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Autore: ChrisAndreini    08/02/2020    3 recensioni
Niente è meglio di una gita scolastica di una settimana per allontanarsi dai problemi di Parigi, e Verona sembra il posto ideale per rilassarsi, ricaricarsi... e magari anche trasformare una solida e profonda amicizia in qualcosa di più.
È ciò che sperano Adrien e Marinette, ma non hanno fatto i conti con le ombre del passato, pronte a tornare alla luce nel presente e invadere le strade della bella città dell'amore.
Una storia vecchia di centinaia di anni, ma di cui nessuno conosce i retroscena, le verità, i segreti più profondi.
E le enormi faccende in sospeso.
Genere: Mistero, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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L’ombra oscura e la dama scarlatta

Giorno 1

 

Verona, 1529

Un giovane dai capelli rossi correva con tutto il fiato che aveva in corpo tra le strade della città, inseguito dalle guardie cittadine a protezione dei tesori della chiesa.

Il motivo per il quale era inseguito con tale astio era facilmente intuibile: aveva derubato i tesori. E questo era un atto sacrilego oltre ogni immaginazione. 

Ma non aveva preso nulla di troppo importante, alla fin fine. E di certo niente di sacro e inviolabile, o almeno così credeva. Solo qualche gioiello che avrebbe potuto sfamare la sua famiglia per qualche settimana, o essere investito in alcool od oppio. Sebbene fosse un ladro, il giovane aveva intenzione di far fruttare il denaro per la prima cosa. Non era una persona cattiva, anche se tutto il mondo lo vedeva come tale.

Ma per vendere i gioielli per prima cosa doveva assolutamente seminare le guardie, alle quali si era aggiunto anche il prete in persona, molto più veloce di quanto il giovane avrebbe sospettato.

L’occasione perfetta si presentò non appena raggiunse il centro di Verona, più precisamente una casa parecchio grande con un cortile sul retro al quale si affacciava un balcone di pietra.

Perché dalla finestra che dava sul piano terra, il giovane scorse un viavai di persone mascherate, e niente era meglio di una festa in maschera per confondersi tra la folla e far perdere le sue tracce.

Si introdusse dal balcone, e rubò qualche abito da una delle stanze per fingersi mascherato. Poi scese senza farsi notare al piano di sotto.

Era molto abile ad agire nell’ombra e non farsi scoprire. L’unico motivo per cui le guardie lo stavano inseguendo, a dirla tutta, era che aveva annunciato la sua presenza nel tentativo di aiutare un povero credente che era caduto dalle scale, e non riusciva più a muoversi. A volte il ladro credeva di essere davvero troppo buono per fare quel lavoro, ma era abile, perciò in qualche modo compensava.

Un volta confuso tra la folla, il giovane nascose al meglio la sacca con la refurtiva, e prese qualcosa da bere, con cenni di saluto al resto degli ospiti, che finse di riconoscere.

Lanciò qualche occhiata alla finestra per controllare che le guardie non lo stessero seguendo, ma quando colse la figura di una donna in abito scarlatto, che parlava con grazia ad una signora di mezza età che a prima vista sembrava una nutrice, l’attenzione del ragazzo venne completamente catturata da lei, e dimenticò del tutto le guardie che cercava di seminare.

Era una giovane donna in età da marito, dai lunghi capelli castani e gli occhi scuri. L’incarnato pallido e gli abiti pregiati indicavano che fosse chiaramente di ceto alto. Aveva una bellezza fuori dal mondo, e un’eleganza fuori dal comune. 

Sicuramente, nella precaria situazione in cui si trovava, il ladro non doveva neanche pensare di avvicinarsi a lei. Poteva essere la padrona di casa e cacciarlo subito via, o chiamare le guardie e far ricominciare la sua fuga, sempre che fosse riuscito a scappare prima che arrivassero. Eppure non riuscì a trattenersi, e bevendo da un bicchiere di cristallo, sistemandosi la maschera in modo da essere ancor meno riconoscibile, le si avvicinò, e cominciò ad osservarla, sempre più da vicino.

