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Autore: apollo41    09/02/2020    2 recensioni
A undici anni dalla fine della guerra Draco ha trovato un nuovo equilibrio: è il proprietario di un negozio di successo, vive con la sua migliore amica e si gode l’anonimato che deriva dalla mancanza di una vita sociale. Certo, è consapevole di un vuoto che non sa come riempire, ma lo ignora occupando le giornate in un’inutile battaglia contro il Poltergeist che infesta il magazzino del suo negozio. Basta però che a varcare la soglia di Accessori di Prima Qualità per il Quidditch sia un vecchio nemico per fargli scoprire che quel vuoto ha in realtà dei contorni ben definiti.
Dal testo:
Draco poteva sentire fisicamente su di sé lo sguardo di Potter, eppure non riuscì a distogliere l’attenzione da quel pezzo della sua famiglia che non avrebbe mai avuto l’opportunità di conoscere a causa degli errori del suo passato. Era così vicino, eppure così distante che Draco poté quasi sentire il suo cuore spezzarsi.
Teddy, nella sua totale ignoranza di chi lui fosse, gli aveva ricordato per la prima volta in molto tempo cosa di preciso avesse perso per colpa della guerra: qualcosa che neppure tutto l’oro del mondo avrebbe mai potuto dargli.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Teddy Lupin | Coppie: Draco/Harry
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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Piccolo avviso: Capitolo in anticipo perché i prossimi potrebbero arrivare a cadenza settimanale di sabato causa impegni personali. Sorry. >_< Grazie in anticipo per la pazienza.
 

Capitolo 6

 

It's a feeling that lingers

And it overflows my cup

 

La mattina dopo la partita di Quidditch Draco era chino sull’isola con il viso tra le mani da un paio di minuti quando sentì Saoirse entrare in cucina. Una copia del Profeta giaceva abbandonata di fronte a lui e la prima pagina sembrava continuare a deriderlo nonostante non potesse vederla.

Draco avrebbe dovuto immaginare che la bolla di felicità in cui aveva vissuto per qualche tempo sarebbe scoppiata nell’istante in cui la stampa magica avrebbe scoperto delle sue uscite con Harry e Teddy.

“Mi stavo chiedendo che fine avesse fatto il mio giornale stamattina…” borbottò Saoirse raggiungendolo.

Aveva usato un tono leggero, come se avesse provato a farlo ridere dopo aver intuito che qualcosa non andava. In quel momento Draco le fu immensamente grato per quel tentativo, anche se non servì a molto; almeno sapeva che lei gli sarebbe stata vicino.

Saoirse si appoggiò alla sua spalla per sbirciare cosa di preciso lo avesse sconvolto così tanto e rimase a studiare il giornale con un mugugno di disapprovazione istantaneo.

A occupare gran parte della prima pagina c’era uno scatto di Harry e Draco che ridevano, i loro visi incredibilmente vicini. Teddy, rannicchiato sulla poltrona in mezzo a loro, li osservava con il naso all’insù, sul viso un’espressione che era un misto tra l’offeso e il divertito.

Da sola la foto avrebbe avuto soltanto il potere di mettergli in bocca un gusto dolceamaro, ricordandogli quanto nonostante insieme avessero l’aspetto di una famiglia felice, non lo fossero affatto; tuttavia il titolo che avevano scelto per l’articolo lo aveva gettato in una spirale di umiliazione e sconforto.

Ad accompagnare l’inizio di un articolo pieno di speculazioni infondate che continuava a pagina 16, spiccavano le parole IL SALVATORE DI NUOVO INNAMORATO?

“Dannate sanguisughe…” borbottò Saoirse, prima di far scivolare le braccia attorno al petto di Draco in un abbraccio consolatorio.

Sospirò, abbandonandosi contro il petto morbido di Saoirse e desiderando per qualche istante che la sua vita fosse un po’ più semplice. Avrebbe voluto portare le mani a stringere quelle della sua migliore amica, cercando un pizzico in più di conforto, ma non aveva ancora trovato il coraggio di spostarle da dove le aveva messe a coprirgli gli occhi sin dal momento in cui aveva letto il breve trafiletto in prima pagina.

Per un momento, prima di iniziare a leggere, si era illuso che perlomeno non avessero riportato a galla il suo passato. Invece erano bastate poche parole dopo l’inizio dell’articolo per riportarlo alla realtà: Draco Malfoy, Ex Mangiamorte.

La sua identità riassunta in quelle parole perché tutta la comunità magica potesse giudicarlo, accanto a una storia assolutamente fittizia di come doveva aver ingannato Harry pur di farsi amare. Era tutto ciò che erano pronti ad accettare al Profeta: che Draco fosse un bugiardo e un manipolatore che voleva potere e influenza, proprio come suo padre.

Sapeva come funzionavano le cose nella comunità magica, presto tutti avrebbe pensato la stessa identica cosa.

