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Autore: Harley Sparrow    07/02/2020    0 recensioni
Sequel di This is Us – Youth e di This is Us – Bond
Anno 1995/1996
Per Edmund, Frannie e Margaret inizia l’ultimo anno alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. L’ombra del ritorno di Voldemort si allunga silenziosa, e i ragazzi ne subiranno le conseguenze. Scopriranno presto che il mondo magico non è più quello di una volta.
Con la professoressa Umbridge più odiosa che mai, segreti da tenere nascosti, i rapporti fra le Case che si fanno più freddi, la fine di qualche amicizia e un’alleanza inaspettata, riusciranno i nostri eroi a superare i MAGO e a prepararsi alla vita fuori da Hogwarts?
*
[Dal capitolo IV]
«Usare incantesimi di Difesa?! Non riesco a immaginare una situazione nella mia classe che richieda di ricorrere a un incantesimo di Difesa. Lei si aspetta forse di essere aggredita durante la mia lezione, signorina…?»
«Oaks» rispose Laetitia.
Frannie fissò l’insegnante incredula. Non aveva mai sentito una castroneria simile, nemmeno dal professor Allock, e comunque a quei tempi sarebbe stato divertente. Ora non lo era, non lo era per niente.
Genere: Angst, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dolores Umbridge, Fred Weasley, Nuovo personaggio, Serpeverde, Severus Piton
Note: AU, Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Until the very end'
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XXI
 
IL CAVILLO E ALTRI GUAI

Il tramontare di Febbraio aveva portato al castello di Hogwarts alcune novità.
Prima tra tutte, cosa che aveva reso incredibilmente felice Edmund, il rigido inverno scozzese era ormai la parodia di sé stesso e stava senza ombra di dubbio sfumando in una fresca e frizzante primavera.
La seconda novità era che le lezioni di teoria di Piton su quello che, a suo dire, era l'argomento più difficile dell'anno scolastico si erano concluse e avrebbero iniziato presto con la pratica. I ragazzi erano eccitati quanto preoccupati.
La terza e ultima novità si presentò quella mattina in Sala Grande, quando al tavolo Grifondoro arrivò una pioggia di gufi totalmente inaspettata.
Il posto di Harry Potter era diventato una succursale della guferia, almeno una dozzina di gufi e civette avevano già fatto piovere le loro lettere al suo posto, e ne stavano arrivando altri. Margaret e Frannie guardarono con la fronte aggrottata verso il trambusto. Uno dei gemelli, probabilmente Fred, fece loro un occhiolino. Mag rispose con un cenno del capo, Frannie borbottò invece
-Allora è vero che cerca solo attenzioni.
Riferita a Potter, mentre stringeva la gamba dell'amica con la mano. Mag sbuffò impercettibilmente.
Edmund, che stava leggendo la Gazzetta commentandola insieme a Adrian, abbassò il giornale con aria perplessa.
-Cos'è questo chiasso, si può sapere?
Jasmine senza rispondere indicó lo svolazzare frenetico del tavolo accanto al loro.
-Ma che cazz...
Sussurrò Pucey, con gli occhi sgranati.
Al tavolo dei professori, Silente pareva ignorare la situazione della grossa, come se sapesse già cosa stava succedendo e avesse deciso che non gli poteva importare di meno. I ragazzi non poterono che trovarlo un comportamento insolito.
La persona che si alzò dal tavolo degli insegnanti e che si avvicinò con malcelata insoddisfazione a Potter era, come prevedibile, Dolores Umbridge.
I ragazzi tesero le orecchie per captare cosa stesse dicendo, ma tra il cicaleccio della colazione, il vociare di tutti quelli che commentavano la scena e il chiasso dei gufi, non riuscirono a capire cosa stesse dicendo.
Videro Potter che le lanciava la copia di una rivista. Frannie aguzzò lo sguardo.
-È il Cavillo. Mio padre lo compra ogni tanto insieme alla Gazzetta, trova che leggere solo una testata conformi nel pensiero unico.
Spiegò Frannie, e Margaret si morse il labbro sforzandosi di non esclamare "lo sappiamo, ce l'hai detto almeno tre volte".
I due si scambiarono qualche frase, poi la donna uscì impettita dalla Sala. Mag e Frannie si scambiarono uno sguardo confuso, Edmund invece rivolse il suo verso la sorella, che sedeva accanto a Ginny Weasley. Si ripromise di chiederle cosa accidenti stesse succedendo.
-Promette male qui, ragazzi. Ho un brutto presentimento...
Disse Jasmine. Frannie invece sospirò.
-Iniziano ad alzarsi tutti. Vado a divinazione. Tony tornerà da erbologia a momenti, salutatelo da parte mia.
-Come no, gli daremo anche un bacino di benvenuto!
Ironizzò Edmund, e lei gli lanciò un'occhiataccia.
La ragazza si unì al flusso di persone del settimo anno che andava verso la torre della Cooman. Ultimamente le lezioni stavano diventando molto stressanti, la professoressa era sotto indagine da parte della Umbridge e le sue lezioni erano sempre più cupe e deliranti. Si affiancò a Irons, che sembrava avesse un diavolo per capello quella mattina.
-Giuro che se oggi prova a predire qualche sfortuna la trasformo in uno spaventapasseri!
-Quindi vuoi lasciarla esattamente com'è ora?
Scherzò Frannie, ma capì subito che non era aria.
-Qualcosa non va?
-Questa mattina mentre facevo colazione avevo i gufi che mi strillavano nell'orecchio tutto il giorno! Sto dando di matto. È da quando mi sono alzata che non mi danno tregua. Maledetto Potter.
Le due imboccarono le scale, con i loro compagni intorno.
-Ah, già, questa cosa del Cavillo... che roba è esattamente?
-Harry ha rilasciato un'intervista, a quanto pare. Andando contro il parere del ministero.
Frannie si morse il labbro pensierosa. Stava entrando in un campo minato, e doveva uscirne subito.
-Ah. Che personaggio, eh? A pranzo magari ci do un'occhiata.
-È stata una ventata d'aria fresca!
Esclamò una voce dietro di loro.
-Meno male che ci sono ancora alcuni studenti che sanno da che parte stare.
Videro con la coda dell'occhio Laetitia che li superava per entrare a lezione.
-Alcuni studenti invece dovrebbero imparare a farsi gli affari propri.
Disse Fran, fredda. Arianne camminava accanto a lei in silenzio, osservando titubante quello che accadeva tra le due compagne.
-Farsi gli affari propri è essere complici.
Replicò Laetitia, un istante prima di varcare i drappi che portavano alla Torre. Si voltò e la guardò negli occhi.
-E mi fa schifo.
Concluse, e sparì oltre la tenda. Frannie sbuffò.
-Ma cosa le hai fatto, si può sapere?
Chiese Arianne, un po' seccata.
-Talvolta le persone non capiscono quando ci sono altri schemi in gioco.
Rispose Frannie, incrociando le braccia.
-Tua madre lavora al Ministero, giusto?
Chiese, mentre prendevano posto.
-Sì.
-E McMartian è il tuo ragazzo.
Frannie alzò un sopracciglio, confusa.
-Sì.
Arianne scosse la testa. Se McMartian stava con lei, lui che si era esposto come tutti loro, la ragione per cui continuava a comportarsi così non poteva essere che credeva in quello che diceva, o lui non l’avrebbe nemmeno guardata. Il vero motivo era per lei evidente: aveva paura che la madre perdesse il posto al Ministero, schierandosi contro Caramell. Forse Oaks poteva essere più comprensiva.
-Come sta Rosander? Siete amiche mi pare.
Chiese Arianne, per cambiare argomento.
-Oh, beh, abbastanza bene. Insomma, non è uno sballo per nessuno in questo periodo, no?
-Immagino di no.
-Mi ha detto che andate piuttosto d'accordo ultimamente.
-Diciamo che abbiamo dei punti in comune!
-Almeno puoi farle sfogare la sua parte nerd di storia, così non deve ossessionare me!
Rise la ragazza.
-Lo farò volentieri. Per queste cose anche a me non ascolta mai nessuno...
Frannie rimase un po' perplessa per quell'affermazione infelice. Non era vero che Mag non la ascoltava nessuno. In realtà lei e Edmund (soprattutto Edmund, un po' nerd anche lui) ascoltavano Margaret nelle sue elucubrazioni, come lei ascoltava loro per le cose che le interessavano poco. Non sempre, non quanto avrebbe voluto forse, ma un'affermazione come quella era un po' pesante da fare.
-Beh, ora hai Mag!
Esclamò Frannie, tentando di tirarle su il morale, un po' a disagio. La ragazza sorrise un po' titubante.
-Sì infatti...
"Sinché dura" pensò, ma non lo disse ad alta voce.
 
A interrompere quei pensieri arrivò la professoressa Cooman. Tutta la classe osservò con gli occhi sgranati la donna mentre entrava in aula.
Da un po' di tempo la strega appariva spenta, dal colorito smunto, pure i suoi soliti capelli selvaggi le cadevano un po' più flosci sulle spalle.
Quel giorno, invece, il suo scialle aveva i colori più male abbinati e sgargianti che avessero mai visto. La sua chioma era sparata verso il cielo come se avesse fatto esplodere una pozione elettrizzante poco prima di venire a lezione, e i suoi occhi dietro le spesse lenti erano più vividi che mai.
-Buongiorno, classe!
Esclamò, tentando un'entrata trionfale. I ragazzi erano sconvolti.
-Che cazzo è successo?
Sussurro Frannie, con aria perplessa. Arianne scosse la testa. Anche gli altri studenti sembravano non capire.
La donna scrutò tutte le facce degli studenti con i suoi grandi occhi da insetto, poi indicò davanti a sé.
-Tu! Tu con la cravatta rossa e oro.
-Io professoressa?
Mormorò Angelina, non sapendo cosa aspettarsi.
-Che giorno è oggi? Martedì o mercoledì? Rispondi!
La ragazza era sempre più confusa, ma rispose,
-Martedì. Perché me lo...?
-Martedì! Martedì, certo! Perfetto! Trenta punti a Grifondoro!
Gracchiò, e gli studenti della casa non ebbero neanche la forza di esultare. Frannie ebbe l'impressione che la donna avrebbe assegnato punti anche se la risposta fosse stata sbagliata.
-Si sente bene, professoressa?
Chiese Belle, dopo essersi consultata con Laetitia con lo sguardo.
-Se sto bene? Sto benissimo! Oggi farò una previsione per voi...
Chiuse gli occhi e si portò le mani al volto.
-Mi sta facendo venire il mal di mare.
Sussurrò Arianne.
-Vedo qualcosa! Vedo... vedo... vedo qualcuno. Anzi, non vedo qualcuno. Non vedo qualcuno perché ha subito un attacco! Qualcuno non sarà tra noi, oggi.
-Di che parla? Oggi sono tutti presenti.
Chiese un Tassorosso dietro di loro a voce un po' troppo alta.
-Credo che parli della Umbridge.
Fece un altro.
 
