Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: _Zaelit_    31/01/2020    3 recensioni
[What if? in cui tutta la squadra di Bucciarati è sopravvissuta agli eventi di Vento Aureo.]
Irene è una ragazza cresciuta per strada e dal carattere ribelle che conduce una vita monotona e pericolosa. A salvarla dalle sue condizioni è Bruno Bucciarati, ora braccio destro del boss di Passione, Giorno Giovanna. Irene comprende di poter ricominciare daccapo e di poter far parte di una famiglia ma, non appena entra a far parte dell'organizzazione, una nuova minaccia ostacola Passione e i suoi membri. Una nuova organizzazione criminale, infatti, sta muovendo guerra a Giorno e ai suoi sottoposti, i cui fili vengono tirati da una figura misteriosa soprannominata "Arcangelo". Irene comprende di ritrovarsi in una battaglia che la coinvolge in prima persona e dovrà quindi scavare nel suo passato e trovare la forza e il coraggio necessari per impedire la sconfitta di Passione, tutto ciò in compagnia del saggio e protettivo Bruno e dei suoi formidabili compagni: Guido Mista, Narancia Ghirga, Leone Abbacchio e Pannacotta Fugo.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bruno Bucciarati, Giorno Giovanna, Leone Abbacchio, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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[ THE EVIL THAT MEN DO ]

 
 

Trascorse più di un anno dalle vicende dell'auto rubata e dal rilascio di Irene dalla questura.
Furono mesi in cui cercò di vivere al meglio delle sue possibilità: non aveva intenzione di tornare a scuola e non avrebbe comunque avuto senso tentare, ora che era così grande, per cui si limitò a lavorare onestamente ogni volta che ne aveva l'occasione. Durante l'estate riuscì a farsi assumere come barista nel locale di una sua conoscenza a Napoli. Con il ritorno delle stagioni fredde, invece, si occupò di vendere giornali presso un'edicola non lontana dal luogo dove abitava: era un monolocale piuttosto sgombro, però almeno l'affitto non aveva un prezzo alto e lei poteva avere un tetto sulla testa.
Arrivò la primavera e, a quel punto, riuscì a farsi assumere in una tabaccheria in un quartiere tranquillo della città.
Finalmente aveva l'impressione di poter ricominciare da capo, di essere diventata una persona migliore. Stava bene con se stessa e aveva lasciato il passato alle spalle, tutto ciò finché una sera non accadde qualcosa che parve trascinarla brutalmente nell'abisso dal quale era riuscita a sfuggire dopo tanti stenti.

Era una calma serata di inizio aprile. Faceva abbastanza caldo, benché l'inverno fosse finito da poco. Irene era in servizio al tabacchino e, dopo aver servito una donna che le chiese un pacchetto di Marlboro e le lasciò un paio di lire, lieta di donarle il resto. Era una cliente abituale e una volta aveva comprato un gratta e vinci fortunato grazie alla ragazza, che aveva quindi preso in simpatia.
Rilassata, Irene sistemò tutto in cassa e andò a sedersi in un angolo del bancone, leggendo in tutta tranquillità un giornalino, occupata nel risolvere un cruciverba che, al 13 orizzontale, le chiedeva cosa si prendesse dopo il decollo. Mentre scribacchiava distrattamente la parola “quota” con la bic nera sulla pagina, un uomo alle sue spalle incrociò le braccia.
“La signora Nocetti non ha comprato nessun gratta e vinci, questa volta?” le domandò in tutta calma.
Irene, dando una sistemata ai lunghi capelli rossi legati in uno chignon dietro la testa, rispose senza voltarsi.
“No, pare proprio che avesse finito le monete per stasera, ha chiesto solo le sigarette.” raccontò prima di continuare con il suo passatempo. “Mh... “Copricapo con visiera frontale”. Otto lettere. “Cappello” non corrisponde.”
“Hai provato con “berretto”?”
Irene inserì subito la parola.