Un’improvviso rumore alla finestra lo fece sussultare tra le braccia di Saoirse. Spostò le mani dagli occhi e per un attimo fu accecato dalla luce. Appena le piccole stelle scomparvero abbastanza da permettergli di vedere cosa c’era alla finestra desiderò quasi di non essersi voltato in quella direzione.

C’era di nuovo un folto gruppo di gufi ad attendere di consegnare quella che di sicuro era posta d’odio nei suoi confronti. Forse quella mattina Potter avrebbe ricevuto lettere da parte di fan preoccupati che gli consigliavano di NON continuare a frequentarlo…

Sospirò, prima di iniziare a muoversi in quella direzione nonostante Saoirse lo stesse ancora tenendo stretto tra le sue braccia.

“Draco, no! Non puoi voler sul serio…”

Cercò di fermarlo stringendo le braccia con più forza, quasi aggrappandosi a lui perfino con le gambe quando la ignorò, alzandosi in piedi.

“Certo che non voglio! Ma far finta che quei gufi non ci siano non li farà sparire. Mi libererò della posta appena se ne saranno andati,” sbottò in tono sgarbato.

Era la prima volta che si rivolgeva in modo simile verso Saoirse e dopo il primo istante in cui trovò soddisfacente sfogare la sua rabbia e la sua frustrazione in qualche modo, lo colse il senso di colpa.

Saoirse lasciò la presa e Draco si girò per guardarla, preoccupato dal modo in cui sembrava aver rinunciato così in fretta.

“Scusa Sha, non volevo…”

Lei però scrollò soltanto le spalle, prima di prenderlo per mano e quasi trascinarlo con fare deciso alla finestra. “Se è questo che vuoi, allora lo affronterò insieme. Sono ancora la tua migliore amica, almeno finché non mi sostituisci con Potter,” scherzò lei dandogli una spallata.

L’umore di Draco avrebbe dovuto peggiorare al suo continuare a scherzare su ciò che c’era tra lui e Harry, ma per qualche ragione lo fece sorridere. Forse gli ricordò che almeno una certezza nella sua vita c’era ancora.

Prese un respiro profondo e infine aprì la finestra, prima di spostarsi e lasciar passare l’influsso di gufi. Aveva la netta sensazione che stavolta la posta sarebbe stata più insistente e molto meno piacevole…

 

*****

Un paio di ore più tardi Draco aveva di nuovo trovato rifugio nel magazzino del negozio.

A causa dell’articolo del Profeta, quella mattina si erano presentati ad Accessori di Prima Qualità per il Quidditch alcuni sedicenti fan di Potter che avevano insistito che le scope che avevano comprato al suo negozio fossero difettose.

Draco, che sapeva benissimo che i manici in questione non avevano alcun problema, aveva comunque cercato di mantenere la calma e di sfruttare le sue doti da ottimo venditore acquisite in anni di esperienza.

Aveva quindi provato a chiedere se volessero una sostituzione con una scopa dello stesso modello, o se preferissero scegliere una nuova scopa del tutto a sue spese; tuttavia, nessuno di loro era stato pronto ad accettare alcun tipo di mediazione ragionevole.

Il rimborso del loro acquisto era tutto ciò che sembrava, se non renderli felice, almeno stampare un sogghigno soddisfatto sulle loro facce, come se l’idea di riprendersi soldi spesi nel suo negozio li facessero sentire superiori a lui.

Draco pensava fosse la cosa più stupida e irritante a cui gli fosse mai capitato d’assistere, soprattutto quando uno di loro si era presento con il figlio in lacrime ancora appeso al braccio che lo supplicava di non portargli via la sua adorata scopa.

Li aveva accontentati uno a uno, perfino quelli che avevano avuto il coraggio di entrare nel suo negozio per restituire kit per la manutenzione ormai usati con la pretesa di ricevere un rimborso completo della loro spesa.

Saoirse lo aveva fissato con espressione contrariata per tutto il tempo, disapprovando il suo essere cortese e sorridente nonostante gli insulti tutt’altro che sussurrati che gli erano stati rivolti.

All’ennesimo cliente che usciva dal negozio con un’espressione soddisfatta in viso borbottando di aver “rimesso al suo posto un Mangiamorte”, Saoirse aveva perso la pazienza: gli aveva fatto notare che il Draco che conosceva lei non si sarebbe mai fatto calpestare in quel modo da nessuno.

Draco si era limitato a sospirare e aveva deciso che forse, per evitare di far arrabbiare perfino Saoirse con lui, sarebbe stata un’idea migliore se avesse lasciato lei a occuparsi dei clienti insoddisfatti.

Era sicuro che almeno così l’impatto sulle casse del negozio sarebbe stato minore. Dopotutto Saoirse non aveva problemi a dare risposte taglienti a clienti simili, non quando aveva quell’espressione furiosa. Non quando Draco stesso l’aveva scelta per la sua assoluta mancanza di un filtro quando l’aveva assunta anni prima.