Quella lezione fu delirante. Più delirante del solito. In breve apparve chiaro che la donna era bendisposta verso i Grifondoro, e che era contenta perché qualunque cosa Potter avesse scritto, questo aveva tenuto impegnata la loro professoressa di difesa e la aveva infastidita moltissimo. La Cooman li fece anche scendere dieci minuti prima per non arrivare in ritardo all'ora di pozioni, cosa per cui gli studenti le furono molto grati. Quando furono nei sotterranei, Arianne si diresse in banco con Parker, e Frannie si sedette accanto a Edmund. Margaret e Jasmine, sedute di fronte a loro, si voltarono a salutarla.
-Sei arrivata presto oggi.
Disse Edmund a bassa voce.
-Sì, la Cooman era su di giri, più del solito. Poi vi racconto.
Rispose Fran, appena in tempo per l'ingresso di Piton.
Se il mago come la docente di Divinazione, era entusiasta per la difficoltà della Umbridge, non lo diede a vedere. Camminò per l'aula, che si era improvvisamente chetata, con la sua solita espressione glaciale. Non salutò.
-Prendete il vostro volume di Pozioni avanzate.
Ordinò, e tutti obbedirono.
-Mi aspetto che prestiate la massima attenzione alla lezione. Non tollero distrazioni causate da ipotetici giornaletti che oggi sembrano agitare particolarmente le mie classi. Siete una classe di MAGO e in quanto tale mi aspetto serietà. I pettegolezzi da banco lasciateli alla Testa di Porco. Avete capito?
-Sì signore.
Rispose la classe, in coro.
-Bene. Aprite il libro al capitolo ventisei. L'argomento di oggi sarà materia d'esame.
 
L'ora dopo, i ragazzi erano stremati. Il professore aveva fatto scivolare nella borsa di Edmund un biglietto con la data del loro prossimo incontro, che si sarebbe tenuto quella sera.
Quando uscirono dall'aula, Edmund si portò una mano sulla fronte.
-Domani dobbiamo consegnare la pergamena per Vitious! Trenta pollici! Come faccio?
-Non puoi farla a quest'ora?
-A quest'ora abbiamo Rüf, Fran.
Si inserì Margaret.
-Appunto! Quale occasione migliore?
Mag scosse la testa.
-Non posso Fran, abbiamo i MAGO, devo decidermi ad ascoltarlo almeno un po'. E poi più si va avanti meno le lezioni sono noiose. Oggi dovremmo iniziare a parlare della prima guerra magica. Perché metterlo nell'orario anche quest'anno se non volessi sentire niente di quello che dice?
La ragazza alzò gli occhi al cielo.
-Ho capito, scriverò il compito per entrambi. Tanto anche Tony ha storia, non saprei comunque come passare il tempo.
-Grande! Te ne devo una, Fran!
Festeggiò lui, dandole il cinque.
-Tu come farai, Mag? La pergamena è per domani e noi abbiamo le ripetizioni di Piton...
Chiese Frannie, ben sapendo che l'amica non avrebbe tollerato che qualcuno facesse il suo compito.
-Io ho finito la pergamena due giorni fa, nel pomeriggio in cui ce l'hanno assegnata, mentre voi facevate il torneo di gobbiglie contro Adrian e Miles.
-Ah.
Commentò perplesso Edmund.
-Almeno abbiamo vinto.
Aggiunse Frannie.
Li accompagnò sino all'aula di storia, poi salutò loro e Tony con un bacio. Il martedì si vedevano molto poco, perché non avevano ore libere comuni.
 
Quando furono le undici in punto, Mag e Ed erano già seduti al primo banco verso la cattedra.
Come sempre, il professore iniziò senza aspettare i ritardatari e senza salutare nessuno.
Allo scoccare dell'ora, iniziò semplicemente a parlare.
-Nel milleottocentonovantanove venne espulso dall'Istituto Durmstrang uno studente del sesto anno di nome Gellert Grindelwald. La causa ufficiale dell'espulsione è descritta come "esperimenti pericolosi e incidenti quasi fatali per i compagni". L'Istituto non ha mai diffuso la natura di questi esperimenti e di questi attacchi, che è tuttora sconosciuta.
Una volta espulso, Grindelwald passò gli anni della sua giovinezza nel paese di Godric's Hollow, ospitato dalla celebre storica della magia Bathilda Bath, che aveva con lui lontani legami di parentela. Durante l'estate del millenovecento, conobbe...
La penna prendiappunti di Mag aveva già iniziato a scrivere. Lei e Edmund si guardarono colpiti. Conoscevano di fama Grindelwald, e lo stesso Dimitar qualche volta si era fatto sfuggire qualcosa su di lui. Si trattava del secondo mago oscuro più potente della storia della magia, dopotutto.
-La storia si ripete.
Sussurrò Edmund, stringendo la gamba di Margaret con la mano.
-Sì. La storia si ripete.
Restarono in silenzio per qualche secondo, poi Mag guardò la sua pergamena che si riempiva da sola e sospirò.
-So che hai appena detto a Frannie che avresti seguito la lezione ma...
-Gliel'avrei detto comunque, volevo farle fare il tema.
Liquidó Edmund. Margaret rivolse uno sguardo nervoso al professore, che pareva non far caso a loro e parlava di quanto la vicinanza con Bathilda avesse influito sugli studi di Gellert.
-C'è una cosa che voglio chiederti da un po'. E ora questa storia di Grindelwald me l'ha fatta tornare in mente.
-Certo, dimmi pure.
-Il primo Novembre 1981, la festa... tu... te lo ricordi?
Edmund sbatté le palpebre, sorpreso dalla domanda. Forse erano anni che non parlava della notte della caduta di Voldemort. La notte in cui i Potter erano morti.
-Ricordo qualche flash, nebuloso perlopiù. Avevo quattro anni. Mia madre mi ha raccontato che lei e papà hanno acceso un grande fuoco in giardino e hanno bruciato tutti gli oggetti magici con le misure di sicurezza che avevano preso contro tu sai chi in quegli anni[1]. Come i ragazzini che bruciano i libri alla fine della scuola. È stato molto liberatorio, a quanto dice.
Margaret ascoltava interessata. Con la presenza di Voldemort che tornava nel mondo magico, aveva iniziato a chiedersi della prima volta che era stato affrontato e sconfitto. Lei e i suoi amici erano nati a guerra in corso, ma ovviamente la sua famiglia non si era accorta di nulla. Era un po' che meditava di chiederlo a qualcuno, e quale persona migliore di Edmund?
-Papà era un auror ovviamente, quindi hanno evitato di infrangere lo statuto di segretezza, come invece hanno fatto altri. Lo hanno chiamato in servizio per sedare i maghi in subbuglio, e lui non si è presentato, per principio ma anche per stare con noi. Non ha avuto conseguenze, però. Il Ministro Bagnold ha preso posizione e ha dichiarato...
-Che non avrebbe privato nessun mago del suo inalienabile diritto a festeggiare. Lo so. L'ho letto da qualche parte qualche anno fa.
Edmund sorrise.
-Esatto. Ma i miei erano comunque preoccupati che qualche babbano potesse venire a ficcanasare. È stato un miracolo che nessuno di loro abbia scoperto dei maghi quel giorno, o forse l'ha fatto e il giorno dopo gli hanno cancellato la memoria, non lo so. Peter si ricorda qualcosa in più di me, dice che mamma gli ha ordinato di tenerci in casa, aveva solo sei anni. Lucy era nata da poco. Dice che si ricorda del fuoco, lo vedeva dalla finestra. Che non capiva se in giardino loro stessero piangendo o ridendo. Non devono essere stati via molto, eravamo piccoli e non volevano lasciarci soli. Anche se ovviamente farci uscire allo scoperto con loro sarebbe stato più pericoloso.
-Dev'essere incredibile. Prendere parte a una cosa del genere, intendo.
-Sì, beh, io non è che abbia preso parte a un granché.
Ridacchiò lui, grattandosi la testa in imbarazzo.
-Peró tu c'eri.
-Tecnicamente c'eri anche tu, è successo in tutto il paese.
-Sì, è vero.
Si guardarono un attimo sorridendo, e Edmund prese la mano della ragazza stringendola brevemente.
-Nel 1913, a Nurmengard ci fu un inverno più freddo del solito, e gli abitanti dei dintorni...
Margaret si riscosse.
-Sarà meglio ascoltare, adesso.
-Sì, sarà meglio.
 
All'uscita dalla lezione trovarono Frannie che li aspettava o, per essere precisi, che aspettava Tony.
-Odio il martedì, non stiamo mai insieme.
Sbuffò, dandogli un bacio sulla guancia e passandogli il braccio attorno alla vita.
-Io sono già stanco e la settimana è appena iniziata.
Rincaró con le lamentele Margaret, guardando Edmund sconsolata.
-Com'è andato il compito di incantesimi, Fran?
-Benissimo ovviamente. Sono un genio, dovresti saperlo.
Rispose, allungandogli una pergamena.
-Non avete paura che si accorga che sono uguali?
Chiese Tony, che era sempre titubante riguardo lo smercio di compiti tra i due amici.
-Non sono affatto uguali! Ormai siamo collaudati, lo facciamo dal terzo anno!
Affermò Edmund, sicuro di sé. Mag scosse la testa, arresa.
-Non vedevo l'ora che tornaste.
Sussurrò Frannie, guardandosi accorta intorno.
-Vorrei tanto mettere le mani su una copia del Cavillo, ma non posso certo chiederla io, per me dovrebbe essere il peggio del peggio, sapete...
-Scommetto che la mia Sala Comune ne è piena. Alla fine delle lezioni darò un'occhiata.
Rispose Tony, senza nascondere la sua curiosità.
-Sono contenta che qualcosa si stia muovendo, anche io non vedo l'ora di leggerla!
Commentò Margaret, mentre entravano nella Sala Grande per il pranzo. Tony raggiunse Aurora, che parlava con Annah Abbott con aria sconsolata, sicuramente di Philip, e i tre ragazzi si sedettero al tavolo, dove li aspettava Jasmine.
-Grazie a Salazar quei maledetti gufi se ne sono andati. Non avrei retto il chiasso della colazione, ho un'emicrania...
-E pensa come staresti se fossi Tassorosso! Aurora non chiude il becco dal primo settembre su questa storia di Philip!
Borbottò Frannie a denti stretti, guardando con fastidio oltre la Sala.
-Cosa ti ha fatto di male, Fran? Non sei nemmeno Tassorosso! Non la hai ascoltata nemmeno una volta quest'anno!
Commentò Margaret, un po' seccata.
-Mi urta, tutto qui.
Edmund voleva annuire solennemente, ma uno sguardo della ragazza lo fece desistere.
-Se fossi stata tutto l'anno lontana da Tony non saresti stata zitta un attimo!
Disse invece Jasmine.
-Puoi dimostrarlo? No, come pensavo. Quindi la tua opinione non conta nulla!
Rispose la ragazza, sorridendo.
Il tavolo dei professori sembrava molto diverso rispetto a quella mattina. La Umbridge sorrideva a trentadue denti e guardava con convinzione il tavolo Grifondoro, dove Potter invece tentava disperatamente di evitare il suo sguardo. Silente aveva l'aria meno assente rispetto agli ultimi giorni, e ogni tanto si scambiava con la McGranitt occhiate sicuramente eloquenti che per i ragazzi erano un vero mistero.
-La Cooman sì pentirà presto del suo slancio di allegria di questa mattina, sono sicura.
Sussurrò Frannie, guardandola di sottecchi.
-Chissá se a ripetizioni carpiremo qualcosa da Piton.
Aggiunse Edmund, pensieroso.
-Non credo. Non si sta scucendo molto, ultimamente.
Sospirò Margaret, che iniziava a essere seriamente preoccupata dalla situazione.
-Quella megera sta sicuramente tramando qualcosa.
Aggiunse, e guardò prima Edmund poi Frannie, non sapendo come esprimere a parole la sensazione di gelo che le stringeva il petto in quel momento.
L'amica le sorrise debolmente, Edmund annuí in modo impercettibile e le sfiorò il braccio con il suo.
-Meno di sei mesi e ci potremo dimenticare di questa vecchia scopa!
Ringhiò Frannie, facendo trasparire tutto il suo disprezzo.
-Mag, forse! Noi lavoreremo al Ministero, potremmo incrociarla anche tutti i giorni!
Replicò Edmund, che visibilmente non amava l'idea.
-Oh Ed, dovevi proprio ricordarmelo? Mi sa che rubo il posto a Tony e me ne vado a fare la guaritrice al San Mungo.
-Ti manca Erbologia Fran, non puoi farlo...
Le fece notare Margaret.
-Me ne scappo in Francia allora, Yvonne mi ospiterà...
In quel momento sentirono un gracchiare familiare e con mezzo tavolo si voltarono verso l'entrata. Gli altri studenti, una volta vista la fonte del rumore, tornarono nuovamente con la testa verso il piatto, poco interessati. Edmund invece mormorò
-Silver?
E una lettera volteggiò davanti a lui, in una busta bianchissima. Lucy, dal tavolo Grifondoro, alzò la testa interessata.
 
