Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Eris Gendei    30/01/2020    2 recensioni
[Finale alternativo Vento Aureo_Parte 5]
Chariot Requiem e Diavolo sono stati sconfitti, la Bucci Gang ha perso la sua guida e non sa come andare avanti. Cosa succederebbe se Gold Experience riuscisse per la seconda volta ad operare l'impensabile? E se vecchi e nuovi sentimenti venissero alla luce?
Piccola reinterpretazione super fluff e demenziale a tratti, perché soffro per la carenza di materiale BruTrish in giro.
[Angst_Fluff_POV_Headcanon; BruTrish_Giomis]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Bruno Bucciarati, Giorno Giovanna, Guido Mista, Jean Pierre Polnareff, Trish Una
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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POV del capitolo: Bruno

Bucciarati rientrò nella stanza, le mani strette a pugno nelle tasche e la mascella serrata dalla preoccupazione.
Temeva di trovare Trish ancora sveglia, decisa ad affrontarlo di nuovo e accusarlo di essere incoerente.
Come faceva Guido a pensare che sarebbe stata bene accanto a lui? Poteva trattarsi di un’infatuazione, forse era una specie di strana versione della Sindrome di Stoccolma, ma non poteva avere un reale interesse verso una persona che reputava orribile.
Lo aveva tacciato di essere ridicolo e si era beffata dei suoi principi, uno come lui non era tenuto ad avere una morale: chi mai avrebbe scelto come compagno un individuo ritenuto così spregevole?
Forse Mista riusciva davvero a leggere bene l’animo di Trish, ma con esso tutto il suo carico di dramma adolescenziale e spirito di ribellione; ciò che sentiva restava comunque filtrato da lei, che poteva avere più o meno inconsciamente edulcorato la questione nella sua testa.
Sembrava proprio il tipico soggetto che si lascia prendere la mano dalla crisi ormonale della pubertà, pensò il ragazzo, trovandosi involontariamente a sorridere.
Quando se ne rese conto si prese la testa fra le mani, cercando di scacciare la sensazione di familiarità che gli aveva invaso il petto; non poteva, non doveva permettersi di pensare a lei in certi modi.
Cercando di non fare rumore si avvicinò cautamente al letto, quel tanto che il suo senso etico consentiva, per controllare che la ragazza dormisse sul serio.
Doveva essere andata a letto senza asciugarsi i capelli, che ora formavano un’aureola spettinata intorno al viso: il cuscino era fradicio, si vedeva anche al buio.
Serrò con forza le braccia lungo i fianchi per resistere all’impulso di sollevarle delicatamente il capo e sostituire il guanciale con un altro asciutto. Non era certo di quanto potesse il suo autocontrollo e non voleva svegliarla: sarebbe stato imbarazzante trovarsi in una situazione simile.
Restò immobile per lunghi minuti, cercando di regolare il respiro per calmarsi, osservando le spalle della ragazza che si alzavano e si abbassavano ritmicamente; c’era qualcosa di asincrono nel suo modo di respirare, lasciava sfuggire dei sospiri corti e leggeri, come se avesse il fiato spezzato dalla fatica. O dal pianto.
Con lo stomaco che minacciava di annodarsi si chinò sulla figurina abbracciata a se stessa rannicchiata fra le lenzuola, ma nel buio era impossibile leggere tracce di lacrime sulle sue guance; con tutta la delicatezza possibile sfiorò la pelle dallo zigomo al mento e si portò il dito alle labbra: sapore di sale, pianto o sudore.
Ci volle un istante perché si rendesse conto di cosa aveva fatto, prima che le sensazioni di Trish gli esplodessero dentro come una bomba ad orologeria: come aveva potuto non realizzare che anche senza leccare direttamente lei avrebbe attivato il suo potere?
Ansia, paura, desiderio, senso di rifiuto, malinconia, speranza, fiducia, languore. I sentimenti di Trish furono un attacco improvviso per i suoi nervi già tesi, non c’era spazio in lui per quella incredibile complessità emotiva.
Gli impulsi di lei si mescolarono a quelli di lui, dando vita ad una specie di dialogo silenzioso nella sua testa, quello che non erano mai riusciti a sostenere a parole: dove Trish pativa il rifiuto, Bruno tremava di desiderio; quando lei riponeva in lui le sue fiducie e speranze lui era spaventato dal futuro e dai pericoli che comportava. Ma al languore rispondeva il languore, quel dilagante senso di calore in fondo allo stomaco che lo prendeva ogni volta che la osservava. E la malinconia del sentirsi lontani pur essendo vicini era la stessa.
Frastornato, acceso d’entusiasmo e immobilizzato dal panico allo stesso tempo, fece un passo indietro, sperando che la sua involontaria incursione nell’animo di Trish finisse in fretta.
Gli sembrava che il cuore dovesse scappare dal petto tanto batteva furioso, come se volesse farsi sentire da lei, svegliarla e mandare alle ortiche la sua copertura.
