Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: Hoshi_10000    06/02/2020    1 recensioni
Ogni scelta ha un prezzo, questo chiunque lo sa, ma quale può essere il prezzo per vivere nel segreto? Quali saranno le condizioni per continuare a vivere normalmente, quando un imprevisto entra nella tua vita? E Sinbad e Ja’far saranno pronti a pagare il prezzo delle loro decisioni?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Judal, Sinbad
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Una strenua resistenza

 



Aveva sempre ritenuto svegliarsi alle prime luci dell’alba “brutto”, ma decisamente, si ritrovò a constatare, non addormentarsi proprio era peggio. Molto peggio.
E non gli era nemmeno mai piaciuto essere stracarico di cose da fare, ma non avere proprio uno scopo era peggio.
Si asciugò le lacrime con una mano, controllando il proprio riflesso allo specchio: era pallido, con gli occhi rossi, aveva la gola secchissima e una sete tremenda, motivo per cui si piegò attaccando le labbra al rubinetto e bevendo, per poi accendere una doccia e sistemarsi.
Perché, si ripromise, non avrebbe passato un solo altro istante senza Robin. Forse non era suo figlio, possibile, ma lui, lui era sua madre.
E non c’è cosa più sbagliata di provocare una madre.
 
 


Quando uscì di casa non erano neanche le sei, ma incurante del pancione Judal marciava verso la camera temporanea di Ja’far e Sinbad, con i capelli raccolti nella consueta treccia ed i vestiti, scomodi ma indicativi di battaglia, di quando era arrivato a Sindria.
Bussò con decisione e quasi con ferocia, avvertendo i mugolii di Sinbad, ragione per cui aumentò la forza dei colpi, ed in un attimo la porta si aprì.
Ignorò bellamente Sinbad che sbadigliava, evidentemente svegliato dal suo bussare, e l’asciugamano che gli cingeva i fianchi, suo unico indumento, puntandogli un dito al petto e cominciando ad accusarlo.
-Si può sapere dov’eri ieri?-
Sinbad lo guardò con cipiglio che voleva-essere-incazzoso-ma-era-troppo-stanco-per-esserlo-davvero -Ho avuto da fare.- replicò trattenendo uno sbadiglio, e Judal non potè che inarcare un sopracciglio scettico e storcere le labbra.
-Oh lo vedo.- rispose alludendo alla stanza, che sembrava aver ospitato un ciclone tant’era a soqquadro. -Senti,- disse con un sospiro, pentito della sua ultima uscita: cosa si poteva aspettare da un alpha e un’omega in calore? Lui mica sarebbe stato tanto meglio. -Andrò dritto al punto: dì a Pisti e agli altri di piantarla.-
-Piantarla di fare cosa?- chiese Sinbad, sinceramente confuso.
-Tanto per iniziare, due giorni fa sono venuti a farmi storie per Koumei,- disse alzando una mano a bloccare qualsiasi possibile obiezioni di Sinbad: non era lì per discutere, era lì per ottenere -e abbiamo litigato. Mi hanno tolto il saluto e mi evitano come la pesti, e questo passi, almeno non mi fanno i dispetti come quando ero arrivato. MA- disse alzando il tono di un’ottava per mettere ben in evidenza la cosa -ieri c’è stato un problema con Robin E- continuò sempre bloccando qualsiasi possibile intervento -solo perché Koumei ha dato una mano ora Pisti mi ha portato via Robin. Quindi, per favore, fammi il piacere di chiarirle, visto che non mi lascia avvicinare, che l’essere alta come una bambina di dieci anni non le da il diritto di comportarsi come tale, e di smettere di fomentare gli altri.-
-Cos’hai fatto?- chiese Sinbad, abbandonando il tono stanco ed assumendo un’aria dura e ostile.
-Io.Non.Ho.Fatto.Niente.- sillabò -Ma Robin piangeva da mezz’ora, non c’era modo di farlo smettere, nessuno sapeva cosa fare, e dato che Koumei ha individuato il problema per primo e non aveva intenzione di nuocere a Robin sì, ho lasciato che desse una mano. E per aver aiutato si è ritrovato schiacciato contro un muro da Masrur!-
Sinbad lo guardò freddo -E con ciò?-
-“E con ciò?”- gli fece il verso, stralunato.
-Ma ti rendi conto del pericolo a cui hai esposto Robin?-
-Non era in pericolo!- urlò esasperato -Credi davvero che metterei mai Robin in pericolo? Ci tengo a lui, nel caso non te lo ricordassi, io l’ho letteralmente visto nascere! Come puoi credere che-
Un’ombra catalizzò la sua attenzione, e fu un bene perché se non l’avesse vista e non si fosse spostato immediatamente probabilmente Ja’far lo avrebbe fatto cadere, e per un gestante cadere non era mai un bene.
-Ja’far, senti ieri- cominciò incurante della tentata aggressione, quasi che non l’avesse notata, ma questo non bastò a far dimenticare la cosa a Ja’far, che gli risaltò prontamente addosso.
-Ja’far ma cosa diamine- chiese con tono allarmato, retrocedendo all’interno della camera, guardando il compagno, con i capelli bianchi sporchi e scompigliati, che completamente nudo si aggirava con ferocia per la stanza, senza nemmeno i coltelli da lancio assicurati ai polsi, le pupille talmente dilatate che non si vedeva il colore dell’iride.
E non di meno pareva avercela a morte con lui.
-Ti avevo detto che diventava solo istinto. Non serve che gli parli, capisce ben poco di quello che gli dici e raramente agisce di conseguenza. Vattene fuori di qui, e non ci tornare, direi che il responso e chiaro: Ja’far non ti vuole qui, ed al momento neanch’io.-
Judal lo guardò, alzando il capo in aria di sfida, ergendo un borg attorno a sé, cosa divenuta piuttosto abituale di quei tempi, ed uscì dalla camera sibilando un seccato “come vi pare”.
 

