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Autore: LightingThief    10/02/2020    2 recensioni
[FanFiction su Din Djarin, protagonista della serie tv The Mandalorian contiene spoiler riguardo essa]
Prima c’era stata la quasi schiavitù a Corellia, poi c’era stata l’Accademia a Korriban, le sue missioni, nonostante la caduta dell’Impero, ed adesso invece lei si era liberata di tutto ciò che l’aveva da sempre tenuta incatenata.
Aveva scelto sé stessa ed una vita diversa.
Per la prima volta in assoluto Eryn aveva scelto qualcosa da sola, senza che fossero gli altri a scegliere per lei.
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Eryn Laan, conosciuta anche come Speed, è una ex sith che ha deciso di abbandonare l'ordine perché ha sentito il lato chiaro crescere dentro di sé. Si ritrova così a lasciare quella vita fatta di oscurità e per sfuggire all'impero s'improvvisa cacciatrice di taglie. E' proprio nella Gilda dei cacciatori che conosce il Mandaloriano ed è anche insieme a lui che iniziano le sue disavventure nello spazio, alla scoperta delle proprie emozioni e sensazioni che per lungo tempo entrambi si sono negati.
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 11.
Bad dreams

Il mondo dei sogni dovrebbe essere tranquillo.
Eryn ha sempre considerato il dormire uno dei pochi momenti in cui sentirsi davvero libera. Certe volte, quando era più piccola, sognava di essere ancora per le strade di Corellia, di correre con le proprie scarpe tutte rotte insieme agli altri bambini,  di tornare a casa da sua madre che l’attendeva con impazienza per farle un bagno e darle la buonanotte. Altre volte, invece, sognava di essere al cospetto dell’oscuro signore, di non essere abbastanza per lord Darth Vader, di non poter essere utile all’Impero e così la uccidevano. Era allora che si svegliava di soprassalto nel cuore della notte e si rendeva conto che era tutto un sogno. Lui non c’era più e lei non apparteneva più a quel posto, adesso si sentiva davvero libera e nessuno poteva metterle di nuovo quelle catene di Forza e dolore. 
Ma quella volta non sognò nulla del genere.
Si ritrovava in una foresta a meditare, cosa che spesso faceva, ed intorno ad ella qualcosa aveva iniziato a fluttuare senza che se ne rendesse conto, perché quando lasciava libera la Forza questo poteva accadere. Sotto di sé, in mezzo agli arbusti, vi era il bambino che aveva appena salvato e dopo avergli rivolto un sorrisetto ecco che lui tese la mano verso di sé. Fu questione di secondi prima che una nuova ondata di Forza la sbattesse con prepotenza sul terreno, facendola cadere e poi iniziando a schiacciarla. Una grande buca sembrò aprirsi sotto di lei, mentre disperatamente cercava di aggrapparsi al piccolo che gli stava tendendo la mano e dietro di lui si aggiunse anche il Mandaloriano. Eyn cercò di afferrare le loro mani ma la Forza fu così forte che trascinò giù in quella buca e la ragazza iniziò a precipitare nel vuoto oscuro. Fu abbastanza certa di aver urlato nel sogno, spaventata perché non riusciva a contrastare quella Forza, e quando si svegliò sentì il proprio cuore battere all’impazzata nel proprio petto mentre le mani iniziarono a tremarle. Istintivamente le portò a tastare la  propria spada laser, tenuta conservata sotto i vestiti e stretta grazie alla cintura, ed il sentirla li le diede la sicurezza necessaria per smettere di provare quella strana sensazione d’irrequietezza. Non le accadeva mai che le sensazioni provate nei sogni poi si ripercuotessero anche nella realtà, ma era provata ed era in un ambiente che non le apparteneva, dunque giustificò quel sogno così, senza porsi troppe domande, anche perché non aveva voglia d’indagare troppo.