Caro Edmund,
Come sta andando a scuola?
Qui tutto bene. Susan è prossima a tornare dalla sua vacanza in America, anche Caspian tornerà con lei. Sto cercando di evitare il suo ritorno il più possibile perché come sai è molto stressata e ha proprio bisogno di una vacanza, quindi spingerò un po'. Perché non le scrivi anche tu chiedendole di restare?
Se proprio non riuscissimo a convincerla, al suo ritorno possiamo organizzare un giro a Hogsmeade così la saluti.
Mamma sta meglio che mai, era tanto che non la vedevo così attiva. Sono contento.
Mi hanno spedito in vacanza in montagna, le cime sono imbiancate ma la neve non è attecchita al suolo. Stai tranquillo, non ho intenzione di prendermi i geloni come l'ultima volta.
Non dire quest'ultima cosa a Lucy, lei odia sciare e non voglio che si preoccupi.
Il rospo continua a non farti dormire? Io mi sarei già fatto cambiare di stanza. Non ti invidio.
Saluta Lucy e dille che mi manca.
Mamma ti manda un abbraccio.
Peter.
 
Il ragazzo continuó a fissare la lettera per qualche istante. Frannie e Mag si sporsero a guardare e poi si scambiarono uno sguardo preoccupato e un po' perplesso.
-Di' a Peter di migliorare il suo linguaggio in codice, non si capisce una mazza.
Commentò Frannie, aggrottando le sopracciglia.
-Credo di avere un'idea su chi sia il rospo, invece... a meno che Montague non ne abbia comprato qualcuno di recente e tu non me l'abbia detto.
Aggiunse Margaret, guardando la Umbridge di sbieco. Frannie ridacchiò.
-Geniale. Pensi che scriverai a Susan?
Chiese invece, rivolta all'amico che non aveva ancora parlato.
-Sì, le scriverò.
Sussurrò lui, con aria un po' assente.
-Vi ricordate quando vi ho detto che gli hanno chiesto ai piani alti di controllare le teste calde?
Chiese, guardandosi intorno con aria sospetta. Nessuno faceva particolarmente caso a loro.
-Certo, Ed.
Disse Margaret, posando una mano sul suo ginocchio. Si riferiva certamente al fatto che Peter controllava i movimenti degli ex Mangiamorte per conto dell’Ordine.
-Credo che sia sulle sue tracce.
Sibilò. Cercava di non darlo a vedere, ma chiunque lo conoscesse a sufficienza avrebbe detto che era terrorizzato.
-Non l'ha trovata. “La neve non ha attecchito”. Conoscendola non attecchirá mai. È molto furba.
Si disse, per rassicurarsi.
-Peró è una stronzata è... è un'immane stronzata. Lui non ha mai imparato a sciare, si romperà una gamba!
Si grattò le tempie con le mani chiudendo gli occhi, cercando di pensare.
-Una pergamena, per favore. Gli rispondo subito.
-Ed, forse sarebbe meglio che tu ti calmassi...
Provò a mediare Frannie, ma lui le troncò la frase con un gemito frustrato.
-Una pergamena ho detto!
Margaret, che ne teneva sempre di scorta nella cartella, gliela porse. Intanto il cibo aveva iniziato ad apparire sui piatti e gli studenti stavano cominciando a mangiare.
Per non dare nell'occhio, il ragazzo si mise delle patate al burro nel piatto, e ne mangiò una forchettata prima di iniziare a scrivere.
-Il tuo falco è un po' ritardatario oggi, Pevensie!
Scherzò Adrian, da qualche posto più in là. Edmund sorrise, dimostrando ancora una volta di essere un ottimo attore. Alzò gli occhi al cielo divertito.
-Sì, mio fratello è a fare la settimana bianca e si è scordato degli orari di posta di noi comuni mortali.
-Lo capisco, anche io quando sono in vacanza perdo sempre la cognizione del tempo!
Rispose, con la bocca mezza piena di coscia di pollo arrosto.
Frannie si versò del succo di zucca e lo sorseggiò con aria assorta, facendo finta di non accorgersi che il suo amico era agitato. Anche Margaret cercava di non dare nell'occhio, con un po' meno successo ma fortunatamente in modo abbastanza convincente. Jasmine parlava con Miles della sua ultima vacanza in Tunisia, e alla loro sinistra Zabini si lamentava di Vitious con il fratello di Tony a proposito di un compito a sorpresa. A nessuno pareva interessare della lettera di Edmund. Del resto, poteva capitare a volte che agli studenti arrivasse posta a pranzo o a cena, soprattutto quando arrivava da luoghi più lontani.
Dopo aver mandato giù l'ennesima patata, deliziosa come sempre, Edmund prese la prima piuma che trovò nella tasca della divisa e iniziò a scrivere con la sua faccia più rilassata di repertorio. Sotto il tavolo, Margaret lo accarezzava impercettibilmente.
 
Caro Peter,
A scuola tutto bene. Il rospo gracida continuamente, ma ormai mi sto abituando. Penso che per la fine dell'anno lo avrò lanciato contro il muro, ma per ora è sopportabile.
Scriverò senza dubbio a Susan, penso che questa vacanza le stia facendo bene e non è il caso che torni a casa, se si sta riprendendo dal suo periodo di stress.
Per quanto riguarda te, al contrario, torna subito a casa! Non riesco a credere che mamma ti abbia mandato a sciare visto com'è finita l'ultima volta. Non mi interessa se la neve non ha ancora attecchito.
Non sto scherzando Peter, poi non voglio che nella prossima lettera mamma mi scriva che sei al San Mungo imbottito di ossofast perché ti sei rotto la gamba. Dovresti lavorare lì, non essere ricoverato.
Torna a casa subito e lascia stare la settimana bianca!!!
Salutami la mamma e dille che mi fa piacere che stia bene.
Tanti saluti,
Edmund.
 
P.S.
La tua vacanza finisce qui!
 
Dopo un lungo sospiro, piegò la pergamena e la infilò in modo sbrigativo nella busta da cui aveva tirato fuori quella del fratello.
-Vai da Peter, capito? Quando torni passo in gufiera e ti faccio fare una scorpacciata, promesso.
Intimò al falco, e lui in tutta risposta lo ignorò offeso. Dopo avergli beccato la mano per dispetto, si alzò in volo.
Edmund lo guardò allontanarsi, poi si massaggiò le tempie, stanco.
-Mancano solo le ultime due ore Ed, forza.
Tentò di rassicurarlo Frannie.
-Sì. Due ore della McGranitt sulla trasfigurazione umana, una pacchia. E questo pomeriggio una simpatica lezione privata di “pozioni avanzate”.
Si lamentò lui.
-Almeno terrai la mente occupata.
Lo consolò Margaret.
-Speriamo...
Sussurrò lui. Pensò che avrebbe chiesto una pozione anti emicrania a Margaret, finita la giornata.
Mangiarono quasi del tutto in silenzio. Edmund non proferì parola, Frannie ogni tanto si inseriva nella conversazione di Silver e Zabini, che parlavano dei GUFO di quest'ultimo, mentre Mag commentò con Miles e Jasmine il degrado della squadra di Quidditch della loro Casa di quell'anno, attirandosi qualche sguardo seccato. Quando anche il budino di riso finì, dopo che Edmund ne ebbe mangiato tre porzioni per ingannare l'ansia, i ragazzi si alzarono e si diressero verso l'aula di Trasfigurazione, per le ultime ore della giornata. Passando vicino all'ingresso però, trovarono un manipolo di studenti che commentava quello che sembrava un nuovo Decreto spuntato mentre tutti erano in Sala Grande.
-Ecco, lo sapevo.
Mormorò Margaret, tirando Edmund per un braccio. Magari il trambusto e l'odio per la Umbridge lo avrebbe distratto un po'.
-Ho dimenticato il libro di trasfigurazione in dormitorio, ci vediamo in classe!
Disse invece Frannie, sbrigativa.
-Puoi leggere dal mio, se vuoi.
Rispose Edmund, alzando le spalle.
-Oh, non mi costa niente, non preoccuparti! Scendo e risalgo in un attimo!
Replicò frettolosamente, e si allontanò.
-Ma... neanche a me costava nulla.
Disse Edmund perplesso. Margaret era confusa quanto lui.
-Sicuramente ha qualcosa in mente.
Bisbigliò al ragazzo. Lui sospirò e le strinse la mano con affetto. La ragazza gli sorrise.
-Andiamo a vedere la stronzata del giorno, dai
 
Decreto Didattico n°26
Per ordine dell'Inquisitore supremo di Hogwarts, tutti gli studenti trovati in possesso della rivista Il Cavillo saranno espulsi
 
-Accidenti.
Commentò Margaret, guardando la bacheca a bocca aperta.
-Dev'essere proprio qualcosa di grosso.
Continuò Edmund. Intorno a loro, tutti gli studenti parlavano concitati. Margaret invece si riscosse dai suoi pensieri e sorrise.
-Beh? A cosa devo quella faccia?
-La Umbridge non ci sa proprio fare con i ragazzini. Si vede che non ha mai insegnato in vita sua.
-Ah sì? Sai che novità...
-Non capisci Ed? Dopo questo Decreto, tutti gli studenti vorranno leggere l'intervista! Anche quelli che prima non si erano interessati alla questione! Se voleva impedire il circolo di quella rivista si è data la zappa sui piedi, dammi retta.
Ora anche Edmund sorrideva. Quella vista sciolse a Margaret un po' il cuore, ma tentò di soffocare uno sguardo innamorato.
-Hai ragione. Scommetto che entro la fine delle lezioni avremo una copia anche noi. Non vedo l'ora di vederla.
Sussurrò.
 