 

Il bello di fare le cose per qualcuno è che non hai bisogno di sentirti dire grazie. Dai per scontato che in qualche modo la persona per cui lavori riconosca il tuo impegno e ne tenga conto, e così lavorare per qualcuno per lui era sempre stato bello.
O meglio, i primi tempi lavorare per la Al Sarmen lo era stato, e così gli era piaciuto pure lavorare per Ja’far e Sinbad, occupandosi di Robin, ma quel tempo pareva essere finito. E la cosa non gli andava giù.
Nel corso della notte Dracoon e Hinahoho erano passati per il suo appartamento, prendendo le cose di Robin e portandole via.  Non aveva mosso un muscolo. Ma ora intendeva andare a riprendersi il bambino.
Le camere dei generali erano tutte vicine fra loro, e a breve distanza da quella un tempo di Sinbad, per cui caricando come un toro si diresse verso il minuscolo appartamento di Pisti, e arrivato in prossimità si fermò.
Oh, non che gli mancasse il coraggio quello proprio no, ma un pianto, il pianto di Robin, lo fece bloccare in mezzo al corridoio. Perché anche nei pianti ci sono delle sfumature, e quella era la peggiore che avesse mai sentito.
-Non capisco, non sono nemmeno le coliche, oggi piange e basta!- aveva un buon udito, lo aveva sempre avuto, e sentì perfettamente, pur sotto il pianto di Robin, le parole di Spaltos.
-Ma ha dormito un po’?-
-Sì Yamuraiha, te lo assicuro. Poi all’alba si è svegliato per la fame: gli abbiamo dato il latte, l’ambiamo cambiato e l’abbiamo rimesso a letto, e un ora dopo BAM, è partito a piangere peggio di una sirena!-
-Siete proprio convinti che non siano le coliche?-
-Siiiiiiiiiiii, abbiamo provato a manipolare il magoi come aveva fatto quel fottuto principe ieri sera ma non è servito a nulla.-
-A questo punto chiamiamo un medico.- vide la maniglia abbassarsi e stupidamente si nascose dietro la porta.
-Avete provato a darlo alla madre?- la maniglia si rialzò.
-È in calore, non lo riconoscerebbe e anzi è pure possibile che lo attacchi.-
-Non sto parlando della madre biologica, se davvero non riconosce Ja’far come madre tanto vale.-
Ci fu un secondo di pausa, in cui Judal trattenne il fiato.
Non sapeva quale fosse la causa del pianto, ed era dispiaciuto per Robin, ma una piccola parte di lui, quella abbietta e meschina, sperava che funzionasse. Forse non sarebbe servito a nulla, ma chissà, forse anche sì. Pregò ardentemente che le parole di Myron facessero effetto, perché solo un’estranea-ma-non-troppo al gruppo poteva averle pronunciate, e forse visto che era la fidanzata di Masrur le avrebbero dato ascolto.
Attaccò l’orecchio alla porta, per sentire meglio, e sentì chiaramente il -Mai.- sibilato da Pisti.
Furibondo marciò al piano superiore, in quello che ancora ostinatamente definiva anche il suo appartamento, prendendo una maglietta e tornando giù furibondo: nulla era cambiato, nonostante fossero trascorsi almeno una decina di minuti.
Non si curò di una cosa come bussare, praticamente spalancò la porta, buttando addosso a Pisti la maglietta che fino a poco prima aveva indossato.
-Credevo avessi un cervello ed un cuore, credevo lo aveste tutti, invece avete solo un sacco di orgoglio. Andate a farvi fottere.- si allontanò prima che chiunque di loro potesse replicare, udendo il pianto di Robin acquietarsi velocemente, e per quanto non poteva averne la certezza, rimase convinto della sua tesi.
La mamma è la mamma, e dal punto di vista di Robin, quella maglietta magari non ne aveva il calore, però c’era sopra perlomeno l’odore.
Da due mamme a zero, hai fatto proprio un bell’affare, Pisti.
 