“Ber - ret - to. Entra perfettamente, tra l'altro era più facile di quanto pensassi. Grazie, Sergio!”
L'uomo si fece una risata, divertito. Irene non represse un sorriso.
Da quando aveva iniziato a lavorare lì, aveva stretto un'amicizia sincera con Sergio Canestrelli, il proprietario un po' anziano del negozio. Era un uomo beneducato e gentile con tutti, in zona era molto conosciuto e tutti lo rispettavano: quando lei si era presentata nella speranza di poter occupare il posto vacante come dipendente e aveva dovuto rivelare di avere dei precedenti penali, lui non l'aveva respinta come altri avevano fatto subito. Al contrario, l'aveva tratta come una normalissima persona e l'aveva aiutata a migliorarsi e a tornare sulla retta via. Ormai Irene lo considerava un caro amico, nonostante l'incredibile differenza d'età.
Sergio diede un'occhiata alla strada prima di voltarsi.
“Pare che non ci sia nessuno. Si è già fatto tardi e ormai arrivano solo pendolari in cerca di ricariche telefoniche o pacchetti di sigarette. Sei sicura di non voler tornare a casa? Posso cavarmela per qualche ora anche da solo, lo sai.” le propose.
Irene scosse una mano e alzò il viso per guardarlo.
“Non c'è bisogno di preoccuparsi! Lo sai che per me aiutare è un piacere, preferisco fare gli straordinari gratuitamente che starmene chiusa in camera senza far nulla.”
Sergio sospirò e passò accanto a lei, tornando indietro e dandole una pacca sulla spalla prima di osservare gli scaffali dietro la ragazza.
“Accidenti... le Marlboro in esposizione sono finite. Ti dispiacerebbe andare a prendere qualche altro pacco in magazzino?” domandò, un po' stanco a causa dell'orario.
Irene, energica, mise da parte il cruciverba e saltò giù dalla sedia. Memorizzò l'esatta marca da dover prendere e anche quelle che stavano per finire.
“Ci penso io, non preoccuparti!” rispose serena, avvicinandosi verso la porta sul retro.
“Grazie mille, sei davvero gentile. Attenzione però, fuori tira un po'di vento.” l'avvertì Sergio, massaggiandosi i baffi grigi e folti.
Irene afferrò la giacchetta di jeans prima di uscire. Era lieta che finalmente soffiasse un po' di brezza, l'aria ultimamente era piuttosto calda e dentro il tabacchino i riscaldamenti erano ancora accesi poiché Sergio era molto freddoloso.
Per raggiungere il magazzino doveva solamente uscire sul retro, attraversare una stradina erbosa ed entrare in una seconda struttura più piccola, dove il signor Canestrelli aveva sistemato la merce di rifornimento che gli giungeva dalle aziende dedite alla diffusione dei prodotti.
Entrò, trovò le sigarette e le ripose in uno scatolo di cartone per trasportarle meglio. Ci mise meno di due minuti e si fermò solo per inspirare a fondo l'aria primaverile del luogo. Una pianta di gelsomino cresceva accanto all'uscio del negozio e il venticello le trasportò il dolce profumo dei suoi fiori. Fu una splendida sensazione, tuttavia dovette presto ridestarsi e tornare al suo lavoro. Quando aprì la porta sentì due voci scambiarsi qualche battuta e così pensò che fosse arrivato un altro cliente. Stava per attraversare il piccolo corridoio per tornare al bancone quando, all'improvviso, non comprese e sentì meglio cosa stava accadendo.
“Sei sordo, vecchiaccio? Ti ho detto di mettere i soldi nella borsa!”
Irene strabuzzò gli occhi e smise istintivamente di respirare, sentendo il cuore battere sempre con più forza nel suo petto. Quella non era la voce di Sergio. Non era una voce amichevole.
“Ehy, ascolta... non farlo, ragazzo, questi soldi mi servono...” provò a convincerlo Sergio.
