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Autore: V a l y    04/02/2020    2 recensioni
Mio caro e vecchio diario di viaggio, testimone di tutte le avventure della ciurma di cappello di paglia, intingerò un'ultima volta la penna d'oca nel calamaio per scrivere quelle che sono certa saranno le ultime righe.
[Future!Fic scritta per la decima edizione del COW-T seguendo la citazione “A volte le cose buone devono finire perché le cose migliori abbiano inizio. Ogni storia ha una fine, ma nella vita ogni fine è sempre un nuovo inizio.”]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo, Johnny, Mugiwara, Nojiko, Yosaku | Coppie: Nami/Zoro
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Diario di bordo del navigatore
4 marzo 1527





La Thousand Sunny scivola silenziosa come una nave fantasma sulle acque calme dell'East Blue. Ora che più della metà dell'equipaggio è andato via, la coperta sembra insopportabilmente quieta e ingombrante. Seduta sullo scanno della mia stanza, impreziosita di tesori di ogni dove, mi accingo a scrivere l'ultima pagina di questo consunto e fitto diario di viaggio.
La nostra avventura è giunta al termine più di un anno fa. La rotta di ritorno, in principio, era un gozzoviglio di feste, alcol, canzoni e risate; i tesori erano così tanti che ci divertivamo sconsideratamente ad indossarli durante i balli, lasciando che il destino e qualche passo più incerto li facessero cadere per sempre in mare. La gioia che aveva invaso la nostra nave aveva in qualche modo interrotto lo scandire del tempo, fin quando i primi due membri dell'equipaggio non la lasciarono.
A Water Seven, Robin e Franky fecero un saluto gioioso e incoraggiante, eppure nessuno riuscì a trattenere le lacrime. Quel giorno, Usop pianse più forte di quando vide bruciare la Going Merry.
Il terzo a lasciarci fu Chopper, quando approdammo sull'isola di Drum. E così, in seguito, Brook ai piedi del promontorio Futago, per raggiungere la balena che lo aspettava due vite prima.
Oltrepassata la Linea Rossa, la nave aveva riportato Sanji da Zeff e, a meno di sei giorni di rotta, Usop al suo paese natale. Ogni qualvolta che un membro della ciurma scendeva dalle scale di corda sullo scafo, un nodo alla gola faceva capolino su tutti quanti. Seguivano sempre degli abbracci sentiti e la promessa che quello non sarebbe stato un addio. Persino il nostro capitano, il ragazzo che ha dato vita ai nostri sogni attraverso il suo, che ci ha accolti senza mai lasciare che il suo sorriso onnipresente venisse deturpato dalla malinconia, si lasciava andare al pianto.
Mio caro e vecchio diario di viaggio, testimone di tutte le avventure della ciurma di cappello di paglia, intingerò un'ultima volta la penna d'oca nel calamaio per scrivere quelle che sono certa saranno le ultime righe. La prossima ad andarmene sarò io, e sono certa che accadrà entro poche ore. Conosco questi mari come le mie tasche, li ho attraversati navigando con piccole e fatiscenti barche di legno, trascorrendoci momenti belli e brutti della mia adolescenza. Saluto per sempre questo diario, con la promessa che ogni volta che sentirò nostalgia di tutto questo mi immergerò nella tua lettura, sorridendo a quella che un tempo era la mia vita, scapestrata e pericolosa, eppure piena e intensa come mai l'avevo avuta. Grazie mille capitano, e grazie a tutti voi, miei più cari amici di viaggio. Non vi dimenticherò.
Ed ora, poso la mia penna.


