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Autore: aurora giacomini    04/02/2020    1 recensioni
ATTENZIONE: Questa è la seconda parte di "Per un Bacio" la storia segue un ordine temporale preciso.
Dal Testo:
"Ciao, Amico Lettore,
Uh? Cos'è quella faccia? Cos'è, ti eri dimenticato di me? Mi spezzi il cuore...
Quanti anni sono passati....? Fammi pensare... è l'Ottobre 2029... nove anni... wow...!
Ah, ora capisco cos'è quell'espressione... pensavi forse che non sarei rimasta ad osservare chi, fra i mille passanti, avrebbe infine raccolto il mio quaderno...?"
Genere: Introspettivo, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Per un Bacio'
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Il Mondo Corre?

 

 

Cosa c'è? Non ti aspettavi di ricevere un'altra mia lettera così presto? Ho aspettato che tu andassi a dormire, prima di metterla nella tua casetta...

Ah, prima che mi dimentichi... nella precedente lettera ho commesso un errore... ti ho detto di avere ventotto anni... ma dal 2016 ad ora ne sono passati tredici... ho trentuno anni... non te n'eri accorto, vero? Fa niente... anche io sono un po' distratta...! Pensavo di essere ancora quella ragazzina... pensavo che gli anni trascorsi da quel Natale fossero meno... che ci vuoi fare?

Comunque, quando ho lasciato cadere il quaderno ne avevo ventidue o ventitré.

Eh già... alla fine sono diventata adulta... quasi non me ne sono accorta...

Non hai cercato di andare alla Polizia, vero? Tanto che potrebbero farci? Non ho lasciato le mie impronte digitali sul foglio... non sono mica stupida...

Spero davvero che tu ora sia più calmo. Tanto non c'è modo che tu possa impedirmi di recapitarti queste lettere... puoi ignorarmi... certo, ma non smetterò di scriverti...!

Non ho ancora finito con te.

Sai, pensavo che sarebbe carino se anche tu mi lasciassi una lettera... mi aiuteresti a capire cosa provi e cosa pensi... certo che m'importa di te, penavi di no? Che sciocchino...

Lasciala pure nella tua casella, la prenderò e leggerò, promesso!

Ma ora è il caso di continuare... anche lo spaccato qui sotto risale a quel periodo, a quel foglio volante e dimenticato... a poco dopo che hai raccolto il quaderno...

 

La puzza, questo puzzo di morte e... bon, non ripeto; mi tormenta... davvero mi tormenta...! Almeno nella mia microscopica cella posso aprire la finestra (una robina di qualche centimetro quadrato) e respirare un po' di sano smog... ma in questo corridoio.... mi sento soffocare... mi sento sporca.

“Non ho tempo da perdere!” Il donnone si volta verso di me, piantandomi addosso quei suoi occhietti da ratto malefico. Non mi fraintendere, adoro i ratti... -oh, che carini!!!- Ma lei è malvagia... è lurida dentro e fuori... forse...

Non te lo nascondo: vorrei farle male... ma non per ricavarne piacere sessuale... no, sarebbe impossibile con lei... vorrei solo farle male, lo ribadisco.

“Mi scusi, ma è complicato camminare in questo modo, signorina...” le rispondo invece, mantenendo l'attitudine che da sempre mi caratterizza: l'educazione. E' più forte di me: spesso mi riduco persino all'umiliazione... spesso appaio melliflua, viscida, falsa e tutto ciò che vuoi... ma per me è importante... è una questione di rispetto verso sé stessi, prima di tutto.

“Se non avessi ammazzato quei poveracci, razza di demonio! Ora saresti libera di camminare come cazzo ti pare.”

Dalle labbra mi sfugge un gemito: dolore, sofferenza, solitudine, consapevolezza, rimorso e rabbia...

“Che hai da mugugnare? Cammina!” Mi ordina, con quel suo fare perentorio e sgradevole.

“Mi scusi...” replico, chinando il capo.

“Dovrebbero metterli al muro, quelli come te.” Infierisce.

“Ha ragione...” le rispondo. In realtà non pensavo che mi sarebbe uscito, volevo solo pensarlo... cioè, non pensarlo... è venuto da sé... beh, hai capito...

Si blocca, e per poco non sbatto la faccia fra le sue scapole... contro quel suo muro flaccido che chiama, presumo, schiena.

“Lo sai cosa succederebbe se ora ti spaccassi il cranio contro il muro?” Mi domanda, voltandosi lentamente verso di me.