La vide sorridere, salutare gli ospiti con un cenno, intrattenere conversazioni mondane e favorire piatti tipici. Non si accorse di lui, ed era molto meglio così.

Senonché, mentre rifletteva sul fatto che era proprio il caso di uscire e tornare dalla sua famiglia, al passaggio di un uomo piuttosto grosso, il giovane la perse di vista.

Fu questione di pochi istanti. Un attimo prima era lì, a pochi metri da lui, e un attimo dopo era scomparsa nel nulla.

L’uomo si mise sull’attenti, e si guardò intorno cercandola, ma prima che potesse fare alcunché, sentì la fredda punta di una lama a contatto con la sua schiena, e una dolce voce di donna che gli parlò direttamente all’orecchio, in un sussurro risentito.

-Pensavate che non mi fossi accorta che mi spiate da tutta la serata? Non siete tra gli invitati- lo accusò la voce, premendogli il coltello sulla schiena.

Sebbene la situazione difficile, l’uomo non riuscì a trattenere un sorrisino colpito.

-Mi complimento, principessa. Di solito sono piuttosto bravo a passare inosservato- commentò, alzando leggermente le mani in segno di resa, e voltandosi verso di lei, che lo lasciò fare senza però lasciar andare il coltello.

Da vicino era mille volte più bella, e il suo sguardo duro e determinato la rendeva ancora più attraente. 

-Non abbastanza, a quanto pare. Chi siete voi? Un ladro pronto a derubarci?- chiese lei, senza troppi giri di parole.

Il ladro piegò la testa, un po’ in difficoltà.

-Beh, sì e no. Non sono venuto a rubare qui, ma ammetto di aver rubato prima, e di essere venuto qui a nascondermi. Ho intenzione di restituire la casacca dei padroni di casa e la maschera, però, non vi preoccupate- cercò di tirarsi fuori dai guai, iniziando ad indietreggiare. Purtroppo, la nobildonna lo spinse contro un muro bloccandogli ogni via di fuga.

Nessuno degli ospiti si accorse di nulla, per fortuna, e mantennero entrambi dei toni rilassati.

-Sarà meglio, dato che sono oggetti dei miei genitori. Dovrei chiamare le guardie- lo minacciò, ma non sembrava sincera. Lo guardava incuriosita e molto più tranquilla di quanto il ladro pensasse fosse possibile.

-È probabile che dovreste, ma non credo che voi lo farete- la sfidò, avvicinandosi e premendosi contro il coltello.

Lei inarcò le sopracciglia.

-E per quale motivo lo credete, sentiamo- accolse la sfida, con uno scintillio negli occhi.

-Perché vi piaccio, che domande. Non temete, faccio questo effetto a tutte- scherzò, togliendo una ciocca di capelli davanti al viso.

La dama alzò gli occhi al cielo, ma non trattenne un sorrisino divertito.

-Sono sempre più convinta che chiamerò le guardie, ma prima ho un ultimo dubbio. Perché mi fissavate e cosa avete rubato?- chiese, decisa.

-Ho rubato solo qualche gioiello per sfamare la mia famiglia, e vi guardavo perché siete oggettivamente la donna più bella che io abbia mai visto- ammiccò, in tono sensuale.

La donna scosse la testa, e storse il naso. 

Ma prima che potesse ribattere, lui continuò.

-Credo che non dovrete chiamare le guardie, sono appena arrivate- commentò, guardando fisso un punto alle spalle della ragazza, che si girò di scatto, con una certa preoccupazione.

Ma non c’era nessuno dietro di lei, tranne i suoi invitati. 

Quando la consapevolezza la colpì, e si girò nuovamente verso l’ostaggio, lui era già sparito. 

Lo vide di sfuggita alla finestra, le fece un saluto, e scappò via, prima che lei potesse raggiungerlo o tirargli il coltello.

Beh, non avrebbe potuto tirargli il coltello in ogni caso, perché lui era riuscito abilmente a scambiarlo con un cucchiaio preso su un tavolo accanto, e lei non si era accorta di nulla.