Nami abbassa le palpebre, raddrizza la schiena e fa un bel sospiro. Con grande sforzo trattiene le lacrime che stavano per pizzicarle gli occhi, riuscendo a fermarle prima ancora che le rigassero il viso, poi si alza e si avvia alla porta. Dopo averla aperta, la luce tiepida di un cielo sereno la inonda, e a seguire lo stridere di uno stormo di gabbiani che volano sopra la nave le pervade le orecchie. È un suono dolce, che conosce fin da bambina, un qualcosa di familiare che riesce a calmarla nonostante l'imminente cambiamento radicale della sua vita.
Nami si avvicina alla balaustra, scorgendo verso nord le colline verdi dell'arcipelago di Konomi, dove si trova casa sua. Poco dopo, uno strano odore di bruciato si insinua nelle narici di Nami. Preoccupata, percorre veloce tutta la coperta fino ad arrivare a poppa, scovando il suo capitano abbrustolire un'orata su di una sbilenca griglia a treppiedi. Il fumo che ne esce è denso e nero, ma il capitano, accovacciato a pochi passi con l'acquolina in bocca, sembra non accorgersene.
“Rufy, che fai lì imbambolato come uno stupido, fai qualcosa!” urla Nami avviandosi di corsa a prendere un secchio d'acqua e legarlo ad una corda annodata al parapetto. Lascia cadere il secchio in mare, mentre il capitano la guarda incuriosito.
“Ehi, Nami!” esclama salutandola con ampie falcate del braccio. “Oggi è proprio una bella giornata per mangiare all'aperto!” soggiunge con un sorriso a trentadue denti.
In tutta risposta, Nami corre verso di lui col secchio in mano e butta l'acqua sopra la griglia, spegnendo la brace. Rufy si mette con disperazione le mani sul viso.
“Namiiii, che cosa hai fattooo?!”
“Ho salvato la Thousand Sunny, ecco cos'ho fatto, stupido!” strilla lei colpendolo sulla testa col secchio ormai vuoto.
Rufy si accascia a terra come un bambino capriccioso, rotolando lateralmente in avanti e indietro. D'improvviso si ferma, guardando Nami con l'espressione avvilita di un cane bastonato. “Da quando non c'è Sanji, non so proprio come fare quando mi viene fame...”
Nami sospira mestamente, accovacciandosi di fronte a lui. Era vero, Sanji era un ottimo cuoco, il migliore che avesse mai trovato. La navigatrice si schiaffeggia il viso per evitare che la tristezza la pervada nuovamente, e si alza energicamente in piedi. “Ok, Rufy, adesso io pulisco questo casino e preparo la griglia. Nel frattempo, vai a pescare qualche altra orata e vedrai che faremo un ottimo piatto di pesce.”
Rufy si alza e si porta una mano tesa alla fronte. “Agli ordini!” esclama correndo a prendere la canna da pesca e le esche, saltando come una scimmia sulla polena della nave. Si mette seduto a gambe incrociate e Nami lo osserva con un sorriso dolce. Le sembra che nulla sia mai cambiato dalla prima volta che avevano intrapreso i viaggi sulla Going Merry. Rufy è rimasto lo stesso ragazzo che, un tempo, si metteva sulla polena a gambe incrociate, a guardare l'orizzonte aiutato con la mano tesa sugli occhi alla ricerca di una nuova isola da esplorare, di una nuova avventura da intraprendere, e ad ogni refolo di vento si reggeva con una mano il cappello di paglia. Accompagnata da quel ricordo dolce, Nami si china sulla griglia e comincia a buttare il pesce carbonizzato e i resti della brace nel secchio con un panno in mano. Alza lo sguardo non appena sente dei passi, trovando a pochi metri Zoro che sbadiglia sonoramente e si gratta la testa; il ragazzo guarda in basso e, dopo qualche secondo di riflessioni, sentenza:
“Rufy, eh?”
Nami sorride ed annuisce. Vede lo spadaccino avvicinarsi a lei ed accovacciarsi per aiutarla, rimanendo piuttosto sorpresa. Normalmente, non avrebbe alzato un dito: sarebbe rimasto seduto a ronfare, appoggiato con la schiena all'albero maestro, e ogni tanto si sarebbe lamentato del chiasso che solevano fare sulla nave durante la colazione. Ma, con molta probabilità, persino Zoro ha avuto la perspicacia di capire che se un tempo potevano accorrere in tanti a sistemare i guai che combinava Rufy, adesso è rimasto solo un membro dell'equipaggio. Nami abbassa lo sguardo, rimirando un pezzo di carbone.
“È stata una fortuna che fossi nei paraggi. Conoscendo la sconsideratezza di Rufy e il tuo sonno pesante, a quest'ora la nave sarebbe già bella che in fiamme,” ironizza guardandolo col suo tradizionale sorriso di scherno. Come si consuetudine, Zoro le rivolge uno sguardo torvo e replica:
“Almeno sarebbe stato un finale epico, anche se piuttosto imbarazzante.”
Nami sorride. Sanno entrambi che le loro frecciatine sono solo di una recita allestita fin dal loro primo incontro, l'inevitabile scontro verbale che avviene con due animi opposti, ma non ci sono mai stati odio o rabbia nelle loro parole.
“Per fortuna le ultime parole scritte sul mio diario non sono state che la nostra nave è andata in fiamme per colpa di un pesce cucinato male,” scherza la rossa.
“Vuoi dire quello?” chiede Zoro indicando il diario poggiato a terra al fianco della navigatrice.
Nami annuisce, prendendolo con cura tra le mani. “Questo diario testimonia tutti i viaggi che abbiamo fatto. Gli scribi mi pagheranno oro per poterne farne delle copie!” esclama estasiata. Zoro la guarda con un sopracciglio alzato.
“Non pensi di essere già abbastanza ricca così?”
Nami gli restituisce un'occhiata oltraggiata. “Non si è mai troppo ricchi nella vita!”
Zoro scuote la testa sospirando, poi rimane a fissare le assi di legno del pavimento. Alza la testa, e l'unico occhio che ancora vede guarda intensamente la ragazza. “Hai scritto tutto su quel diario di viaggio?”
Nami alza lo sguardo sorpresa. Rimane a guardare il suo compagno in silenzio, con le labbra socchiuse, in procinto di dire qualcosa.
“Terraaaaa!” urla Rufy dalla polena. I due si girano in direzione della poppa, trovando oltre il parapetto uno spicchio di terra verde che, a poche centinaia di metri, emerge dalle acque cristalline. Zoro si avvicina alla polena, superando la compagna, e quest'ultima gli guarda la schiena larga, la mano sinistra poggiata sulle tre spade riposte al fianco in un gesto inconscio e automatico che lo accompagna in ogni occasione, anche quando il pericolo non sussiste. Nami serra le labbra e fa un lungo respiro.


