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Autore: Enchalott    04/02/2020    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Debiti e scommesse
 
Dionissa tese leggermente in avanti la mano diafana come se la sorella, in piedi a pochi passi da lei nella trasparenza della visione, potesse realmente essere sfiorata.
I suoi occhi verde oliva brillarono di affettuosa commozione nel constatare che Adara era all’apparenza sana e salva e che, nonostante tutto, aveva la forza di sorriderle con gioia, altrettanto emozionata per quell’incontro, fatto di immagini impalpabili, a lungo fantasticato da entrambe.
Accanto alla principessa minore, Anthos la osservò con la consueta impenetrabilità, supportando senza sforzo l’incanto dell’acqua con cui aveva generato un contatto simile a quello precedente: improvviso e non annunciato, mentre la sacerdotessa elestoryana si trovava nelle stanze private di Shion.
“Potete anche smettere di cercare ciò che vi preme” sentenziò il signore del Nord, riconoscendo gli ambienti che aveva già sondato con la mente qualche tempo prima “Vostro fratello è il Traditore comunque lo pensiate: non in base a prove presunte, ma per sua ammissione personale. Vi ho cercata su insistenza di mia moglie per mettervene a parte e per informarvi su alcune circostanze di reciproco interesse”.
La veggente di Erinna abbassò il viso, affranta, sebbene il suo legame spirituale con Màrsali le avesse già in precedenza inflitto la dipartita delle speranze sulle eventuali buone intenzioni di Shion. Anche con il Kalah ridotto ai minimi termini, Dionissa era riuscita a intuire una verità lacerante, dopo la scoperta della stanza segreta: le parole lapidarie del principe di Iomhar non erano altro che un’attesa, dolorosa conferma.
“Le vostre affermazioni trasportano una verità tagliente come una lama” rispose con un filo di voce “Sono pronta ad affrontarla, dunque non risparmiatemi”.
“Esistono colpe che si attraggono le une con le altre, principessa” continuò il reggente, algido “Adesso l’esistenza di vostro fratello coincide con quella dell’essere gretto che in passato ha scientemente provocato la caduta del cosmo. Siete a conoscenza della sua fino ad ora supposta presenza nelle leggende, vero?”.
Dionissa impallidì e dovette sedersi sul piccolo divano per concedersi un attimo di fiato, ma anche così prese a tremare come una foglia ed esalò un sospiro sconfortato. Si prese il viso tra le mani, disperata.
“Direi di sì a guardarvi…” sogghignò Anthos, beffardo.
“Pensi che siano tutti refrattari e indifferenti come te?” sbottò Adara, lanciandogli un’occhiataccia “Ti pare il modo di comunicarle una notizia del genere?!”.
La veggente sollevò lo sguardo, sorpresa, cogliendo lo scintillio torvo delle iridi dorate del principe, che tuttavia stranamente non reagì alla focosa obiezione. Anzi, sarebbe stato più opportuno definirlo un rimprovero senza mezzi termini. Gli occhi gentili della fanciulla, una volta capaci di penetrare le barriere del tempo, si posarono poi sulla mano sinistra dell’uomo, che cingeva saldamente la vita di sua sorella. Forse l’atto stava a indicare il possesso assoluto di lei… forse il contatto si rendeva necessario per coinvolgere Adara nella proiezione spirituale… o forse la Campionessa del Regno stava semplicemente duellando con il male che l’aveva forzatamente presa in sposa ed era riuscita a ottenere una forma di rispetto non immaginabile.
“Nissa…” sussurrò Adara, addolorata “Non ho potuto fare nulla… Shion non ha voluto ascoltarmi, è convinto che quella creatura millenaria… quel Daimar sia in grado di preservare il creato dalla furia di Irkalla! Mi dispiace, io…”.
“Non addossarti colpe che non sono tue, tesoro…” mormorò debolmente la maggiore, riavendosi con un sorriso triste “Neppure io ho compreso che cosa gli stesse accadendo, finché non è stato troppo tardi. Non voglio trovare una facile scusante nella mia malattia… è stato l’affetto per lui a rendermi cieca, sebbene lo incontrassi ogni giorno. Gli Aethalas ci avevano messi in guardia come loro dovere, ma abbiamo scambiato il loro sincero avvertimento per un’accusa infamante…”.