In un attimo raggiunse la porta del bagno e senza neanche premurarsi di aprirla scivolò all’interno grazie ad una delle sue cerniere, girando poi con foga la chiave.
Appoggiò la fronte al legno compatto, gli occhi strizzati e le dita serrate sulla cornice come se volesse sradicarla dal muro. Era uno stupido, un incosciente, aveva lasciato che il suo istinto prendesse il sopravvento sulla ragione e cosa aveva combinato?
I sentimenti di Trish dentro di lui stavano lentamente scemando, ma non poteva cancellare in alcun modo l’impronta indelebile che avevano lasciato: era lui che scioccamente si aggrappava ad essi perché non svanissero, non voleva dimenticare il senso di desiderio che lo aveva invaso e colmato, il richiamo più potente che avesse mai percepito nei confronti di un altro essere umano.
Sapeva che non avrebbe mai più potuto guardare la ragazza con gli stessi occhi; ora che aveva scoperto la verità sarebbe stato un dolore troppo grande vederla allontanarsi, proseguire sulla sua strada per una vita felice, una vita senza di lui.
Eppure era così che doveva andare.
Lei non era fatta per il suo mondo, non avrebbe mai dovuto entrare in contatto con i pessimi elementi di cui era popolato. Avrebbe dovuto vivere serena, in una bella casa e con una bella famiglia, lontana dalla bruttezza e dal pericolo.
Cercò con tutte le forze di scacciare l’assurda sequela di immagini che andava formandosi nella sua mente a quell’idea: Trish in cucina che prepara un dolce per lui, Trish seduta nella sua piccola barca che lo guarda sorridendo e si crogiola al sole, Trish che stende i panni sul terrazzo, attorniata da uno stuolo di bambini dai capelli rosa e blu…
Per la miseria!
Bucciarati spalancò gli occhi e si portò una mano alla bocca per soffocare un singhiozzo, sconvolto da se stesso.
Doveva essere impazzito, non c’era altra spiegazione.
Per la prima volta dopo mesi si trovò a domandarsi, con una punta di colpevolezza, se allearsi con Giorno non fosse stata in fondo una maledetta, pessima idea.
Represse il pensiero all’istante, sapendo che non avrebbe mai potuto fare una scelta diversa.
Se proprio doveva prendersela con qualcuno quello era il Boss, non certo il compagno. O, forse, la colpa era semplicemente del destino.
Se solo la madre di Trish non fosse morta, se Doppio non fosse stato un completo scriteriato, se Diavolo e suo padre non fossero mai esistiti…
Non poteva mentire a se stesso, anche se avrebbe voluto. Senza quegli eventi Trish non sarebbe mai arrivata da lui…che si faceva orrore da solo, ma non poteva ignorare quella parte di sé felice che tutto ciò fosse successo.
Se ne vergognava, ma non poteva smettere di rievocare i sentimenti di lei. Ed era come ricevere un pugno nello stomaco ogni volta.
Il panico lo mandò in iperventilazione.
Gli sembrava quasi di rivivere la morte di Abbacchio, di Narancia, di suo padre…ancora una volta una persona a cui teneva se ne stava andando, lasciandolo indietro senza dargli la possibilità di raggiungerlo.
A peggiorare le cose, stavolta era lui che la stava spingendo lontano.
Inspirò profondamente nel tentativo di tornare lucido.
Un assurdo aroma di frutta e fiori gli riempì immediatamente le narici, facendogli girare la testa per un istante; ricordava il profumo che colpisce all’ingresso della bottega di un fioraio, ma molto meno equilibrato e molto più stordente.
Sembrava quasi che Trish avesse mescolato tutti i prodotti a disposizione mentre faceva la doccia.  Storcendo il naso si avvicinò alla mensola dove faceva bella mostra un’esposizione di bottiglie e bottigliette di tutti i colori, e una rapida occhiata al livello del sapone all’interno bastò a confermare la sua ipotesi.
Se ad ogni lavaggio fosse stata intenzionata a consumare una quantità simile di bagnoschiuma non sarebbe bastato un mutuo solo per permetterle di lavarsi.
In effetti, se inspirava profondamente, l’odore di quella bizzarra macedonia gli ricordava proprio il profumo che aveva sentito su Trish avvicinandosi.
Aveva sperato di potersi concedere una doccia per distrarsi da tutte le sue preoccupazioni, ma a quanto pare non era possibile.
C’era un solo modo per sottrarsi a tutto ciò, e non si trattava di qualche tecnica segreta della fuga.
Con un profondo sospiro ruotò la manopola della doccia puntandola sul simbolo del freddo.
A mali estremi, estremi rimedi.

Gli sembrava di tremare sotto il getto ghiacciato della doccia da un’eternità.
Sentiva i muscoli completamente contratti scattare involontariamente e brividi dolorosi serpeggiare lungo la spina dorsale; l’acqua era così fredda da far male, ogni goccia sulla pelle sembrava uno spillo acuminato: ora capiva il significato della metafora “morsa del ghiaccio”.