La punta dello scafo struscia sulla rena fino ad arrestare ogni movimento della nave. Nami si affaccia dalla balaustra per gettare l'ancora e, con sorpresa, trova l'intero villaggio di Coco ad aspettarla sulla spiaggia.
“Bentornata, Nami!” urlano in coro gli abitanti dell'isola alzando gli striscioni. Nami si porta una mano alla bocca, lasciando stavolta che una lacrima di gioia solchi il suo viso.
“Siete tutti qui! Nojiko, Genzo!” esclama, scendendo con qualche salto dalla nave e correndo ad abbracciarli. Genzo e Nojiko le cingono le spalle, commossi quanto lei, accerchiandola e inalando il familiare odore di mandarino che aveva anche Bellmer.
Nami si scosta da loro per pulirsi le lacrime e sorride a Genzo. La vecchiaia è passata sulla sua pelle, ora più dura e rugosa, e alcuni capelli brizzolati incorniciano le orecchie. I suoi baffi ancora folti si sono ingrigiti.
“È bello vederti di nuovo, piccola peste,” le dice accarezzandole la testa come faceva quand'era una bambina.
Nami gli regala una risata, poi scruta Nojiko, beccandola con le mani attorno alla parte inferiore di un grosso pancione ben nascosto dal vestito largo. Nami la guarda sorpresa.
“Sono successe un po' di cose in tua assenza, sorellina,” racconta Nojiko, “e questa non è l'unica.” Allarga le braccia e da dietro le gambe si affacciano un bambino e una bambina. “Loro sono Ryuji e Bellmer.”
Nami si inginocchia per guardarli meglio, prendendo loro le mani. La bambina, la più grande, avrà circa cinque anni, e il bambino tre.
“E... lui chi è?” chiede guardando la sorella.
“Un marine che ho conosciuto dopo la liberazione da Arlong,” informa Nojiko con un'espressione intenerita che la sorella non le aveva mai visto.
“Come la mamma...” mormora Nami.
“Eeeeeeeehiiii voooi!” strilla Rufy dalla polena sbracciando a destra e a sinistra. “Avete per caso una griglia pronta? Ho pescato tre orate!”
Nami scuote la testa divertita. “Ma insomma, Rufy...”
“Che ne dici di rimanere a cena?” urla Genzo con le mani a cono davanti alla bocca. “Abbiamo allestito un'enorme tavolata e a seguire una bella festa con tanta birra e musica!”
“Puoi contarci!” urla Rufy col pollice all'insù, decidendo come sempre per tutta la ciurma.
“E pensi che tre orate possano sfamare un intero villaggio?!” ironizza a voce alta qualcuno in mezzo alla folla in spiaggia. Rufy e Zoro assottigliano lo sguardo alla ricerca dell'interlocutore, trovandolo seduto su uno scoglio: si tratta di Yosaku che, assieme al fidato Johnny, sventola due reti piene di pesci. “Questo sì che invece è un pasto da re! Niente di più adatto a soddisfare gli appetiti del nuovo Re dei Pirati!”
Il sorriso di Rufy si allarga fino a toccare le orecchie. Allunga il braccio coi poteri del frutto del mare raggiungendo con la mano la punta di un albero, e poco dopo, spingendosi in un unico balzo, si ritrova in mezzo a loro. Zoro sorride e lo raggiunge.
“Wow, che hai fatto alla faccia?! Con quella cicatrice sull'occhio sembri ancora più minaccioso di prima!” esclama Johnny dando delle pacche sulla spalla al vecchio compagno di affari.
Zoro accenna un sorriso misurato. “Non siete cambiati per nulla, vecchie canaglie.”
“Fooooorza, andiamo a preparare da mangiare!” esclama Rufy a braccia tese verso il cielo. Col potere del frutto del mare afferra Zoro e Nami per il colletto, trascinandoli con forza insieme a lui per il sentiero che porta al villaggio di Coco.