“Molto commovente” tagliò corto Anthos, seccato “Ma credo che né a Ishkur né ai suoi deamhan interessi quale tra di voi sia stata la meno accorta. A me ancora meno, invero. L’effettiva complicazione è che quell’essere oscuro è in grado di usare il vostro Diadema a suo piacimento e certo non si farà scrupoli. Siete avvisata, ora”.
La veggente trasecolò a quelle poche affermazioni, orribilmente dense di disgrazia.
“C-che avete detto?” balbettò, frastornata “Ishkur…?”.
“Tu ne sai qualcosa, Dionissa?” implorò Adara con la voce intrisa di angoscia.
“Io non… questo è impossibile, principe Anthos! Non può trattarsi di quell’Ishkur! Altrimenti la Profezia…”.
“Vi turba che il Sacro Testo non sia tanto perfetto ed esaustivo come pensate, principessa?” asserì lui caustico “Si è autodefinito dio del Nulla, voi che ne dite?”.
La giovane donna si strinse lo scialle color smeraldo sul corpo magro e rabbrividì.
“Nissa, non tenermi sulle spine!” la incitò Adara, inquieta.
“Il… il gemello di Amathira…” sussurrò lei, incredula “Ma non vedo perché…”.
“Ah, vi stupisce? Non è certo l’unico esempio di invidia e risentimento nato all’interno di un rapporto familiare, voi dovreste saperlo bene” sogghignò Anthos, allusivo “Il vero scandalo è che le persone si rifiutino di imparare dai precedenti… che si fidino esclusivamente in ragione degli stupidi sentimenti che provano, lasciandosi annebbiare da quella maledizione chiamata amore. Nient’altro che una cancrena che rende imbelli e vulnerabili. Anche gli dei non ne sono immuni, come vedete. Chi ne viene contagiato, è destinato a crollare con ignominia estrema”.
La veggente scosse la testa, incapace di replicare a quelle dichiarazioni tanto crude, che le straziavano l’anima e contemporaneamente le riportavano in termini spicci quale fosse la sorte toccata alla sorella con quel matrimonio privo di alternative.
“Mio marito si esprime in questo modo perché ha scelto di vivere così, ma la coerenza non è l’unica dote che possiede” sferzò invece Adara con prontezza.
Dionissa sollevò il capo, pietrificata dalla rischiosa audacia dei termini appena proferiti, e fece in tempo a cogliere un luccichio quasi divertito negli occhi spietati e inumani del reggente del Nord. Faticò a credere di averlo intravisto sul serio.
“Anthos e Irkalla sono gli unici in grado di fermare Ishkur” proseguì la neo regina di Iomhar “Ma il primo rifiuta ostinatamente di cercare il secondo per ragioni che non si degna di rivelarmi, mentre il Distruttore non ha ancora mostrato la propria presenza. Siamo in un’impasse grave… vorrei almeno capire se c’è un modo per opporsi al Diadema. Il suo potere è devastante nelle mani di chi pratica la magia oscura”.
“Oh, stelle!” esclamò la maggiore al colmo della preoccupazione “Ho sempre creduto che il nostro amuleto rappresentasse un semplice, antico simbolo e…”.
“… la Profezia non ne parla” concluse il principe, estremamente tediato “Mi sono già espresso in merito, inoltre il nostro tempo insieme sta per concludersi. C’è altro?”.
“Sì! Sì, vi prego, altezza, aspettate!” supplicò Dionissa “Farò il possibile per scoprire qualcosa sul gioiello del Sud, ma c’è un’altra questione di pari rilevanza. Il re nostro padre ha inviato uno strik dal deserto, informandoci di alcuni gravi e insoliti fatti riguardanti gli Anskelisia!”.
Anthos aggrottò la fronte, mutando immediatamente registro.
“Quali?” domandò piatto.
La giovane sacerdotessa espose gli eventi, collegando quanto riportato dai Melayr con gli ormai palesi fini della creatura intessuta di odio, vendetta e male che si era nascosta chissà dove. Magari proprio nel deserto, presso gli Angeli.
