. Gli sembrò quasi gli avesse rivolto un’occhiataccia con i suoi brillanti occhi gialli, prima di riprendere il volo.

Il rumore di ali che sbattevano e versi annoiati dei vari volatili aveva attirato anche Saoirse, che osservava la situazione dal corridoio, al momento l’unico posto sicuro dal caos che ancora riempiva gran parte dell’area living. Dopo un paio di lunghi istanti e una pila anomala di posta sparsa su varie superfici, il soggiorno fu finalmente privo di gufi e di nuovo silenzioso.

“Cosa è appena successo?” chiese Saoirse perplessa, senza però restarsene con le mani in mano.

Estrasse la bacchetta e cominciò a far sparire il disastro di piume che sembravano ricoprire quasi ogni superficie, compresa la colazione mai finita di Draco.

“Non ne ho idea…” Si era messo a sedere sul sofà più o meno a metà dello stranissimo spettacolo e un paio di buste era state lasciate direttamente sulle sue gambe.

Saoirse gli si avvicinò, controllando la finestra socchiusa alle sue spalle, come se si stesse assicurando che non sarebbe all’improvviso ricominciato l’influsso di gufi.

“Beh, chi le manda?” domandò chinandosi lungo il percorso a recuperare quelle che erano cadute sul tappeto dell’area relax o sul tavolino. Si accomodò infine accanto a lui, raggruppando tutte le missive sopra la pila che si era già formata sul divano.

Per un attimo rimasero in silenzio mentre smistavano la posta.

C’erano un paio di pergamene che Draco riconobbe subito: l’indirizzo del negozio rendeva chiaro che non si trattasse di posta personale, ma di questioni di affari. Di quelle si sarebbe occupato quando sarebbero scesi al negozio, quindi per il momento le passò a Saoirse, che le ripose con cura di nuovo sul tavolino accanto alla copia del Profeta.

La maggior parte delle lettere restanti erano anonime, non c’era neppure il suo indirizzo, e la cosa fece subito preoccupare Draco, soprattutto considerato l’articolo con la sua foto e il suo nome che era stato pubblicato proprio quella mattina. Erano poco più di una decina, e Saoirse stava quasi per aprirne una quando la fermò.

Lei lo fissò perplessa, ma quando notò che estraeva la bacchetta lo lasciò a borbottare tutti gli incantesimi che gli vennero in mente per assicurarsi che non fossero pericolose. Non poteva avere la certezza che non fossero maledette, però non aveva trovato nulla di preoccupante quindi quando Saoirse gli chiese con lo sguardo il permesso, la lasciò fare.

Non aveva nessuna voglia di leggere quelle lettere di persona, ne temeva troppo il contenuto. Preferiva fosse Saoirse a dirgli quanto la situazione fosse tragica, anche se in verità era piuttosto sicuro di avere un’idea piuttosto precisa di ciò che avrebbe trovato in quei pezzi di pergamena.

Lo stupiva solo che non ci fosse neppure una Strillettera…

Ci vollero pochi istanti perché l’espressione preoccupata di Saoirse cambiasse all’improvviso, le sue gote che arrossivano per la rabbia e le mani che stringevano la pergamena come se volesse bruciarla con lo sguardo. “Come osano?” mormorò.

“Saoirse…” cercò subito di calmarla, invano.

“No, non hanno il diritto di dire queste cose orribili su di te! Non ti conoscono!” esclamò strappando con forza la pergamena che aveva tra le mani riducendola in pezzi sempre più piccoli.

Draco sospirò, cercando di ignorare i pezzetti di pergamena caduti sul tappeto ai loro piedi.

“Non è la prima volta e non sarà l’ultima,” commentò solo con tono freddo recuperando una delle pergamene più piccole e aprendola, fingendo di non essere per nulla disturbato da tutto ciò che stava accadendo.