Infatti, proprio in quel momento, Frannie camminava ostinatamente contro il flusso di persone del suo anno che andava a trasfigurazione, cioè nella direzione opposta. Non aveva nessuna intenzione di leggere il decreto e di dire a voce alta che era un'opera di fine ingegno, quindi aveva trovato una scusa per non doverlo commentare insieme agli altri. Dopo la lezione glielo avrebbero descritto Mag e Edmund, e allora avrebbe potuto commentarlo con sincerità.
Mentre andava verso i sotterranei e cercava un punto in cui girare su sé stessa per tornare indietro senza sembrare una pazza che cambiava direzione in modo totalmente casuale, vide, tra gli studenti, due teste rosse a lei familiari che si avvicinavano a passo spedito.
-Dove vai, Firwood?
-Cerchi Caramell per una sveltina?
-Ti piacciono i paioli vecchi di terza mano adesso?
Chiesero Fred e George, in tono astioso.
-No, in verità sto cercando vostro fratello Percy. Dopo aver passato anni dietro uno squilibrato come vostro padre ha bisogno di essere reinserito in società.
-Di' a quel troll che leccare il culo a quelli come te non gli servirà,
-Al ministro non importa nulla del nido di serpi da cui sei uscita, non avete niente da offrirgli.
-Non mi stupisce che andiate tanto d'accordo.
-Siete esperti nel pugnalare alle spalle.
La ragazza si avvicinò a un passo da loro, passando in mezzo ai due, sfiorando i loro mantelli. Sentì la borsa che le si appesantiva impercettibilmente.
-Vostro padre lavora al ministero, non è vero? Beh, per ora almeno. Fossi in voi starei attenta a quello che dite.
-Occhio a come parli se non vuoi essere ritrovata nella Foresta Proibita a gambe all'aria, Firwood.
-Potresti non riuscire più a riprenderti.
Lei li guardò negli occhi.
-Mettetemi pure alla prova.
Sibilò, per poi andarsene senza aggiungere una parola. Quando girò l'angolo, sbirciò dentro la borsa. Una copia del Cavillo di giornata era stata infilata a tradimento tra i libri. Sorrise sotto i baffi.
"Grazie ragazzi".
 
Le ore di trasfigurazione passarono molto lentamente. Edmund e Frannie si scambiarono a bassa voce le informazioni sul Cavillo e sul Decreto, e Margaret consegnò cinque punti alla Casa per essersi fatta i capelli biondi come il grano e lisci come spaghetti. Era stata l'unica a riuscirci quel giorno.
Dopo che la professoressa ebbe assegnato quindici pollici di pergamena sulla trasfigurazione della pigmentazione oculare e il pericolo di diventare permanentemente ciechi se l'incantesimo non andava a buon fine, la giornata scolastica giunse al termine. Salutarono Tony, Frannie con più convinzione, e si avviarono a testa bassa verso i sotterranei.
-Montague ha gli allenamenti di Quidditch. Se saremo fortunati Adrian sarà con Miles e avremo la stanza libera.
Sussurrò Edmund, e le altre due annuirono. Salutarono Draco mentre entravano in Sala Comune, e si infilarono nel dormitorio maschile parlando dei compiti nella settimana. Quando videro che la camera era vuota, il ragazzo sospirò di sollievo.
-Grazie a Merlino!
Esclamò Frannie, facendosi cadere sdraiata sul letto dell'amico. Edmund e Margaret si sedettero su quello di Adrian, tenendosi la mano. Lui le diede un veloce bacio sulla guancia. Lei socchiuse gli occhi rilassata, per un attimo. Frannie si stiracchiò.
-Bene, dopo questi quattro secondi di relax, direi che è ora di fare chiarezza sulla faccenda, che ne dite?
Sussurrò, sfilando la copia del Cavillo dalla cartella. Margaret fece un veloce incantesimo di protezione alla porta della stanza.
-Che aspetti? Leggi avanti!
Incalzò invece Edmund, che era in parte curioso e in parte desideroso di pensare a qualcosa che non fosse Peter, Jadis, o una pista da sci che non era mai esistita.
-Va bene, va bene! Ehmehm
Esclamò Frannie solenne, imitando la Umbridge.
 
Come le prugne dirigibili influenzano la Corrente del Golfo:
 
-Frannie!
Esclamarono i suoi amici in coro.
-Come, non era questo che volevate sapere? È molto interessante!
Disse lei ridacchiando.
Edmund si alzò seccato e le strappò il giornale dalle mani.
-Ho capito, basta, faccio io!
Lei alzò gli occhi al cielo.
-Come siamo suscettibili, io volevo solo smorzare la tensione...
Lui la ignorò, e dopo un sorriso di incoraggiamento di Margaret cominciò a leggere.
 
Harry Potter parla chiaro: la verità su colui che non deve essere nominato e la notte in cui lo vidi tornare.
 
I ragazzi si scambiarono uno sguardo elettrizzato. Edmund continuò.
Mentre leggeva, le due ragazze erano sempre più a bocca aperta. In quell'articolo c'era tutto. Tutto quello che avevano sentito dai gemelli in estate e a Natale, e anche di più.
C'era la vera dinamica della morte di Diggory. I nomi dei Mangiamorte presenti la notte della prova, tra cui spiccavano vari nomi dei loro compagni di Casa, come Malfoy, Goyle, Tiger, Nott. C'era scritto che erano stati i dissennatori, passati dalla parte di Voldemort, e non Sirius Black a favorire la fuga di massa di Azkaban. C'erano i tentativi di insabbiamento del Ministero. Era tutto lì.
Quando Edmund ebbe finito, era molto chiaro il perché la Umbridge avesse cercato in ogni modo di boicottare quell'intervista, anche se, come diceva Margaret, la cosa aveva sortito l'effetto opposto.
-Non sono mai stata più felice di un Decreto Didattico come oggi.
Sospirò Frannie.
-Cosa? Che cavolo stai dicendo?
Chiese Edmund, con gli occhi spalancati.
-Il Ministero vieta di leggere il Cavillo e quindi non posso dire a nessuno di averlo letto! E meno male, perché se dovessi difendere il Ministero di fronte a queste accuse non saprei proprio che dire, Potter ha fatto un ottimo lavoro! Invece ora quando qualcuno mi punzecchierá su questo potrò limitarmi a rispondere che non so proprio di che parla.
Rispose, pratica.
-Ah, beh, se la vedi in questo modo effettivamente è una fortuna.
Convenne Margaret, annuendo.
-Potter è stato davvero coraggioso a pubblicare un articolo del genere. Sì ritroverà coperto di ingiurie più del solito. Le famiglie che ha citato saranno furiose.
Commentò Edmund.
-Giá, ma penso che qualcuno lo ascolterà. In tanti hanno capito che le versioni della Gazzetta sulla fuga e sull'incidente alla Coppa non tornano. Forse non crederanno a tutto quello che dice, ma due domande se le faranno in tanti.
Disse Margaret, convinta.
-Anche io penso che sia proprio quello di cui la gente aveva bisogno. Chissà come ha fatto a convincere la Skeeter.
Si chiese Frannie, ancora sdraiata, guardando il soffitto pensierosa.
Edmund diede un bacio sulla nuca a Margaret, che aveva la testa posata sulla sua spalla, poi rispose
-Non ne ho idea. Sono settimane che non pubblica niente sul Profeta. Iniziavo a pensare che fosse sparita nel nulla.
Ci fu silenzio per qualche istante, fu nuovamente Edmund a romperlo, con un sospiro abbattuto.
-Dopo Piton dovrò andare da Lucy a parlare della lettera.
La sua voce era più bassa del solito e tradiva un senso di ansia.
-Le dirai tutto?
Chiese Margaret dolcemente, cercando di non stressarlo troppo con le sue attenzioni ma di essere una presenza confortante. Lui scosse la testa.
-No, lui mi ha chiesto di non farlo. Le dirò di scrivere anche lei a Susan, non deve assolutamente tornare. Ci manca solo questo.
-Non preoccuparti Ed, lo hai detto anche tu. Non la troverà, è troppo furba. E sono sicura che non sta aiutando voi sapete chi. Dici sempre che è troppo narcisista per sottostare a lui, e lui non ha nessun interesse a stare con i suoi pari. Vuole solo degli sgherri senza cervello.
Argomentò Frannie, voltandosi a guardarlo.
-Giá. Ma lui la sta cercando comunque.
-E quest'estate cercava Avery, e quindi? Li stanno controllando tutti per vedere se ci sono movimenti sospetti. Come si accorgeranno che lei non è nelle dinamiche dei Mangiamorte e si è solo accodata alla fuga smetteranno e la lasceranno in pace.
Continuò lei.
-Hai ragione.
Mormorò il ragazzo, ma non era molto convinto. Margaret sollevò la testa e lo guardò dritto negli occhi. Gli posò una mano sulla spalla e la strinse.
-Sono sicura che Peter non è così pazzo da avvicinarsi. Ti ha detto di non preoccuparti, sa quello che fa. È un controllo di routine, stanno controllando tutti quelli che avevano rapporti con tu sai chi. Se pure scoprisse dove si trova, ed è impossibile, tornerebbe subito a dire che non ha più contatti con loro e non c'è il tanto di indagare di più. Non andrebbe mai da lei, lo sai.
Il ragazzo annuì mestamente.
-Spero comunque che la assegnino a qualcun altro. Non ce la faccio a stare qua dentro e ricevere una lettera al mese. Una lettera come questa, per giunta! Non ce la faccio...
Sospirò, e Margaret lo abbracciò. Frannie distolse lo sguardo per non essere invadente e sussurrò
-Andrá tutto bene Ed, vedrai. Se succedesse qualcosa il bracciale di Tony brucerebbe, è un suo amico. Saremmo i primi a saperlo. Sinché il bracciale tace, va tutto a meraviglia!
Questa notizia parve effettivamente convincerlo un po'.
-Hai ragione! Il bracciale! Non ci avevo pensato. Significa che è tutto a posto, giusto?
-A postissimo.
Lo rassicurò Margaret.
-E la lezione di Piton ti aiuterà a non pensare, serve proprio a questo, ricordi? A non farci affollare la testa. Ti sarà utile.
Lui strinse le labbra
impercettibilmente.
-Non che alle sue lezioni stiamo andando così forti ultimamente... voi vi state esercitando?
-Io provo a non pensare a nulla prima di dormire, ma ci sono così tante cose in ballo in questi giorni che non riesco proprio!
Esclamò sconsolata Margaret.
-Anche io sto cercando di farlo prima di dormire, lo trovo rilassante in realtà. Sto migliorando, credo.
Rispose Frannie.
-Io lo faccio al mattino, quando sono da solo. Ogni tanto mi sembra di riuscirci, ma quando me ne accorgo allora ci penso e finisce subito! È frustrante!
Sbuffò lui.
-Con la lezione di oggi magari impareremo qualcosa...
Mormorò Mag, accarezzandogli la gamba. Lo sperava con tutto il cuore, anche se non era molto convinta.
-Lo scopriremo subito.
Sussurrò Frannie. E aveva ragione.
 