Con un movimento abbastanza scoordinato stirò i muscoli delle braccia, rischiando di colpire il muro di quella nicchia in cui era stata ricavata la branda che fungeva da letto del Mandaloriano, sicuramente troppo scomodo, e per un attimo provò a pensare quanto potesse essere difficile, per lui, dormire comodamente li. Intanto aveva bisogno di un vero materasso, e poi come poteva non svegliarsi tutto dolorante dopo una nottata passata su quella scomoda branda? Insomma, glielo avrebbe chiesto, a tempo debito, senza risultare eccessivamente pretenziosa ed anche invadente.
E poi si ricordò del piccolo. 
Rapidamente si mise in piedi, sporgendosi per cercare la culla, o meglio la capsula, che era diventata il nuovo rifugio di quello strano esserino, e non trovandolo fra le coperte in cui era stato avvolto capì, ovviamente, che doveva essersi alzato. Era davvero curiosa di poterlo guardare meglio, considerato che lo aveva visto bene solo nel laboratorio, da quel momento in avanti era rimasto avvolto nei suoi vestiti sgualciti, non esattamente il massimo. Speed, che aveva studiato attentamente quando era su Korriban, cercò di riportare alla memoria qualche cosa sulle razze esistenti, decisamente troppe e non di certo la sua materia di studio preferita, ma non era molto propensa ad associarlo ad una razza. Magari con una grande biblioteca in suo possesso e parecchio tempo libero si sarebbe messa a cercare qualche informazione in più, anche perché le era sorta una certa curiosità riguardo quel piccoletto dalle orecchie a punta e la pelle verde: se l’impero era davvero disposto a tanto per lui che genere di segreto custodiva?
Anche perché ormai Eryn aveva imparato che chiunque possedeva un qualche genere di segreto, compresa lei stessa.
Neanche un bambino sarebbe stato escluso da quella ferrea regola.
Dopo essersi assicurata che il piccolo non fosse nella culla ecco che mosse un paio di passi in direzione della scala con la quale si poteva accedere al piano di sopra, ma nell’attimo stesso in cui avvicinò le dita ad uno dei pioli ecco che si fermò immediatamente spinta dallo strano desiderio di curiosare un po’ in giro nella nave di Mando. Non era una cosa che le faceva molto onore ma aveva sentito tante storie sui Mandaloriani, specialmente da quando aveva iniziato a frequentare la gilda. Alcune storie erano macabre mentre altre assolutamente impossibili, ma di una cosa era certa, loro non si toglievano mai l’elmo od almeno nessuno li aveva mai visti senza, specialmente se il Mandaloriano in questione era proprio il suo Mando. Era il migliore dei guerrieri e finalmente aveva avuto modo di osservarlo con i suoi stessi occhi, e chiaramente, a quel punto, si sentì quasi in dovere di provare a guardare qualcosa. Dunque, con fare pressoché da ladro, ecco che la giovane ex sith si ritrovò a guardarsi intorno, questa volta con più attenzione di quanta ne avesse messa prima. 
La prima cosa che catturò la sua attenzione furono un paio di prigionieri congelati, cosa alquanto inquietante e che le stava facendo paura, anche perché quella era una delle storie spaventose che aveva sentito sui Mandaloriani, capaci di congelare le loro prede, nel vero senso della parola. Toccò con le proprie mani le pesanti lastre in cui erano immobilizzati quegli uomini, e quello fu il vero segno che il Mandaloriano non era esattamente il tipo di persona da sottovalutare, anzi, di lui si doveva aver paura. 
Dopo aver ispezionato a lungo quelle taglie congelate ecco che passò nuovamente alla nave, studiando le pareti di quella zona e mentre tastava qui e li una piccola maniglia le fece comprendere di aver trovato qualcosa. Era una sorta di sportello, ma non era chiuso con qualche lucchetto o combinazione particolare od impronte digitali, forse perché non ne aveva bisogno, ma quando lo aprì Speed si rese conto che Mando aveva un serio problema con le armi. In quella che doveva essere il suo armadio dei giocattoli la ragazza contò decisamente troppe pistole ed altrettanti fucili od armi di cui non conosceva neanche il nome ma che sicuramente doveva aver usato. Nulla a che vedere con la sua spada laser, che seppur potente, probabilmente a confronto di alcune armi sembrava un vero giocattolo.