“Creare inimicizia e divisione tra le genti del Sud non è che la punta dell’iceberg” congetturò “Maestà, mi scuso per aver incluso anche voi nel novero dei mandanti. Ho pensato che fosse un sistema per indebolire Elestorya… invece, è stato lo stratagemma con cui il Nemico ha impedito una nostra alleanza militare. Al momento, non possiamo lasciare indifesa la capitale del regno, perciò…”.
“Tsk!” sbuffò il principe “Non vi rammaricate, non ho affatto bisogno di voi! Semmai il contrario, dati i vostri demoniaci avversari, ma non intendo lasciare Jarlath alla mercé di Ishkur, sempre che abbia il fegato di ripresentarsi. L’altro imputato chi era? Irkalla?”.
Dionissa annuì, sorpresa dalla perspicacia dell’uomo affascinante e misterioso che le stava difronte e che continuava a stringere saldamente sua sorella con gelido distacco, dall’arroganza con cui le si rivolgeva e dalla sicurezza con cui si esprimeva.
“Il Distruttore ci cancellerebbe con il semplice schiocco delle dita, non sarebbe certo tipo da ricorrere a creature inferiori” completò lui.
“Avete ragione, mi dispiace…”.
“Smettila di scusarti, Nissa!” brontolò Adara “Anthos mi ha sposata per avere i Due Regni con tutto ciò che ne consegue. Pensare che possa divenire un alleato è un errore, anzi, si sente offeso ogni volta che cerco di persuaderlo. Non può comunque pretendersi immune da sospetti e valutazioni poco eclatanti sul suo operato, dato il suo modo di agire! Solo io sono tanto stolta da confidare in lui per il presente e per il futuro, sperando che rinunci ai propri piani distorti!”.
Il principe rimase impassibile davanti a una dichiarazione tanto forte, ma qualcosa nel suo sguardo fermo e malinconico sfuggì alla barriera composta di indifferenza e inumanità di cui era rivestito. Qualcosa di simile al sollievo o al conforto.
“Capisco…” mormorò la veggente, colta da una sensazione imminente e impellente “Adara… Il tredicesimo uomo, il ragazzo Aethalas. È ancora con te, vero?”.
“Narsas? Sì, è ancora… vivo” rispose lei con affettuosa commozione.
“Ringrazio i Superiori! Ascoltami bene, piccola mia. Sua sorella Phylana, che è qui a palazzo, ci ha raccontato di lui e della sua missione. Nessun testo antico parla di un arciere del deserto, è qualcosa di inspiegabile, come una deviazione dal tracciato. Forse è lui il predestinato a sconfiggere il traditore del sangue… che adesso è tutt’uno con il Traditore degli dei! Adara… affidati a lui, non si trova lì per caso!”.
“Infatti!” sbottò il reggente, visibilmente incollerito “È a Jarlath perché io solo, che quaggiù rappresento la vita e la morte, ho deciso di lasciarlo respirare. Quanto alle sue frecce, non credo che possano né abbattere Ishkur né contrastare il Diadema! Tantomeno gareggiare con il Distruttore! State suggerendo qualcosa di illogico, di insensato! Non permetterò che la donna destinata a partorire mio figlio corra verso il pericolo cui la state indirizzando!”.
“Non fraintendetemi, altezza” replicò Dionissa, accalorandosi “Non parlo di armi umane! Intendo qualcosa che solo Narsas possiede, anche se non saprei identificarlo… Ci sono molti modi per combattere il male!”.
“Anthos…” implorò Adara, stringendogli il braccio “Ti prego, libera il Kalah di mia sorella! Posso garantire con la mia vita che non agirebbe mai contro di te! Il suo dono sarebbe fondamentale per tutti noi, ora più che mai!”.
“Non ne ho la minima intenzione!” sferzò lui, duro “E la tua vita è già mia, non puoi offrirla due volte. Detto questo, è il momento del congedo”.
Mosse la mano, come per interrompere il collegamento, ma Dionissa si alzò e cercò di trattenere il contatto con l’apporto delle poche forze che sentiva fluire in sé.
“Aspettate, principe!” gridò, angosciata “Il nostro comandante della Guardia! Vi imploro, lasciatelo andare! Vi sarà prezioso, lui aiuterà la vostra regina! Combatterà per lei! Aska Rei è una persona di cuore, potete fidarvi di lui!”.
Anthos la ignorò.