Lei sapeva che stava dicendo il vero: la moglie di Canestrelli era molto malata e lui utilizzava il ricavato delle vendite per pagarne le cure mediche. Aveva assunto Irene proprio perché aveva bisogno di qualcuno che lo aiutasse in tabaccheria da quando la coniuge si era dovuta ritirare a una vita domestica.
“Credi che possa fregarmene qualcosa? Muoviti o ti ritroverai una pallottola nel cranio!”
Irene udì quelle parole e strinse le dita, accucciandosi contro la parete del corridoio e posando a terra lo scatolo. Avrebbe tanto voluto intervenire ma, in quel momento, pensò alle conseguenze che quell'azione avrebbe comportato ed ebbe paura. Il rapinatore era armato e lei non avrebbe certo potuto sconfiggerlo con un pacco di Marlboro.
“Ti prego di ascoltarmi. Se cambierai idea non chiamerò nemmeno la polizia. Non posso darti questi soldi.” Sergio tentò di far ragionare il giovane criminale.
“Zitto! Fa' come ti ho detto!”
“Mia moglie è malata. Il ricavato mi serve per comprare i farmaci necessari.”
“Non m'importa! Sbrigati o ti ammazzo!”
“Cerca di ragionare...”
Irene si sporse da un angolo della parete, vedendo a stento la scena.
Il criminale non sembrava particolarmente lucido. Aveva gli occhi arrossati e la pelle molto pallida. Le mani gli tremavano compulsivamente. Non fu difficile comprendere che fosse un tossicodipendente in cerca di soldi per acquistare un po'di droga. Probabilmente era in astinenza già da un bel po'.
Sergio avrebbe voluto aiutare anche lui. Era una persona buona come il pane e, ritrovandosi davanti un ragazzino dell'età di Irene, decise di provare a fargli cambiare idea.
“Ciò che cerchi ti farà stare solo peggio. Non vedi cosa ti sta facendo fare proprio adesso? Abbassa la pistola, parliamone con calma...” mormorò appena, con voce calma.
Lo sconosciuto, però, afferrò l'arma con entrambe le mani e lanciò un urlo così imbestialito che una piccola schiuma si formò ai lati delle sue labbra.
“Non sai stare zitto, vero vecchio? E allora va' al diavolo!” strillò prima di premere il grilletto con un altro grido.
Irene si coprì la bocca con entrambe le mani, pietrificandosi sul posto.
Sergio non urlò ma emise un verso dolorante: si portò entrambi le mani al torso e indietreggiò fino a sbattere la schiena contro gli scaffali. Da lì, poi, cadde accasciandosi al suolo mentre il criminale continuava a tremare.
Irene sentì le lacrime pizzicarle gli occhi ma non ebbe l'istinto di piangere, l'adrenalina glielo impedì. Piuttosto, un montante di furia cieca la attraversò come una scarica elettrica.
Il tossicodipendente si gettò sulla cassa nell'esatto momento in cui lei, senza pensare ai rischi della sua mossa, gli si parò davanti per gettarsi al suolo e controllare le condizioni in cui versava Sergio. 
Nel vederla, l'aggressore sussultò e indietreggiò spaventato finché non capì che si trattava di una ragazzina. A quel punto sollevò di nuovo la pistola, respirando con affanno ma pronto a ripetere lo stesso errore.
Irene tentò di parlare con il vecchio proprietario che stava per perdere i sensi. Una macchia rossa si allargò sulla sua spalla, sporcando la sua maglia bianca e la giacchetta sopra di essa.
“Sergio! Sergio, non chiudere gli occhi!” provò a dire con voce spezzata, finché non si girò in preda al panico e si ritrovò l'arma da fuoco a pochi metri di distanza.
Senza esitazioni, il rapinatore sparò per uccidere anche lei, che chiuse gli occhi senza neppure realizzare cosa stesse accadendo. Il suo movimento era stato istintivo.
Sentì un click poco rumoroso. Poi un alto. E un altro ancora.