 

 
Quando anni addietro Kougyoku era andata da lui dicendo di sentirsi in gabbia e compagnia bella, pur non comprendendola appieno aveva cercato di aiutarla.
Ora, ad anni di distanza, comprendeva perfettamente cosa volesse dire sentirsi in gabbia.
Era corso al mare, in barba al fatto che per un gestante correre fosse severamente vietato, e si era arrampicato sulla scogliera, iniziando a urlare verso il mare, la voce coperta dal vento, lanciando incantesimi casuali contro il mare, spaventando fra l’altro un mostro marino metà murena e metà pesce.
Il suo antistress divenne attaccare l’acqua in prossimità della coda del mostro perché questo si allontanasse dall’isola: il mostro probabilmente non lo capiva, ma gli stava salvando la vita.
Anche quando il mostro se ne fu andato continuò ad attaccare l’acqua per quelle che gli parvero ore, fin quando le ginocchia non minacciarono di cedere e la gola iniziò a fargli male.
Si sdraiò sulla nuda roccia indifferente alla durezza della stessa, massaggiandosi il polso che aveva agitato per lanciare incantesimi e guardando la vastità dell’infinto cielo azzurro.
Quando anni addietro aveva viaggiato con Hakuei lei gli aveva insegnato a giocare con le nuvole. “Guarda,” gli diceva, indicando il cielo con un dito mentre cavalcavano nelle lande desolate “quella nuvola non ti sembra una balena? Quella invece pare una lumaca, e quella un cane che abbaia.”
Quando viaggiava con lei alla fine la ragazza riusciva sempre a fargli vedere cose che non c’erano, grazie al suo carattere oltremodo dolce e conciliante, e invece ora che era solo, pur essendo il cielo pieno di chiare nuvole bianche come la panna, non riusciva a vedere nulla.
Non una palla, non un lombrico, nemmeno le cose più semplici.
Sentì dei passi alle sue spalli. Passi per nulla affaticati dalle lunghe rampe di scale, almeno tre persone, anche piuttosto gioviali. Di certo non erano i generali, forse qualche cittadino che voleva fare una passeggiata, pensò, non curandosene e chiudendo gli occhi, occupando tutto le spazio che gli era possibile, aprendo braccia e gambe come se fosse una stella marina.
Non si aspettava certo che qualcuno andasse a sedersi accanto a lui, scuotendogli una spalla.
-Judal, tutto bene?-
Aprì un occhio girando il capo alla sua destra -Kikiriku? Cosa ci fai qui?-
Il giovane Imuchack sorrise. -Siamo venuti a cercarti. È da due giorni che papà è furibondo: ci ha vietato di avvicinarci a palazzo, borbotta sempre qualcosa, e oggi ci ha detto che potrebbe capitarci di doverci occupare di Robin per una notte.-
-E quando gli abbiamo chiesto cosa ti fosse successo per cedere Robin così l’ha presa molto male, dicendoci che Robin per noi deve essere una sorta di cugino e che non vuole sentire storie.-