“Dionissa…” mormorò Adara, straziata dall’espressione infelice e speranzosa della sorella, che sapeva l’uomo cui aveva donato il proprio cuore prigioniero e lontano.
Poi lo sguardo corse alle sue mani diafane, posate sul ventre velato di verde.
“Dionissa!?” ripeté, indecisa e stupefatta.
“Adara…” rispose lei con una dolcezza palpitante, mentre lacrime di nostalgia e dolore le brillarono agli angoli degli occhi.
La contiguità si interruppe bruscamente, senza risposte.
“La bambina…” mormorò la veggente, appoggiandosi stancamente alla parete vuota “La bambina desidera incontrare suo padre, prima che io…”.
 
Il principe allontanò la mano dall’acqua contenuta nel semplice catino di porcellana azzurra e la figura della sacerdotessa Kalah di Erinna svanì dalla sua mente.
Usare quel semplice trucco gli garantiva una certa sicurezza e gli permetteva di risparmiare le energie in vista del probabile prossimo scontro con il Nemico.
“Perché non le hai risposto?” domandò Adara, irritata.
“Non ho ancora deciso la sorte del tuo caro capitano” ribatté lui, avvicinandosi alla finestra della stanza nuziale “Inoltre, i vostri buoni e assurdi propositi, messi in campo tanto ingenuamente, mi stavano intossicando. I messaggi rilevanti sono stati tutti riportati come ti ho promesso”. 
La ragazza lo osservò: il volto lievemente imbronciato rivolto al paesaggio innevato, la chioma bionda che gli si era allungata oltre le spalle in quei mesi, l’abito turchese scollato che metteva in luce la carnagione ambrata, la lucida sciarpa di seta blu che gli stringeva la vita, gli stivali bianchi con il risvolto argentato, il lungo mantello candido, la spada che non sfoderava mai. Pareva non aver subito alcuna ferita recente, alcuna sconfitta umiliante. Aveva però perso l’abitudine di giocherellare con il Medaglione da quando la prima Gemma si era infranta.
Gli occhi d’oro fuso, allungati e profondi, le si inchiodarono addosso. Adara avvampò per essere stata colta nella contemplazione del suo fascino ammaliante.
“Sei troppo drastico” gli disse “Aska Rei vorrebbe soltanto proteggermi, ma io preferirei rimandarlo a Erinna. C’è più bisogno di lui laggiù a quanto pare”.
Lo sguardo indagatore di Anthos la sondò, in cerca di qualcosa di cui dubitare; o semplicemente ricambiando l’intensità con cui era stato a sua volta scandagliato.
“Tutti i tuoi amici desiderano assisterti senza riserve” constatò poi, non provocatorio “Dunque, perché hai detto a tua sorella che confidi in me? Non volevi che si angustiasse per la tua situazione?”.
“Affatto. Perché è la verità”.
“Hai ragione a definirti stolta, allora”.
La principessa si avvicinò, osservando la luce caleidoscopica riflessa sulla crepa ramificata della Pietra del Cielo.
“Ieri hai iniziato a spiegarmi che il Medaglione blocca una parte dei poteri posseduti da chi lo regge. Significa che, se tu non lo indossassi, saresti più forte di così?”.
“Sì” ammise lui cauto.
“Non capisco” sospirò lei “Non preferisci possedere un’energia ancora maggiore di quella che già riesci a usare? Non è ciò che ti serve?”.
Anthos sogghignò, girandosi totalmente nella sua direzione, mentre la fioca luce diurna lasciava il posto al crepuscolo ghiacciato del Nord.
“Non si tratta di predilezione” rispose “Ma di prezzo. Non sono disposto a pagare quello che mi si presenterebbe qualora scegliessi di sfruttare le mie piene doti. Non ancora, almeno”.
“Significa che tu potresti… morire?” chiese lei con intensa preoccupazione.
“Una parte di me” replicò “Magari quella in cui riponi la tua sconsiderata fiducia”.
Perdere te. Non voglio perdere te…
“Oh, smettila!” sbottò Adara, scorgendo l’abituale espressione sarcastica accompagnare l’affermazione notevolmente più seria.
Lasciò che lui chiudesse il mondo fuori dai tendaggi ricamati di Leu-Mòr e che la fiamma del camino arroventasse i colori azzurrati della loro camera da letto.