Allungò una mano per sfiorare un paio di blaster, anche perché era sicura di aver perso il proprio durante lo scontro su Navarro, ed il freddo del metallo la fece quasi rabbrividire, anche perché la propria attenzione venne chiaramente catturata da altre armi ben più pericolose, come quei fucili che polverizzavano la gente e che aveva visto per la prima volta in azione esattamente durante la loro fuga. Fu quasi tentata di prenderne uno per provarlo ma prima ancora che il proprio polso potesse avvicinarsi ad afferrare il manico ecco che una forte mano guastata si serrò intorno la propria, bloccandola ed evitandole gesti inconsulti. 
Il tutto avvenne così rapidamente che la fece quasi sussultare, ma ciò che davvero la spaventò, seppur per un singolo istante, fu la rapidità ed il massimo silenzio con cui si mosse il Mandaloriano, non tanto la presa in sé e per sé. Ecco, quella era l’ennesima prova che lui era letale ben più di quanto Speed potesse anche solo immaginarsi. 
Era una vera fortuna averlo come alleato e non come nemico, di questo ne era più che certa. 
Ovviamente, però, era stata sorpresa a fare qualcosa che a conti fatti non aveva alcun permesso di fare, e gli occhi scuri di lei scattarono in direzione della figura in armatura, fulminandola così con uno sguardo assassino, quasi fosse colpa di Mando e non sua, forse perché aveva osato fermarla. 
«Come sapevi che ero sveglia?» non poté che domandare lei, sinceramente incuriosita da quella visita inaspettata. 
«Hai fatto scattare i sensori dell’allarme quando hai aperto il deposito per le armi.» le spiegò impassibile il Mandaloriano. 
Sì, effettivamente era una cosa giusta usare una sorta di allarme per prevenire qualsiasi attacco a sorpresa da parte di potenziali ospiti, quali erano le sue taglie congelate. 
Ma chiaramente, anche dopo la risposta, Mando non accennò a lasciare la sua mano, preoccupato che lei potesse davvero toccare qualcosa di sbagliato. 
«Non stavo facendo niente di male, ero solo curiosa.» 
«Queste armi non sono giocattoli.»
«Appunto per questo volevo vederle meglio—… stai tranquillo non oserei mai prenderne una senza il tuo permesso.»
In realtà l’avrebbe volentieri presa, se solo fosse stato strettamente necessario, ma per fortuna non aggiunse altro perché con quella promessa ecco che finalmente Mando lasciò andare la sua mano, che stranamente le faceva un po’ male, forse per via di quella stretta ferrea di lui. 
Così ecco che Speed la ritrasse, andando ad intrecciare elegantemente le braccia all’altezza del seno, mentre si appoggiava su una gamba, alternando lo sguardo fra le armi e la figura del Mandaloriano. 
«Caspita, sei davvero geloso delle tue armi, non lo avrei mai detto.» ci tenne quasi a prenderlo in giro lei, decisa a non demordere, specialmente adesso che era libera. 
«Qualcosa del genere—… le armi sono la mia religione.»
«Bene, ad ognuno le sue—… » mormorò ella prima di roteare gli occhi con fare leggermente altezzoso ed aggiungere anche un passo in dietro, in segno della propria voglia di non dargli fastidio. 
E poi l’idea che Mando avesse potuto vedere la sua spada la fece quasi sorridere, insomma lui appassionato di armi avrebbe di certo trovato interessante quella che era stata la prima causa dei problemi di Eryn, ciò che l’aveva portata a vacillare. Perché era proprio colpa del frammento di cristallo dentro la spada, che aveva percepito in lei un primo cambiamento, si era lasciato trasportare da esso iniziando a mutare il colore dell’arma della ragazza. Se inizialmente era sempre stata di un rosso chiaro ecco che pian piano, con i mesi, quel colore era divenuto sempre meno intenso trasformandosi in una sfumatura violacea, dapprima chiara e poi, una volta abbandonato l’Impero, sempre più accesa. Era quello il segno della rottura dentro di sé, della non più totale appartenenza al lato oscuro, e la sua spada lo aveva capito prima di lei, mandandola profondamente in crisi.