Non aveva idea se fosse stato davvero sfortunato o se in molti si ricordassero ancora effettivamente del suo penoso passato da Mangiamorte, ma la persona che gli aveva scritto quella missiva sembra non averlo dimenticato affatto.

 

Solo i codardi meritano la pietà dei vincitori? O è la tua incompetenza a renderti un caso tanto interessante?

 

La calligrafia era disordinata e c’erano un paio di macchie d’inchiostro; anche il pezzo di pergamena aveva visto giorni migliori a giudicare dai bordi un po’ rovinati. Era come se le poche parole fossero state scritte in fretta e furia, eppure il messaggio era arrivato dritto al punto: i suoi errori, il suo passato, perfino il suo essere inadatto… tutto ciò che aveva fatto non sarebbe mai stato cancellato del tutto, qualcuno avrebbe sempre ricordato e soprattutto non lo avrebbe mai perdonato.

Sentiva gli occhi che gli si riempivano di lacrime, il pezzo di pergamena che scricchiolava tra le sue dita mentre lo stringeva troppo forte, prima che Saoirse glielo strappasse di mano. L’istante successivo Draco era tra le sue braccia, il viso affondato nei suoi capelli neri che profumavano di viole e camomilla.

“Non voglio che tu legga questo schifo, Draco. Sono tutte bugie e cattiverie. Sei una persona migliore adesso…”

Draco la strinse a sé con più forza, restando per qualche istante a occhi chiusi mentre si lasciava andare in un pianto quasi liberatorio. Era una cosa che faceva di rado ultimamente, ma Saoirse era sempre pronta a offrirgli conforto, proprio come Mirtilla aveva fatto anni prima. Doveva ammettere che preferiva il suo profumo all’odore umido di fognatura dei bagni di Hogwarts.

Ci vollero lunghi istanti, ma alla fine Draco prese un profondo respiro e si spostò per guardarla. Gli occhi verdi di Saoirse erano lucidi, tuttavia non sembrava avesse pianto anche lei; era solo incredibilmente triste e allo stesso tempo determinata a essere la roccia di cui Draco aveva bisogno in quel momento. Si sentì oltremodo fortunato ad avere un’amica simile e si rimangiò tutte le lamentele che aveva anche solo pensato in quelle settimane.

“Puoi buttare questa spazzatura per me?” le chiese.

Saoirse sorrise e annuì, raggruppando in fretta e furia tutte le lettere anonime. Stava quasi per alzarsi, quando esitò, mordicchiandosi il labbro prima di recuperare una busta che doveva aver tenuto da parte, nascosta alle sue spalle fino a quel momento. Gliela porse quasi in modo solenne, e Draco la accettò con riverenza senza neppure abbassare lo sguardo.

“Credo che questa vorrai aprirla,” mormorò soltanto mentre si alzava in piedi. “Ti aspetto giù in negozio, okay?” aggiunse solo prima di uscire dalla porta che si affacciava sulle scale.

Draco rimase in ascolto per un momento mentre scendeva nel magazzino. Il comportamento quasi timido di Saoirse lo aveva privato del coraggio di guardare la lettera che ancora teneva con delicatezza tra le mani. Tuttavia era solo nel salotto, quindi non aveva molta scelta se voleva sapere il perché del suo essere esitante. Nonostante la paura, doveva ammettere di essere davvero curioso.

Prese un paio di respiri per calmarsi. Provò a distrarsi chiedendosi se avesse annaffiato le piante che stavano sul balconcino della cucina, tuttavia era sicuro che fosse la prima cosa che aveva fatto appena era uscito dalla sua stanza quella mattina, quindi fu costretto ad ammettere che tra lui e la lettera non ci fosse davvero nessun impedimento.

Si decise quindi a prendere coraggio e abbassò lo sguardo.

In una calligrafia sottile, che parlava di un’educazione simile a quella che aveva ricevuto lui stesso, c’erano scritti soltanto il suo nome e quello di sua madre. Entrambi i dettagli lo lasciarono immediatamente perplesso.