Non poteva più resistere: con una mano intorpidita cercò alla cieca il rubinetto e girò fino a quando non sentì un glorioso tepore scivolargli addosso.
Al contatto con l’acqua calda i brividi si fecero ancora più intensi; si appoggiò alla parete di piastrelle, la testa seppellita nelle braccia, e attese che il calore spegnesse gli spasmi che lo scuotevano.
Probabilmente non era stata una grande idea, di certo Giorno non aveva in mente questo quando gli aveva parlato di “riposarsi”,“evitare sforzi” e “stare al caldo”.
Preoccupato, si guardò il torace pallido e le braccia, finalmente libero dai vestiti.
Gold Experience aveva un potere veramente straordinario: oltre ad avergli letteralmente ridato la vita, o meglio, acchiappato quell’ultima scintilla che c’era in lui prima che si spegnesse del tutto, aveva curato ogni ferita e cancellato qualsiasi segno dal suo corpo.
I lividi e i tagli che ricordava erano spariti, restava soltanto qualche alone rossastro laddove lo sforzo di Giorno non era stato comunque abbastanza: ci sono danni che solo il tempo può cancellare.
Lo si diceva anche delle pene d’amore: il tempo cura ogni ferita.
Si chiese quanto ne restasse davvero a lui, se sarebbe mai bastato a lenire quel dispiacere terribile, la nostalgia di perdere qualcosa che non si è mai posseduto.
Curioso e preoccupato, portò un dito alla bocca e morse la falange con forza: il dolore che sentì fu quasi un sollievo e la vista della goccia di sangue che affiorava sulla pelle bianca una meraviglia.
Era tornato normale, era vivo sul serio.
Sentiva che avrebbe quasi potuto ridere.
E rise davvero. Appoggiato alla parete della doccia, gettò indietro la testa e rise con l’acqua che gli entrava nella bocca e negli occhi, tossì e rise ancora, lasciandosi scivolare giù fino a trovarsi rannicchiato su se stesso.
Non credeva di poter essere così attaccato alla sua stessa vita, di tenere così tanto a se stesso.
Per anni non aveva fatto altro che dedicarsi al prossimo e all’organizzazione, arrivando a privarsi di tutto, dalle cose superflue come il divertimento a cose fondamentali come il sonno o il cibo.
Si era sacrificato completamente per proteggere quella che era diventata la sua gente, il suo territorio, la sua squadra. Ora la vita gli stava chiedendo di sacrificarsi ancora.
Mista doveva sbagliarsi, evidentemente certe scelte portano come conseguenza quella di perdere ogni diritto di essere amati.
Era ammirato, rispettato, temuto anche, ma nessuno lo avrebbe amato.
Solo suo padre e Trish, in tutta la vita, avevano manifestato un sentimento simile nei suoi confronti.
Lui, che l’aveva tenuto con sé e accudito per anni, e lei, che aveva guardato oltre l’apparenza.
Di colpo scattò in piedi e spense il getto dell’acqua, infastidito dal calore.
Afferrò un asciugamano dalla pila ordinata in cui erano riposti e vi si avvolse, prendendone un secondo per asciugarsi i capelli.
Di fronte al grande specchio sopra il lavandino cercò di controllare il respiro per calmarsi, ma senza successo.
Aprì gli occhi e incontrò il suo stesso sguardo, scuro e fondo come non l’aveva mai visto.
Sapeva che in fondo aveva scelto, anche se non voleva ammetterlo l’aveva già fatto da tempo.
Gettò l’asciugamano da una parte e si diresse a passo deciso verso la porta.
Nel buio, appena sfiorate dalla luce della luna, si stagliavano le sagome del letto e del divano.
Con un sospiro profondo fece un passo avanti.
Era umano. Era stufo. Ed era egoista.




Nota dell'autrice
Ecco la seconda versione del capitolo dieci!
Stavolta le due opzioni differiscono di poco, soltanto nella parte finale e nell'anticipazione di come la storia evolverà, ma dai prossimi capitoli non si tratterà più di mirror, quanto di brani completamente diversi.
L'idea di rendere questa fic una sorta di storia "a bivi" c'era già dall'inizio, ma poi ha preso forma in questo modo un pò atipico: mentre scrivevo trovavo frustrante l'atteggiamento di Bucciarati ed il suo modo di sacrificarsi vita natural durante per il bene degli altri, ho iniziato ad immaginare come sarebbe stato se si fosse concesso di essere davvero umano e tac...è la trama è nata da sola. Personalmente lo avrei apprezzato in questa chiave più realistica.
Ammetto che non sia facile uscire dal tracciato del personaggio senza snaturarlo completamente, spero di riuscirci.
E voi?? Quale Bruno vi convince di più?
Fatemi sapere nelle recensioni, sarei curiosa di vedere quanti parteggiano per la versione canon e quanti come me non disdegnano un pò di sano egoismo da parte sua.
Namaste

  
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