“Il Crescente ha quasi reagito a un mio impulso volontario ieri” disse poi timidamente.
“Cosa?”.
“Volevo uscire a tutti i costi dalla guglia della Torre, ma non sono riuscita a smuovere la porta di un millimetro” confessò la ragazza con trepidante sincerità “Mi sono concentrata sull’Imis’eli e la mezzaluna si è illuminata diversamente dal solito…”.
“Quale impulso hai fornito?” domandò il principe, fortemente interessato.
“Beh, ho pensato intensamente a… a qualcuno” risolse lei, arrossendo.
Le iridi auree di Anthos balenarono con la stessa vampa del focolare lì accanto, con rabbia estrema, con risentimento e con una sorta di amara disillusione.
“A chi?” si limitò a chiedere con distacco.
Adara abbassò lo sguardo, incerta e pensierosa, mentre lui attendeva la risposta.
“Non è difficile immaginarlo” sentenziò il reggente, rompendo il silenzio teso.
“Lo è, invece” obiettò lei “Lo è anche per me”.
Il giovane si fece avanti, con il dubbio dipinto sui lineamenti maschili e attraenti.
“Non girarci intorno” ringhiò, spazientito.
La principessa sollevò il viso, per contemplarlo negli occhi, dandosi coraggio.
“A te. Ho pensato a te”.
Anthos non reagì, ma la furia devastante del suo sguardo si placò all’istante. Socchiuse le palpebre, studiandola con incredulità.
“Eppure” considerò poi “È me che respinge… che tiene deliberatamente lontano”.
“Io… io non lo so…” sospirò la ragazza “In un modo o nell’altro c’entri tu”.
“È per questo che me lo hai confidato?”.
“No. Perché avevi promesso di aiutarmi. Non posso più aspettare”.
Il principe inspirò profondamente, allontanandosi di qualche passo e versandosi una coppa di vino bollente. Ne bevve un lungo sorso e tornò a lei con piena attenzione.
“Neppure io…” mormorò ambiguo.
“Io non intendo quello che stai pensando tu…” arretrò lei.
“Ah sì? Cosa starei pensando, di grazia?”.
“Sicuramente che il Crescente ti abbia sempre impedito di consumare il matrimonio”.
“Sbagliato” confutò lui con una smorfia divertita “Mi sto chiedendo il motivo per cui tu non abbia mai paura di me, nonostante abbia constatato di persona che cosa sono in grado di ottenere… tranne quando cerco di renderti mia, momento dal quale garantisco che i miei poteri sono completamente esclusi”.
“Io non… non provo più timore neanche allora”.
“Ne sei certa?”.
“Sì… so che te ne sei accorto, non dovresti neppure indagare”.
“Allora esiste un altro rilevante motivo” concluse Anthos, allontanandosi dal tavolo e mettendosi davanti a lei, implacabile “Per il quale tu, inconsciamente, non mi vuoi”.
“Non… non lo so… Forse perché non sono innamorata di te e…”.
“Mh” rise lievemente lui “Neppure io lo sono, tuttavia ti pretendo. Il desiderio fisico non implica l’amore, possono restare separati. Pensa a qualcos’altro”.
Adara distolse lo sguardo, ma le dita di lui le sollevarono delicatamente il mento, obbligandola al confronto diretto. I suoi occhi bruciavano senza promettere sconti. Per avere il suo aiuto, avrebbe dovuto soddisfare la sua richiesta. Erano soltanto parole quelle che esigeva, tuttavia ardue da pronunciare.
“Non so come esprimerlo…” ammise lei con sconcerto “Non è chiaro neppure a me”.
“Provaci. Sono piuttosto intelligente”.
La principessa si concentrò sulle sue iridi inumane, sulla malinconia che resisteva indelebile nel miscuglio terrificante di tutte le altre sensazioni che riuscivano a trasmetterle. Essa la attirava, la tranquillizzava, la trasportava a lui.