La sera è scesa da qualche ora sui tetti di Coco. Una luna a spicchio sovrasta il cielo e illumina il mare calmo oltre le colline di Konomi, accompagnando un leggero vento fresco che arieggia tra le frasche degli alberi. Nonostante ciò, l'ausilio di due falò preparati alle pendici della collina non fa percepire alcun freddo agli abitanti. Poco più in basso, tra le strade acciottolate del paese, ci sono i resti di un'abbondante cena consumata su una lunghissima tavolata di legno. Qualche fiaccola appoggiata sui muri delle case e sugli alberi vivacizza l'ambiente, regalando splendidi giochi di luce che fanno ballare ogni cosa nelle vicinanze. Le sedie che, dapprincipio, erano state usate per mangiare attorno al tavolo, sono adesso disposte vicino ai due falò, sparse in maniera disordinata. Sopra tre di esse, in semicerchio, ci sono i musicisti che intonano un motivetto allegro che accompagna una danza frenetica e vivace.
Rufy, seduto su un enorme botte straripante di birra, batte ridendo le mani a tempo mantenendo un boccale pieno, facendone cadere alcune gocce sui vestiti e a terra. Nojiko balla con la figlia, mentre l'altro piccolo giace addormentato tra le braccia di Genzo, impassibile alle urla assordanti che lo circondano. Infine, Nami danza assieme ad altri paesani seguendo i passi di un ballo popolare del posto. Ogni tanto sbaglia alcune movenze, invasa dall'allegria dell'alcol, e recupera prendendo le mani di qualcuno per improvvisare una danza veloce. È quando si trova a ballare con Yosaku, il quale le alza la mano per farle fare delle piroette, che al terzo giro inciampa e cade in avanti, dove per fortuna trova il tronco di un albero su cui reggersi. Ride, presa dall'euforia, e guarda oltre il falò.
Le risa si affievoliscono e lo sguardo diventa cauto non appena intercetta per caso la figura di Zoro, appoggiato in piedi sulla parete di una casa a gambe e braccia incrociate. Un focolare vicino a lui gli illumina l'occhio sano, rendendogli lo sguardo infuocato. La sta guardando, lo stesso sguardo con cui la scrutava mesi prima durante un'altra festa allestita sul ponte della Thousand Sunny.