Eryn sentiva una frattura dentro di sé, una frattura nella Forza e la propria spada laser era l'espressione fisica di ciò che al momento sentiva.

Sì, sicuramente Mando avrebbe apprezzato un’arma simile ed un po le dispiacque di non potergliela mostrare con serenità, perché mostrare la spada equivaleva al rivelare la propria vecchia natura e lei non voleva nulla del genere purtroppo. 
Lo guardò richiudere con attenzione quelle ante che proiettavano verso il santuario delle armi, ed ecco che quasi in maniera automatica, Speed si lasciò sfuggire una semplice parola. 
«Scusa—…» Lo mormorò a denti stretti, perché il senso di colpa per aver quasi invaso il suo spazio personale, cosa che effettivamente aveva fatto, ma senza alcuna cattiveria. 
«Mhm—…»
Non fu di certo una risposta esemplare, quella di Mando, che dal suo canto era palesemente silenzioso e ben poco propenso a parlare od anche solo ad accettare delle semplici scuse, cosa che Speed lesse un po’ come fastidio represso per ciò che la ragazza aveva appena fatto, ed in fondo aveva pienamente ragione. 
Lo guardò richiudere quella grossa anta del deposito armi, mentre le luci al neon che le illuminavano si spegnevano, ed il rumore di macchinari, seguito da uno sbuffo di fumo, decretò che quel piccolo tesoro era nuovamente al sicuro. 
Rimasero per qualche secondo in silenzio, ed allora Speed fu indecisa se parlare o meno, quasi a voler smorzare il tutto, ma questa volta ad interrompere quella strana aria che si era venuta a creare ecco che fu il Mandaloriano stesso. 
«Hai dormito per quasi sei ore.
» le fece presente con tranquillità e quell’affermazione, assolutamente incredibile, lasciò Speed a bocca aperta. 
Era certa di aver dormito neanche mezz’ora, forse perché quel sogno strano l’aveva anche un po’ spaventata, ma non aveva di certo pensato di poter dormire così tanto. 
«Sei ore? Sei sicuro?» chiese nuovamente quasi a voler avere conferma di quanto aveva appena detto e chiaramente, se solo non avesse avuto il suo elmo, Eryn sentì di essersi appena beccato uno sguardo scettico da parte di lui. «D’accordo, domanda stupida. Solo che ero convinta di aver dormito molto di meno—… avevo anche promesso di venire a darti il cambio. Non credevo di essere così stanca.»
«Adesso stai bene?» le domandò lui come se nulla fosse successo ed anche quella domanda la confuse un po’. 
«Eri preoccupato?» lo incalzò lei, cercando quasi di ribaltare la situazione in proprio favore. 
«Io?!»  il tono distorto dal casco fu ben più acuto del solito, il che voleva dire che effettivamente Speed aveva indovinato. 
«Vedi altri Mandaloriani sulla nave?!»
«Piantala, Speed!»
Colpito ed affondato con un solo colpo ed ecco che stranamente la ragazza si riprese mostrando un sorrisetto assolutamente soddisfatto, infatti passarono pochi secondi prima che il Mandaloriano si muovesse, lasciandola in quella posizione, forse a voler interrompere qualsiasi contatto visivo dopo aver appena involontariamente ammesso di essersi preoccupato per lei, non che si fossero mai davvero guardati negli occhi, però ultimamente Eryn riusciva quasi ad intuire qualcosa di simile seppur con il suo elmo a proteggerlo dal mondo. 
Chiaramente il voler infierire ulteriormente su di lui non era il massimo, quindi decise di seguirlo in silenzio verso il piano di sopra, il tutto dovendosi arrampicare su quella piccola scala tanto scomoda e dalla quale, presto o tardi, Speed era certa sarebbe caduta. 