Poggiò le mani sulla roccia nel tentativo di alzarsi, e gentilmente Kikiriku gli diede una mano, mentre Yuyuko e Naname si spostarono sedendosi composte alla sua sinistra e Sasanato* restava timidamente semi nascosto dietro le spalle di Kikiriku.
-Eravamo un po’ spaventati, così abbiamo chiesto a Saher- spiegò Yuyuko, sorridendo allo sguardo perplesso di Judal: sapeva di conoscerla ma aveva un attimo di vuoto -È la moglie di Dracoon, si tiene ben a distanza dai riflettori, ma sa comunque sempre tutto ciò che accade a Sindria. Quando Ja’far se ne va per periodi più lunghi di due settimane è lei che si occupa di tutto.-
-Comunque, per fartela breve, ci ha raccontato dell’arrivo di Koumei e del litigio.- concluse Naname, e Judal spostò lo sguardo su Kikiriku.
-E a voi sta bene?- domandò.
-In che senso scusa?- chiese il ragazzo guardandolo sorridente, facendo aggrovigliare lo stomaco a Judal per il senso di colpa.
-Quando hanno attaccato a gennaio anche voi siete stati coinvolti nell’attacco: vi sta davvero bene che Koumei stia qui?-
Le due ragazze si mossero lievemente a disagio alle sue spalle, mentre Kikiriku scosse il capo, guardando il cielo in lontananza, sereno.
-Anni fa tu eri un alleato di Partevia, quando era nata la prima Sindria. Non credo tu lo sappia, ma nostra madre è morta in quella guerra. Sono l’unico che la ricorda, anche se solo il suo volto e la sua voce. Era una brava madre. Ma è andata così, è morta in guerra per difenderci, e indubbiamente tu sei in parte colpevole della sua morte, però non ti odio.- staccò lo sguardo dal cielo, riportandolo su Judal -Non ti conoscevo al tempo, non so perché tu lo abbia fatto, e molti direbbero che ho tutto il diritto di odiarti, ma non avrebbe senso. Mamma era una persona molto saggia, lo dicono sempre tutti, e probabilmente se fosse qui ci direbbe di valutare le persone per come sono nel presente, e non per ciò che hanno fatto.-
-Tu sei carino con noi.- disse timidamente Naname, sembrando solo una bambina di dieci anni rinchiusa in un corpo troppo grosso per la sua età.
-A Natale hai giocato con noi quando nessuno era disposto a farlo e non ci tratti come se fossimo solo dei bambini. E poi sei una buona mamma per Robin.- riprese Yuyuko, e Sasanato annuì.
-Grazie.- disse sorridendo e stendendosi di nuovo, mentre i quattro fratelli sorrisero.
-Prego-
Restarono in silenzio per un po’.
-Vuoi parlarne?- chiese Kikiriku, guardandolo premuroso, mentre Naname e Yuyuko guardavano il mare con le testa appoggiate l’una all’altra e Sasanato si era spostato per fare  una treccia alle sorelle.
Scrollò il capo, guardando quei ragazzi con affetto e Kikiriku gli appoggiò una mano sul braccio -Va bene.-
Alle volte non servivano le parole, quelle spesso erano più utili per litigare che per fare pace. Per stare bene con qualcuno erano molto più importanti i gesti, e alle volte era addirittura sufficiente la semplice compagnia fisica.
 