***


Brook suonava col violino una melodia svelta e batteva i piedi a tempo. Usop e Rufy facevano capriole e verticali sul tavolo, gareggiando su chi riusciva a rimanere più in equilibrio. Chopper rideva più del consueto battendo gli zoccoletti, e il rossore che traspariva da sotto la folta peluria marrone faceva intuire che probabilmente era il più colto di tutti dai fumi dell'alcol. Franky compiva strane mosse robotiche in mezzo a tutti, probabilmente simulando una specie di ballo, e poco distante da lui Robin e Nami facevano una serie di giravolte mantenendosi per le mani.
Sanji era uscito dalla cambusa con in mano una bottiglia di champagne. “Alla ciurma di cappello di paglia!” esclamò alzandola al cielo. “La seconda al mondo che sia mai riuscita a raggiungere lo One Piece!”
A quelle parole, aprì il tappo che volò via nel mare, e la canna della bottiglia cominciò a schiumare. L'intera comitiva applaudì e urlò di gioia. Persino Zoro si avvicinò al gruppo col bicchiere in mano pronto a riempirlo, ridendo e scherzando con tutti.
Quella sera, lo spadaccino era così su di giri che partecipò addirittura ai balli, cosa che non si era mai concesso in tutti quegli anni. Nel chiasso della musica e delle risate, quando tutti si trovavano con lui a danzare, vide Nami girare su se stessa vicino ad Usop. Le tese la mano, che lei afferrò al volo, ma nel farlo vacillò e gli si buttò addosso. La stazza e i riflessi di Zoro, nonostante i sensi intontiti dall'alcol, furono sufficienti a reggerla senza cadere all'indietro. La rossa rise sonoramente, nascondendo il viso tra le clavicole del ragazzo.
“Stavo per fare un bel capitombolo!” scherzò non riuscendo a smettere di ridere.
“Era da anni che sognavo che succedesse,” disse Zoro con la voce strascicata.
“Che cadessi come una pera cotta?!” chiese interdetta con la voce ebbra, fingendosi offesa.
Lo spadaccino ridacchiò senza dire nulla, poi si fece scappare un sorriso nascosto dallo sguardo di lei. Le cinse le spalle con più veemenza ed affondò il viso tra i suoi capelli. Rendendosi conto di ciò che stava facendo, Zoro si scostò da lei, tenendola per le spalle per guardarla negli occhi, sperando di trovarla distratta o troppo allegra per aver colto l'allusione, ma quando la vide frastornata capì di essersi cacciato in un guaio che era riuscito con tutto se stesso a scampare per tanti anni. Si allontanò di un passo.
“Mi gira la testa, perciò è meglio se vado a sedermi,” le disse, ed in effetti era una mezza verità dato che nel voltarsi incespicò leggermente. Nami lo seguì con lo sguardo fin quando non lo vide sedersi vicino a una botte vuota.
In principio, Zoro evitava di posare lo sguardo sulla navigatrice, ma, dopo una mezz'ora in cui era riuscito ad assimilare un po' la sbronza, non tardò a cercarla, trovandola in mezzo alla comitiva. Anche lei si accorse di essere osservata, e ogni tanto lanciava occhiate a metà tra l'incuriosito e il confuso. Zoro la vide ballare con Sanji e, per la prima volta, invidiò il modo di essere di quel cuoco da strapazzi dongiovanni, così sicuro di sé e lusinghiero col gentil sesso. Se Zoro fosse stato un po' meno burbero, magari un po' più simile a lui, forse a quest'ora non avrebbe aspettato tutto questo tempo per farle capire quel che provava per lei, e magari sarebbe stato più bravo a dirglielo, a farle sapere che ogni suo gesto, ogni parola, ogni espressione, persino quelle più dure che assumeva quando lo rimproverava, lo facevano impazzire come nessun'altra era mai riuscita.