«Dunque, il bambino? Quando mi sono alzata non l’ho trovato nella culla quindi immagino che fosse con te.» azzardò la ragazza arrampicandosi con qualche difficoltà, cosa che invece il Mandaloriano, forse per via dell’abitudine, fece con molta più facilità e tranquillità. 
«E’ in cabina di pilotaggio.» re rispose con altrettanta ovvietà senza neanche voltarsi indietro, una fortuna, perché altrimenti l’avrebbe vista faticare nell’arrampicata. 
«Lo hai lasciato da solo con i comandi della nave?!» chiese lei abbastanza preoccupata dalla cosa prima di mettersi a sedere sul pavimento del piano di sopra. 
«In realtà stava giocando con un pezzo dei comandi.» ci tenne a specificare Mando come se fosse la cosa più ovvia di sempre. 
Ma Speed non poté non inarcare un sopracciglio abbastanza confusa dalla tranquillità con cui Mando aveva lasciato il bambino, almeno per adesso.
«Un pezzo?! Bene, chiaramente stiamo andando alla deriva nello spazio—…» continuò la ragazza prima di rimettersi in piedi e scrollarsi di dosso la polvere accumulata sui propri vestiti. Probabilmente aveva bisogno di una doccia, cosa che non avrebbe ammesso, almeno per il momento, perché non le sembrava il caso di approfittarsi della sua ospitalità, anche se al momento avrebbero viaggiato insieme.
«In realtà stiamo andando su un pianeta desolato che si chiama Sorgan, lo conosci?» le domandò mentre avanzava a grandi passi lasciandola indietro. Il nome Sorgan non fece scattare in lei nulla, segno che non doveva trattarsi di un qualche pianeta particolarmente importante o redditizio o legato all’Impero, e già quella era un’ottima scelta. Sicuramente fatta con attenzione. 
«No, mai sentito. E’ un bel posto?» chiese ironica prima di mettere le mani in tasca, pronta a seguirlo, ma ecco che prima di raggiungere la cabina di pilotaggio nella quale già il Mandaloriano aveva fatto il suo ingresso, vide accanto a quel divano in disuso, quello che sembrava essere un letto disfatto e con dei cuscini tutti ammassati gli uni sugli altri, ed ovviamente lei si fermò ad osservarlo con insistenza. Non c’era quando era arrivata, o forse non lo aveva visto lei, quindi lo indicò richiamando l’attenzione del Mandaloriano. «E quello?»
«Mhm?» e Mando uscì, di nuovo, oltrepassando la pesante porta di metallo ancora aperta e che si affacciava su quell’ambiente spazioso. «Cosa?»
«E’ un letto?» insistette lei, cercando di comprendere se lo avesse fatto per un motivo preciso. 
«Ah, già. Non è un materasso ma è qualcosa di simile e non so se Sorgan sia un bel posto, però è isolato e per noi andrà bene visto e considerato che dobbiamo sparire dalla circolazione, almeno per un po’.»
Ed ovviamente, nel sentire la sua risposta, ecco che Speed gli sorrise sinceramente colpita da quello che aveva fatto, ovvero montare, in qualche modo, una sorta di letto solamente perché lei, poco prima, si era lamentata del fatto che non ci fosse un materasso sulla sua brandina. Ecco, quella era stata una sorpresa decisamente inaspettata che la lasciò piacevolmente sorpresa, al punto che annuì senza infierire, almeno questa volta, su quel discorso, decisa a concentrarsi sulla questione Sorgan. Effettivamente scegliere un posto isolato per sparire dalla circolazione era una buona idea, almeno per un po’ sarebbero stati al sicuro e poi, pian piano, avrebbero deciso cosa altro fare o come comportarsi, visto che era tutto da vedere. Ma quel piano iniziale non le dispiaceva neanche un po’, in fondo sarebbe stata la stessa cosa che avrebbe fatto lei, come era successa un tempo, il che voleva dire che per un po’ di tempo avrebbe dovuto a pensare che altro poter fare per sopravvivere, ma si sa, in due si ragiona decisamente meglio. 