Le cinque del pomeriggio arrivarono ben prima del previsto o del desiderato, e i tre ragazzi si presentarono davanti all'aula in perfetto orario.
Edmund non ebbe neanche bisogno di bussare, la porta si aprì per magia non appena lui avvicinò il pugno quasi a sfiorarla.
-Spero che vi siate esercitati a dovere negli ultimi giorni.
Disse il professore, senza salutare.
-Sì, signore.
Rispose Edmund, in tono educato.
-L'Occlumanzia è un'arte, una delle più complesse e impegnative per qualunque mago, e come spesso accade, una delle più utili. In particolare per chi svolge determinati ruoli in particolari dinamiche... tua madre dovrebbe saperne qualcosa, Firwood.
-Sì signore, immagino di sì.
-Sedetevi.
I ragazzi obbedirono.
-Nelle scorse settimane vi ho chiesto di provare a sgombrare la mente e ogni tanto ho scrutato nei vostri pensieri.
Margaret e Frannie si guardarono sconvolte. Non avevano idea del fatto che l'uomo li avesse testati tutto questo tempo.
-Per quanto debole e rudimentale, chi più chi meno, ho constato che avete sviluppato una certa resistenza.
Edmund raddrizzò impercettibilmente il petto, contento dei risultati ottenuti.
-Ovviamente,
Continuò il professore, con voce strascicata,
-Si trattava anche la mia di una intrusione rudimentale, senza neanche effettuare un incantesimo vero e proprio. Oggi tenterò vanamente di portarvi al livello successivo. Lancerò su di voi un vero incantesimo legilimens e i vostri tentativi di respingerlo saranno infinitamente più difficili di quelli di sgombero dei pensieri che avete pateticamente abbozzato nelle scorse lezioni sinora.
Margaret deglutì.
-Andremo avanti a turni. Una volta a testa. Sinché non sarà finito il nostro tempo a disposizione. Il numero di volte che subirete il mio incantesimo dipende da voi. Più a lungo resisterete, più tempo ci metterò, meno ricordi avrò il tempo di rubare.
Il professore si alzò. Li fissava con un'intensità senza precedenti, sembrava quasi che non battesse le palpebre.
-Il Signore Oscuro non sarebbe gentile con voi, e non intendo esserlo io. Chi vuole iniziare?
Quando Piton chiedeva un volontario, voleva dire che qualcuno doveva proporsi. Altrimenti, avevano imparato in quei mesi, si sarebbe arrabbiato e li avrebbe accusati di presentarsi da lui con poca convinzione. Così Frannie, che si sentiva abbastanza sicura degli esercizi che aveva fatto durante la settimana, si alzò a sua volta.
-Vengo io.
-Benissimo. Firwood, mettiti al centro della stanza e non pensare a niente.
Margaret e Edmund la guardavano fissi, senza dire una parola. Margaret le fece timidamente il pollice in su in segno di incoraggiamento.
La ragazza chiuse gli occhi e svuotò la testa dai pensieri. Si abbandonò alla sensazione di nulla, come se stesse per addormentarsi. Una nuvola lattiginosa le annebbiò la mente e sentì la coscienza scivolare via.
Edmund osservava la scena così assorbito nell’azione che nemmeno si accorse quando il professore sfoderò la bacchetta.
-Legilimens.
Sibilò. Frannie fu come investita da una scarica elettrica. Un frammento di volto le passò in mente, un occhio probabilmente.
"No."
Pensò, e di nuovo regnò il bianco. Poi vide un giardino.
"No."
Si sforzò di scacciare il pensiero, ma quando ci era quasi riuscita, spalancò di colpo gli occhi
 
"Nonna, dov'è finita la famiglia di coniglietti che era in giardino?"
La faccia vecchia e raggrinzita di Cassiopea Black la guardava sorridendo, con gli occhi piccoli e brillanti.
"Ho chiesto a Melantó di spezzargli il collo. Ci farò una pelliccia."
Sentì Alphard che scoppiava a ridere dietro di lei, e una strana sensazione al petto.
"Come una pelliccia? C'erano... c'erano i cuccioli."
"Ti dispiace per i coniglietti, eh Frannie?"
Chiese la vecchia strega, che sembrava immensamente divertita dalla faccenda.
"Dobbiamo ricordarci di dire a Jane che sua figlia è una smidollata!"
Si intromise il vecchio.
"Vuoi sapere come ha fatto Melantó ha uccidere i cuccioli, eh piccola? Non hanno emesso un suono quando li ha sbattuti a terra per spaccargli la testolina, uno ha solo mosso un po' la zampina, così. Che pena…"
Continuò la donna, il sorriso si allargava.
"Perché devi fare così? Perché devi fare così?"
Le lacrime iniziarono a scendere e la bambina si asciugò gli occhi e il naso insieme con la manica.
"Devi capire che non sarai mai una Black se ti metti a piangere per queste stupidaggini! Noi lo facciamo per il tuo bene, per darti una svegliata!"
"Voglio andare a casa! Quando arriva mamma?"
Un altro singhiozzo le mozzò la voce in gola.
 
-Il Signore Oscuro prenderà i vostri ricordi e i pensieri più oscuri per annientarvi. Dovete custodirli! Dovete esercitarvi! Pevensie, vieni tu e cerca di fare di meglio!
La voce di Piton la riscosse dai suoi pensieri. La ragazza strabuzzò gli occhi.
-Che aspetti? Vai a posto!
Ordinò Piton, visibilmente seccato, mentre Edmund si alzava dalla sedia e si avvicinava.
-Com'è... com'è andata?
Sibilò Margaret, guardando il ragazzo che si metteva al centro della stanza.
-All'inizio pensavo bene, ma mi sbagliavo. Ha... ha visto mia nonna. Ha visto quello che faceva quando restavo a casa con lei.
Sussurrò lei, nauseata dal ricordo che aveva appena rivissuto e che ora il professore conosceva. Margaret iniziava a essere decisamente ansiosa per quello che la aspettava, e anziché preoccuparsi per quello che avrebbe potuto scoprire Piton di lei, preferì concentrarsi su Edmund.
-Libera la mente.
Disse il professore. E lui ci provò. Immaginò, come faceva sempre, un muro di mattoni. Quello dell'entrata di Diagon Alley, per la precisione. Occupò tutti i suoi pensieri con quel muro, sino a che l'immagine stessa non perse di significato. Azzerò tutte le sue preoccupazioni. Quando sentì
-Legilimens.
Però, fu come se dentro di lui una alla volta tutte le corde che lo tenevano piantato sulle sue posizioni si spezzassero. Sentì uno schianto dopo l'altro, sinché non si ritrovò in mezzo alla Sala Comune, nei sotterranei.
 
Frannie e Jasmine erano davanti a lui che parlavano del sultano di Agrabah. Ogni tanto Frannie lo guardava apprensiva, la sentì sfiorargli la gamba con la mano. Lui sapeva perché, e non sapeva se la cosa gli faceva piacere oppure lo indispettiva. Intanto i membri della squadra di Quidditch, che festeggiavano lì nella Sala, si stavano vantando del fatto di essere in testa alla classifica di 200 punti, un vantaggio invidiabile.
"...Sì, non ci resta che vincere contro Pott-" disse Higgs con noncuranza prima di cambiare completamente discorso "Hey, guardate! Westergard si sta dando da fare!"
Almeno dieci paia di occhi - compresi quelli di Edmund - si alzarono o si voltarono in direzione di Hans e Mag, che si baciavano con trasporto ed entusiasmo; lui con le braccia intorno ai fianchi della ragazza, mentre lei con le mani immerse nei capelli rossi di lui.
Sentì Jasmine esultare e Frannie sorrise soddisfatta... prima di voltarsi verso di lui che tornava a posare lo sguardo sul tavolino, completamente interdetto.
Sì sentì nauseato, un vero schifo. C'era qualcosa nella sua testa e nel suo petto che pulsava, sentiva le budella torcersi e pensò che avrebbe potuto vomitare di fronte a tutti da un momento all'altro. Acchiappò alla cieca un'ennesima burrobirra prima di buttarsela in gola mentre la coppietta usciva ridacchiando dalla Sala Comune, mano nella mano.
 
-Potrei vomitare.
Sibilò il mago, con un'espressione di puro disprezzo.
-Patetico Pevensie. Tieni a bada questo genere di pensieri quando sei in mia presenza.
Il ragazzo lo guardò, completamente annichilito, senza rispondere.
-Rosander, sai cosa fare.
Lei, che sino a quel momento aveva provato per Edmund una forte compassione, si riscosse terrorizzata. Se era andata così male agli altri due, chissà lei che figura avrebbe fatto.
-É stato orribile.
Mormorò invece Edmund all'amica, andando a sedersi. Lei lo guardò comprensiva.
-Che cosa ha trovato?
Lui restò indeciso per un attimo sul dirle la verità. Sicuramente sarebbe morto piuttosto che rivelarlo a Margaret, che se avesse saputo che Piton aveva visto un suo limone con Hans si sarebbe buttata dalla torre di astronomia. Poi però, guardando Frannie, decise che dopo tutto il tempo in cui lei aveva sopportato le sue paturnie amorose su Mag avrebbe anche potuto dire cos’era successo.
-Non dirlo a Margaret, ti prego. Se sa che ho mostrato una cosa del genere a Piton mi ammazza.
-Mi stai preoccupando. Certo, non lo dirò a nessuno.
Sussurrò l'amica in risposta.
-Ha visto Hans.
Mentre Frannie si portava le mani al viso, Margaret cercava di non pensare a nulla.
"Svuota la mente Mag, svuota la mente."
Pensò, più intensamente che poté. Come tutti ben sanno, però, pensare di non pensare a niente significa pensare a qualcosa, e Piton non trovò nessuna resistenza ad attenderlo quando disse, con voce ferma
-Legilimens.
 
"Come fai a essere così brutta?"
Esclamò Jordan, che per ironia della sorte era il bambino più brutto che Mag avesse mai visto. I suoi amichetti dietro di lui si misero a ridacchiare.
"Rosander è bruttissima!"
Fece eco un altro.
"Lasciami stare!"
Piagnucolò Margaret, e tentò di spingerlo via per andare a occupare uno dei posti sul pullman che la avrebbe portata a scuola.
"Non l'hai capito che non ti vogliamo seduta vicino a noi?"
Continuò il primo, spingendola a sua volta.
"Lasciami stare!"
Riprovò la bambina, sull'orlo delle lacrime. Ogni giorno lo stesso supplizio. Lo scuolabus passava davanti a casa sua, e una volta salita Jordan e la sua cricca la tormentavano sino all'arrivo.
"Come facciamo a farci vedere sul pullman vicino a una ranocchia come te? Non piaci a nessuno!"
"Sei caduta dal seggiolino da piccola, eh Maggie? Altrimenti come faresti a essere così storta?"
"Io non sono storta!"
Provò a replicare Margaret, singhiozzando.
"Guardatela, è tutta rossa! Sembra un pomodoro spiaccicato!"
Gli altri risero a crepapelle.
"Che fai ora, piangi? Vuoi dirlo alla mamma? Tanto non crederà mai a una stupida come te!"
 
-Pensavo non si potesse fare peggio, invece Rosander riesce sempre a stupirmi. Non ci hai neanche provato.
Margaret tremava. Erano anni che non pensava a quel periodo delle elementari in cui Jordan faceva il bullo con lei e la prendeva in giro. Un periodo nero da cui si era emancipata, faticosamente, tanto tempo prima. Che aveva cercato di dimenticare. E ci sarebbe riuscita, se quel ricordo non fosse affiorato in quel momento.
Sì proibì categoricamente di piangere davanti a Piton, e ricacciò indietro le lacrime causate dalla riscoperta dei suoi vecchi ricordi e dal totale fallimento e l'umiliazione davanti al professore e i compagni. Andò a sedersi a testa bassa. Edmund desiderò afferrarle la mano, ma sotto lo sguardo indagatore e severo del mago non osò muoversi.
-Firwood, avanti. Non perdiamo tempo.
Il turno successivo per lei fu un po' meno disastroso del precedente.
Frannie si fece sottrarre il ricordo di Daphne Greengrass, di quando la aveva vista con Tony la prima volta, di come si era ubriacata, la aveva fatta inciampare con la magia e vedendo Tony che la aiutava si era messa a piangere. L'uomo ci mise almeno cinque secondi in più della volta precedente a fare breccia nelle sue difese. Non riuscì a contrastarlo, ma era qualcosa. Quando terminarono, il professore commentò aspramente sulla nausea che gli provocavano i problemi adolescenziali. Non disse una parola sulla sua performance, il che era quasi come un complimento.
A Edmund andò decisamente peggio. Per lui fu breve. Qualche secondo di buio, e dita gelide iniziarono a scavare tra gli strati della sua mente. Si soffermarono pochi istanti su un singolo fotogramma.
La madre addormentata con la testa posata sul tavolo. Un bicchiere vuoto davanti a lei, che puzzava di whisky incendiario. Una copia della Gazzetta aperta poco distante, con qualche goccia di whisky, o forse di lacrime, probabilmente entrambi.
 