 
Alla fine era talmente stanco per la notte in bianco che si era addormentato sulle rocce, e Kikiriku era rimasto lì con lui fino a sera, ad assicurarsi che non gli capitasse nulla. Diavolo, a 13 anni quel ragazzino era più maturo di molti adulti, era veramente ammirevole.
Quando si era risvegliato era sera, aveva saltato non solo la colazione ma anche il pranzo quel giorno, ed era a dir poco nero di fare. Erano scesi dalle mura, ritrovandosi così in prossimità dei frutteti, e Kikiriku aveva colto un paio di frutti da un albero per passarglieli, sotto lo sguardo del proprietario del campo. Aveva pagato di tasca sua per qualcosa che non era destinato a lui. Quel ragazzo sarebbe diventato davvero molto popolare.
Lo aveva riaccompagnato fino alle prossimità del palazzo ed era tornato indietro.
Era praticamente il principe azzurro, solo che era ancor più alto di quanto tutte le bambine sognavano e aveva i capelli turchini anziché biondi.
Si rigirò nel letto. Era piena notte ormai, ma non riusciva a dormire. Per quanto fosse stanco, proprio non ce la faceva: come i bambini dopo un incubo, non era più capace di dormire da solo.
Sospirò, stropicciandosi gli occhi, e si alzò. Ravanò un po’ nell’armadio fino a quando non trovò un lungo accappatoio bianco, che Sinbad usava durante l’inverno, e se lo mise. Era un pelino lungo, ma in compenso si allacciava molto bene sulla pancia, che era la cosa più importante.
Con passo silenzioso lasciò l'appartamento, mettendosi le scale in tasca e facendo, per l'ennesima volta, quelle maledettissime scale.
Aveva voglia di compagnia, e visto che i generali erano determinati a tenerlo a distanza sarebbe andato altrove.
-Non può passare.- ebbe però il coraggio di rispondergli Vittel, che evidentemente doveva avere il turno serale per tutta la settimana, e Judal lo guardò, freddo.
-Non posso?- chiese guardando scettico la guardia, che spostò lo sguardo sul compagno di turno, un uomo che onestamente non conosceva.
-Pisti ha detto di non far passare nessuno.- disse in sua difesa, rinunciando ad ottenere qualsivoglia tipo di sostegno dal suo compagno.
Gli scappò una risata, bassa di scherno, poi si ricompose. -Bene, permettimi però di farti una domanda: ti sembra sensato ciò che stai facendo? E dimmi, ritieni che l'uomo che stai sorvegliando sia un pericoloso criminale? Se sì, perché non l'hai messo in cella, se no, perché non posso vederlo? E per finire- disse vedendo il soldato che ancora esitava -a chi faresti ascolto, al compagno del tuo re o ad un generale?
Ignorando la protesta del novellino accanto a lui Vittel abbassò la lancia con cui gli aveva precedentemente sbarrato la strada, aprendogli la porta.
A stare con lo zoppo si impara a zoppicare, ed allo stesso modo a furia di stare con dei bastardi manipolatori si impara a manipolare.


 
 
