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Autore: NyxTNeko    09/02/2020    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Parigi

Le continue vittorie militari, da parte delle truppe francesi sui nemici della nazione, stavano alimentando il desiderio di continuare ad incamminarsi nella strada della Rivoluzione, per diffonderla in ogni angolo d'Europa. L'esercito rivoluzionario avanzò fino a Francoforte sul Meno, conquistata il 22 ottobre, arrivando fino alla riva sinistra del Reno.

In dicembre la Convenzione stabilì le Alpi e il Reno come frontiere naturali e l'annessione di tutti i territori occupati. La Rivoluzione iniziò a venire meno ai suoi ideali universali, ciò autorizzò l'Inghilterra ad entrare in conflitto contro i suoi nemici naturali dai tempi di Luigi XIV, temendo che la Francia potesse appropriarsi di territori a cui ambiva, si espandesse eccessivamente e quindi divenisse più difficile batterla.

11 dicembre

Dopo mesi di ampi dibattiti politici e indecisioni, il processo all'ex sovrano di Francia poté avere inizio. Non pochi, all'interno della Convenzione, avevano cercato di evitare il processo o quantomeno ritardarlo, intimoriti dai risvolti che sarebbero generati, tra di essi vi erano i Girondini. Questi, in particolare, temevano che un simile atto avrebbe potuto giustificare e rinforzare le ostilità delle monarchie europee nei loro confronti.

Ma la scoperta di altre prove incriminanti, ossia di alcuni documenti che attestavano la controrivoluzione del re, il 20 novembre, portò alla decisione di un procedimento penale per tradimento e cospirazione ai danni della nazione e delle libertà pubbliche. Luigi Capeto non poté fare altro che tentare la difesa delle sue intenzioni e chiese di poterne avere una, la Convenzione, naturalmente, glielo concesse.

L'ex sovrano sperò di riuscire di ottenere l'approvazione dell'avvocato Target, il più rinomato e richiesto, quest'ultimo, però, rifiutò l'incarico, sconvolto dagli eventi, temendo soprattutto la propria vita. Se non fosse riuscito a salvare il re, sarebbe sicuramente morto. La Convenzione, non potendo più aspettare i comodi dell'ex Luigi XVI, nominò essa stessa degli avvocati difensori: Tronchet, de Lamoignon de Malesherbes e de Sèze.

- Chiedo la parola a nome del mio assistito, Luigi Capeto - esordì Tronchet, alzando la mano per poter parlare. Il re stava seduto, in silenzio, ad ascoltare, convinto che la situazione non sarebbe migliorata per lui e la sua famiglia. Nonostante ciò si sarebbe comportato da uomo innocente e soprattutto da Unto di Dio.

Aveva l'aspetto trasandato, anche se mostrava la tipica grassezza aristocratica, era comunque smagrito, con la barba incolta, sudicia, di tre giorni, in quanto gli avevano tolto rasoi e forbici. L'assemblea provò pietà per l'uomo ma non per l'istituzione che rappresentava, Bertrand Barère, il presidente incaricato di presidere il processo, gliela concesse, rompendo così quel silenzio tombale che si era generato.

L'avvocato si alzò e cominciò a parlare, tutti lo guardavano ammutoliti e accorti, era lui ad essere il centro della loro attenzione, non più il re - Nella Costituzione del 1791 vi era scritto che il re era inviolabile nella sua figura di sovrano francese, ma ora - puntò il dito verso il suo assistito, in modo da renderlo nuovamente il protagonista di tutto il discorso. Il Borbone sbiancò leggermente e tremò, senza tuttavia scomporsi, restando a testa bassa - Ora che re non lo è più, per le violazioni commesse nei confronti della nazione, chiedo a quest'assemblea qui riunita, di giudicarlo come un qualsiasi cittadino e non come Capo di Stato - dopo averlo esposto ancora una volta ciò si sedette e attese il verdetto.

Tali parole riaccesero il dibattito, in particolare tra Girondini e Montagnardi, i quali la pensavano esattamente all'opposto. Il capo dei Girondini, Brissot si alzò bruscamente, non condividendo la proposta dell'avvocato "Lo sta difendendo oppure no?" si domandò incredulo, per poi strillare - Obiezione! - sbatté i pugni sul legno del tavolo - Cittadini qui riuniti nella sede della Convenzione, io non approvo il desiderio del cittadino Tronchet e dei suoi collaboratori di voler condannare l'uomo e non il re, Luigi Capeto, nelle vesti di sovrano ha agito nel modo che riteneva più consono, ma se avesse avuto l'opportunità di essere un uomo comune, come ognuno di noi, allora so che non avrebbe osato così tanto, anzi, sarebbe stato un ottimo cittadino, un esempio! - riferì l'uomo gesticolando ardimentoso, voleva salvare a tutti costi quel che rimaneva della monarchia, sperando di riuscire ad avere dalla sua parte molti membri della Palude.