La dama strinse i pugni, stizzita, e iniziò ad avviarsi fuori dalla casa, decisa a recuperarlo, anche se la miriade di gente non glielo rendeva molto possibile. La sua nutrice, Nicoletta, poi le venne quasi addosso, fermandola del tutto.

-Signorina, vi ho cercata dappertutto- esordì, senza fiato.

-Scusatemi, Nicoletta, ma sono un po’ di fretta- cercò di congedarla, ma lei la trattenne.

-No, è davvero importante. È passato Frate Lorenzo, c’è stato un furto alla chiesa- iniziò a spiegarle, agitata, trascinandola in una stanza vuota per parlare più liberamente evitando di farsi sentire.

-Sì, lo so- tagliò corto la donna, ripensando all’uomo che le era appena scappato dalle mani.

-Dice che ha rubato un anello importante- continuò Nicoletta, capendo solo in parte il significato delle parole che stava riferendo.

La dama rimase di sasso.

-Ha detto altro?- chiese poi, dandole tutta la sua attenzione.

-Non è certo, ma pensa che il ladro possa essere Romeo Montecchi- aggiunse poi Nicoletta, sventolandosi agitata una mano davanti al viso.

La donna rimase per qualche secondo immobile e in silenzio, poi si prese la testa tra le mani, sbuffando e dandosi mentalmente della stupida.

Non solo si era appena infatuata di un ladro di Miraculous, che le era anche scappato dalle mani, ma era anche il suo peggior nemico.

Poteva andare peggio di così?!

Il ladro di Miraculous, nel frattempo, era uscito con un grande sorriso e deciso a tornare presto in quella casa per continuare la conversazione con la stupenda ragazza che lo aveva conquistato subito, magari con il coltello dalla parte del manico, stavolta.

Una volta fuori dalla casa, si guardò intorno per controllare che non ci fossero guardie pronte all’esterno, e impallidì notando una scritta in pietra accanto alla casa dalla quale era appena uscito.

“Capuleti”.

Non trattenne un’imprecazione. La giovane donna aveva detto che i vestiti da lui “presi in prestito” erano dei genitori, perciò i proprietari della casa. E questo significava che la donna bellissima era la sua più grande rivale, Giulietta Capuleti.

Beh, niente di troppo grave, alla fine. Non avrebbe permesso ad una faida di impedirgli di rivederla e restituirle ciò che aveva preso.

E magari farsi anche restituire il suo cuore, già che c’era.

 

 

Museo di Castelvecchio, Verona, Presente

Marinette sorrideva senza riuscire a trattenersi, con le guance leggermente rosse e lo sguardo vagamente sognante.

Il viaggio in aereo fino all’aeroporto di Verona e quello in autobus fino a lì, senza neanche una sosta in hotel, non era stato poi così lungo, ma la ragazza lo aveva passato tutto il tempo accanto ad Adrien, sebbene Lila e Chloe avessero fatto di tutto per accaparrarsi il ragazzo, ed era stato stupendo.

Perché quella era la prima gita scolastica di Adrien, ed era eccitato come un bambino la notte prima di natale.

Il ché significava che avevano chiacchierato della gita per tutto il tempo, ed era la conversazione più lunga e casuale che avevano avuto da quando avevano scoperto le rispettive identità. 

E Marinette si era resa conto che parlare con Adrien non era più accompagnato da rossore evidente, imbranataggine e balbettii, ma era decisamente più naturale. Proprio come era parlare con Chat Noir.

Quando arrivarono al museo, Marinette avrebbe tanto voluto poter passare un’altra ora in pullman a parlare con il ragazzo, sebbene il museo fosse una delle tappe che la interessavano di più.

Beh, non tanto quanto Venezia e il museo archeologico di Verona, che sua nonna le aveva sempre dipinto come uno dei suoi preferiti.

-Sai, ho sentito che proprio in questo periodo c’è una mostra speciale, al museo. Sono davvero curioso di sapere di che si tratta- commentò Adrien, studiando a fondo l’opuscolo.

-Sai, Adrien, sono già venuta qui, qualche tempo fa. Se vuoi posso dirti tanti piccoli aneddoti. Conosco un’archeologa piuttosto importante che mi ha rivelato un sacco di cose- Lila li raggiunse, e si appoggiò al braccio di Adrien, facendogli quasi perdere la presa sull’opuscolo.

