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Autore: ONLYKORINE    11/02/2020    1 recensioni
Come si fa a spiegare com'è innamorarsi? Semplice, per Arianna, undici anni, è come un salto sulla trave. Solo che ancora non lo sa.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come un salto sulla trave

 

 

Arianna era la più brava del suo corso. Anzi, di tutta la società. Quella stagione, a soli undici anni, gareggiava insieme alle ragazze di quindici e arrivava sempre prima.

Alla Mortoni, la società sportiva di ginnastica artistica dove si allenava, tutti conoscevano Arianna e quello che sapeva fare: era un vero talento e, data la giovane età, non le costava nessuno sforzo allenarsi e compiere quelle eleganti acrobazie sulla trave e sulle parallele.

Tutte le ragazzine la volevano in squadra perché, essendo molto brava, non ci voleva molto ad avere un punteggio alto e a far vincere la squadra.

Ma le gare la annoiavano. Ad Arianna piaceva tantissimo la ginnastica: danzare leggiadra sulla trave, librarsi in volo sulle parallele, saltare sul trampolino e volteggiare erano le cose che preferiva al mondo. Le sembrava di volare e si sentiva leggera, in quei momenti non pensava a niente e si lasciava andare, sapendo che il suo corpo avrebbe svolto da solo ciò che sapeva fare.

Le gare, invece, erano noiose e piene di regole, tempi e punteggi. Le altre ragazze piangevano quando non salivano i gradini del podio, lanciavano sguardi di fuoco alle vincitrici e rosicavano con le madri quando uscivano dal palazzetto.

Gli applausi, lo sguardo orgoglioso di sua madre e le medaglie erano gli unici premi per cui valesse la pena stare tutte quelle ore al palazzetto, fra una gara e l’altra, ad annoiarsi in attesa di potersene tornare a casa.

Per fortuna c’erano Jacopo, Andrea e Giuseppe. Erano i fratelli minori delle sue compagne di squadra e, più o meno, avevano tutti l’età di Arianna. La ragazzina si divertiva più con loro che con le altre ragazze: loro erano grandi, parlavano di ragazzi e di trucchi, di professori severi e del ‘centro’, il posto dove andavano quando non avevano né allenamento né gare. Arianna, invece, non capiva niente di quelle cose lì, non usciva da sola, non aveva problemi a scuola, non poteva truccarsi e non sapeva niente di ragazzi. Così passava il tempo in attesa dei risultati delle gare a giocare con i fratelli delle sue compagne.

Quella volta in cui il suo mondo cambiò, stavano giocando a calcio con una pallina di carta stagnola di uno dei panini di Giuseppe.

Erano in alto, nel punto più grande della tribuna, con uno spiazzo di diversi metri. Ogni tanto lanciava uno sguardo a sua madre Cinzia, seduta con le altre mamme a chiacchierare, che ricambiava l’occhiata con un sorriso. Ad Arianna bastava questo: sua madre era contenta e lo era sempre quando Arianna era felice.

Con le scarpe da ginnastica e i pantaloncini sopra il body, gridava ad Andrea di passarle la pallina per poter fare gol a Giuseppe che proteggeva la porta. Quando il ragazzino le passò la palla improvvisata, Arianna tirò un colpo velocissimo che oltrepassò le gambe aperte di Giuseppe e finì oltre la ringhiera delle scale, andando a perdersi dall’altra parte della tribuna, dove c’era il corridoio della tribuna dei padri fotografi.

“Scusate, scusate” disse, passando fra gambe e treppiedi di padri costretti dalle mogli a stare ore in attesa dello scatto perfetto sull’esibizione della propria figlia. Foto che tanto poi, una volta a casa, sarebbero state criticate e bistrattate dalle loro stesse commissionatrici, che comunque avevano già comprato le foto dal fotografo ufficiale.

“Tieni, Arianna.”

La voce che le si rivolse era calda e bassa e apparteneva a uno dei più bei ragazzi biondi che Arianna avesse mai visto. “Come sai il mio nome?” gli chiese stupita. Lui rise e le porse la pallina.