Se un giorno la Rivoluzione fosse fallita oppure sarebbero stati travolti dagli eventi, chi avrebbe garantito la sicurezza nel paese? I nobili che erano fuggiti? Non lo credeva minimamente. Con ogni probabilità avrebbero soffocato nuovamente l'uguaglianza e incatenato la libertà, ristabilendo l'assolutismo, impedendo la garanzia di diritti, la giustizia. Il suo sguardo s'indirizzò tra gli spalti dei Montagnardi, dove vi erano seduti, l'uno accanto all'altro, l'avvocato giacobino Maximilien Robespierre e il giovanissimo ma freddo Louis Antoine de Saint-Just.

Brissot era rimasto colpito in particolare da quest'ultimo. Ricordava ancora nitidamente il suo primissimo discorso alla Convenzione, la sua voce ferma e decisa: più di chiunque altro era determinato a chiudere i conti con il passato, il fuoco che emanava lo aveva abbagliato, al tempo stesso però, terrorizzato, poiché non poteva immaginare fino a che punto si sarebbe spinto o se il suo fido compagno, il cittadino Robespierre, avrebbe potuto calmarlo. 

- Io dico che il re deve essere giudicato come un nemico, che dobbiamo combatterlo piuttosto che giudicarlo e che, non rientrando egli nel contratto che unisce i francesi, le forme della procedura non si trovano nella legge civile ma nella legge del diritto dei popoli - così aveva iniziato il suo discorso, quel viso da angelo, quei lineamenti dolci e quasi femminili, non rispecchiavano affatto la sua natura combattiva e decisamente violenta.

- Giudicare significa applicare la legge; una legge è un rapporto di giustizia; e che rapporto di giustizia ci può mai essere tra l'umanità e i re? Che cosa c'è in comune tra Luigi e il popolo francese, perché gli si usino dei riguardi dopo il suo tradimento? -  Ricordava ancora il brivido freddo che lo aveva attraversato nel mentre pronunciava quelle parole. Il vederlo, ora, discutere pacato e affabile con i suoi colleghi lo mise all'erta, significava che aveva l'approvazione dei suoi colleghi. Persino Robespierre che aveva sempre dichiarato la sua contrarietà sulla pena di morte, pure lui era caduto nelle spire dell'estremismo, del reato più grave: la violazione dei diritti basilari, di cui si era sempre professato estremo difensore.

E aveva concluso così, rivolgendosi direttamente al popolo - Luigi ha combattuto il suo popolo ed è stato vinto. È un barbaro, uno straniero prigioniero di guerra - La massa popolana aveva esultato sventolando animatamente le bandiere - È l'assassino della Bastiglia, di Nancy, del Campo di Marte, di Tournay, delle Tuileries: quale nemico, quale straniero ci ha fatto più male di lui? Deve essere processato rapidamente: lo consigliano la saggezza e la sana politica; egli è una specie di ostaggio che i furfanti ci conservano. Si cerca di muovere a pietà, presto si compreranno le lacrime; si farà di tutto per renderci interessati, per corromperci, anche. Popolo, se il re sarà assolto, ricordati che noi non saremo più degni della tua fiducia e tu potrai accusarci di perfidia.

16 gennaio 1793

Vedendo inoltre l'insistenza dell'ala montagnarda sui valori repubblicani e il desiderio di voler buttare via secoli di storia monarchica, Brissot non poté che sperare nella votazione della condanna a morte, avvenuta il giorno prima. Tuttavia il re fu riconosciuto colpevole con 693 voti contro appena 28, ciò spaventò non poco i Girondini, che si sentirono messi da parte, perfino da quelli che consideravano alleati o solamente sostenitori.

Chiesero a gran voce un referendum popolare per legittimare la condanna della Convenzione, anche questa proposta venne rifiutata dalla maggioranza dell'assemblea. Dovettero arrendersi al verdetto finale e al terribile destino che era stato scritto per la Francia a cui, inesorabilmente, stava andando incontro.

Dopo una lunga votazione, poi, si decise il tipo di pena da adottare, e alla fine, alle nove di sera la sentenza fu letta: sarebbe stato ghigliottinato il 21 gennaio alle 11, in Place de la Révolution. Era la prima volta che il nuovo strumento di esecuzione sommaria veniva usato per un uomo illustre e non per un semplice cittadino, come era stato fino ad allora. La ghigliottina rappresentava il nuovo concetto di morte di stampo illuministico: veloce, con il minor spargimento di sangue possibile e uguale per tutti, a nessuno più sarebbe stato concesso un diverso trattamento, da quel momento in avanti.

20 gennaio

La notte precedente fu davvero triste e lugubre nella prigione l'ex sovrano era stato rinchiuso assieme alla famiglia. Il suo viso era pallido, quasi cadaverico, in netto contrasto con il suo aspetto grasso e imponente, che risaltava il suo stato d'animo timido e incerto. Nonostante l'attitudine inetta, quella notte dimostrò un atteggiamento stoico che in pochi si sarebbero aspettati "Ormai non mi resta che la dignità aristocratica" si era detto.