«Ottimo, allora andiamo su Sorgan ed attendiamo che si calmino le acque. E’ un buon piano, Mando.» ci tenne a sottolineare lei con sincerità mentre lo superava, senza aggiungere altro, dirigendosi verso la cabina di pilotaggio, così da evitare anche possibili momenti imbarazzanti, che, a quanto pareva, erano ben più evidenti di quanto non avesse mai fatto caso Speed. 
Già, stranamente si ritrovò a pensare che essere da sola con lui poteva avere dei risvolti abbastanza tendenti all’imbarazzo, forse perché non era abituata a viaggiare con qualcuno e men che mai lui. 
Erano entrambi due lupi solitari che, per volere del destino, si ritrovavano a dover condividere quella sorta di avventura e tutto solo per proteggere il piccolo membro del branco, di cui lei non si era dimenticata, ed infatti, entrando nella cabina ecco che vide il piccolo esserino verde giocare con una pallina, sicuramente il pezzo dei comandi di cui aveva parlato il Mandaloriano, comodamente seduto al posto del secondo pilota. 
Speed s’abbassò verso di lui, ritrovandosi faccia a faccia con quei grandi occhi scuri che le rivolsero un sorriso e le tesero la manina per salutarla, ed ecco che dinnanzi a lui, o lei, sentì di aver fatto la cosa giusta nell’averlo salvato, e non si pentiva di nulla, anche se il proprio futuro, al momento, era alquanto incerto. 


Il pianeta di Sorgan, da quel che indicava il satellite sullo schermo, non doveva essere parecchio lontano e fra non molto sarebbero entrati nella sua orbita ed atmosfera, in modo tale da poter atterre e vedere quel che vi era da fare su quel posto desolato. La densità di popolazione, secondo la nave, era bassissima, quindi vi erano davvero ben poche possibilità che qualcuno li riconoscesse. Infatti, Din, con il tempo e con l’esperienza, aveva imparato che i modi migliori per disperdere le proprie tracce erano due: o ci si confondeva in mezzo alla confusione e dunque a tanta gente oppure in posti dove non vi era nessuno. Quella volta la scelta era ricaduta sulla seconda opzione, poiché Sorgan era risultato essere il pianeta più vicino e che sembrava fare al caso loro.
Non aveva chiesto un parere alla ragazza, considerato che stava dormendo ben più profondamente di quanto avesse mai immaginato, ed alla fine aveva impostato la rotta insieme al piccoletto, che sembrava invece apprezzare quella nuova meta e destinazione. 
Non ci sarebbe voluto molto, ovviamente, e dopo che Speed lo aveva ringraziato per il letto, si era preso il piccolo in braccio, non avevano più parlato, o meglio era come se nessuno dei due volesse anche solo provare a disturbare l’altro. Ed a Din questo andava bene, lui non era abituato ad avere un equipaggio, men che mai una donna a bordo, di solito i suoi ospiti erano per lo più i propri prigionieri, non di certo qualcuno come Speed, qualcuno che non riusciva a definire bene.
In quel momento, guardandola di sbieco, era ben più tranquilla e pacata di quanto non fosse prima, infatti, dopo essere sceso a prendere il bambino che aveva iniziato a dargli fastidio con i suoi lamenti, l’aveva vista agitarsi nel sonno, come se stesse scappando o combattendo contro qualcosa che le faceva del male. Le aveva addirittura tastato la fronte, senza il guanto, per assicurarsi che non avesse la febbre, ma niente di niente, era fresca però stava facendo dei sogni agitati. 
Sì, Din Djarin si era preoccupato per lei, ma non glielo aveva detto, aveva preferito lasciare che lei lo intuisse. Ecco il perché delle precedenti domande, visto che non poteva di certo darle  una mano in quelle condizioni. 