Perciò eccolo lì, rintanato nel magazzino che a ogni tentativo d’essere riordinato sembrava diventare più caotico e polveroso, impegnato nella sua infinita lotta contro il Poltergeist timido e i suoi innocui dispetti.

Era sicuro di aver spostato la stessa cassa per tre volte nell’ultima ora e stava sul serio meditando di iniziare a usare un sistema di simboli su ogni singola cassa per tracciarne gli spostamenti, quando un rumore alla porta sul retro attirò la sua attenzione.

Era strano che qualcuno bussasse a quella porta; era sempre chiusa a chiave, principalmente perché la usavano soltanto Draco e Saoirse per uscire dall’appartamento quando il negozio era chiuso.

Non era sicuro neppure che altri sapessero dell’esistenza di quella porta, forse solo sua madre che l’aveva varcata qualche settimana prima dopo essere arrivata dalla Francia.

Stava quasi per incolpare il Poltergeist anche di quel suono, ma lo udì di nuovo un po’ più insistente, accompagnato da qualcuno che mormorava il suo nome oltre il vetro.

Si avvicinò, strofinandosi le mani coperte di polvere sui pantaloni, e tentò di sbirciare dal vetro opaco e molto sporco. Poteva soltanto intravedere una figura scura, tuttavia la chioma disordinata e il profilo dell’iconica montatura di occhiali furono indizi piuttosto chiari su chi di preciso lo aspettasse dall’altro lato della soglia.

Sospirò così forte che un po’ della polvere sul vetro si spostò, entrandogli nel naso e facendolo starnutire. Aprì infine la porta, lasciando passare Potter, che fino a quel momento si era guardato a intervalli regolari alle spalle, forse preoccupato che qualcuno lo notasse nonostante lo stretto vicolo sul retro fosse deserto.

“Cosa ci fai qui?” gli chiese Draco brusco appena la porta fu di nuovo chiusa alle sue spalle.

Harry, che non era mai stato nel magazzino, si stava guardando intorno. “Pensavo fossi ossessionato dell’ordine…” borbottò più tra sé e sé che in risposta alla sua domanda.

Draco incrociò le braccia al petto. Sapeva che Harry… sapeva che Potter era lì per dirgli che forse era stata tutta una cattiva idea, quindi non provò neppure a essere gentile con lui.

Aveva vissuto una fantasia per un po’, uno sprazzo di una vita alternativa che non aveva mai avuto un futuro, e ora era tutto finito. Era arrivato il momento di tornare alla realtà.

“Quello ossessionato dall’Ordine eri tu, Potter. L’Uomo di Silente sempre e comunque, giusto?” ribatté con un sarcasmo pungente così simile a quello che aveva usato in passato che Draco avrebbe quasi voluto potersi levare le corde vocali per non sentirlo più uscire dalla sua bocca.

Aveva dimenticato di essere in grado di proiettare odio solo a parole anche quando non lo provava.

Harry lo studiò per un istante senza rispondere, poi sospirò.

“Questa farsa dell’uomo senza cuore potrebbe funzionare con qualcuno che non ti ha visto durante la guerra. Ma io ero lì…” iniziò Harry con voce serena, che non ammetteva tuttavia interruzioni.

“C’ero quando hai provato a impedire a Tiger di consegnarmi a Voldemort, ti guardavo dritto negli occhi quando hai preso tempo per noi a Malfoy Manor, quando hai negato perfino l’identità di Hermione. E c’ero quella notte sulla Torre di Astronomia.”

Il fiato di Draco si mozzò all’improvviso nei suoi polmoni. Fece un passo indietro, finendo con la schiena contro uno scaffale.

Era intrappolato, non c’era via di scampo. Potter sapeva che era un codardo…

“Draco, non devi temere il giudizio di quelle persone. Non erano lì. Non hanno idea di quanto coraggio ci sia voluto per sopravvivere una qualsiasi di quelle cose!” continuò Harry.

Draco ricominciò a respirare, ma per qualche ragione ogni volta che prendeva un respiro era come se un peso gli stesse lentamente lasciando il petto.

“Hai avuto il coraggio di prendere una posizione. Hai subito la collera di Voldemort per averlo sfidato in quel modo,” aggiunse Harry facendo un passo in avanti e afferrandogli le mani tra le sue.

Draco abbassò lo sguardo: le mani di Harry erano ruvide, e si intravedevano i segni di vecchie cicatrici, scottature e calli sulle sue dita, ma ad attirare di più l’attenzione era sul dorso della mano destra la scritta lasciatagli dalla tortura della Umbridge.

Non devo dire bugie.

In quel momento gli sembrò più un monito rivolto a Draco, che un fantasma che avrebbe sempre perseguitato Harry.