“Essere il semplice strumento volto a un fine che non condivido… l’erede che brami. Non sono pronta a diventare madre, dovrebbe essere una vocazione e io non la avverto in me. Mi forzo a vincere questo rifiuto, ma so che se mettessi al mondo tuo figlio, alla fine, mi lasceresti da sola a occuparmi di un compito che non sarei in grado di svolgere, un dovere che tu dovresti condividere con me e che invece ricuseresti. Non voglio che un innocente paghi per questo nostro… non amarci. Non voglio che viva sapendo di essere stato generato con un ricatto, per utilità e nient’altro”.
Anthos osservò il calore aranciato delle fiamme stazionare sui suoi capelli scuri e sul suo viso delicato, offuscato dal turbamento e dalla cura che stava impiegando per reperire i termini atti a risolvere la sua indiscutibile pretesa.
“Capisco” mormorò “Afferro ciò che attesti, che è anche quanto hai già sostenuto sulla nave in modalità simili quando ti ho raccontato la mia storia, compreso quello che non riesci a formulare. Quindi, se io ti giurassi che non sarebbe così come paventi, la situazione cambierebbe?”.
“Non… non lo so…” ammise la ragazza, allibita.
“Se io ti trascinassi in quel letto, chiedendoti di pensare che quanto avverrebbe tra noi potrebbe essere piacevole e basta, se io ti dessi modo di scegliere se assolvere il tuo impegno senza fretta e senza obbligo pressante entro… facciamo un anno… Leuhan smetterebbe di rappresentarmi il tuo rifiuto?” argomentò il principe con tranquillità estrema.
“Io non…” bisbigliò Adara, perplessa, percependo il suo cuore accelerare violentemente i battiti “Lo faresti davvero?”.
“Forse. Prima però dovresti capire di cosa stiamo parlando” asserì il reggente.
“C-come?”.
“È il momento di pagare uno dei tuoi debiti, Adara” affermò lui, in un apparente cambio di argomento “Ti chiedo conto della vita che ho risparmiato alla donna chiamata Tsambika”.
“Adesso?” esclamò lei, sgomenta “Non credo di aver compreso il nesso…”.
“Semplice. Realizzerai quanto ti domanderò tra poco e tutto ti sarà palese”.
“Cosa devo fare?”.
Anthos si avvicinò ancora di un passo, assorbendo lo sconcerto del suo sguardo, allontanandole una ciocca bruna dal viso e sussurrandole la risoluzione all’orecchio.
“Spogliami…” sussurrò.
Il respiro le si mozzò in gola, accompagnato dal martellare rapido che avvertiva nel petto. Sentì il calore infiammarle le guance per la spudoratezza appena udita.
“Ma… ma come ti viene in mente?” balbettò, completamente nel panico.
“Oh, chissà come… e perché mai…” rise lievemente lui “Sto attendendo”.
“Ti ho detto che non mi sarei opposta, non che avrei preso l’iniziativa…” si difese lei.
“Questo è un impegno da saldare e non è trattabile. È una prova. È la prima delle lezioni che mi hai chiesto. Senza essa, le altre non potrebbero avvenire”.
“Non so cosa tu ti possa aspettare con un’idea del genere…”.
“Che tu conduca le danze, ovviamente” tranciò lui, ironico “Vorrei sperimentare se il Crescente si inalbera anche quando le emozioni che ti percorrono non sono indotte, ma ne sei l’artefice primaria. Fare in modo che tu le possa guidare, come hai tentato ieri e come mi hai domandato di insegnarti. Hai detto che io c’entro, quindi…”.
“È solo per questo?” si indignò lei “Un altro dei tuoi logici, ragionati esperimenti?”.
“Per niente!” ribatté Anthos, altrettanto irritato “Sono stanco di essere rifiutato con una passività che risulta peggiore di un affronto! Scambiamoci le parti, Adara. Fammi poi sapere se è stato tanto appagante per te così!”.