“Sono il fratello di Vittoria” le spiegò, indicando una ragazza bruna che gesticolava con le altre della sua squadra. Vittoria. Arianna la osservò: Vittoria non era male. Con lei era gentile e le sorrideva spesso. Non come Rosa, che le faceva il verso e ridacchiava alle sue spalle. Arianna se ne accorgeva, ma non diceva niente. Sua madre sospettava che fosse invidiosa e le aveva detto di starci lontana. Sì, come se fosse stato facile!

Riportò lo sguardo sul ragazzo e prese la pallina. “Grazie” disse, girandosi per tornare dagli altri. A metà strada, però, si voltò e lo osservò ancora: era alto, forse più alto di Vittoria, indossava degli stivali neri e sotto il braccio aveva quella che sembrava una giacca di pelle scura.

Continuò a osservarlo e neanche si accorse del tempo che passava, fino a quando Andrea non venne a chiamarla.

“Ari, che fai? Vieni?” La ragazzina si voltò e annuì.

“Arrivo. Andre, tu sai chi è quello?” Andrea si voltò nella direzione che lei gli indicava e storse la bocca.

“Sì, è Riccardo il fratello gemello di Vittoria” rispose.

“Gemello?” Arianna era stupita: non avrebbe detto neanche che fosse suo fratello, figuriamoci il suo gemello! Lui era biondissimo e lei così mora!

“E come fa a sapere il mio nome?”

Andrea alzò una spalla. “Tutti ti conoscono”.

Mentre tornavano da Jacopo e Giuseppe, Andrea le raccontò quello che sapeva di Riccardo: loro si conoscevano da tempo, perché le sorelle erano nella stessa squadra da qualche anno.

Arianna continuò a giocare, ma si distrasse più volte e gli altri la rimproverarono spesso. Quando furono annunciate le premiazioni, la mamma la chiamò e anche gli altri ragazzini tornarono a sedersi sulla tribuna insieme alle proprie famiglie, in attesa di scoprire il verdetto dell’ennesima gara.

Tolte le scarpe e i pantaloncini, con il body blu della società, Arianna accarezzò il ricamo del logo: lo faceva tutte le volte che affrontava un attrezzo per la prima volta. Quando c’era qualcosa di nuovo, la sua mano scattava sempre lì. Non si rese conto di farlo in quel momento, finché sua madre non le fermò la mano per stringerla.

“Andrà tutto bene” le disse, pensando che fosse nervosa per la premiazione. Arianna voleva annuire per tranquillizzarla ma, per la prima volta in vita sua, non ci riuscì. “Per me sei la più brava. Ora vai!” La baciò sulla guancia e con una piccola spinta la fece andare verso il tappeto commemorativo.

La ragazzina si sedette vicino alle compagne sul tappeto e attese il momento della premiazione della sua categoria come le altre volte. Uguale ma in maniera differente:  le piaceva aspettare e sentire il suo nome detto al microfono, soprattutto per ultimo, perché la classifica partiva sempre dal basso, ma quella volta non prestò la giusta attenzione.

Le altre erano agitate e ridacchiavano muovendo le gambe, ma lei era tranquilla e lasciò che i nomi delle altre vincitrici le passasse oltre il cervello.

Quando fu annunciata la sua squadra come vincitrice della categoria, quasi si scordò di alzarsi. Vittoria dovette tirarla per un braccio per salire con le altre sul gradino più altro del podio. Poi ci fu il solito susseguirsi delle altre premiazioni, quella generale singolare e quelle dei vari attrezzi.

Per la trave ci fu un podio solo della società Mortoni e le ragazze si presero per mano, alzando le braccia. Quando Arianna alzò lo sguardo sulla tribuna, vide Riccardo: applaudiva e guardava sorridendo verso di loro.

Pensò che il suo stomaco volesse ribellarsi come quella volta che aveva mangiato troppi dolci a Natale ed era andata all’ospedale. E invece non successe niente. Solamente, si sentiva strana: non riusciva a guardare nient’altro che non fosse la ringhiera della tribuna alta e i suoi occhi continuavano a posarsi sul ragazzo biondo.

“Vieni, Ari, anche se fra poco ti chiamano ancora, devi scendere dal podio” la richiamò Vittoria. Quando la guardò, la ragazza le chiese se si sentisse bene e lei annuì senza rendersene conto.