“Ho davvero preso una posizione? Per come la vedo io ho solo fatto ciò che avrebbe fatto ogni codardo che si è rifiutato di scegliere una delle due parti… Volevo solo che tutto finisse.”

Harry gli strinse con più forza le mani. “Ci è solo voluto tempo per prendere una decisione. E quando l’hai fatto, eri in una situazione in cui il tuo pensare da Serpeverde ti ha salvato la vita,” a quelle parole Draco alzò appena gli occhi per guardarlo in viso di nuovo. Harry sorrideva divertito.

“Non devi per forza buttarti di fronte a una maledizione che uccide come uno stupido Grifondoro per dimostrare di non essere un codardo, no?” concluse con un occhiolino.

Ci volle un istante, ma Draco sorrise in risposta a quelle parole. “Suppongo di poter lasciare gli atti di stupidità a te, Potter.”

Se possibile il sorriso di Harry divenne ancora più radioso. “Mi sembra un’ottima idea.”

Rimasero in silenzio a guardarsi negli occhi, le mani strette ancora per qualche istante, prima che Draco sentisse le orecchie andargli a fuoco e lasciasse la presa schiarendosi la gola, spostando quindi lo sguardo a terra.

“Non credo sia comunque una buona idea che io continui a uscire con te e Teddy in pubblico.”

Harry sospirò. “Pensavo che avessimo appena chiarito.”

“Beh, sì, ma… La mia reputazione è un conto, e tu sei abituato alla stampa che dice cose stupide su di te, suppongo. Teddy invece…”

Harry grugnì, borbottando parole che gli sfuggirono. Draco portò di nuovo le braccia a stringergli il petto.

“Senti, non è giusto che Teddy venga associato a un ex Mangiamorte, non importa ciò che dici riguardo al mio prendere una posizione!” aggiunse cercando di giustificarsi. “Avevo avvertito sia te che mia zia che non era una buona idea.”

Le spalle di Harry sembrarono cedere sotto il peso delle sue parole, un’espressione a metà tra l’incavolato e il deluso sul suo viso.

“Draco, tu non sei la persona che ha ucciso i suoi genitori! E hai rinnegato tutto ciò che riguarda Riddle o i Mangiamorte durante il tuo processo! A Teddy non importa del tuo passato o di ciò che dice o pensa la gente al riguardo. Vuole solo poter passare del tempo con te! Se deciderai di non far più parte dalla sua vita così di colpo come credi che si sentirà?” quasi urlò Harry.

Draco rimase a boccheggiare per un istante. “Abbandonato…” mormorò infine.

Harry si limitò a scrollare le spalle, un’espressione sconsolata in volto, come se stesse ricordando qualcosa del suo passato.

“Non sarò in grado di proteggerlo per sempre e non posso impedire che si senta solo. Ma tu puoi evitare di ferirlo.” Fece un passo avanti e gli poggiò una mano sulla spalla, continuando a guardarlo negli occhi. “Per esperienza personale? Teddy preferisce avere accanto persone che gli vogliono bene e sono considerate terribili dalla comunità magica, piuttosto d’avere una reputazione stellare agli occhi della stampa o di sconosciuti di cui non gli importa affatto.”

Quelle parole a cuore aperto sembrarono fargli vedere quella situazione sotto un altro aspetto, oltre che mostrargli uno scorcio, ancora una volta, sull’infanzia di Harry.

Draco si mordicchiò il labbro mentre rifletteva, prima di annuire. “Okay. Continuerò a uscire con voi. Ma se le cose dovessero peggiorare, se Teddy dovesse mai trovarsi in pericolo per colpa mia…”
Harry gli afferrò le mani, quasi in una silente promessa. “Lo so che hai paura, ne ho anch’io ogni singolo giorno. Possiamo aver paura insieme. E se mai arriverà un giorno in cui ce ne sarà bisogno, so che lo terremo al sicuro insieme.”

Draco avrebbe voluto credergli, avrebbe voluto avere lo stesso livello di fiducia che poteva leggere nell’espressione decisa sul volto di Harry. Eppure non aveva mai avuto il coraggio di fare nulla di simile per nessuno. Perché Teddy avrebbe dovuto essere diverso?

Harry credeva che Draco fosse coraggioso, che avesse sfidato Voldemort… Draco non si era mai sentito coraggioso in vita sua, tanto meno ora che sembrava che l’intera comunità magica fosse pronta a schiacciarlo per errori di cui lui stesso si pentiva ogni giorno della sua vita.

Sperava solo che l’istinto di Harry non si sbagliasse.

 

*****

Nonostante le parole di Harry gli fossero entrate nel cuore e glielo avessero riscaldato e raggelato allo stesso tempo, tenerle a mente non fu la cosa più semplice una volta tornato nel suo appartamento a fine giornata.