La ragazza lo fissò abbacinata. Non stava emanando rabbia e neppure volontà di prevalere. Stava chiedendo, per una sola volta, che gli venisse risparmiata un’umiliazione che non era più intenzionato a subire, transitando per la certezza che lei non avrebbe mai mancato alla parola data in cambio di una vita. Prima, però, le aveva lasciato intendere che, dopo quella sera, forse avrebbe atteso che fosse lei a cercarlo, ma con cognizione di causa. Anthos voleva che lei provasse a pensare che, anche se era un essere spietato e privo di sentimenti, la loro unione fisica avrebbe potuto essere… piacevole… o unica… e darle occasione di riflettere su ciò che lei al presente non poteva giudicare in quanto mai sperimentato. Dimenticare che fosse un obbligo, ma qualcosa di… gradevole… e poi lei stava continuando ad arenarsi sullo stesso scoglio. Pensarlo diverso da come si presentava. Intenderlo più umano, più esposto alle emozioni di quanto non ammettesse neppure con se stesso. Quello era forse l’unico modo per arrivare a lui. Lo aveva tacciato di assenza, ma a ben vedere avrebbe potuto rivolgere lo stesso appunto a sé. Forse era la sua occasione. O forse lui la stava sottilmente ingannando per raggiungere lo scopo prefissato. No. Non si era sbagliata né allora né adesso…
“Mi hai intrappolato con le mie stesse parole. Sei un maestro in questa disciplina, ma nel caso presente hai tutte le ragioni” sospirò “Essere in due. Stavo applicando questo metro solo a te, mentre tra noi, in questo caso, ero io a mancare”.
Il principe sbarrò gli occhi, sorpreso. Era pronto a confutare la resistenza di lei citando il valore supremo di una promessa, a minacciare di portarsi a letto la prima femmina che fosse entrata nella sua visuale e costringerla ad assistere ad una violenza, a sparire per giorni lasciandola rinchiusa nelle viscere di Leu-Mòr. Non era preparato a sentirsi dare ragione, a leggere quella dolcezza nei suoi occhi, a ottenere soddisfazione tramite qualcosa di lui che somigliava più alla disperazione di un cuore ardente che alla fredda e calcolata occasione di riscossione. Non lo aveva fatto apposta. Non lo aveva proposto dopo aver ponderato le possibili conseguenze da tutti i punti di vista. Era stato istintivo, aveva seguito la reazione che l’io profondo gli aveva inviato quando lei l’aveva inaspettatamente chiamato in causa. Quando aveva affermato che, per avviare Leuhan, aveva semplicemente pensato a lui.
Era quello il potere soverchiante di Adara? Riuscire a fare breccia nelle sue difese senza ostacolarlo… cambiare qualcosa di lui attribuendo tutte le responsabilità negative a se stessa? Non le avrebbe consentito di circuirlo… anche se lei non…
Trasalì, staccandosi bruscamente dalla riflessione.
Lo stava facendo davvero.
Sentì che la spada aveva smesso di pesargli sul fianco sinistro, perché la principessa l’aveva sganciata dall’anello d’argento e l’aveva appoggiata sul tavolo.
Le mani di lei raggiunsero la fibbia metallica decorata a sbalzo che gli ancorava il mantello alla spalla, aprendone la chiusura: il pesante tessuto bianco si afflosciò ai suoi piedi con la forma armoniosa di una nuvola primaverile.
La similitudine gli parve assurda, poiché quella stagione nel suo Regno mancava da più di mille anni e lui non credeva di… perse il filo del ragionamento.
Percepì che la ragazza esitava, mentre sfilava le une dalle altre le piegature che gli avvolgevano la vita, sciogliendo timidamente la lunga stola del colore del mare, che gli serrava la camicia priva di bottoni.
Quando la stoffa serica e frusciante si accucciò a terra in una giravolta, l’indumento gli si spalancò addosso. Fu tentato di liberarsene e porre termine alla tortura che si era cercato, ma resistette. Abbassò lo sguardo e incontrò quello di lei, terribilmente schivo e altrettanto deciso a celare l’impaccio che la attanagliava.
Sollevò i polsi e lasciò che lei districasse i lacci che gli chiudevano le maniche, in modo che potesse svestirlo. Vide il tremito leggero con cui slegava i nodi e il suo cuore ebbe un palpito più intenso di quelli che stava già sperimentando. Trattenne un sospiro e per un istante pensò di fermarla, di dirle che poteva essere sufficiente, ma la realtà era che quanto aveva raggiunto non gli bastava per niente.
Mentre Adara gli sfilava la camicia, percepì il suo tocco sulle spalle e sulle braccia e quell’involontario sentiero tracciatogli sull’epidermide lo fece rabbrividire. Non era mai accaduto, non in quel modo, non per così poco, sempre che le dita di quella donna sul suo petto potessero essere seriamente considerate un’inezia.