Maria Antonietta sospirava tristemente, rimpiangendo i giorni felici che furono e che aveva trascorso assieme al marito. Non lo aveva mai amato e il marito lo sapeva, senza farle pesare troppo la sua presenza, le aveva dato tante libertà. Con il tempo aveva provato del sincero affetto per lui e per assolvere il suo dovere di moglie, ma anche per non sentirsi troppo sola durante quella notte angosciante, gli propose - Volete passare l'ultima notte con me?

Il Borbone la guardò, il dolore li aveva avvicinati e lui ne era grato, tuttavia sentiva la forza mancargli e aveva bisogno di un sostegno che lo facesse resistere fino al giorno successivo, al suo ultimo giorno - Lo vorrei tanto, ma ho un peso nel cuore che desidero eliminare, in modo da affrontare la fine in modo sereno, l'unico che può aiutarmi è il Signore...

L'austriaca capì e obbediente annuì commossa e impaurita, sapendo che la stessa sorte sarebbe capitata a lei, poiché era odiata dal popolo - Allora addio... - sussurrò lei dandole un bacio sulla guancia.

- Addio...addio... - disse poi sforzandosi di non piangere troppo. Abbracciò lungamente lei e i figli, i quali asciugarono le lacrime sul vestito del padre. Si fece coraggio e si ritirò a pregare per tutta la notte.

21 gennaio

Il re ricevette il sacramento in prigione e immediatamente fu portato nella carozza, arrivò alla piazza un'ora prima dell'esecuzione. Durante il tragitto rimase fermo, in silenzio, dimostrando un atteggiamento dignitoso che nemmeno lui credeva di possedere. Indossava una semplice camicia bianca di lino e una giacca, i soldati provarono a legargli le mani ma rifiutò - Non scapperò dalla mia sorte - sussurrò.

Quando giunse dinnanzi al sinistro patibolo, il boia Charles Henri Sanson gli legò le mani grassocce e tagliò il codino. Poco prima di essere ucciso, Luigi Capeto riuscì a strapparsi dalla presa dei soldati e a pronunciare le sue ultime parole al popolo parigino, che assisteva all'esecuzione con particolare interesse - Muoio innocente dei delitti di cui mi si accusa. Perdono coloro che mi uccidono. Che il mio sangue non ricada mai sulla Francia!

Il re stava per posizionare la testa quando la lama innavertitamente partì prima che potesse essere sistemato, tagliando malamente parte del collo del condannato. Il re emise grida di dolore strazianti, mentre il sangue sprizzò sul suo petto, sulla schiena imbrattando gran parte del vestito bianco e sul legno. A molti, in particolare coloro che non avevano approvato le modalità del processo, quella scena parve un fin troppo evidente parallelismo al Cristo, ad indicare come anch'egli fosse stato martirizzato per un bene superiore.

La seconda volta che la lama obliqua cadde, staccò di netto la testa del Borbone, dalla quale sgorgava ancora del sangue. Venne mostrata alla folla da un membro della guardia nazionale, per poi essere gettata in un cesto. Dopo quasi 144 anni, un altro re veniva condannato a morte da un tribunale.

I parigini urlarono di gioia e cominciarono a ballare, intonando la Marsigliese, l'inno della Rivoluzione, composto il 25 aprile del 1792 da Joseph Rouget de Lisle che inizialmente era chiamato Chante de guerre pour l'Armée du Rhin. La gente passeggiava sottobraccio, rideva e scherzava come ad una festa, senza pensare minimamente alle gravi conseguenze che tale gesto avrebbe portato. Il cadavere fu trasportato fino al Cimitero della Madeleine, gettato in una bara aperta, calata in una fossa comune e ricoperta di calce.

La notizia della decapitazione di Luigi XVI raggiunse perfino il paesino più sperduto d'Europa, indignando non solo i sostenitori della monarchia assoluta, che intanto consideravano il figlio Luigi Carlo già re con il nome di Luigi XVII, ma anche di tutti coloro che avevano sostenuto la Rivoluzione con convinzione.

Ajaccio
 
Seppur Napoleone non stimasse particolarmente il Borbone e avesse intuito l'esito della vicenda già da un paio di mesi, non si era aspettato un processo così sommario e soprattutto così rapido.  Comprese che ai rivoluzionari conveniva sbarazzarsi di una figura divenuta scomoda e pericolosa, non meno però del popolo francese, di cui il giovane corso continuava a diffidare.

Il suo atteggiamento nei confronti di un avvenimento di simile portata era ambiguo: di fronte ai suoi nemici, che criticavano l'operato della Convenzione, sosteneva ampiamente la legittimità della decapitazione. In privato, invece, la disapprovava completamente - Oh quei disgraziati! Quei poveri disgraziati! Passeranno attraverso l’anarchia - enunciò sospirando.

Era incerto sulla sorte della Francia, di una cosa però era sicuro: l'Europa non sarebbe rimasta a guardare, specialmente l'Austria e l'Inghilterra e avrebbe lavato il sangue del re con il sangue dei francesi. La decapitazione del re era stato un gravissimo errore tattico ed era certo che alla regina avrebbero riservato un trattamento peggiore "Se i francesi avessero dimostrato maggior moderazione e non avessero messo a morte Luigi, tutta l’Europa sarebbe stata rivoluzionata". 

 

 

   
 
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