Lui o Saoirse dovevano aver dimenticato la finestra aperta quando avevano fatto entrare la posta, perché ad aspettarlo al suo rientro dopo quella pessima giornata c’era ad aspettarlo un altro disastro di piume e lettere minatorie.

Aprì distrattamente un paio di buste anonime nonostante le proteste di Saoirse, senza neppure assicurarsi che nessuna di loro avesse qualche maledizione sulla pergamena. Ogni nuovo insulto o minaccia che leggeva gli fece dubitare ancora una volta le parole di Harry.

Forse avrebbe dovuto comportarsi da adulto responsabile anche se avrebbe ferito i sentimenti di entrambi? Forse scegliere per Teddy era ancora l’idea migliore? Forse dopotutto Teddy non avrebbe davvero sentito la sua mancanza…

Con un colpo di bacchetta fece sparire il disordine e le pergamene, e se ne andò a letto senza cenare.

Per qualche giorno ancora Draco tentò di evitare Teddy il più possibile. Rispose comunque alle sue lettere, ma ogni volta che menzionavano uscite che avrebbero potuto fare tutti insieme, trovò qualche scusa che gli impedisse di partecipare.

Non ci volle molto perché ad accompagnare la bizzarra civetta di Teddy ci fosse un grosso gufo reale che portava una lettera di Harry. Sulla pergamena c’era soltanto un disegno molto stilizzato di Harry che lo fissava giudicandolo con le mani sui fianchi, come lo stesse giudicando per il suo mancato accettare la sequela di inviti di Teddy a uscire.

Fu così che Draco si ritrovò costretto a rispondere in modo positivo a qualsiasi fosse l’attività proposta da Teddy nella lettera appena ricevuta.

Per sua fortuna, Harry doveva aver appositamente suggerito qualcosa di semplice, soltanto una passeggiata in un parco qualsiasi, per la verità piuttosto anonimo e molto piccolo, uno di quelli con le giostre e tanti ragazzini che si godevano il pomeriggio d’estate.

Non era mai stato in quell’area, ma a giudicare da come Harry lasciò Teddy camminare un paio di passi di fronte a loro mentre raggiungevano il posto dal punto di Materializzazione, loro due dovevano già esserci stati.

Harry e Draco si erano ritrovati seduti da soli su una panchina più o meno nell’istante in cui Teddy aveva visto una faccia familiare. Doveva essere davvero un posto che frequentavano spesso se erano così a loro agio nell’area.

“Dove siamo, di preciso?” domandò quindi Draco, considerandolo un argomento di conversazione abbastanza neutro con cui iniziare.

Harry gli sorrise un po’ malinconico, abbandonandosi ancora di più contro lo schienale della panchina. “Little Whinging, dietro l’angolo da dove sono cresciuto.”

Aveva un tono di voce strano, che somigliava a quello che aveva usato parlando di Teddy qualche giorno prima. Draco rimase in silenzio, realizzando che l’argomento doveva essere tutt’altro che neutro e insicuro perciò su cosa chiedergli. Harry parve comunque percepire la sua curiosità.

“Avevamo bisogno di un posto tranquillo e sono anni che io e Teddy veniamo qui. È piuttosto risaputo che la mia infanzia non è stata così felice, quindi anche se conoscono la zona per il mio passato…”

“I fotografi non pensano subito di venire a cercarti qui,” concluse Draco al posto suo.

Avrebbe voluto sorridere per l’idea brillante, eppure sapere che quella zona con tutta probabilità non aveva bei ricordi per Harry lo faceva sentire quasi crudele nei suoi confronti.

“Oh, non preoccuparti. I miei zii erano tremendi e mio cugino mi ha tormentato per anni prima di diventare una persona semi-decente, ma tutto sommato poteva andare peggio di così.”

Si bloccò e poi guardò in una direzione in particolare in lontananza verso l’imbocco della strada su cui si affacciava il parco di fronte cui erano passati qualche minuto prima. “L’unico angolo di questo posto che ancora mi dà problemi è laggiù, in Magnolia Crescent. È dove ho visto Sirius per la prima volta.”

Draco tentennò solo per un istante, poi afferrò la mano di Harry, che era appoggiata accanto alla sua coscia sulla panchina. Non aggiunse nulla, sperava solo che il contatto fisico delle loro dita intrecciate fosse abbastanza.

Harry gli sorrise, prima di scivolare appena più vicino a lui sulla panchina. Era una giornata afosa, e per la verità stare così vicini non era molto confortevole, eppure Draco avrebbe voluto che restasse accanto a lui in quel modo per sempre. Harry lo faceva sentire sicuro come nessun altro lo aveva mai fatto sentire.

Era consapevole che fossero sentimenti pericolosi, dopotutto non sapeva neppure se il suo flirtare fosse serio o se semplicemente Harry fosse diventato più espansivo e sicuro di sé con l’età e l’esperienza. Tuttavia era più impossibile negarlo. Era incredibilmente attratto da Harry.