Raggiunsero l’incastonatura del Medaglione e la sfiorarono, ma Anthos le chiuse forzosamente tra le sue, pensando che lei volesse privarlo dell’amuleto, contrariamente a quanto le aveva già ordinato. Mai toglierglielo. Lei sussultò leggermente al suo movimento repentino, mostrando di essere priva di quell’intenzione; stava solo saggiando la superficie della Gemma scheggiata dall’entità maligna che ne aveva mostrato l’inaspettata contraffazione.
Il principe allentò la morsa, ma spaccatura frastagliata della pietra premuta sull’indice le incise il polpastrello; una minuscola goccia scarlatta fuoriuscì dal taglio, arrossandolo. Adara spostò la mano per evitare di macchiargli la pelle, ma Anthos la prese fra le sue e si portò il dito alle labbra, arrestando il flusso leggero, percependo il gusto lievemente metallico del sangue sulla lingua, il sapore di lei deflagrante nella mente. I suoi sensi si tesero.
Fu un attimo e subito la lasciò libera di continuare, posando lo sguardo sul suo rossore, cogliendo il suo respiro accelerato forse dall’imbarazzo, forse dall’emozione.
Socchiuse gli occhi d’ambra e un sorriso quasi invisibile gli aleggiò sulla bocca, un sorriso che conteneva il suo invito a non temere, a non rinunciare, a riprendere a spogliarlo, a pensare che nella penombra fiammeggiante della loro stanza si sarebbe potuto verificare qualcosa di impossibile: che lei lo volesse… che lui si arrendesse.
Cancellò quell’ultimo pensiero con una sorta di allarme e attese.
Lei lo condusse verso il baldacchino e fece in modo che si sedesse, senza parlare, si inginocchiò per riuscire a sfibbiare le chiusure degli stivali aderenti che gli arrivavano al ginocchio e risvoltavano in un ricamo argentato.
Anthos si scostò le ciocche bionde dagli omeri e si appoggiò al letto ricoperto di calde pellicce. Il contatto dei piedi nudi con il pavimento gli fornì un’ulteriore scossa, che servì solo ad accrescere il suo desiderio.
Sollevò il viso al lucore del fuoco, osservando sua moglie esitare ancora, in piedi davanti a lui e davanti all’ultimo ostacolo. Tese il braccio con la sinistra aperta e l’anello iridescente che gli ornava il pollice ebbe un bagliore. Vide che Adara fissava il gioiello e, contemporaneamente, saggiava con le dita quello identico che le circondava l’anulare.
Qualcosa nella sua espressione mutò e, per riflesso, anche il principe comprese che la promessa che si erano scambiati mesi prima aveva acquistato almeno una parte del suo significato in quell’istante. L’altra era quella che entrambi respingevano e che appariva lontana e irrealizzabile. Che avrebbe dovuto restare relegata in eterno.
Ma quella era una partenza, una scommessa; strana, in quanto successiva ad un pagare pegno, quando solitamente avveniva il contrario. Lui agiva esattamente così, per opposti: Adara gli aveva fatto notare la sua particolarità quando gli aveva chiesto di non disintegrare più l’affresco della sala del trono. Sorrise ancora, inosservato.
La ragazza che gli stava slacciando l’ultima chiusura aveva preso a considerarlo suo marito, nel bene e nel male, come recitava la formula che lui aveva deciso di non recitare, prediligendo il rito arcaico per le loro nozze. Aveva scommesso con lui per la seconda volta e, in quel modo, entrambi erano diventati la posta in gioco.  Entrambi avevano vinto… e perso. Pertanto, dovevano scontare reciproca penitenza… sebbene il suo corpo, illuminato dalle fiamme, rifiutasse di considerarla tale.
La principessa abbassò lo sguardo, discreta, ma Anthos le sfiorò il viso e fece in modo che lo guardasse, che comprendesse dal suo cenno sottile che era giunto il suo turno, che voleva che lei si togliesse i vestiti per lui.
Rimase fermo come aveva garantito, mentre tutto ciò che lei indossava scendeva al suolo e il riverbero del camino evidenziava le sue curve morbide e seducenti.
Si adagiò su un fianco, senza parlare.
   
 
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