-Grandioso, Lila. Io sono abbastanza informato sul museo, ma potresti aiutare Chloe. L’ho sentita dire che non sa assolutamente nulla al riguardo- con un grande sorriso ed eleganza, Adrien scansò la pretendente indesiderata, e indicò la vecchia amica d’infanzia, che si stava lamentando con Sabrina del vecchiume contenuto nel museo.

-Oh… beh… abbiamo una guida ufficiale. Io parlavo di informazioni sconosciute che…- cercò di risollevarsi Lila, ma Adrien la interruppe, sempre con la massima calma.

-Non vorrei distrarmi dalle informazioni della guida, ma potremmo parlarne dopo la visita, se ti fa piacere. A te, Marinette, interessa?- le chiese Adrien, incoraggiante.

Marinette si sentì riempire di calore alla consapevolezza che lui considerasse importante la sua opinione, dando per scontato che sarebbero stati insieme anche dopo la visita.

Era quasi come se fossero già una coppia, ed era una sensazione davvero stupenda.

-Certo, perché no. Anche se al momento vorrei concentrarmi sulla guida ufficiale. Scusa, Lila, ma non sono mai stata al museo, e non ne so molto- le fece un sorrisino angelico. Ormai era finito il tempo in cui si irritava per ogni bugia di Lila. Finché era consapevole di sapere la verità e che Adrien la sapeva a sua volta, andava tutto bene. E poi non voleva rovinarsi la gita scolastica a causa di Lila. Alya aveva ragione, doveva concentrarsi solo sull’esperienza, e lasciare a casa i brutti pensieri.

-Allora a dopo, Lila. Oh, vieni, Marinette, è arrivata la nostra guida. Voglio essere il più vicino possibile!- Adrien salutò la compagna con un cenno e prese Marinette per il polso, prima di trascinarla verso i professori.

Lila fumava di rabbia, e li seguì a distanza.

-Vorrei che la smettesse di attaccarsi al mio braccio così. È davvero fastidioso- commentò Adrien, storcendo il naso, mentre si avvicinavano.

-Dovresti dirglielo, sai- provò a suggerirgli Marinette.

-Non sarebbe scortese?- osservò Adrien.

-Il consenso è più importante della cortesia. E poi è il modo che la determina, e so che tu sapresti dirlo senza risultare affatto scortese. È nella tua natura gentile- rispose Marinette, con un grande sorriso incoraggiante.

Adrien la guardò intenerito, poi spostò lo sguardo sulle loro mani. Teneva ancora stretto il polso della ragazza.

Si affrettò a lasciarlo, arrossendo appena.

-Spero di non essere troppo appiccicoso. È che sono così eccitato, e non vedevo l’ora di stare un po’ con te lontano dai drammi di Parigi- ammise il ragazzo, sottovoce, accennando un sorriso imbarazzato.

Marinette ricambiò il sorriso, e scosse la testa.

-A me fa solo piacere. Condivido il pensiero- confessò.

L’entrata definitiva nel museo interruppe la conversazione.

La visita fu davvero interessante, e i due ragazzi rimasero per tutto il tempo appiccicati, commentando ogni tanto qualcosa che li aveva particolarmente colpiti.

Non si isolarono però dal resto della classe.

Durante una breve pausa i due si unirono anche a Rose e Juleka, commentando dei dipinti davvero straordinari, e cercarono di includere Kim e Alix, che erano i meno interessati alla visita.

Tutto procedeva alla perfezione, almeno finché non arrivarono alla mostra speciale.

-Una delle nostre migliori ricercatrici ha allestito una mostra di vecchi manufatti, che si narra appartenessero all’Ombra Oscura e alla Dama Scarlatta- iniziò ad illustrare la guida. Era molto competente, e teneva alta l’attenzione proponendo parecchi aneddoti e curiosità. Marinette dubitava che Lila sarebbe stata all’altezza.

-Chi erano l’Ombra Oscura e la Dama Scarlatta?- chiese Rose, incuriosita, mentre procedevano per le teche piene di vestiti, gioielli, trucchi e qualche arma.