“Cosa ti ha fatto dubitare?” gli domandò all’improvviso, interrompendo il loro silenzio.

Draco alzò lo sguardo, perplesso e per un attimo quasi spaventato all’idea che quel pensiero gli fosse uscito dalle labbra.

“Mi sembravi convinto l’altro giorno al negozio. Perché hai provato a temporeggiare? Teddy ha detto che nelle lettere dicevi solo di essere occupato, ma…” chiarì quindi.

Draco sospirò, sollevato e allo stesso tempo irritato dal dover comunque affrontare una conversazione che non lo entusiasmava affatto. Non avrebbe voluto ammettere di avere un problema di lettere minatorie, dopotutto era un SUO problema.

“Suppongo di esser stato influenzato dalla tua idiozia, Potter,” tentò di deviare in tono canzonatorio. Quando però vide l’espressione tutt’altro che impressionata di Harry, sbuffò, vedendosi costretto a tornare serio. “Te l’ho detto, non voglio mettere Teddy in pericolo.”

Harry, che non aveva mollato la presa sulla sua mano destra, la strinse un po’ più forte. “Lo so, ma so anche che lo difenderesti con la vita.”

“Non è così semplice…” borbottò Draco.

“Sì, lo è. Devi solo accettare la tua paura,” continuò Harry in un sussurro concitato.

Lo sguardo di Draco si era spostato sulla punta dei loro piedi, l’espressione contrita. “Se non fossimo presenti? Se gli succedesse qualcosa quando siamo distratti? No, non è così semplice, non davvero…”

Cadde il silenzio, infine lo interruppe Harry con un pesante sospiro.

“Non possiamo proteggerlo sempre, è vero. Ma Teddy non è uno sprovveduto. Sa cosa fare quando è in situazioni di pericolo, anche se è molto giovane. Stare intorno a me non è sicuro neppure ora… Cosa ti fa pensare d’essere così pericoloso, comunque?”

Ci fu una lunga pausa prima che Draco trovasse il coraggio di parlare di nuovo.

“Diciamo che la gente ha reso ben chiaro quanto disapprova questo nostro genere di uscite.”

L’istante successivo Harry aveva lasciato la sua mano per afferrarlo per le spalle e girarlo del tutto verso di lui. “Cosa significa? Hai ricevuto delle minacce?”

Draco sospirò, senza riuscire a trattenere un piccolo sorriso nel vederlo così allarmato. “Non preoccuparti, nulla di serio. Non ancora, perlomeno. Ma non mi sono neppure divertito a leggere la posta nell’ultimo periodo.”

Harry grugnì, guardandolo negli occhi intensamente, come se stesse cercando di accertarsi che non gli stesse mentendo. Si sentì rasserenato da quella preoccupazione sentita e portò una mano sul braccio di Harry per rassicurarlo.

“Davvero, sono perlopiù insulti. Vogliono solo ricordarmi qual è il posto a cui appartiene un Mangiamorte.”

A quelle parole Harry parve rabbuiarsi di nuovo, tuttavia la rabbia non era rivolta verso di lui.

“Continuo a pensare che non abbiano alcuna idea di che tipo di persona tu fossi allora e soprattutto di che persona tu sia ora,” borbottò lasciandolo andare a ritornando a sedere composto, ancora una volta la sua spalla che toccava quella di Draco.

“Finché se la prendono solo con me non è importante.”

Harry sbuffò contrariato, le braccia incrociate al petto. “Se rifiuti di vedere Teddy per colpa loro significa che lo è… Maledetti ficcanaso.”

Quell’ultimo commento fece ridacchiare Draco e la sua risata sembrò far tornare un minimo di buon umore anche in Harry.

Rimasero per un po’ in silenzio a osservare Teddy, che era occupato a cercare di arrampicarsi sulla struttura delle altalene insieme a un altro paio di ragazzini, che stavano avendo molto più successo di lui. La cosa non sembrava affatto disturbare o infastidire Teddy, che rideva delle sue rovinose cadute insieme agli altri ragazzini, prima di rialzarsi e riprovare seppure ottenesse sempre lo stesso risultato.

Harry si era rilassato ancora una volta, e aveva portato il braccio sinistro sullo schienale della panchina. Se fossero stati da soli forse Draco avrebbe pure pensato che stesse provando a fare qualche tipo di avance, tuttavia diede per scontato che si stesse soltanto mettendo più comodo. Un po’ come aveva fatto Draco, che si era rilassato meglio contro la sponda della panchina.

Era solo un dettaglio che che ora fosse ancor più vicino ad Harry. Non erano ormai praticamente abbracciati, lo sembravano e basta…

Sentirono una serie di click improvvisi e Harry si irrigidì accanto a lui, prima di ritirare il braccio e mettersi a sedere dritto, lo sguardo concentrato in direzione di un cespuglio a qualche metro da loro.