Alzò lo sguardo di nuovo su di lei, e la beccò a guardarlo e sorridergli. Il cuore di Zoro perse un battito. Rispose al sorriso con uno genuino e sincero, come poche volte era successo nella sua vita.
Quando l'alba cominciò a schiarire l'orizzonte tingendo di rosa le nuvole, la musica e le risate si affievolirono fin quando non ci fu che il respiro pesante dell'equipaggio abbandonato nel sonno. Zoro, adesso completamente sobrio, si diresse a prua e si lavò con l'acqua del catino in ferro, asciugandosi malamente con il manico largo della giacca. Quando si girò, scorse Nami in piedi, a qualche metro da lui, che indugiava – un atteggiamento così discordante dalla sua personalità impavida e autoritaria. Dopo un po' che rimasero a quel modo, fu lui il primo a parlare:
“Che ci fai qui?” le chiese perentorio. Quel tono di voce così schivo e duro la fece risentire.
“Per quel che ne so, la coperta della nave è un luogo comune, quindi non mi pare il caso di aggredirmi a questo modo!”
Zoro si maledisse per lo stupido atteggiamento sulla difensiva che aveva ogni volta che lei si trovava anche solo casualmente vicina a lui. E sapeva che stavolta non era un caso. Non voleva rovinare tutto come sempre, non voleva buttar via l'ennesima occasione; si prese coraggio e, dopo averla raggiunta a grandi e veloci falcate, le prese il viso e la baciò. Nami si abbandonò a quel bacio inaspettato, sentito, e gli cinse il collo avvicinando il corpo al suo. Ciò gli scaturì una reazione fisiologica inevitabile ed immediata. Si strinse a lei ancor di più e la schiacciò sulla parete di legno, percependo i seni contro il suo torace, il respiro affannoso che si faceva sempre più pesante. La navigatrice si abbassò l'intimo, lo spadaccino si slacciò la stoffa color porpora che gli chiudeva l'indumento. Alzò la ragazza da terra ed entrò in lei. Nami si strinse a lui, reggendosi sulle sue spalle, sentendosi inondare da un piacere che non provava da tantissimo tempo. Cercò di soffocare i gemiti e fare più silenzio possibile mentre lui muoveva il bacino. Da lì a poco, lei fu colta da un orgasmo e lui la seguì poco dopo.
Si accasciarono a terra, Nami ancora appoggiata sulla parete con la schiena, Zoro addossato su di lei pervaso dallo strano timore di guardarla negli occhi. Fu Nami a posare una mano sulla guancia di lui per poterlo guardare. Aveva vissuto tante avventure con la ciurma di cappello di paglia, visto cose inimmaginabili per la maggior parte delle persone, abituandosi alle meravigliose stranezze che avrebbe incontrato per la strada, e nonostante ciò si emozionò come al primo viaggio sulla Going Merry quando comprese ciò che avevano appena fatto. Gli sorrise, e lui aprì la bocca per dire qualcosa. Poi la chiuse, serrando le labbra.
“Non sono bravo con le parole,” ammise. Nami fece una risatina.
“Lo so,” gli disse, “ma lo capisco dallo sguardo.”
Zoro sorrise e le accarezzò il mento col pollice.
Rimasero per un po' a quel modo, nel silenzio rotto dallo sciabordare della nave e con lo sguardo immerso in quello dell'altro.