Ma aveva taciuto, certo che non fosse nulla di grave, anche perché sarebbe stato inutile allarmarla, magari era qualcosa che lei sapeva già, qualcosa che accadeva spesso. Oppure era colpa di tutto quello stress che l’aveva costretta a sopportare, perché sapeva bene che Navarro era tutta opera sua e forse per tale motivo la stava quasi trattando con maggiore riguardo di quanto ne avrebbe normalmente avuto.
Era il proprio modo di sdebitarsi per averle fatto perdere tutto. 
Ma poi improvvisamente la sua voce, decisamente troppo melodiosa per Din, richiamò la sua attenzione. 
«Mando, posso farti una domanda?» gli chiese ella costringendolo, ovviamente, a voltarsi verso di lei. 
Speed se ne stava con le gambe rannicchiate sulla poltrona del secondo pilota mentre guardava fuori dal finestrino e stringeva fra le braccia il piccolo, sempre intento a giocare con quel pezzo di metallo che tanto lo rendeva felice. 
Li trovò stranamente rassicuranti e piacevoli da osservare, ma lei gli voleva fare una domanda, questo non lo aveva di certo dimenticato, ed infatti annuì con tranquillità, dandole appunto la possibilità di parlare e di dire ciò che aveva da chiedere, qualsiasi cosa fosse. 
«D’accordo—… forse è una cosa un po’ personale ma da quanto tempo non togli il tuo elmo?» 
Da sotto la visiera ecco che lo sguardo di Din sembrò quasi allarmarsi perché quella domanda, decisamente inaspettata e decisamente personale, lo colse alla sprovvista. Aveva pensato che gli avrebbe chiesto qualcosa riguardo Sorgan o su cosa avrebbero fatto e forse avrebbe anche preferito pensare a quello, però ecco che invece lei aveva deciso di porgli una delle domande più personali di sempre e lui, dal canto suo, non aveva alcun motivo per mentirle o per evitare di risponderle, in fondo non era un mistero. 
«Da un paio d’ore.» le rispose con tutta la tranquillità di cui era disposto mentre continuava a guidare la Razor, eppure vide chiaramente, con la coda dell’occhio, la faccia estremamente sorpresa di Speed nel sentire la propria risposta. 
«Da—… aspetta. Adesso sono confusa. Ma voi Mandaloriani non potete mai levare il casco oppure avete qualche regola particolare? Perché adesso non sto capendo. Insomma mentre dormivo tu non indossavi il tuo elmo?!»
Era più che legittimo, e poteva anche capirlo, quindi armato di tutta la buona volontà di cui era disposto cercò di spiegarle bene come funzionava la Via di Mandalor che lui seguiva da quando aveva otto anni.
«In realtà la nostra via ci impone di non togliere mai l’elmo davanti ad un essere vivente così da mostrare il proprio viso. Ma lo possiamo togliere quando siamo da soli. Una volta che qualcuno ti toglie l’elmo oppure se tu lo togli per qualcuno non potrai più indossarlo e seguire la via di Mandalor.»
Lo chiedevano spesso, gli altri Mandaloriani, se era stato tolto l’elmo, perché chiunque non lo avesse tolto o se lo fosse fatto togliere allora era un guerriero temuto e rispettato nella comunità Mandaloriana, e lui lo era ancora. Però non si aspettava che gli altri potessero capirlo, era qualcosa che andava oltre il semplice stile di vita, era un credo, l’unica cosa alla quale si era potuto aggrappare quando era ancora solo un trovatello, dopo aver perso la sua intera famiglia. 
Chiaramente l’espressione della ragazza fu sempre più confusa, mentre giocava distrattamente con il piccolo, intento a tirarle un dito e successivamente i capelli lunghi e biondi. 
«Quindi—… tu puoi toglierti l’elmo quando sei da solo mentre con qualcuno nella stessa stanza devi per forza indossarlo.» picchiettò, allora, il dito libero contro le labbra assumendo un’aria pensierosa, mentre aggrottava le sopracciglia. «E se tipo sei in una stanza con qualcuno che non può vedere? In quel caso puoi toglierti il tuo elmo? E poi questo vuol dire che tu mangi sempre da solo?»
Che domande. 