“Davvero?” mormorò dopo qualche istante, prima di alzarsi di colpo.

Appena fu in piedi, il cespuglio si mosse come se qualcuno stesse cercando di uscirne alla svelta, ma Harry, che era partito a passo di carica, lo raggiunse e sembrò afferrare il nulla.

Fece una cenno con la mano verso Draco, poi, con la destra che ancora sembrava stretta in qualcosa di invisibile e il viso corrucciato in un sorriso forzato, Harry si allontanò, uscendo dal parco e camminando come nulla fosse in direzione dell’imboccatura del vicolo.

Teddy, che doveva aver finalmente notato che qualcosa non andava, si avvicinò a Draco.

“Dove sta andando Harry?”

In un tentativo di temporeggiare mentre cercava una risposta da dargli, Draco gli passò una delle bottigliette di acqua che Harry aveva portato nel cestino con il loro pranzo.

Teddy ne prese un paio di sorsate, prima di tornare a guardarlo ancora in attesa di una risposta.

“Se devo essere sincero, non ne ho idea. Ha solo fatto un cenno e…” lasciò cadere la frase, indicando la direzione in cui Harry era sparito.

Per qualche istante Teddy parve rimuginarci sopra, poi scrollò le spalle. “Noi siamo ancora qui, perciò verrà di sicuro a prenderci quando ha finito,” disse solo prima di tornare a giocare come nulla fosse, un sorriso radioso ancora stampato in faccia.

Draco, la bottiglietta d’acqua mezza vuota ancora in mano, lo guardò a bocca aperta.

Come poteva non essere preoccupato dal comportamento del padrino? Come faceva a essere così fiducioso sul suo ritorno? Ma soprattutto, perché sembrava così tranquillo a restare da solo in un parco pieno di Babbani con, tra tutte le persone con cui avrebbe potuto finire in una situazione simile, proprio Draco?

“Non ti avevo mai visto con Harry e Teddy,” disse all’improvviso una voce femminile alle sue spalle.

Draco si girò di scatto. Alle sue spalle c’era una donna, forse qualche anno più giovane di lui, con lunghi capelli castani e occhi azzurri. Tra le braccia stringeva un bimbo che doveva avere intorno ai 3 anni e fissava con le lacrime agli occhi e il pollice in bocca le altalene occupate dai più grandi.

“Per la verità, Harry non è mai stato qui con una delle sue conquiste,” aggiunse con una risatina sedendosi accanto a lui.

Le orecchie di Draco sembrarono andare immediatamente a fuoco. “Oh, no io e Harry non…” si affrettò a negare, prima di riprendersi e aggiungere in tono più composto. “Io e Teddy siamo parenti.”

La donna annuì, anche se non sembrava molto convinta. “Peccato. Pensavo davvero che fosse la volta buona…” borbottò risistemando il figlio sulle sue gambe e asciugandogli il viso ancora ricoperto di muco e lacrime con un fazzoletto.

Draco finse di non averla sentita, anche se dal calore che ancora proveniva dalle sue orecchie doveva essere piuttosto ovvio che le parole non gli erano per nulla sfuggite.

“Come conosce Harry?”

“Ho sempre vissuto qui,” fece una pausa e sospirò pesantemente. “Non ho mai capito perché tra lui e suo cugino fosse Harry quello che finiva di continuo nell’istituto per giovani criminali. Si metteva nei guai, è vero, ma erano Dudley e i suoi amici quelli che picchiavano i ragazzini del quartiere…”

Da ciò che stava raccontando la donna, era ovvio che si trattasse di una Babbana, proprio come la quasi totalità delle persone che vivevano nell’area.

Si chiese, di preciso, in quanti si fossero preoccupati allo stesso modo del trattamento che aveva subito Harry in gioventù. Si chiese anche in quanti avessero saputo, eppure deciso di ignorare, e quanti invece fossero stati confusi da qualcuno che aveva deciso che Harry sarebbe dovuto restare lì, nel mezzo del nulla più assoluto, al sicuro nell’anonimato di quella cittadina non magica.

Fu stranamente sorpreso dal riuscire a intavolare una conversazione piacevole con Helen, come si presentò poco dopo, che rimase a tenergli compagnia anche quando Teddy tornò a chiedergli se potevano mangiare qualcosa.

Era stato particolarmente difficile navigare di preciso il come conoscesse Harry, ma non sembrava che Potter si fosse mai preso la briga di chiarire la situazione scolastica con nessuno, quindi cercò di rimediare al posto suo.

Non gli piaceva che i Babbani della zona lo credessero ancora un delinquente riformato.

Sperava solo che Harry non si sarebbe arrabbiato con lui per aver modificato leggermente le bugie che riguardavano il suo passato. Dopotutto, Draco preferiva che nel quartiere credessero che erano i parenti di Harry ad aver sempre mentito.