Marinette fu colpita dal ritratto di una giovane donna dai capelli castani e gli occhi scuri, con il volto coperto da una maschera, e rimase leggermente indietro.

Adrien non si accorse di nulla, troppo preso da una scultura di un uomo con un cappuccio e le mani artigliate.

-Non conoscete la Dama Scarlatta e l’Ombra Oscura? Ma cosa insegnano a scuola, di questi tempi?- commentò divertita la guida, per poi spiegare -Un’antica leggenda veronese narra di un pericolosissimo criminale: un ladro che agiva nell’ombra della notte, prendendo tutto ciò che poteva e lasciando resti di cenere da una parte all’altra. Si faceva chiamare l’Ombra Oscura. Ma una donna, una meretrice in abiti scarlatti con un grande desiderio di giustizia, cercava in tutti i modi di fermarlo: La Dama Scarlatta. Si sono inseguiti per anni, molti sostengono fossero dotati di poteri demoniaci e angelici, e che fossero amanti segreti. È probabile che la storia di Romeo e Giulietta tragga origine anche da questa leggenda- spiegò la guida, attirando l’attenzione di Adrien e Marinette, che si guardarono, pensando alla stessa cosa.

-Se volete avvicinarvi, c’è un’interessante storia dietro questo arazzo- la guida li incoraggiò a raggiungerlo, e Marinette decise di lasciar perdere il ritratto, anche se aveva un ché di decisamente familiare, e fece per tornare nel mezzo del gruppo.

Non aveva fatto i conti con Lila, purtroppo.

Era rimasta indietro, e approfittò della distrazione della classe, troppo concentrata sull’arazzo, e del suo isolamento, per farle lo sgambetto e spingerla verso una teca.

Fu tutto talmente veloce che Marinette quasi non si accorse cosa fosse successo.

Sapeva solo che un secondo prima era in piedi e camminava velocemente verso la guida, e un secondo dopo cadeva senza potersi rimettere in equilibrio dritta verso una teca con pezzi di valore inestimabile.

L’unico ad accorgersi della cosa fu Adrien, che si precipitò su di lei cercando di bloccare la sua imminente caduta, ma finì solo per venire trascinato a sua volta, dritto verso il vetro, che si scheggiò e fece scattare l’allarme.

La classe sobbalzò, e si girarono tutti preoccupati verso Marinette e Adrien, a terra.

Marinette si iniziò a massaggiare la testa, ma l’intervento di Adrien aveva impedito che la sbattesse con la massima forza, perciò era stata davvero fortunata.

Le guardie di sicurezza entrarono con riflessi fulminei, lanciando occhiate di fuoco ai due ragazzi, ancora a terra.

La guida superò gli studenti scioccati per controllare le condizioni dei due ragazzi.

-State bene, cosa è successo?- chiese, preoccupato, porgendo una mano verso di loro per aiutarli ad alzarsi.

Marinette accettò l’aiuto, e grazie anche ad Adrien si alzò tremante. Ma prima che potesse spiegarsi, Lila parlò per lei.

-Marinette è inciampata. Che disastro!- commentò scuotendo la testa e indicando la crepa.

-Marinette!- la rimproverò Madame Bustier -Mi dispiace davvero tanto. Chiamerò la scuola. Risarciremo i danni- si rivolse poi alla guida, desolata.

-Non è nulla, l’importante è che non si sia fatta male. Ma credo che dovremo concludere qui la visita e mettere in sicurezza l’area- la guida cercò di calmare l’insegnante, anche se il tono era un po’ freddo, e si rivolse verso le due guardie di sicurezza.

-Si può sapere cosa ti è saltato in mente?!- una voce carica di astio si rivolse a Lila, facendola sobbalzare, presa in contropiede da tale veemenza. Marinette ci mise qualche secondo a rendersi conto che la voce apparteneva ad Adrien, che la stringeva ancora con fare protettivo, e guardava Lila con una luce dura negli occhi verdi. Una luce che Marinette non credeva di aver mai visto. Forse solo quando avevano combattuto contro Papillon, quella fatidica notte alla torre Eiffel.