“Eeehhh?!?”
Il criminale sembrava deluso.
La ragazza aprì gli occhi e sudò freddo ma sospirò di sollievo nel vedere la pistola fuori uso. Sembrava che si fosse inceppata e, per quanto egli provasse a cliccare il grilletto, questo non si abbassava e il proiettile in canna non veniva sparato, come se fosse scarica.
A quel punto, le espressioni dei due cambiarono del tutto. Il criminale si ritrovò con le spalle al muro e disarmato, mentre Irene si sentì pervadere dall'ira e realizzò di avere letteralmente il coltello dalla parte del manico. Infatti portava un piccolo coltellino sempre con sé, nella tasca dei pantaloni sulla sinistra, e lo afferrò per l'occasione. Non l'aveva mai usato contro qualcuno prima d'allora ma lo teneva a portata di mano per qualsiasi emergenza. Questa era una di quelle emergenze.
“Hai ferito Sergio…”
Quasi soffiò aria dalle narici.
“Perché lo hai fatto, maledetto? È un brav'uomo! Non hai sentito cosa ti ha detto?!?”
Il criminale indietreggiò.
“Stai… stai indietro! Ti ammazzo se ti avvicini, i- io ti ammazzo!” prese a balbettare.
Nera in volto, la ragazza dimenticò qualsiasi buon proposito imparato il giorno in cui era stata salvata dal processo che l'avrebbe spedita in un carcere minorile.
Aggirò il bancone e lo osservò con il veleno negli occhi.
“Non te lo perdonerò. Adesso proverai il peso delle conseguenze delle tue azioni…”
Terrorizzato, il tossicodipendente su di giri lanciò a terra la pistola e, facendo un mezzo giro su se stesso, corse a perdifiato verso la porta del tabacchino, uscì fuori quasi rompendosi una spalla contro un muro e cominciò a correre.
Irene avrebbe tenuto fede alla promessa fatta. Si voltò a guardare l'anziano, che tese docilmente una mano verso di lei.
“Irene…”
“Non preoccuparti, Sergio. Gli restituirò il favore con gli interessi.”
Dopo aver risposto, senza neanche attendere una replica, si gettò alle calcagna del rapinatore con l'intenzione di fargli davvero molto male. In quel momento finire in carcere non le interessava, ci sarebbe andata volentieri pur di vendicare il signor Canestrelli che, nel frattempo, cercò di impedirle di andare e rovinarsi con le sue stesse mani. Purtroppo, Irene non udì mai le sue parole.
Aveva lasciato la giacchetta nel tabacchino, per cui fuori sentì più freddo di quanto avesse pensato, eppure ciò non fu sufficiente a impedirle di inseguire a perdifiato l'uomo che avrebbe voluto ridurre in brandelli su quel marciapiede sul quale stava correndo. Era piuttosto lontano ma non lo perse di vista neanche per un attimo, con i nervi a fior di pelle.
Lo rincorse per le strade e per i vicoli, urlandogli dietro e, per sicurezza, afferrò anche il telefono e chiamò subito un'ambulanza. Non rilasciò altre informazioni se non il tipo di ferita che stava per uccidere Sergio e il luogo in cui si trovava. Era sicura che l'avrebbero trovato e che lei avrebbe fatto i conti con le autorità più tardi. Forse addirittura con un’accusa di omicidio.
Svoltò l'angolo per l'ennesima volta dopo la telefonata e vide l'aggressore arrampicarsi su una rete all'interno di un vicolo e rintanarsi all'interno di un campetto da calcio. Imperterrita, Irene lo seguì mimando i suoi spostamenti, senza riuscire neppure a pensare. Riusciva solo a vedere il suo obiettivo: raggiungerlo e fargliela pagare a tutti i costi.
Quando svoltò per l'ennesima volta, infine, si ritrovò in un vicolo cieco.
Il criminale era davanti a lei, spalle al muro, e la osservò con aria fin troppo tranquilla.
Irene rigirò il coltellino tra le dita.