Cercò quindi di spiegare a Helen che in realtà Harry aveva frequentato un istituto per ragazzi dotati grazie a una borsa di studio, cosa che gli era costata l’invidia dei suoi zii – Helen, che pareva non avere una grossa considerazione per i Dursley, aveva soltanto annuito come se la cosa avesse molto più senso di Harry che finiva in un istituto correttivo ogni primo settembre.

Draco aveva anche menzionato che a Harry non piaceva parlarne, non era tipo da vantarsi di quel genere di cose dopotutto, più che altro in un tentativo di rimediare al totale silenzio di Harry stesso sulla questione per tutti quegli anni.

Ancora una volta Helen parve non vedere nulla di strano nelle sue parole e Draco fu sollevato che per qualche ragione non fosse servito un incantesimo per farle credere che Harry fosse sempre stato una brava persona – cosa che, dopotutto, era vera.

Quando verso mezzogiorno il sole diventò troppo cocente, Helen lo salutò quasi con affetto, invitando sia lui che Harry e Teddy a casa sua per un tè quando più preferivano, prima di andare a cercare riparo al fresco di casa propria.

Gli altri ragazzini presenti nel parco seguirono velocemente il suo esempio, alcuni ben volentieri, troppo accaldati sotto il sole cocente del mezzogiorno, altri ancora controvoglia ma trascinati da genitori preoccupati per la loro salute.

Dopo un po’ rimasero solo Teddy e Draco, ancora in attesa di notizie da parte di Harry. Draco, che aveva avuto tempo di riflettere su ciò che era accaduto, aveva iniziato a pensare che Harry si stesse occupando di nascondere le prove dell’omicidio di un paparazzo che doveva essersi nascosto nel cespuglio lì vicino sotto un incantesimo di Disillusione.

Stava ancora osservando suddetto cespuglio, quasi in attesa che fossero quelle foglie a dargli risposta su dove fosse finito Harry, quando un’esclamazione di Teddy, che si dondolava da qualche minuto quasi annoiato sull’altalena, lo riportò alla realtà.

Quasi fuori posto nella luce accecante del sole, risplendente di una mistica luce blu, si avvicinò a Draco quasi a passo di carica un Patronus a forma di cervo. Per un istante temette che lo avrebbe incornato e, anche se era consapevole che il gesto non lo avrebbe ferito, Draco sussultò dov’era seduto sulla panchina in attesa dell’impatto.

Teddy, invece, era saltato di corsa giù dall’altalena e lo aveva raggiunto in tutta fretta, rischiando ancora una volta d’inciampare lungo il breve percorso.

Appena il cervo fu accanto a Draco, si fermò con grazia e iniziò a parlare con la voce di Harry, cogliendolo di sorpresa ancora una volta.

“Ci vorrà più del previsto. Draco puoi portare Teddy a casa?” il cervo rimase a osservarlo per qualche istante, battendo senza rumore gli zoccoli a terra, impaziente, come se fosse in attesa di una risposta.

Draco annuì quasi inconsciamente e il Patronus gli rivolse una specie di inchino, prima di dissolversi in una lieve nebbiolina e infine scomparire.

Si guardò attorno, ma non sembrava che ci fossero Babbani nella zona e si chiese di preciso come Harry avesse fatto a sapere che il parco sarebbe stato vuoto a quell’ora.

Forse era comune che in giornate così calde il parco fosse così deserto… Dopotutto Harry aveva frequentato la zona così speso in gioventù, doveva sapere quali erano le abitudini di chi ci viveva. E da come parlava della sua famiglia, doveva avere un’idea piuttosto chiara di quali fossero i posti in cui stare se si voleva un po’ di solitudine.

Scrollando le spalle, Draco portò la sua attenzione su Teddy, che sembrava contrariato, ma non preoccupato per l’assenza di Harry.

“È strano…” mormorò soltanto Teddy.

“Perché?”

“Beh, Harry aveva detto che gli mancavi. Credevo volesse stare anche lui un po’ con te…” borbottò prima di scrollare le spalle. “Torniamo a casa?”

Draco, che per un istante lo aveva osservato perplesso, annuì ancora un po’ rintronato dalla sequela di eventi bizzarri che continuavano a susseguirsi in quella giornata.

Teddy gli sorrise, lo aiutò a recuperare la loro spazzatura e a raccogliere le loro cose, prima di prenderlo per mano e quasi trascinarlo verso il punto di Smaterializzazione – non senza provare a convincerlo, per l’ennesima volta, a usare il Nottetempo per tornare a casa.

Draco si lasciò tirare. Il suo cervello era ancora troppo occupato a riflettere sul significato di quell’ultima frase per badare a come, agli occhi dei Babbani del quartiere, dovessero apparire come padre e figlio che rientravano a casa. Soprattutto visto che Teddy, quel giorno, aveva deciso di sfoggiare ancora una volta una zazzera di capelli biondo platino identici ai suoi.

   
 
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