In macchina verso casa, sua madre chiacchierò di quello che si erano dette lei e le altre mamme, di qualche aneddoto avvenuto durante la gara e di qualche altra osservazione che Arianna non ascoltò: continuava a pensare a Riccardo.

***

“Ti sei divertita?” le chiese la mamma quando fu il momento di andare a letto. Arianna annuì mentre Maria, la sua sorellina, girava per la stanza senza le mutande. Cinzia dovette più volte correrle dietro e sgridarla, tanto che Arianna non se la sentì di parlarle di cosa le era successo.

***

I giorni passarono tutti uguali come sempre e Arianna continuò ad allenarsi divertendosi, saltando sul trampolino, roteando sulle parallele e danzando sulla trave. Soltanto quel pensiero fisso di un ragazzo grande e biondo, continuava ad affacciarsi nella sua mente. E quando succedeva, lei si sentiva strana. Sentiva il petto leggero e le sembrava quasi di riuscire a saltare più in alto. Il suo stomaco le vibrava e sentiva il vuoto ma non aveva fame, si sentiva soddisfatta ed eccitata come per una grossa sorpresa. Era come fare le rovesciate in avanti sulla trave senza cadere mai. Quando se ne accorgeva, sorrideva.

Una sera, quasi alla fine dell’allenamento, Arianna vide entrare in palestra la causa del suo strano cambiamento: Riccardo.

Stava camminando sulla trave ma, distraendosi all’apertura della porta, mise un piede in fallo e cadde rovinosamente a terra. Due ragazzine le corsero vicino e anche l’allenatrice si preoccupò, ma Arianna non si era fatta niente e lo disse mentre si alzava e muoveva nervosamente le mani.

Per gli ultimi dieci minuti di allenamento, il fratello di Vittoria e sua madre rimasero a osservare le ragazze che finivano gli esercizi. Per Arianna fu disastroso, non riuscì più a stare in equilibrio sulla trave e sbagliò anche due esercizi a corpo libero. La ragazzina era sempre più stranita: sentiva le guance andare a fuoco, non capiva perché e non voleva assolutamente sembrare un’imbranata. Anche perché lei non lo era. Era capace di svolgere qualsiasi esercizio, non si tirava mai indietro, neanche la prima volta che lo faceva, neanche per quelli difficili. Cosa le stava succedendo?

Corse nello spogliatoio prima del saluto finale e si cambiò lentamente, lasciando che le altre finissero di prepararsi e se ne andassero.

“Tutto bene? Ti sei fatta male?” Vittoria le si sedette vicino quando rimasero sole. Arianna scosse la testa, ma non disse niente. “Sicura?” Questa volta annuì. “Bene, allora ci vediamo domani!” la salutò la ragazza prima di uscire dallo spogliatoio.

In macchina sua madre la osservava dallo specchietto retrovisore. “Stai bene, tesoro?”

“Mamma… Mi è successa una cosa strana oggi. Cioè, è un po’ che mi succede, ma oggi è stato più strano.”

Cinzia, che era una donna in gamba e sapeva quando la figlia avesse bisogno di parlare, parcheggiò la macchina ma non scese e aspettò che la ragazzina le raccontasse ciò che le stava succedendo: della sensazione strana allo stomaco solo a pensare al fratello di Vittoria, della sua strana reazione quando lo aveva visto e del fatto che si sentisse più leggera.

“…Come quando ho fatto il primo salto sulla trave e non sono caduta. Il mio cuore batte tantissimo e mi sento felice senza un motivo” concluse il suo discorso la piccola.

Cinzia sorrise di gioia quando le disse: “Penso che tu ti sia innamorata”. Arianna spalancò gli occhi e la bocca.

“Io?”

“Sì, tu, tesoro. È una bella cosa, non devi averne paura se ti fa sentire bene.”

Arianna non disse niente e rimuginò sulle parole della madre. E, nei giorni successivi, lasciò che quella cosa strana la facesse sentire così diversa.

Pensò a Riccardo in tutti i momenti liberi, gradendo il fatto di sentirsi così spensierata e agile. Le piaceva come fare un fioretto sulla parallela. Lasciava che il suo cuore facesse capriole quando la testa bionda del ragazzo entrava in palestra e aveva iniziato a sorridergli come quando la mamma le comprava un regalo. Era riuscita più volte a parlargli e lui era sempre stato gentile, anche quando all’inizio lei balbettava.