La guardia chiuse la porta alle sue spalle, non volendo comunque sbandierare la propria insubordinazione agli ordini di un generale, e Judal non gliene fece una colpa, fermandosi giusto un attimo per abituare gli occhi alla poca luce che entrava nella stanza da una finestra coperta da pesanti tende. Tendendo l’orecchio individuò il letto su cui Koumei dormiva, respirando regolarmente e dandogli le spalle.
Gli si avvicinò cautamente, controllando che sul pavimento non ci fosse nulla che potesse farlo inciampare, e arrivato accanto a lui si piegò, non senza qualche difficoltà, andando a scrollare il principe.
-Cosa vuoi?- chiese il principe nel momento in cui il magi gli sfiorò una spalla. Figurarsi se dormiva, quell’imbroglione.
Allontanò la mano, senza aprire bocca, e Koumei si rigirò, appoggiando un gomito al materasso e sollevando il busto.
Lo guardò inquisitorio e silenzioso per un po’, per poi sbuffare con una traccia di divertimento.
-Un tempo facevi così quando volevi fare sesso. Venivi in camera mia, mi sfioravi una spalla e ti arrampicavi sul mio letto.- guardava il soffitto, pensieroso e distante. -Adesso cosa vuoi?- chiese abbassando lo sguardo, fissandolo freddo e seccato.
Appoggiò le mani sul materasso, sedendosi sul bordo del letto, mentre Koumei spostò le gambe per fargli spazio.
-Volevo solo parlare.-
-Se io non volessi?- chiese il principe reclinando il capo, e lasciando che i capelli cremisi gli scivolassero sulle spalle.
-Mei…- sospirò Judal, scuotendo il capo.
-Non provarci, questa volta non attacca.- replicò lasciando che Judal continuasse a parlare con la sua gola più che con lui.
-Mi dispiace-
-Oh ti dispiace? E per cosa?- chiese con cattiveria, guardandolo senza minimamente tentare di nascondere la rabbia e l’offesa.
-Per ciò che stai passando.- rispose, prevendo l’imminente aumento della rabbia di Koumei.
-Non mi cambia nulla che ti dispiaccia. Per quanto possa dispiacerti resto un prigioniero: non ho fatto nulla, ma solo per il fatto di essere legato ad eventi spiacevoli vengo segregato e maltrattato.-
-Koumei, mi dispiace, ho provato a parlarne con Sinbad ma-
-Ma non ti ha dato ascolto, già.- sospirò, stropicciandosi gli occhi -Lascia perdere,- disse il principe con un sospiro, abbandonando la rabbia che lo animava -ti perdono, tornatene in camera tua e fammi dormire.-
-Tu non stavi dormendo.- osservò Judal, a cui Koumei replicò prontamente -Prima che tu arrivassi dormivo.-.
-Menti.-
-Sì, in effetti sì.-
Sorrise. Generalmente era una persona molto seria, ma ogni tanto poteva divenire piuttosto gioviale.
-Grazie.- disse Judal sorridendo, appoggiandogli una mano su una coscia, e Koumei inarcò un sopracciglio, sistemandosi più comodamente contro il poggiatesta.
-Per…?-
-Per aver aiutato Robin.-
Alzò le spalle al punto da sfiorarsi le orecchie. -Figurati, sai che in generale mi piacciono i bambini.-
Oh altroché se lo sapeva, si occupava più lui dei figli di Kouha che non il padre stesso, che alla nascita delle bambine aveva detto una sola frase “Oh diventeranno forti, oppure usatele per i matrimoni”.
-Lo so, mi spiace di aver dubitato di te.-
Koumei sbuffò, facendo un mezzo sorriso -Non serve che ti scusi anche per questo, hai fatto bene a dubitare. Ho effettivamente cercato anch’io di trascinarti a Kou per costringerti ad abortire, hanno ragione qui a non fidarsi. Vorrei solo che prendessero una decisione e la smettessero di trattarmi da “ospite/prigioniero”.-
Anche Judal appoggiò la testa al muro, prendendo un cuscino da mettersi dietro la schiena.
-Vorrei poter fare qualcosa per te, ma pur essendo il compagno di Sinbad non ho grandi giovamenti.-
-Il?- chiese Koumei ironico, e Judal agitò una mano con noncuranza -Va bene, uno dei due. Ma-
-Non dirò nulla, tranquillo.- era sempre così perspicace -Non ho ben capito la situazione, ma non ci tengo neppure.-
Judal sorrise, levandosi l’accappatoio e appoggiando le mani sul pancione, accarezzandolo dolcemente. Quasi in risposta alle sue carezze il piccolo scalciò.
-Mei, dammi una mano.-
-Come scusa?-
Sbuffò, afferrandogli un polso dal materasso su cui poggiava, trascinandoselo all’altezza dell’ombelico.