Le sere erano scandite da interminabili festeggiamenti. Cominciavano sempre con Brook che rompeva il chiacchiericcio della ciurma con la sua musica, Sanji che apriva i liquori, Zoro che assieme a Franky trascinava le botti ricolme di birra giù per le scale in poppa. E quando l'alba sentenziava la fine dei balli e stimolava il riposo di tutti, Zoro e Nami sgattaiolavano dal gruppo per vedersi alla prua e fare l'amore.
Se all'inizio Zoro faticava a trovare le parole, man mano diventava più sciolto, e dopo poche settimane le raccontò del giorno in cui aveva capito di volerla; e così anche Nami ammise ciò che per orgoglio e caparbia non riusciva a dire da tempo.
Fu il periodo più bello che trascorsero sulla nave.


Ma la sera dopo lo sbarco da Water Seven, in mancanza dei primi due membri dell'equipaggio, si percepiva un'aria malinconica. Per quanto l'alcol traboccasse e la musica di Brook fosse comunque piacevole, i balli si smorzavano in meno di mezz'ora.
Quella notte, mentre Zoro aspettava Nami a prua, vide la consueta alba tingere di rosa il cielo, poi il mattino invadere con la sua luce prepotente la nave, facendo scricchiolare col suo calore il legno con cui era rivestita.
Quando capì che la navigatrice non sarebbe venuta, si alzò per raggiungere la sua amaca e, giunto in coperta, vide Nami uscire dalla propria cabina. Gli riservò un'occhiata fredda e si diresse al timone senza dire una parola. Lo spadaccino la seguì con lo sguardo per tutto il tragitto. Corrugò le sopracciglia e, dopo un minuto in cui si perse a osservare il mare, andò a dormire.


***


Al villaggio di Coco, adesso che ognuno si è ritirato alle proprie case, regna un silenzio innaturale, rotto ogni tanto dallo sciabordare delle onde sugli scogli e dallo scoppiettio dei focolari ancora accesi.
Nami è seduta di fronte alla croce di legno sotto il quale riposa Bellmer. La girandola di Genzo è ancora conficcata nella terra. Sente dei passi; sa di chi si sono, ne riconosce l'andatura misurata e silenziosa. Si stringe nelle spalle, rimanendo con il capo chino in avanti.
Zoro rimane a fissarle la schiena per un po', unendosi nel suo lutto con un rispettoso silenzio.
“Zoro...” mormora Nami. Lui fa un passo in avanti, dischiude le labbra per proferire qualcosa, ma di nuovo le parole rimangono bloccate nella gola. La certezza che quella sarà l'ultima occasione di poterle parlare lo sprona a farsi coraggio.
“Perché ad un tratto hai smesso di venire a prua?” chiede simulando un distacco studiato e ostentato. Nami comincia a singhiozzare, così Zoro, spinto da una reazione spontanea, si avvicina a lei.
“No,” dice Nami con voce dura, ma che non riesce a nascondere del timore. “Ti prego, non farlo.”
Zoro obbedisce, rimanendo in silenzio per un po'. “È perché ti sei resa conto che sono solo un amico? O forse era solo un gioco?”
Nami si volta a guardarlo, e nel farlo, mettendosi a nudo, non riesce più a trattenere le lacrime.
“Pensi davvero che fosse questo il motivo?” risponde con un tono che somiglia a quello di un rimprovero. “La verità...” spiega Nami, e si prende una pausa per ritrovare il respiro giusto ed asciugarsi le lacrime, “è che quando ho cominciato questo viaggio assieme a te e Rufy sembrava non finire mai. Persino quando abbiamo raggiunto la meta era una festa continua, un divertimento dietro l'altro, fin quando Robin e Franky non sono scesi dalla nave. E allora ho capito che tutto sarebbe finito, che l'equipaggio sarebbe tornato alla vita di un tempo, compresi me e te.”
Zoro l'ascolta in silenzio, senza muovere un muscolo.
“E così... ho deciso di allontanarmi da te, per non rimanerne ferita.”
“Allora perché piangi?” chiede Zoro. Nami, presa in contropiede, lo guarda smarrita. In realtà, sa bene il perché, ma non riesce ad ammetterlo.
Lo spadaccino si inginocchia davanti a lei e le alza il viso prendendola goffamente per il mento.
“Ti amo,” le dice, e lei comincia di nuovo a piangere, si getta tra le sue braccia, liberando tutte le sue lacrime. Zoro la stringe a sé, e lei si aggrappa alla sua schiena.
“Solo questa volta,” mormora Nami con il viso nascosto tra le pieghe della giacca di lui, “voglio stare con te come facevamo un tempo.”
Zoro la prende di nuovo per il mento e la bacia, in quel modo rude e un po' impacciato che lei riconduce alla sua personalità schiva. Lo spadaccino si sdraia su di lei entrandole dentro, e come un tempo, accompagnati dal sorgere del sole, si abbandonano più di una volta alle loro passioni.