SCONTRO AL CENTRO DI LONDRA TRA AUROR E EX MANGIAMORTE, DODICI BABBANI OBLIVIATI, UN MORTO.
Thomas Pevensie, trentaquattro anni, perde la vita in uno scontro magico a Charing Cross, per mano di una banda di simpatizzanti Mangiamorte. I cinque non sono ancora stati identificati dalle autorità e hanno creato scompiglio in una via babbana verso le due di notte, quando...
 
-Non va affatto bene Pevensie, devi impegnarti di più. Se tieni ai tuoi ricordi farai meglio a imparare a schermarli da occhi indiscreti.
Edmund voleva rispondere che non capiva cosa mai sarebbe potuto fregare a Voldemort o ai suoi seguaci della morte di suo padre o di Hans Westergard, ma teneva alla sua vita, quindi non lo disse.
-Scusi, signore.
Disse invece. Quella lezione si stava rivelando molto più pesante del previsto e lui non aveva nessuna intenzione di crollare.
Margaret non aspettò neanche di essere chiamata. Si alzò come svuotata e si diresse al centro della stanza. Chiuse gli occhi.
Anche questa volta al professore bastò poco per scandagliare i suoi pensieri in modo scientifico. Vide i ricordi di quando ai primi anni a Hogwarts i più grandi bisbigliavano alle sue spalle perché era nata babbana. O di quando prima delle vacanze era stata aggredita da Nott per lo stesso motivo.
È finita la pacchia, Rosander.
E con quella frase trasformava il mondo magico in un posto ostile e spaventoso. Vide la sua paura di Voldemort e che tutto tornasse come quindici anni prima. Il professore non spese una parola sul comportamento inaccettabile dei compagni, che aveva visto nella mente della ragazza. Al contrario, la umiliò dicendole che si sentiva preso in giro da una sua tale mancanza di impegno e la mandò a posto.
Da quel momento non ci fu bisogno di chiamarli, si succedettero a turno. Frannie e Edmund erano altalenanti coi risultati, e i ricordi rispolverati all'improvviso facevano loro male. Margaret invece dopo quel primo ricordo dell'autobus non era più riuscita a riprendersi. Esercitandosi nei giorni precedenti non era mai riuscita a sgombrare la mente con successo, troppi pensieri, non riusciva a isolarsi, e la cosa nel pratico si faceva sentire.
Dove nel patronus la magia le era uscita naturale e la sua positività aveva brillato, ora faticava.
Quella stessa naturalezza che invece nel patronus le era mancata, la stava sperimentando ora Frannie. Che si alzò per l'ennesima volta in piedi, e si piantò con convinzione davanti al suo professore. Inspirò, espirò, e cercò di non pensare. Di sentirsi leggera come se stesse perdendo conoscenza, prima di andare a dormire. Immaginò che i pensieri le colassero via dalle orecchie e la sua testa si svuotasse di colpo. Per un attimo pensò che si sarebbe addormentata.
-Legilimens.
Per qualche secondo non successe niente. Avvertì un'energia che si insinuava in lei e vagava nel vuoto in cerca di qualcosa. Quando tranquilla, in pace, era sicura che quella forza se ne sarebbe andata a mani vuote, apparve un brandello di pensiero. E la cosa lo afferrò a tutta forza.
 
Era giorno, una bella giornata di sole di Settembre. Si trovava in giardino con suo cugino Francis. Quella mattina era un po' preoccupata perché sua madre era corsa al San Mungo con Gabriel, il suo fratellino, che non si sentiva bene. Così suo padre la aveva lasciata dagli suoi zii per svagarsi, e la bambina era decisamente di buon umore in quel momento.
Josh Firwood si materializzò in mezzo al giardino, aveva l'aria sbattuta come ogni tanto quando tornava dal turno di notte. La bambina ebbe per un attimo la buffa impressione che avesse pianto.
Sua zia, che stava sulla porta a vederli giocare, con uno sguardo parve capire cos'era successo e chiamò Francis, suo figlio, all'interno.
 
Non voglio vedere.
 
"Me lo tieni?"
Chiese Frannie, porgendo al cugino il suo succo di zucca, che questi afferrò prima di entrare in casa in tutta fretta.
"Papà, sei già tornato? Uff! Cosa c'è?"
 
Smettila, non lo voglio vedere.
 
"Mamma sta per tornare a casa, vuoi venire a aspettarla con me?"
"Se proprio insisti... Gabriel non c'è?"
 
Smettila, smettila, smettila, smettila.
 
"Vieni qui, Frannie. Ti devo dire una cosa."
Aveva sette anni, ma iniziava a capire che qualcosa seriamente non andava. Troppo seriamente.
"Che cosa c'è?"
"Gabriel, lui... lui non... lui non tornerà più."
 
Sentì come se per tutto quel tempo si fosse teso un elastico dentro la sua testa e lei lo avesse appena tagliato con le forbici. La cosa che si stava allungando faticosamente dentro di lei saltò all'indietro dolorosamente con uno schiocco. Tutto si fece bianco di nuovo.
-Non lo voglio vedere!
Disse a voce alta, per poi portare la mano alla bocca.
Edmund e Margaret sbiancarono.
-Mi scusi.
Pigolò timidamente. Il professore la fulminò con lo sguardo.
-Mi scusi, signore.
-Mi scusi, signore.
Obbedì.
-Torna subito a posto e continua a esercitarti. Per te oggi finisce qui. Voi altri, vi manca un turno. Forza, non ho tempo da perdere.
-Lo hai... lo hai respinto?
Chiese Margaret, ancora scossa.
-Credo di sì, forse. È un po' come con la maledizione imperius, se ci pensi.
L'altra arricciò le labbra. A lei sembrava molto peggio della maledizione imperius, che tra l'altro l'anno prima aveva contrastato meglio dell’amica. Decise che fosse più saggio non dirlo.
Intanto Edmund fronteggiava il professore per l'ultima volta quella giornata. Il pensiero di dover parlare con Lucy a breve iniziava a disturbarlo, ma era deciso nell'impegnarsi al massimo per l'ultima prova di quella giornata. Effettivamente la lezione lo aveva aiutato a distrarsi da Peter.
Quando il professore pronunciò l'incantesimo lui quasi non lo sentì.
Era tranquillo. Svuotato. Vedeva il muro di Diagon Alley svanire davanti ai suoi occhi pigramente. Non pensava a nulla, non era nulla. Non si accorse di una forza vischiosa che strisciava metodica e precisa in quell'immensità di niente e si espandeva, si allungava e lo riempiva senza successo. Fu questo che lo fece soccombere all'incanto. La sua sicurezza di aver vinto. Appena si rese conto che la forza non aveva il sopravvento, seppe che ce l'aveva fatta. Piton non era più il suo problema. Il suo problema era dire a Lucy della lettera di Peter.
 
Peter.
 
E fu in quel momento che vide la sua faccia paonazza che urlava.
 
"Se qualcuno sapesse qualche informazioni e me la riferisse..."
Il suo sguardo era fisso su di lui.
"Sappia che so essere molto riconoscente. E che avrebbe ottime chance di diventare il mio erede designato e passare a dormire nei miei alloggi, e mangiare alla mia mensa. Tutta un'altra vita, non vi pare?"
"Per quanto sembri un'offerta allettante", disse Peter, guardandola in viso, "purtroppo nessuno di noi potrà approfittarne. Non abbiamo idea di quello di cui stai parlando".
Sapeva cosa stava per succedere. Sapeva cosa stava per succedere e non voleva che succedesse.
"Questo ti scioglierà la lingua. Crucio".
Quello che sentì poi, furono le urla di Peter che gli fecero gelare il sangue nelle vene. Il ragazzo era caduto in ginocchio, si contorceva davanti agli occhi divertiti della Sala.
"No! Smettila! Smettila!"
Sentì gridare Susan, mentre correva verso il fratello, seguita da Lucy. Due uomini saltarono in mezzo a loro e le afferrarono prima che potessero raggiungerlo. Edmund era congelato sul posto. Ricordò la sua profonda, viscerale, sensazione di vittoria. E si vergognò come un cane.
I suoi pensieri sfumarono. Aveva paura, era terrorizzato. Vedeva Jadis da lontano, come se fosse dall'altra parte di un tunnel. Lui la vedeva chiaramente, ma lei non vedeva lui.
"Trovata!" sentì da dietro le sue spalle, e si voltò. Peter, con il suo mantello viola che gli avevano regalato per Natale, era acquattato al muro e si avvicinava lentamente.
“Sapevo che l'avrei trovata!”
"Pete, che stai facendo? Vattene subito!"
"Non mi sta guardando, forse non è il caso di battere subito in ritirata. Posso ancora fermarla."
"Cosa ti salta in mente? Non ti ha ancora visto, puoi andartene, esci subito di qui!"
Come se l'avesse appena sentito, Jadis si voltò e inchiodò suo fratello con lo sguardo. La sua lunga mantella bianca come la neve ondeggiò al movimento dei suoi fianchi.
"Peter, caro. Finalmente sei arrivato."
Fu in quel momento che Edmund ebbe l'assoluta certezza che Peter sarebbe morto.
 
-La presunzione è la tua debolezza. Sei solo un ragazzino stolto. Credevi di avermi respinto e mi hai dato accesso alla tua paura. Non puoi permetterti di commettere questo errore. Mai più. Vai al posto.
Il ragazzo obbedì, ancora scosso. Si lasciò quasi cadere, abbandonandosi sulla sedia. Guardò Frannie con aria stralunata mentre Margaret si avvicinava al professore come un condannato al patibolo.
Margaret ci provò. Ci provò sul serio stavolta. Ma aveva appena fatto un viaggio in prima classe tra i suoi peggiori ricordi, e il professore la aveva umiliata davanti al suo ragazzo e alla sua migliore amica.
Tentò di rilassarci e di non pensare. A occhi chiusi si esercitò come faceva prima di andare a letto. Appena sentì il movimento del professore che alzava la bacchetta, fu certa che non avrebbe funzionato. Aveva appena pensato a qualcosa.
Aveva pensato a quando un uomo adulto la aveva guardata con quello stesso disprezzo l'ultima volta prima di quel giorno.
Aveva pensato a
-Legilimens.
 