Non ci fu bisogno di attendere, il tepore della mano di Koumei bastò, agli occhi del piccolo, per scalciare di nuovo.
Restarono in silenzio per un po’, mentre Koumei ripiegò le gambe sistemandole nella parte alta del materasso e accucciandosi accanto a Judal, senza spostare la mano. Aveva un aria incredibilmente rilassata.
-Ehi, posso farti una domanda?- chiese dal nulla il principe, parlando a bassa voce, come se non volesse rompere quella bolla di tranquillità, e Judal annuì.
-Ho sempre sospettato di non essere l’unico, ma quando te ne sei andato è apparso piuttosto palese. Con quanti degli altri principi sei stato?-
Ecco, questa di certo non se l’era aspettata. Guardò il principe stralunato: ma davvero? Sì, a giudicare dallo sguardo davvero.
-Vuoi il numero o i nomi?-
Il principe titubò, e Judal sorrise, divertito. Porre le domande può prevedere ricevere risposte, e non è detto che queste piacciano.
-Tutti i principi dotati di djin, salvo Hakuei.-
A Koumei per poco non cadde una mascella. -Wow.-
Judal sogghignò divertito: prendere un po’ in giro la gente, leggere lo shock sui loro volti era sempre divertente, farlo dicendo la verità poi ancora di più.
-Posso farti una domanda anch’io?- Koumei annuì, titubante.
-Posso dormire qui con te?-
Koumei aggrottò le sopracciglia e strinse le labbra, gli occhi che tradivano un discreto divertimento.
-Questa è una richiesta, non una domanda.-
-E non rompere!- replicò Judal buttandolo sul materasso con una spallata. Ehi, aveva pur sempre 18 anni quasi 19, mica doveva essere sempre sempre serio.
Risero entrambi, divertiti.
-Mi hanno portato via Robin.- riprese quando lo scroscio di risa si fu placaro,  Non hanno preso bene il fatto che ti abbia lasciato avvicinare al piccolo, e Sinbad è d’accordo con loro. In pratica  l’unico che non si è ancora espresso è Ja’far, ma non serve nemmeno che lo faccia, non me lo faranno più vedere finché non sarà maggiorenne, o comunque di sicuro non lasceranno che io me ne prenda cura.-
Koumei gli accarezzò i capelli, in uno di quei gesti intimi che un tempo erano stati normali per loro. -Va bene.- disse  spostando le coperte e raccogliendo un cuscino -Ma il letto è quello che è.-
-Andrà bene, almeno sarò al caldo.- rispose Judal scendendo dal letto e appoggiando l’accappatoio ad una sedia.
-E se volessi farti del male?- chiese il principe mentre Judal sistemava le ciabatte ai piedi del letto.
-Non ti saresti commosso per i calci del piccolo.- obiettò spostando le coperte e sedendosi sul materasso.
-Se avessi solo finto?-
-Oh piantala!- sbuffò girandosi sulla schiena per guardarlo in faccia, mentre sistemava le coperte e sprimacciava il cuscino -Con i se e con i ma non andiamo da nessuna parte, se hai sempre questo atteggiamento poi sfido che non dormi! Su, ora piantala.-
Koumei ridacchiò: era raramente sereno, ma quando le era, era fantastico.
-Sei uno stupido.-
-Me lo hai detto spesso, sì.-
Il principe ridacchiò, allungando lentamente un braccio e avvolgendolo attorno alla vita di Judal, tirandoselo al petto. Con il pancione che si ritrovava dormire abbracciato ad una persona era diventato piuttosto difficile, per cui non si poteva dire che fossero proprio abbracciati, ma condividevano il letto. Koumei era schiacciato con le spalle contro al muro per lasciare che Judal potesse stare comodo, a dispetto delle sue parole, e probabilmente anche quel braccio attorno alla sua vita era una sorta di garanzia per assicurarsi che non cadesse.
Mugolò soddisfatto, incuneando la testa sotto il mento di Koumei, che senza protestare si spostò un po’ più in alto sul cuscino.
-Grazie per credermi, Judal.-
Il magi non sentì le sue parole, ma percepii la vibrazione della sua gola, simile a lievi fusa, e si addormentò non certo felice, ma perlomeno sereno.
 








 
* i nomi sono stati decisi in modo molto casuale, visto che non ne hanno, ma si tratta solo degli altri tre figli di Hinahoho e Rurumu: Yuyuko e Naname= gemelle 10 anni, Sasanato= figlio minore 9 anni
   
 
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