Rimase interdetta come il resto della classe. Nessuno credeva fosse possibile vedere Adrien arrabbiato. Era un raggio di sole.

-Adrien, ma di che stai parlando? Io non ho fatto niente- cercò di giustificarsi Lila, assumendo la sua migliore faccia da cane bastonato.

-L’hai spinta!- insistette Adrien, stringendo Marinette più forte, e facendole quasi male.

Lila sgranò gli occhi e spalancò la bocca.

Era davvero un’ottima attrice. I suoi occhi si riempirono di lacrime.

-Cosa?! Non è vero! Non lo farei mai. Sapete tutti quanto tengo alla mia classe. E poi guardavo l’arazzo quando Marinette è caduta- tentò di giustificarsi.

-Adrien, l’hai vista, per caso?- cercò di indagare Madame Bustier, un po’ in difficoltà.

Adrien esitò. Non l’aveva vista. Neanche Marinette l’aveva vista, a dirla tutta, ma entrambi sapevano che era stata lei.

-Non servono prove per sapere che lei…- provò ad obiettare Adrien, infiammandosi.

-Non fa niente, Adrien. Va tutto bene- Marinette gli mise una mano sulla spalla, cercando di calmarlo. Non voleva sollevare un polverone. Si sentiva troppo stanca all’improvviso e non voleva rischiare che Lila se la prendesse ulteriormente con lei o con Adrien. La conosceva abbastanza da sapere che era capace di rivoltare l’intera classe contro di loro e non voleva passare il resto della gita isolata e in punizione.

Adrien sbatté le palpebre un paio di volte, e al tocco di Marinette si rilassò istantaneamente, come uscendo da una specie di trance.

Sospirò, e dedicò tutta l’attenzione verso la ragazza che sorreggeva, allentando la presa su di lei.

-Scusa, non so cosa mi sia preso. Stia bene, Marinette?- chiese, controllando la sua testa, e tornando l’Adrien di sempre.

Lila però non sembrava minimamente apprezzare lo scambio appena avvenuto.

-In assenza di prove, mi vedo costretta a mettervi in punizione entrambi. Anche per assicurarmi che stiate bene. Non potrete partecipare alle attività serali per due giorni- decise infine Madame Bustier, facendo cenno al resto della classe di seguirla fuori, dato che la mostra stava per essere chiusa.

Rimasero la mezzora successiva seduti su un muretto fuori dal museo, mentre Madame Bustier parlava con i responsabili del museo e cercava di sistemare le cose.

-Grande Marinette! Ti ringrazierò per sempre per aver interrotto la mostra. Era davvero una pizza- le stava dicendo Kim, cercando senza successo di farla sentire meglio, e guadagnandosi un’occhiataccia ben nascosta di Adrien.

-Mi dispiace, ragazzi- disse solo Marinette, accettando di buon grado il ghiaccio che Rose le stava mettendo sulla testa.

Non era solo il mal di testa, però, a non farla stare bene. Quando era andata a sbattere aveva sentito qualcosa di particolare dentro di lei, come se una forza antica si fosse appena risvegliata. E gli orecchini erano sembrati bollenti, per un attimo. La faccenda la preoccupava, così come lo scatto inaspettato di Adrien, che era rimasto in silenzio, pensieroso a sua volta.

-Dovrebbero davvero metterti un collare, Dupain-Cheng, non riesci a fare un passo senza combinare un pasticcio- commentò invece Chloe, che la guardava irritata mentre si sistemava le unghie.

-Chiudi il becco, Chloe!- la riprese Alix, incrociando le braccia.

Marinette apprezzò davvero la partecipazione della sua classe. Ma doveva ammettere che in quel momento avrebbe tanto voluto avere Alya accanto.

E la punizione, a dirla tutta, le dava molto più fastidio di quanto avesse dato a vedere, perché non credeva proprio di meritarla, e le serate erano l’unico momento libero che avevano.

Molto presto, Madame Bustier tornò nel gruppo, e la classe salì sul pullman che li avrebbe finalmente portati all’hotel.