"Hai ferito un uomo innocente!" gli urlò contro, furibonda. "Per cosa, poi? Un po' di soldi per comprarti della droga? Quella roba ucciderà anche te!" sbraitò.
Il tossicodipendente si grattò il mento, divertito, e si fece una risatina.
Irene si sentì pervadere da un'altra ondata di furia cieca.
"Ti sembra divertente, maledetto?!?" si avvicinò a lui, pronta a colpirlo.
"Non è quel che hai detto a essere divertente," le rispose lui mentre la osservava avvicinarsi con cattive intenzioni, "Ma quello che ti faranno i miei amici ora che ti ho portata da loro..."
E scoppiò in un'altra risata.
Questa volta, la ragazza trasalì nel sentire un rumore alle sue spalle.
Fece appena in tempo a voltarsi quando qualcuno la colpì con una gomitata in pieno viso. L'attacco fu così improvviso che non ebbe tempo di pararsi o di realizzare cosa stesse accadendo. Volò a terra, inerme, e sentì un forte bruciore espandersi in tutto il viso, che si tastò quando un lamentò le sfuggì di bocca. Sangue caldo scorreva sulle sue dita.
"Una ragazzina?" domandò un uomo che non aveva mai visto prima, "Sul serio? Hai portato fin qui una ragazzina? Che intendevi farci?"
Il tossicodipendente si rigirò la pistola inceppata tra le mani, poi la gettò a terra.
"È stata lei a inseguirmi. La rapina è andata male e quell'idiota del tabaccaio si è beccato una pallottola..."
"Idiota. Così hai attirato l'attenzione su di noi!"
"Calma, calma... non è detto che morirà! Potrebbe... guarire, no?"
"In ogni caso risalirebbero a noi. Complimenti, ci hai messo in un bel guaio. Specie ora che questa paladina della giustizia ha visto la tua faccia. Sai cosa ci tocca fare adesso?"
Un piede toccò il viso di Irene e lo colpì di nuovo, obbligandola a stendersi a terra sulla schiena e a rivolgere il volto al cielo notturno. Naso e labbra erano pesti, il coltello era caduto lontano e lei era stata confusa da quel colpo inaspettato.
Notò almeno altre quattro persone accanto a lei, tra cui l'uomo che aveva parlato con il rapinatore.
Era un colosso di muscoli alto almeno un metro e novanta, con i capelli lunghi e la barba folta, ricoperto di tatuaggi anche sulla faccia. Gli altri stavano alle sue spalle come fedeli scagnozzi. Alcuni avevano in mano tubi di ferro o mazze di legno.
"Quanti anni avrà? Sedici o diciassette? Che spreco." sputò a terra l'uomo barbuto. "Comunque sia non possiamo lasciarla andare. Non è tanto della polizia che mi preoccupo, quanto di Passione..."
Passione?
Irene non capiva a cosa si riferisse, non riuscì a trovare il senso di quella frase e diede la colpa ai suoi sensi annebbiati.
"Che vuoi che importi se è giovane o no? Facciamola fuori e poi torniamo a finire il vecchio. Sarà un problema in meno per tutti." tornò a parlare l'aggressore della tabaccheria, avvicinandosi pericolosamente a Irene.
Lei non riusciva a muovere un muscolo, come se gli arti non rispondessero più ai comandi del cervello.
Sprofondò nel panico, non sapendo che fare. Temette che sarebbe finita lì la sua breve vita: lontana dalla sua città natale, senza una famiglia, in una strada sperduta della periferia di Napoli, per una stupida azione impulsiva che in condizioni normali avrebbe certamente evitato di compiere.
Chiuse gli occhi, ricevendo un altro calcio, questa volta dritto alle costole.
"Bah. La colpa è tua, occupatene tu. Non voglio avere una bambina sulla coscienza." annunciò l'uomo barbuto, come se l'evitare di ucciderla restando però a guardare mentre qualcun altro sbrigava il compito al posto suo fosse più onorevole.