I raggi del sole gli pizzicano l'occhio chiuso. Alza leggermente la palpebra, infastidito dalla luce mattutina, e si alza col busto. Seduto sull'erba umida si gira per cercare Nami al fianco destro, ma non la trova. Corruga la fronte e si mette in piedi, avviandosi verso il paese.
Scorge Rufy seduto su una staccionata a gambe ciondoloni, ma la cosa che lo preoccupa è trovare il suo capello di paglia abbandonato con noncuranza a terra.
Gli corre incontro, notando che ha un foglio tra le mani. Quando il capitano si accorge dell'arrivo dello spadaccino, accenna un sorriso e gli porge il foglio. Ha gli occhi arrossati, ma Zoro non sa dire se sia perché ha pianto o per i postumi della notte precedente.
Apre il foglio, trovandoci un messaggio:

Cari compagni di avventure,
mi spiace avervi lasciato con solo questa lettera, ma non voglio che il mio ultimo ricordo di voi sia un addio tra le lacrime. A questo modo, nel mio cuore, custodirò quelli che sono stati gli ultimi, veri momenti di gioia e amore che ho passato con voi.
Sono partita con una barca e vorrei che non mi cercaste, ma che salpaste per continuare il viaggio verso le vostre vite. Che il destino possa farci ritrovare, un giorno o l'altro.

Nami

***


L'estate è arrivata all'apice dei suoi giorni. Nami si asciuga la fronte imperlata di sudore e stende il lenzuolo sulla corda vicino alla piantagione di mandarini. Toccarne il tessuto bagnato, riparata sotto la sua ombra danzante, regala un dolce rifugio dalla calura insopportabile. Dopo aver messo l'ultimo panno, la ragazza afferra il cesto di vimini vuoto e si appresta a scendere in paese.
Nei pressi della piazza principale nota la piccola Bellmer correrle incontro.
“Zia Nami!” scalpita la bambina, “c'è un tipo strano che si aggira per il paese!”
La rossa alza un sopracciglio divertita. “È la tua nuova scusa per non dover andare a scuola?”
“Non è una bugia!” dice risentita e la prende per mano per trascinarla con sé. Nami la segue e vede un ragazzo in abiti comuni girato di schiena che si gratta la testa mentre discute animatamente con un paesano.
“È quello lì! Continua a chiedere indicazioni e a passare avanti e indietro nello stesso punto!” esclama Bellmer.
Nami si porta una mano alla bocca e sorride.
Spinto da un istinto naturale, lo sconosciuto si volta facendo tintinnare i tre orecchini. Quando vede la ragazza le ricambia il sorriso, ed ogni parola diventa superflua.
  
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