-Come ti senti, Marinette?- chiese Adrien, sedendosi accanto alla compagna.

La ragazza accennò un sorriso.

-Molto meglio, grazie. Mi dispiace che ti sia preso una punizione anche tu- abbassò lo sguardo, mortificata.

-No, dispiace a me. È colpa mia. Non avrei dovuto perdere le staffe così. Giuro che non so cosa mi sia preso. Ma ero completamente fuori di me al pensiero che ti potesse essere capitato qualcosa. Sono davvero felice che stai meglio- Adrien le accarezzò la testa, facendola arrossire.

-Potremmo sempre vedere un film in camera, se vuoi. Ho portato il tablet e Alya ha scaricato parecchie cose- gli propose, senza neanche pensare alle implicazione che quella frase avrebbe potuto avere.

Quando entrambi se ne accorsero, sgranarono gli occhi e arrossirono, distogliendo lo sguardo.

-Beh, sì, mi farebbe piacere- sorrise poi Adrien, cercando di mantenere la mente innocente. Era solo un film -Ci vediamo verso le nove in camera tua?- chiese. Adrien dormiva da solo, perciò sarebbe stato ancora più fraintendibile. Mentre Marinette aveva come compagna di stanza Lila. Pensare alla rabbia che avrebbe avuto se fosse tornata dalla serata e li avesse visti insieme, Marinette non riuscì a trattenere un sorrisino trionfante, e annuì.

-Mi sembra un buon piano- commentò, prospettando la bella serata.

 

Hotel, Verona, Presente

Dopo cena, Marinette decise che era meglio non mettersi subito in pigiama. Adrien l’aveva già vista così, ma non voleva aggiungere al pigiama il contesto della camera da letto, perciò rimase vestita, prese il tablet, e lo collegò ad internet per la videochiamata obbligatoria ad Alya.

Erano le nove meno un quarto, aveva ancora tempo, e poi se anche Adrien fosse venuto prima, non credeva sarebbe stato poi un grande problema.

-Allora, come sta la mia italiana preferita?- chiese Alya, rispondendo dopo il primo squillo, con un grande sorriso curioso ed eccitato.

-Pensavo che la tua italiana preferita fosse Lila- la provocò Marinette.

Alya fece una smorfia di disgusto.

-Oh, non me ne parlare. Da quando mi hai raccontato tutto quello che ha fatto  mi sento un’idiota totale ad essermi fidata di lei- commentò, roteando gli occhi.

Marinette ridacchiò.

-A proposito di Lila, non indovinerai mai cosa è successo oggi, a causa sua- esordì poi, iniziando a raccontare la giornata.

Senza che Marinette se ne rese conto, si erano già fatte le nove e mezza, quando finì il resoconto, e Alya era a bocca aperta.

-Non so cosa commentare prima- ammise, senza parole.

-Eh, già. Giornata davvero piena. Mi sei mancata- Marinette si sdraiò sul letto, soffocando uno sbadiglio.

-La leggenda della Dama Scarlatta e l’Ombra Oscura mi interessa un sacco, però. Devo assolutamente fare qualche ricerca al riguardo- disse poi Alya, appuntandosi qualcosa sul telefono.

-E a proposito di persone mascherate. Come è andato il tuo primo giorno da sola a Parigi come Purplefly?- chiese poi Marinette, cambiando argomento.

Alya si illuminò.

-È stato grandioso! Beh, non ho fatto molto, in realtà. Solo un giro di controllo e un minuscolo problema con degli animali scappati dallo zoo, non mi sono neanche serviti gli akuma. Ma è stato comunque fantastico! Amo essere Purplefly- Alya iniziò a raccontare eccitata.

Sebbene le facesse sapere sentire l’amica così emozionata, durante il suo resoconto un po’ confusonario, a Marinette iniziarono a chiudersi gli occhi.

-Ehi, sveglia, bella addormentata! Adrien dovrebbe arrivare a momenti- Alya le sventolò la mano davanti alla telecamera, attirando la sua attenzione.

-Già dovrei chiudere la chiamata e aspettarlo. Il tablet si sta anche scaricando- commentò la ragazza, posando un attimo il congegno per prendere il caricatore.