Suo padre. Al tavolo della cucina. Ora di pranzo. L'estate prima.
Claire, sua sorella più grande, aveva un po' odorato il disastro e si teneva lontana dal tavolo con la sedia, in posizione difensiva.
Francy, la testa calda, lo guardava con decisione. Margaret invece era seduta ferma, che osservava la scena pronta a intervenire. Sentiva montare la rabbia dentro, incontrollabile.
"Non è possibile che stiate in giro con quella gentaglia tutto il giorno! Oggi restate a casa e state con noi. Discorso chiuso."
"È estate e mi hanno invitata al Lago. E io ci andrò."
Rispose Francy, risoluta, senza muoversi di un millimetro.
"Oggi restate a casa a studiare."
"Papà, non hanno nulla da studiare. È Agosto, lascia loro fare quello che vogliono, per una volta."
"Stai zitta, Claire! Nessuno ha chiesto il tuo parere! Solo perché ora sei fidanzata non significa che le regole le faccia tu qua dentro!"
Rispose, quasi urlando, sbattendo il bicchiere sul tavolo.
"Francy ha preso minimo B in tutte le materie quest'anno. Non si merita questo trattamento. E nemmeno io, che l'anno scorso..."
"L'anno scorso cosa, eh Margaret? L'anno scorso cosa?? Le lettere che sono in quelle specie di pagelle non significano niente per me, potresti anche aver preso tutte D per quel che ne so io."
"Ma io..."
"E anche se così non fosse..."
Continuò a voce alta, rosso in faccia
"Non mi interessa quanto diventi brava nel fare i tuoi trucchetti da mercato. Quando studierai cose per persone intelligenti, come matematica e fisica, potrai avere voce in capitolo."
"Tu nemmeno ci sei andato a scuola, questo è ridicolo!"
Gridò Francy esasperata, alzandosi di colpo dalla sedia. Claire si portò una mano alla bocca. Joseph si alzò a sua volta e si avvicinò velocemente.
"Non permetterti mai più, hai capito? Sei ancora una ragazzina stupida, sei una bambinetta, non permetterti mai più!"
Le urlò in faccia, la ragazzina indietreggiò spaventata, l'uomo continuava a urlare a un centimetro dal suo volto in modo minaccioso. Francy, improvvisamente, scoppiò a piangere.
"Papà! Basta! Ci stai spaventando!"
Urlò Margaret, avvicinandosi per mettersi tra i due.
"E fate bene a spaventarvi! Oggi restate in questa casa, perché lo dico io! Sono io che faccio le regole qui! E voi dovete fare tutto quello che dico e stare zitte!"
"Io non sto qui un minuto di più. Me ne vado a dormire dalla nonna."
Mormorò Francy tra i singhiozzi, e Margaret le accarezzava la schiena con la mano, in segno di conforto.
"Stai esagerando, smettila."
Disse Claire, asciutta, cercando di mantenere la calma. Margaret non ci vide più e sfilò la bacchetta dalla tasca.
"Stai bene attento a quello che dici".
Gli ordinò Mag a denti stretti, gli occhi arrossati, anche lei sentiva le lacrime avvicinarsi.
Come tutti i babbani che vivono con dei maghi, alla vista della bacchetta Joseph si ritrasse come scottato. Fissava quel bastoncino di cipresso con orrore malcelato, senza riuscire a distogliere lo sguardo.
"Cosa vuoi fare? Cosa stai facendo?"
Chiese, tentando di suonare intimidatorio ma lasciando trasparire la sua paura e la sua diffidenza.
"Andiamo a fare lo zaino, Francy. Mi rifiuto di stare ancora in questa casa."
Le disse in tono dolce ma deciso, prendendola per un braccio e portandola su per le scale. Lui non rispose e non tentò di fermarle.
"Non ti stupire se una volta cresciute non metteranno più piede qua dentro. Ti stai facendo odiare dalle tue stesse figlie, e presto sarà troppo tardi."
Sentì dire a Claire, mentre si allontanava, lasciando che le lacrime le scivolassero finalmente sulle guance.
 
Il professore la guardava come se avesse appena contratto una brutta forma di spruzzolosi.
-Se non avete intenzione di impegnarvi, non rubate il mio tempo. L'Occlumanzia è una delle discipline più complesse per un mago o una strega. Richiede costanza. Impegno. Convinzione. La prossima settimana, se avete intenzione di venire come un gruppo di scolarette terrorizzate non venite affatto. Ora andate via. Abbiamo finito.
Margaret lo guardava con gli occhi spalancati. Che avesse visto quel ricordo doloroso di lei con il padre le faceva male. Averlo rivissuto le faceva male. Essere stata derisa e accusata di scarsa convinzione a causa di questo ricordo le faceva male.
Registrò Edmund che si alzava e le afferrava il braccio per portarla fuori dall'aula.
-Arrivederci professore, grazie.
Mormorò.
-Arrivederci.
Disse anche Frannie.
-Firwood, alza di nuovo la voce con me e qui dentro non metti più piede.
Disse infine l’uomo, e Frannie annuì mentre uscivano dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
-É stato orribile.
Mormorò poi, anche lei aveva gli occhi rossi. Margaret lasciò andare il primo singhiozzo.
-Non possono vederci tornare così da una ripetizione di pozioni. Capiranno che qualcosa non va. Andiamo nella vecchia aula di babbanologia.
Ordinò Edmund, che ora teneva Mag per mano. Guardò Frannie per assicurarsi che avesse capito anche lei e si diressero nell'aula vuota in silenzio.
Incontrarono un gruppetto misto del terzo anno, poi i prefetti Corvonero, che li guardarono con curiosità. Videro da lontano Wade Wilson che si avvicinava e entrarono svelti nell'aula, prima che potesse guardarli bene in faccia. Un volta entrati, Frannie si abbandonò al muro e strisciò la schiena sino ad accovacciarsi per terra.
-Beh, ora Piton mi conosce meglio di mia madre, è ufficiale.
Ridacchiò, era una risata nervosa. Si portò le mani al volto.
-L'ha detto lui stesso, no? È molto difficile questo argomento. Il più difficile di tutti.
Cercò di argomentare Edmund, visibilmente scosso ma che cercava disperatamente di tenere il controllo della situazione.
-Non l'ho respinto nemmeno una volta!
Mormorò Margaret, che aveva le guance rosse e aveva continuato a singhiozzare. Edmund la abbracciò.
-Vado a cercare Tony.
Disse Frannie allora, alzandosi di scatto.
-Fran, non puoi...
Iniziò Edmund, mentre accarezzava i capelli alla ragazza. Lei sussurrò qualcosa al suo orecchio che gli suonò come "falla andare, per favore", e l'altra disse
-Gli dirò che Piton era di malumore e ci ha presi di mira. Non è così strano.
Così lui, dopo un attimo di esitazione, annuì.
-Non ti scucire troppo.
La ragazza rispose con un breve cenno di assenso e uscì senza dire una parola.
-Scusa.
Mormorò Margaret, con la testa posata sulla sua spalla.
-Non devi scusarti, Mag. Siamo tutti sconvolti.
-Non sono buona in niente, non ci accetterà più a lezione e sarà tutta colpa mia!
Edmund si irrigidì, oltraggiato da quelle parole.
-Scherzi, vero? Tu sei bravissima! Hai evocato un patronus al secondo tentativo, il mese scorso! Il secondo! Questo è l'argomento più difficile dell'anno, neanche io sono riuscito a respingerlo, non solo tu! È normale che sia complicato, l'ha ammesso anche lui. La prossima volta andrà meglio.
Rispose affettuoso, accarezzandole i capelli. Lei scosse la testa.
-Non è vero. La prossima volta sarà uguale. E ha visto tante di quelle cose, mi sono sentita così umiliata... Ha visto mio padre, la volta che sono scappata di casa quest'estate, quando l'ho minacciato. E Jordan, il bullo delle elementari, te ne ho parlato, vero? Ero presa di mira quando ero piccola. Mi sono sentita di nuovo così, davanti a Piton. Non riuscirò più a guardarlo in faccia...
-É Piton, Mag. So che detto così sembra ancora peggio, fammi spiegare. Lui è un grande occlumante, vede questo genere di cose tutti i giorni! Sai quante volte qualcuno ha avuto una cotta per qualcun altro alle sue lezioni e lui lo sapeva? Quante volte, che ne so, il gufo di qualcuno è morto e lui l'ha scoperto così? Quante cose imbarazzanti sente ogni giorno? Domani se ne sarà dimenticato. Che dico, domani? Adesso se ne sarà già dimenticato! E sarà impegnato a leggere qualche libro sui pipistrelli, o sulle fogne, o su qualunque cosa si interessi uno come lui! Starà facendo una pennichella in una bara di mogano o roba del genere.
Mag sì separò dall'abbraccio per un attimo e lo guardò sorridendo.
-Sei un cretino, Edmund Pevensie.
Lui le accarezzò la guancia.
-Dico sul serio eh. Sicuramente dorme in una bara, ci scommetto un galeone!
-Ah, se ci scommetti un galeone è roba seria!
Rispose lei, con gli occhi gonfi e arrossati ma con un ghigno divertito. Il ragazzo le baciò la punta del naso, dolcemente.
-É normale essere scossi, lo siamo tutti. La prossima volta andrà meglio, e quella dopo ancora meglio. E se non andasse, sapremo che ci saremo fermati all'ultimo argomento, quello più difficile. Questo ci rende già meglio di tutti gli altri studenti della scuola.
Lei annuì silenziosa, non tanto convinta.
-Ora non sei a casa con tuo padre e non sei nemmeno alle elementali, o come si chiamano quelle scuole per marmocchietti babbani. Sei a Hogwarts, sei una strega bravissima e tu lo sai. E le persone ti rispettano qui.
-Ultimamente non più di tanto.
Borbottò lei, alzando gli occhi al cielo.
-E se qualcuno non ti rispetta, allora vorrà dire che lo fattureremo! Così impara! Che ne dici?
Incalzò lui, asciugandole una lacrima con il pollice, la mano posata sulla sua tempia. Lei annuì.
-Grazie, Ed.
Mormorò, sorridendo.
-Sei più bella quando sorridi.
Le disse lui, a bassa voce, fissandole le labbra senza riuscire a distogliere lo sguardo.
-E tu fammi sorridere di più, allora.
Gli sussurrò all'orecchio, dopo essersi avvicinata lentamente. Un brivido gli corse lungo la schiena.
"Questa ragazza sarà la mia fine"
Pensò. Le diede un bacio sullo zigomo, poi sulla fronte e infine sulle labbra.
-Resterei qui tutta la notte.
Disse lui, malinconico.
-Mi piacerebbe.
Rispose lei, accarezzandogli il braccio.
-Fanculo le regole, voglio stare un po' da solo con la mia ragazza. Scappiamo.
Le disse, con il sorriso furbo che le mandava regolarmente in pappa il cervello.
-E dove andiamo, esploratore?
Gli chiese, curiosa.
-Usciamo dal passaggio segreto dietro la strega orba. Sgattaioliamo via dal giardino e ce ne andiamo a Hogsmeade. Poi ci smaterializziamo a casa dello zio Digory. Non si accorgerà di noi.
-A casa di tuo zio? E cosa ti fa pensare che non se ne accorga?
I suoi occhi brillarono.
-Ha una stanza vuota, al piano di sopra. C'è solo un vecchio armadio guardaroba. Non ci entra mai. Trasfigureremo qualche acaro della polvere in un letto e passeremo lì tutto il tempo sino a Luglio. Se qualcuno per sfortuna entrerà, ci nasconderemo nell'armadio!
-E di cosa vivremo, in questo tuo fantastico piano?
-D'amore, è ovvio!
Esclamò lui, spalancando teatralmente le braccia.
-Vivere d'amore per cinque mesi mi sembra un po' esagerato.
Ridacchiò lei.
-Possiamo sempre provare, e se poi non riusciamo vorrà dire che moriremo!
Rispose, alzando le spalle.
-Che proposta allettante!
Esclamò lei, alzando gli occhi al cielo.
-Però ti ho fatta smettere di piangere. Stai sorridendo.
Lei scosse la testa.
-Sì, hai ragione.
-Stai meglio ora? Devo andare da Lucy a dirle... beh, tu sai cosa.
La realtà colpì Margaret come una scossa elettrica.
-Oh Merlino Ed, ho parlato tanto di me e non ti ho chiesto come stai! Vuoi che ti accompagni? Come ti senti? Non devi dirglielo proprio oggi, se non vuoi.
Lui alzò le spalle.
-Domani avrò ancora meno voglia. Mi voglio tirare il dente subito.
-Vuoi che venga con te?
Il ragazzo scosse la testa.
-No, grazie. Sono questioni familiari un po' delicate. Poi ti racconto tutto. Poi dopo quello che Piton ha visto oggi ne ho ancora meno voglia...
Scosse la testa, cercando di non pensarci. Per un attimo in fondo ai suoi occhi Margaret ebbe l'impressione di vedere tutta la sua sofferenza.
-Cosa ha visto? Se vuoi parlarmene, intendo.
Lui fece una smorfia.
"Te che limoni con Hans"
Pensò subito, ma decise che non era proprio il caso di dirlo per non imbarazzarla di più.
-Ha visto che sono preoccupato per Peter. Non ho pensato a quelli dell'Ordine, non chiaramente per fortuna, o penserà che qualsiasi occlumante in erba potrebbe vedere che cosa combinano. Ho pensato solo a lui e a quello che mi ha detto, ho rivisto Lei. Ho pensato che lo avrebbe ucciso.
-Santo cielo, Ed...
-E ho visto la Gazzetta del Profeta che parlava della morte di papà.
Margaret lo baciò sulle labbra brevemente.
-Mi dispiace moltissimo, tesoro. Non posso neanche immaginare.
Si guardarono per qualche istante.
-Devi andare, ora? Io mi sento meglio. Non c’è bisogno che resti con me.
Lui scosse la testa e la strinse in un abbraccio improvviso.
-Stiamo ancora un po'.
Le sussurrò all'orecchio.
-Ho bisogno di te, adesso.
E chi era Margaret per rifiutare una richiesta del genere? Così si lasciò andare.
 