Irene pregò per la prima volta in vita sua. Non credeva in un Dio specifico, si ritrovò solo a domandare al cielo di aiutarla in qualche modo. Anche perché non solo lei era in pericolo, ma anche Sergio.
Il criminale raccolse il coltello della ragazza da terra e le si avvicinò.
"Sei il solito fesso. Ti mostro come si fa, dato che non hai le palle di occupartene da solo!" sghignazzò sollevando le braccia, pronto a colpire.
Irene chiuse gli occhi e strinse i denti. Non aveva fiato e la paura l'aveva congelata. I suoi capelli rossi e disordinati erano sparsi per terra tutt'attorno al suo volto e uno zigomo aveva iniziato a tingersi di una tonalità livida.
Continuò a pregare. E avvenne un miracolo.
Di colpo, qualcuno urlò e cadde a terra. Era uno degli uomini alle spalle del delinquente con la barba. Irene diede una sbirciata e riuscì a notare che una gamba gli era stata strappata ed era adesso a terra, dove stava perdendo sangue. I suoi margini erano costeggiati da qualcosa che aveva tutta l'aria di essere una cerniera.
Irene si chiese come fosse possibile e se non stesse delirando, già tra le fredde braccia della morte.
"Ma che diamine...?" urlò uno dei restanti, che venne subito trascinato nelle ombre del vicolo e gridò di paura.
L'uomo con la barba indietreggiò, raggiungendo il tossicodipendente, e parve alquanto spaventato.
"Chi diavolo c'è?!?" sussultò furente.
Il criminale rivolse il coltellino alle tenebre.
"G... Guarda che sappiamo che sei lì! Fatti avanti, così posso affettarti come un pesce!" minacciò inutilmente.
Non ci fu altro che silenzio. Solo, all'improvviso, qualcosa sferzò l'aria.
Qualcosa che aveva tutta l'aria di essere un braccio, legato a un filo identico alla cerniera sulla gamba dell'uomo, ora scomparso nel buio come il compagno.
I tre criminali rimasti erano tutti ammassati in un unico punto e il pugno volante arrivò dritto in faccia a uno di loro, per poi ritirarsi di colpo.
"Cosa?!?" gridarono i due rimasti in piedi, rispettivamente il rapinatore e il capobanda barbuto.
Irene non riuscì a seguire tutta la scena, sentendosi ancora disorientata a causa del colpo ricevuto in pieno mento. Comprese solo che qualcosa, o qualcuno, le aveva salvato la vita.
"Allontanatevi dalla ragazza." ordinò una voce ferma e determinata, dotata di una certa autorità. "Se lo farete, non vi farò del male."
Di nuovo, l'aggressore si guardò attorno impugnando la piccola lama.
"Ah!" rise sfacciato, "Chi ti credi di essere? Fatti vedere, se ne hai il coraggio!"
Seguì un breve silenzio, poi lo sconosciuto tornò a parlare.
"Tempo scaduto. Avete fatto la vostra scelta."
Un rumore di suole contro la strada riecheggiò più vicino e, in breve, un uomo dall'aria insolita apparve accanto a Irene, in piedi e dalla postura composta. Aveva l'aria di essere un giovane intelligente e audace, ma la ragazza non riuscì a vederlo bene in volto.
"Sei tutto solo, poverino..." rise ancora il criminale.
"E-Ehy...! Aspetta, io so chi sei tu!" balbettò di colpo l'altro, iniziando a preoccuparsi.
"...Eh? Che intendi dire?" gli chiese il compagno.
"Butta via quel coltello, idiota! Dobbiamo andarcene!"
Immediatamente l'uomo barbuto voltò le spalle al misterioso eroe e tentò di scappare e, a quel punto, accadde qualcosa che cambiò la vita di Irene per sempre.