Purtroppo per attaccarlo dovette spegnere la luce.

-Forse è il caso di lasciarti. Non addormentarti prima che il principe azzurro arrivi, mi raccomando. Domani voglio solo buone notizie- Alya si sfregò le mani malefica.

Marinette alzò gli occhi al cielo.

-Non posso prometterti niente, ma ci proverò- alzò le mani.

Dopo un paio di saluti, la chiamata si interruppe.

Erano quasi le dieci, ma di Adrien non c’era nessuna traccia.

Prima che Marinette potesse pensare di chiamarlo al telefono o controllare la sua camera, però, crollò addormentata, senza poterlo assolutamente controllare.

 

 

Museo di Castelvecchio, Verona, Presente

Una figura oscura, coperta da una maschera nera, era entrata nel museo con parecchia facilità, senza farsi notare dal guardiano notturno e senza far scattare alcun allarme. Era rinfrancante constatare che alcune cose non cambiavano mai, nonostante fosse decisamente fuori allenamento.

Osservava una teca nel reparto delle mostre provvisorie, circondata da nastri di sicurezza, e con il vetro scheggiato. Abbastanza scheggiato da far passare l’aria, ma mai qualcosa di più corposo.

Beh, non ancora.

Osservò con occhi pieni di interesse gli oggetti che la teca conteneva: un paio di anelli, una collana di rubini, e un coltello dalle rifiniture in argento. Parecchio pregiato, e non molto signorile, questo è certo.

Erano anni che non vedeva quel coltello, ma non avrebbe mai scordato neanche un dettaglio.

Accennò un sorriso, un sorriso privo di qualsivoglia calore. Malevolmente divertito da ciò che aveva intenzione di fare.

Il coltello non era abbastanza affilato da fare alcun male, ormai, ma la figura non aveva intenzione di utilizzarlo.

Sollevò la mano destra, e sfiorò la teca con l’indice.

Il vetro si ridusse in mille pezzi, senza neanche far scattare l’allarme, e si trasformò in fretta in polvere che si confuse con il pavimento del museo di anticaglia.

La figura oscura prese il coltello, e il malvagio sorriso si espanse.

La lama gli restituì il riflesso: due occhi verdi circondati da un alone nero, e capelli biondi e lunghi coperti da un cappuccio.

Alzò lo sguardo verso il ritratto della donna dalla maschera rossa, e con un veloce movimento della mano lo tagliò a metà, con precisione nonostante la lama poco affilata.

Poi si girò il coltello tra le mani, e si avviò lentamente verso l’uscita, senza temere di essere scoperto o fermato.

-Dama Scarlatta… sto tornando- sussurrò tra sé, senza trattenere una risatina.

Non vedeva l’ora di finire ciò che aveva iniziato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Scusate davvero tanto per il ritardo enorme. È stato un periodo davvero pesante e l’ispirazione per qualsivoglia storia era sotto i tacchi. Sono praticamente sparita da EFP. 

L’ispirazione non è ancora del tutto tornata, ma dato che questo capitolo era già pronto ed è passato del tempo, ho deciso di pubblicarlo. Non prometto aggiornamenti settimanali, perché ora come ora mi è impossibile, e oltretutto temo che sforzandomi e mettendomi fretta potrebbero uscire dei capitoli orrendi, quindi la storia verrà aggiornata, ma più lentamente. 

Mi dispiace davvero.

Ma finirò, prima o poi. Questo ve lo posso assicurare.

Dopotutto il progetto non è troppo ampio, ed è già abbastanza organizzato.

Parlando del capitolo, uhhh c’è l’incontro tra Romeo e Giulietta. Non è proprio come tutti lo ricordiamo, mi pare. 

Marinette e Adrien sono tenerelli, Lila è irritante e… chi sarà mai la figura al museo? (insomma, è palese, ma fingiamo non lo sia).

Spero che il capitolo sia interessante, spero di pubblicare presto il prossimo.

Grazie a tutti quelli che nonostante le mie mancanze seguono ancora la storia, spero di non deludervi.

Un bacione e alla prossima :-*

   
 
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