Quando Frannie arrivò davanti alle cucine, per qualche minuto non passò nessuno. Ebbe il forte desiderio di bombardare il quadro d'entrata e chiamare Tony a pieni polmoni direttamente dalla Sala Comune della sua Casa. Quando si era quasi rassegnata, il quadro si aprì.
Zacharias Smith usciva pigramente dalla Sala Comune, diretto chissà dove. Quando vide Frannie alzò un sopracciglio.
-Che vuoi qua fuori?
Lei si trattenne a stento dallo strozzarlo. Batté nervosamente il piede sul pavimento di pietra.
-Tony. Potresti chiamarlo per favore?
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo e tornò indietro, strisciando i piedi per terra.
"Crepa"
Pensò Frannie,
-Grazie!
Disse invece.
Quando Tony spuntò fuori aveva un cipiglio preoccupato, che quando vide la ragazza si accentuò. Zacharias era uscito subito dietro e si era già dileguato alle sue spalle.
-Fran, cosa c'è?
Chiese, avvicinandosi e guardandola con attenzione per vedere se andava tutto bene.
-Ripetizioni con Piton. Era di umore pessimo, non so perché, ci ha umiliati per due ore. È stato orribile.
Mormorò, con lo sguardo basso. Lui la abbracciò e le diede un bacio sulla cima della testa. Quando la ragazza aveva le scarpe basse lui la superava di quasi quindici centimetri.
-Andiamo a fare un giro, avanti.
La prese per mano e camminarono per il portico che dava sul giardino. La sera faceva ancora freddo in quel periodo dell'anno, e non c'era nessuno là fuori. Frannie tremò.
-Hai freddo?
Le chiese, usando un tono pacato per rassicurarla. Lei annuì. Sì fermarono e il ragazzo iniziò a sfregare le mani sulle sue braccia.
-Meglio così?
Annuì di nuovo. Lui le sorrise, poi aggrottò la fronte.
-C'è dell'altro, vero? Non è da te prendertela tanto se Piton ha una brutta giornata. Senza contare che lo abbiamo avuto oggi a lezione e mi sembrava come al solito.
Lei si morse il labbro, colta in fallo. Pensò velocemente a una scusa.
-In realtà c'è dell'altro, sì.
-Non farmi preoccupare, avanti. Dimmi cosa non va.
Intimò, guardandola negli occhi. Le diede un bacio sulla fronte, poi un altro. Dato che non rispondeva, un altro ancora. Poi si fermò.
-Sto aspettando, Fran.
-É che non voglio tediarti con le mie stronzate.
Lui alzò le spalle.
-Ho sempre voglia di ascoltarti, non disturbi mai. E poi ormai sono qui, no? Tanto vale parlare.
Lei sbuffò, poi si decise a esporsi. Dato che la storia aveva una parvenza di verità, era sicura che sembrasse convincente.
-Stanotte ho avuto un incubo. Ho sognato... Gabriel. Ho sognato il momento in cui mio padre mi ha detto che era... beh, lo sai.
Il ragazzo la guardava attento e intanto le accarezzava il viso, senza interromperla.
-Sono stata di umore pessimo tutto il giorno, e poi odio il martedì perché non abbiamo nemmeno un'ora buca in comune e non ci vediamo mai, e avevo bisogno di te. E poi è uscita quella cosa del Cavillo, e io sono corsa in camera per far finta di non averlo visto perché questa cosa di dare sempre ragione al Ministero è frustrante. E sai che odio fare così, e oggi ho dovuto farlo, e avevo dormito di merda, e non ci siamo visti per niente... e poi questo pomeriggio ci si è messo anche Piton.
Mentre enumerava le parzialmente vere disavventure della giornata gli occhi le si riempirono di lacrime.
-Ehi, ehi, ehi. Frannie. È tutto a posto.
Sussurrò lui, stringendola.
-É tutto a posto. Ci sono io adesso, non devi preoccuparti.
La ragazza tirò su col naso.
-Scusa.
Sussurrò tra le lacrime.
-Non devi scusarti, sono il tuo ragazzo, consolarti è il mio lavoro.
Scherzó lui.
-Perché non possiamo dormire insieme?
Chiese lei, frustrata.
-Perché tu sei una maledetta vipera, ecco perché!
-Fessorosso.
Rispose lei, ridacchiando.
-Ehi, come ti permetti?
Lei gli baciò il collo in risposta. Si separò dall'abbraccio.
-Quando finiamo il tirocinio e ci danno uno stipendio...
Lui ghignò.
-A me danno uno stipendio anche mentre faccio il tirocinio. Sono un guaritore, io.
Lei alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
-Quando finisco il tirocinio e mi danno uno stipendio,
Corresse,
-Andiamo a vivere insieme?
Lui sbatté le palpebre, colpito dalla domanda. La guardò qualche istante.
-Ma certo che andiamo a vivere insieme. Altrimenti chi ti manterrà quando porterai il caffè al Ministro, per vivere?
Lei gli diede un ceffone scherzoso ma non riuscì a trattenere una risata. Allora lui le afferrò il volto e la baciò. Moltissimi secondi dopo, quando si separarono, avevano il respiro affannoso.
-Certo che vengo a vivere con te. Quando saremo fuori di qui non voglio perdermi un minuto.
Lei gli sorrise, sentendosi felice come non si sentiva da tempo.
-Grazie.
 
Edmund fece appena in tempo a vedere la Signora Grassa che il quadro si spostò davanti ai suoi occhi e la faccia pallida di Colin Canon sbucò dall'altra parte. Come lo vide, il ragazzo sussultò.
-Oh! Edmund. Ehm, ciao. Ti serve... Serve qualcosa?
Dopo la pausa rinfrancante con Margaret, riuscì persino a ridacchiare vedendo il ragazzino che come sempre davanti a lui si sentiva in assoluta soggezione.
-Vorrei vedere mia sorella, per favore.
-Tua… sorella?
-Lucy, Colin. Hai presente? Occhi celesti, capelli castani, alta più o meno così, molto irritante...
Il ragazzo arrossí sino alla punta delle orecchie.
-Oh, Lucy, certo, Lucy! Certo!
Balbettò, e rientrò di corsa dentro. Nemmeno un minuto dopo, la piccola Pevensie uscì allo scoperto, infastidita.
-Ed, cosa hai fatto a Colin? Lo hai terrorizzato. Non uscirà dal dormitorio sino a cena. Guarda che se lo tratti male io...
Lui alzò le mani in segno di pace.
-Niente! Lu, ti giuro, niente! È lui che è un cuor di leone...
Disse, sarcastico. Lei alzò un sopracciglio.
-Sei mio fratello grande, è normale che tu lo metta a disagio. Soprattutto se continui a fare il cretino. In realtà lui è molto coraggioso.
-Sì, si vede...
Scherzò lui. Lei sbuffò.
-Sei venuto qui solo per dirmi questo?
Lo sguardo di Edmund si rabbuiò.
-No. Peter mi ha scritto.
La ragazza strabuzzò gli occhi.
-Ho visto che hai ricevuto una lettera, a pranzo. È successo qualcosa?
Il Serpeverde sospirò. Non gli piaceva l'idea di mentire a Lucy su una cosa così importante, ma Peter aveva deciso di confidare una cosa a lui e a lui soltanto, e non poteva tradire un gesto del genere, gesto che sino a pochi anni prima sarebbe stato impensabile.
-Susan vuole tornare. Con Caspian. Sai cosa vuol dire, vero?
-Che lui vuole combattere, e lei con lui.
-Esatto! Peter vuole che le scriviamo per convincerla a restare.
-Ed, Susan è una donna adulta ora. Non puoi convincerla a fare qualcosa che non vuole. Te la prendi con Peter perché lo fa con te e poi fai la stessa cosa.
Quella risposta lo colpì come uno schiaffo. Stava diventando quello che odiava, con le persone che amava di più al mondo? Lo aveva fatto anche con Margaret a Settembre. Improvvisamente si sentì vecchio.
-È... è diverso!
-Ah sì? E perché?
Lui non seppe cosa rispondere.
-Non scriverò a Susan di restare in America, Ed. Ma grazie per avermi detto che Peter ti ha scritto. Digli di salutarmi la mamma.
Rispose, e dopo avergli dato un bacio sulla guancia disse
-Ci vediamo a cena.
E rientrò nella Sala Comune di Grifondoro.
Il ragazzo restò interdetto qualche secondo davanti all'entrata, riflettendo su quello che sua sorella aveva detto. Si grattò la testa confuso, sovrappensiero.
-Beh? Che hai da guardare?
Abbaiò la Signora Grassa, e Edmund decise che era ora di tornare dalle sue parti.
Si ritrovarono tutti e tre insieme solo a cena. Margaret era arrivata con Jasmine, era tornata in dormitorio dopo che Edmund si era allontanato da Lucy. Lui era stato in Sala Grande con Zabini, a giocare a scacchi magici. Aveva vinto tre partite di seguito. L'ultima ad arrivare fu Frannie, dal giardino, mano nella mano con Tony e col naso rosso per il freddo.
Si guardarono e videro che stavano tutti meglio. Sapevano che avrebbero dormito da schifo quella notte, tutti e tre, tutti alle prese con vecchi e nuovi fantasmi.
Ma sapevano anche che il giorno dopo si sarebbero rialzati e ci avrebbero riprovato.
Quello era il mondo reale, non era più solo Hogwarts. Era tempo di mettersi sotto.
 
Note autrice
Per il patronus abbiamo visto i bei ricordi del nostro trio, oggi invece abbiamo avuto un assaggio di quelli brutti, vecchi e nuovi.
Tra il nuovo decreto la lettera di Peter, e la lezione di Occlumanzia, ne sono successe di ogni.
A proposito della lettera, avete capito il pessimo linguaggio cifrato di Peter? La ranocchia gracchiante è la Umbridge, e la sua vacanza bianca è lui in cerca di Jadis, la strega glaciale, per conto dell'Ordine. Edmund non era entusiasta.
Come state?
Noi ci aggiorniamo venerdì!
 
 
[1] Mia nonna dice che quando era caduto il fascismo aveva fatto una pira di vestiti da Balilla in giardino e li aveva bruciati, così mi sono ispirata
   
 
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