Davvero voleva sapere i dettagli tecnici?!

«Sì, in quel caso se l’altra persona non mi può vedere in viso allora posso toglierlo—… e sì, Speed, mangio sempre da solo.» 
«Ma questo è—… triste.» mormorò lei leggermente delusa da quell’affermazione. «Quindi in teoria teoria la via di Mandalor gira intorno al non mostrare il proprio volto piuttosto che all’indossare l’elmo, anche se le due cose sono correlate.» 
«Più o meno. Sono due cose che vanno di pari passo, ma come hai detto tu, appunto, possono esserci delle eccezioni.» spiegò cercando di essere esaustivo, non prima di aver aggiunto un ultimo dettaglio. «E non è triste. Questa è la via.»
Il suo motto, di cui andava tanto fiero e che alle volte era un vero fardello da portare sulle spalle, era perfetto per descrivere la propria situazione. 
«E non ti viene mai voglia di toglierti l’elmo o di lasciartelo togliere, Mando?» 
Questa volta, nel pronunciare quelle parole, il viso di Speed non era tanto curioso quanto dispiaciuto, forse perché vedeva il suo elmo quasi come una sofferenza, cosa che per Din non era. Eppure la domanda, più che legittima, lo lasciò un attimo interdetto perché effettivamente c’erano state delle volte in cui avrebbe voluto togliersi il proprio elmo o che gli era quasi stato tolto: la prima volta che aveva ricevuto un colpo troppo forte al petto e non riusciva a respirare, la prima volta che era stato con una donna, una caduta dallo speeder che gli aveva provocato una ferita alla testa, un nemico che lo aveva quasi ucciso. Sì, Din aveva desiderato davvero tanto, in certi momenti, non avere nessun elmo, era davvero arrivato così vicino a toglierselo ed ad abbandonare la via di Mandalor che lo ricordava parecchio bene, solo che poi qualcosa in lui era scattato e ripreso il proprio consueto autocontrollo si era ritrovato a non toglierselo o farselo levare.
«Qualche volta—…» replicò lui lasciando che quelle parole si perdessero nel vuoto, mentre dinnanzi a sé la fitta vegetazione del pianeta iniziava a scorgersi all’orizzonte. 
E Speed, sinceramente colpita da quelle parole, ecco che rimase in silenzio per qualche istante di troppo prima di aggiungere una frase che colpì parecchio Din. 
«Beh, so che non è molto, ma ti prometto che non ti chiederò mai di togliere il tuo elmo per me, Mando.»
Già, gli aveva appena fatto quella promessa con un sorriso sulle labbra mentre giocava con il bambino, prima di rivolgergli un profondo sguardo sicuro che non sembrava ammettere alcuna replica. E lui, dal canto suo, rimase intento a fissarla senza sapere bene cosa dire.
Di solito la gente lottava per cercare di levargli il suo più grande orgoglio, ovvero il proprio elmo in beskar, mentre lei aveva appena promesso tutto il contrario, decisa a non fare una simile richiesta. 
Ecco, quell probabilmente fu uno dei pochi momenti in cui il Mandaloriano si sentì piuttosto confuso ed allo stesso tempo piacevolmente sorpreso da quelle parole. Sì, Din rimase così colpito, che non sentì neanche il radar segnalare una radura nelle vicinanze, segno che ormai il proprio atterraggio su Sorgan era praticamente immediato, eppure c’erano così tante cose che le avrebbe voluto chiedere prima di scendere dalla nave, solo che il tempo sembrava essere contro di lui al momento. 
“Chi sei davvero Speed? Perché mi fai una promessa simile? E soprattutto chi ti dice che magari non sarò io a volermi togliere il mio elmo per te?”
Perché fu proprio in quel momento che Din si rese conto di due cose: erano appena giunti a destinazione su Sorgan e che forse, quella sera nel vicolo di Navarro dopo la quasi rissa nel locale della Gilda, aveva desiderato non avere il proprio elmo a nasconderlo per poterla guardare meglio in viso.
   
 
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