Accanto al soccorritore si materializzò una strana figura antropomorfa, uno strano essere che sembrava l'unione tra un umano e una macchina da guerra. La sua pelle era bluastra e portava in viso un curioso elmetto argentato che gli copriva tutti il volto eccetto le labbra. Vari tiretti uguali a quelli delle comuni cerniere lampo adornavano il suo corpo come accessori dorati, esattamente come facevano con l'uomo accanto alla creatura, vestito quindi in maniera alquanto bizzarra.
Lo strano guerriero apparso dal nulla sollevò in aria i pugni mentre l'uomo guardava impassibile la scena, dopodiché si avvicinò al fuggitivo.
"Ariii!!!" urlò prima di colpirlo con un pugno dritto alla schiena che lo fece cadere a terra. Incredibilmente, sul dorso gli si creò una zip che lo divise a metà da una spalla al fianco opposto.
Il criminale armato sussultò, senza far cadere il coltellino. Messo alle strette non poté che decidere di attaccare a sua volta, così prese la rincorsa e si gettò sull'estraneo.
I suoi movimenti sembravano una registrazione al rallentatore al confronto di quelli dell'eroe senza nome, che in meno di mezzo secondo sollevò il braccio e lo colpì allo stomaco con forza tale da farlo barcollare all'indietro e vomitare.
"Sparisci dalla mia vista." intimò all'aggressore che, però, non si diede per vinto e tornò alla carica non appena ebbe di nuovo l'aria nei polmoni.
Affatto indulgente, il soccorritore mantenne la parola data e lo colpì un'altra volta, poi un'altra ancora.
Il criminale barcollò all'indietro, martoriato, e perse i sensi cadendo a terra.
Nessuno dei nemici era più in piedi, e tutto grazie a quell'eroe misterioso.
La strana creatura scomparve come per magia, fondendosi con l'uomo come se tramontasse alle sue spalle, ed egli si avvicinò alla ragazza a terra, portando due dita gelide alla sua gola per controllare il suo battito. Parve sospirare nel sapere che stava bene e che era intervenuto appena in tempo.
"Ragazzina, riesci a sentirmi?" chiese poi calandosi su di lei. Delicatamente la afferrò per le spalle e, messa una mano sulla sua schiena, la aiutò ad alzarsi.
Irene sputò un fiotto di sangue che le macchiò i vestiti e mancò per miracolo il ragazzo.
"Non sei nella migliore delle condizioni..." commentò tristemente il giovane uomo, "In ogni caso non devi preoccuparti. Adesso sei al sicuro."
Irene volse appena la testa per osservarlo: aveva un insolito taglio di capelli, con una frangia nera aperta sulla fronte che aveva l'aria di essere stata tagliata di recente, e una treccia percorreva il capo in alto, sostenuta da due fermagli dorati. I suoi occhi erano di un profondo azzurro e ricordavano tanto le acque del golfo napoletano nei giorni d'estate.
Quella fu l'ultima immagine che impresse nel suo pensiero prima di chiudere gli occhi, esausta, e di lasciarsi andare tra le braccia del suo salvatore, il quale provò a richiamarla più e più volte prima che perdesse i sensi.
Da quella sera, la sua vita sarebbe di certo cambiata. Non restava che affidarsi al destino.


 

***

Nota Autrice: Salve cari lettori! Sono tornata con questo nuovo capitolo, un altro pezzo che non rientra tra i miei preferiti fra quelli che ho immaginato di preparare ma che mi serviva per aprire realmente la storia e presentare finalmente... il caro Bruno, il mio personaggio preferito! Non ho potuto descriverlo benissimo in quanto si tratta del suo primo incontro con Irene, tuttavia nei prossimi capitoli vi assicuro che vedrete non solo lui ma anche gli altri membri della sua banda e conoscerete le loro condizioni in quest'AU dove tutti sono sopravvissuti allo scontro con Diavolo. La nota si chiude qui, spero di postare presto un nuovo capitolo, intanto se vi va lasciate pure una recensione, le apprezzo molto! Un saluto ^^

   
 
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