Beh, si sporcherebbe... riporterei danni celebrali, se non muoio... e per ultimo, ma non meno importante: fra me e lei non vi sarebbe più differenza: saremmo entrambe delle assassine... se muoio...

“Le chiedo scusa, non pensavo di aver parlato ad alta voce...” le dico, cercando di nascondere il terrore e il disgusto che m'incute... non voglio darle soddisfazioni.

“Nessuno se ne dispiacerebbe.” Mi dice, come se non avessi aperto bocca.

Mi limito ad annuire, desidero solo che si volti e continui a camminarmi davanti.

“Mi prendi per il culo, stronza?!” Urla, urla come se le avessi pestato un callo...

E' inutile: ormai ha deciso che la sto sfidando...

“Non oserei mai, signorina...” replico, cercando di calmarla.

Mi afferra per i corti capelli che ora sono costretta a portare, ma non abbastanza corti da sfuggire alle sue tozze manone... posso sentire il dolore diramarsi per tutto il cuoio capelluto: ho sempre sofferto molto il fatto che mi tirassero il capelli... sempre. Sento che le radici vengono strappate, e non posso reprimere le lacrime che mi velano la vista.

“Sei una merda!” Il primo pugno mi colpisce le costole, già incrinate per una caduta in bicicletta quando ero bambina. Il dolore che provo è azzurro chiaro e tondeggiante... mi spezza il fiato.

Non mi colpirà mai in viso: è la prima regola che imparano: non lasciare tracce visibili... non sul volto...

“Per favore...” ho difficoltà a parlare, ma il desiderio di sfuggire, almeno in parte, al dolore, mi costringe a sforzarmi, “per favore... mi lasci andare...”

“Una merdaccia schifosa!” Il secondo colpo arriva allo stomaco. La sensazione è quella di dover vomitare, poi la forza d'urto si propaga anche al diaframma, quindi il respiro scompare... in quel frangente temi che non tornerà più, che non sarai mai più in grado di respirare... fa paura...

Non me ne sono resa conto, non mi sono resa conto di cadere... eppure il mio viso impatta contro il duro pavimento, per un momento è tutto bianco... bianco come il dolore che si propaga dalla mandibola e dallo zigomo sinistro.

“Merda!” La sento imprecare, mentre mi afferra per le spalle e tira verso l'alto.

Ho difficoltà a mantenermi sulle gambe, mi sento debole... il dolore mi confonde...

“Se qualcuno fa domande, sei caduta, chiaro?” Mi sibila, con tono appena meno crudele, ma sempre più minaccioso.

Assaporo il gusto ferroso, ramato e grigio del mio stesso sangue, il sangue che, placidamente, sgorga dal labbro inferiore. “Sì... signorina... sono caduta...” è la risposta di un'automa, di chi ha paura, di chi è sconfitto e debole.

La odio, lo ripeto... ma non per quello che fa: riesco a comprenderla... anche lei è debole, una sconfitta, una borderline... è un essere terrorizzato, come tutti noi, dallo stesso terrorismo di questo mondo acuminato ed inospitale... ha paura del tempo che passa: ha i capelli tinti di un nero troppo impetuoso e volgare per la sua età -stimo attorno alla sessantina-; terrorizzata da un corpo che, molto probabilmente, non riconosce più come suo; da una bellezza esotica, ancora intravedile, ormai lontana e sfumata; da un mondo che corre veloce e non aspetta chi, come me, si ferma e dimentica di correre con esso... il suo aspetto fisico mi disturba molto di più.

Non giustifico la sua cattiveria e rabbia, anche perché io sono la sua vittima meno vulnerabile, ma la comprendo. Per questo, a volte, il desiderio di ferirla è pari a quello di cingerla fra le braccia e farla sentire al sicuro, protetta dal corpo e la mente di un suo simile.

Il mondo non ha tempo per quelli come noi, è un cavallo a cui hanno incendiato la coda: corre e non si guarda indietro... non si domanda neppure nulla, corre e basta... ma c'è chi corre in sintonia, addirittura più veloce, del nostro piccolo pianeta blu: nevrotici iperfunzionanti... anche loro mi fanno tenerezza...

Forse il nostro mondo corre perché, come detto prima, è un piccolo pianeta blu nell'immensità di uno spazio troppo, davvero troppo grande... nah, questa è una stronzata... ma mi andava di scriverla. Sono le persone a correre, non il mondo...