Quando si decise a girare la busta il fiato parve uscirgli del tutto dai polmoni: nella stessa calligrafia ordinata e precisa, il nome Andromeda Black Tonks lo colpì quasi con la forza di uno schiaffo.

Dovette prendere grossi respiri per lunghi minuti che parvero infiniti prima di riuscire ad aprirla, ma alla fine lo fece con un misto tra reverenza, timore e anticipazione.

La busta conteneva due fogli di pergamena, uno col suo nome e uno con quello di sua madre. Ripose da parte con attenzione quello rivolto a Narcissa, ripromettendosi di decidere cosa farne di preciso in base al contenuto della pergamena che riportava il suo nome.

Sua madre lo aveva difeso a lungo, era il momento che Draco facesse la sua parte per ricambiarle il favore. Aveva sofferto abbastanza, non si meritava che la sorella che i loro genitori avevano disconosciuto decenni prima ora rinnegasse l’esistenza di Narcissa allo stesso modo.

 

Carissimo nipote,

devo ammettere che è una sensazione piuttosto nuova poter usare questa parola per la prima volta nella mia vita alla mia veneranda età. Se dicessi che non mi riempie di gioia poterlo fare, sarebbe una bugia.

Vorrei aver avuto l’opportunità di conoscerti abbastanza da poter affermare con sicurezza che piacerebbe anche a te considerarci ancora parte della stessa famiglia. Tuttavia, posso basarmi solo sulle parole di Harry per supporre che sia così.

Teddy sembra non riuscire a smettere di parlare del tuo negozio da quando Harry gli ha menzionato che c’è una parentela tra di voi, e in tutta onestà mi risulta difficile negargli una richiesta semplice come l’incontrare un membro della sua già limitata famiglia.

Pur non apprezzando i metodi di Harry, non posso che ammettere che se non fosse stato per la sua spinta in questa direzione forse non avrei mai trovato il coraggio di aprire un dialogo con te e tua madre per provare a risanare i rapporti.

Voglio quindi invitare sia te che Narcissa per una tazza di tè a casa mia il primo sabato di giugno alle ore 16. Ti sarei molto grata se riuscissi a recapitare a Narcissa la mia missiva.

Sperando che questa mia ti trovi in buona salute,

Andromeda

 

Draco rilesse la lettera un paio di volte per accertarsi di non aver compreso in modo errato il contenuto. Era oltremodo formale, forse un po’ vaga seppure fosse riuscita ad andare dritta al nocciolo della questione.

Sembrava un invito abbastanza amichevole a bere un tè nella speranza di riavvicinare la famiglia, ma allo stesso tempo esprimeva una certa riluttanza da parte di Andromeda nell’accettarli a cuor leggero nella vita di Teddy.

Per un attimo Draco fu tentato di leggere anche la lettera rivolta a sua madre, giusto per accertarsi che sua zia non fosse stata più ostile nei suoi confronti. La rigirò tra le dita, la grana ruvida della pergamena sotto i suoi polpastrelli che col passare dei secondi diventava sempre più un rumore rilassante.

Decise infine di non intromettersi; sarebbe andato invece all’ufficio postale per fargliela recapitare il prima possibile. Era sicuro che uno dei loro gufi che di solito Draco usava per le consegne dei manici non avrebbe avuto difficoltà con un viaggio veloce fino in Francia.

Sarebbe stato invece molto più complicato per lui e sua madre capire quali conseguenze sarebbero derivate da quel tè pomeridiano in casa Tonks.



Nota finale:

Toh guarda, trama a caso nel mezzo di troppi feels. Ops. 👀
Also, se qualcuno ha problemi col mio uso della parola nipote nella lettera, voglio ricordare che in italiano ce n'è una sola per due cose diverse, ma in inglese non è così, quindi la frase è comunque sensata con quella prospettiva. That's it.

   
 
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