Non pretendo che qualcuno mi capisca, davvero: ho smesso di pretenderlo, ma vorrei tanto che qualcuno ci provasse... come io ci provo con voi, tutti voi... genere umano. Certo, probabilmente non risolvo nulla... ma ci provo... io ci provo.

 

“Ti brucerà un pochino, mi spiace...”

Sobbalzo dalla sorpresa, non mi ero accorta di essere in infermeria... come ci sono arrivata? Chissenefrega, ora c'è Rose davanti a me...

“Scusami, non volevo spaventarti...” Rose mi sorride, che bel sorriso ha... “dove sei stata, questa volta...?” Mi domanda, continuando a prendersi cura del mio viso.

“Mi chiedevo il perché alcune persone non riescano a correre col mondo...” le rispondo, guardando i suoi limpidi occhi scuri, neri come una notte senza astri, concentrati sul mio labbro.

Sorride, sorride sempre quando le parlo delle mie riflessioni... è un sorriso pieno di beffa, ma a me piace... a me piace lei...

“Meglio: non me lo stavo chiedendo... stavo solo analizzando il perché... credo...” aggiungo.

“E a quale conclusione sei giunta?” Mi chiede, prendendo dell'altro disinfettante.

Non mi prende sul serio, lo so: è stupida... ma non in senso offensivo, lo è davvero... non riesce a scindere i nostri due ruoli: infermiera vs paziente di un istituto psichiatrico... da per scontato che io sia fuori di testa... non riesce a vedere la mia umanità, ma neppure la sua... è limitata... colta, laureata e tutto ciò che vuoi, ma limitata.

“A nessuna in particolare... in vero, come ti ho già detto: non sono esattamente alla ricerca di una risposta, sono più interessata ai processi che m' inducono a pormi dei quesiti...”

“Molto interessante.” Annuisce.

So che ha capito il senso delle mie parole, ma non le prende sul serio.

A volte mi piace che lei sia stupida e non mi prenda seriamente... tipo quando dico cose di questo tipo:

“I tuoi capelli rossi mi fanno pensare alle fiamme dell'inferno, poiché desiderarti in questo modo è sicuramente peccato...” sussurro, sfiorandole i morbidi e profumati boccoli.

Una risata cristallina le sfugge dalle turgide labbra rosa: non usa il rossetto, mai... ma io sono contenta: non mi piace.

“Sciocca...” mi carezza la guancia sana, “sono troppo grande per te.”

Non è vero: ha solo cinque anni più di me... a malapena sfiora la trentina...

“Mi dispiace giocare il ruolo di un vecchio porco...” le dico, annusando il suo odore, “ma tanto non mi prendi sul serio... e le molestie di questo tipo, che ci piaccia o meno, nel tuo lavoro sono comuni. Inutile fingere un perbenismo che non ci appartiene... anche perché non lo sarebbe neppure: è una negazione volontaria della realtà.”

Solleva lo sguardo. Potrei perdermi in quelle pozze nere... desidero farlo...

“Certo che ti prendo sul serio, sciocca.” Mi sorride.

No... non lo fai, ma è perfetto così... credimi...

“Lo so, scherzavo. Sei buona con me.” Le dico.

Resta in silenzio per qualche secondo. In realtà non c'è bisogno che lei parli, so benissimo cosa vuole dirmi...

“E' stata la Graziella a farti male?”

Ecco, appunto...

Le sorrido, “no. Vedi, non è facile muoversi con queste catene alle caviglie... inoltre mi perdo nella mia mente... non ricordo neppure di essere caduta.”

A cosa servirebbe dire la verità? Mettere Rose in una posizione di coscienza scomoda; inguaiare il donnone... e peggiorare la mia situazione.

“Devi stare più attenta, sciocca che sei!”

Ha accettato la mia versione, non importa se sa che ho mentito... non importa... è un tacito accordo.

“Pensi che se ci fossimo incontrare fuori da qui... non lo so...” non ricordo bene dove volevo andare a parare, quindi decido che la frase può anche concludersi lì.

“Sono etero, mi piacciono gli uomini...” specifica, come se non conoscessi il significato che, in questo caso -diverso/altro- , regala a questa situazione...

“Va bene.” Annuisco.

“Anche essere gay, va bene.” Mi sorride, fraintendendo le mie parole.

L'assecondo: “grazie.”

 

  
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