Dopo due mesi Vittoria si fece male a una gamba e dovette fermarsi dagli allenamenti. Arianna, invece, passò di categoria e cambiò società per poter accedere a un team diverso di preparatori.

E Riccardo lasciò il posto a un altro.

***

“Mamma! Mamma! Ho una nuova maestra!” La figlioletta le saltò in braccio appena Arianna varcò la porta della sua vecchia palestra.

“Tesoro! Ti sei divertita?” le chiese, spostandole i capelli dalla fronte e dandole un bacio.

La piccola, nell’irruenza dei suoi cinque anni annuì, prese per mano la madre e la trascinò verso il tappeto gonfiabile azzurro, dove le allenatrici stavano sistemando le ultime cose.

“Vittoria! Vittoria! Vieni a conoscere la mia mamma!” gridò la piccola rivolta all’allenatrice. La donna bruna si voltò e, quando vide Arianna, il suo viso si distese in un sorriso. Arianna riconobbe la vecchia compagna di squadra e le sorrise di rimando.

“Vittoria Macchi? Che bello ritrovarti alla Mortoni ad allenare!”

“Ma… Arianna?” Vittoria riconobbe l’amica e l’abbracciò calorosamente.  “Quindi Marta è tua figlia? Avrei dovuto immaginarlo!” disse ancora, guardando la piccola con uno sguardo dolce, che la bambina ricambiò.

Arianna si strinse nelle spalle. Era arrivata alle olimpiadi e aveva vinto una medaglia di bronzo, poi, quando era nata Marta, aveva deciso di dedicarsi ad altro; le gare la tenevano troppo lontana dall’altra sua passione: fare la mamma.

“Mamma mia, quanto tempo è passato da quando abbiamo fatto squadra, eh? Che anno era?”

“Sono passati vent’anni” precisò Arianna. Mentre la bambina andava a cambiarsi nello spogliatoio le due donne rimasero a chiacchierare e si scambiarono racconti di ricordi e piccoli aneddoti.

“Oh, Riccardo! Scusami, Arianna, mi sa che è arrivato il mio passaggio. Comunque ci vediamo la prossima settimana, vero?” disse l’allenatrice andando nello spogliatoio riservato, quando vide il fratello entrare dalla porta.

“Arianna Secri?” L’uomo che si avvicinò a lei, porgendole la mano era molto diverso dal ragazzino che si ricordava Arianna: era alto, con i capelli tagliati cortissimi e un accenno di barba. “Vittoria ci ha parlato di te per tantissimo tempo. So che sei andata alle olimpiadi…”

Arianna gli strinse la mano, stupita che lui si ricordasse di lei e sapesse così tante cose. Riccardo, allo sguardo stranito di lei rise e disse: “Vitto ti ammirava tantissimo, diceva che eri la più brava. Quando è tornata dopo l’infortunio, si lamentava di quanto fosse tutto diverso senza di te”. La ragazza si sentì arrossire sulle guance, se c’è una cosa che la popolarità non cura, è la timidezza. Soprattutto la timidezza che si ha nei confronti di un ragazzo per cui il tuo cuore aveva battuto così forte da bambina.

Dopo dieci minuti di chiacchiere leggere, Arianna disse che doveva andare in cerca della figlia e si dileguò. Il suo cuore batteva ancora forte e le sue guance erano di nuovo rosse, ma il sentimento che provava ora era diverso da vent’anni prima: la tenerezza di un’emozione primitiva le riempiva il cuore e il desiderio di sentirsi ancora leggera come quella bambina le lasciava una malinconia struggente addosso.

Con quella sensazione strana tornò a casa con Marta.

***

“Oggi la mamma parlava con un signore…” confidò Marta al papà mentre stavano apparecchiando, dopo avergli raccontato della sua nuova insegnante di ginnastica, che la mamma conosceva perché erano state in squadra insieme.

“Chi?” le chiese lui. “Il papà di qualche bambina?” La piccola scosse la testa prendendo le posate.

“No, non è un papà che conosco. Ilaria diceva che è il fratello di Vittoria, la nuova allenatrice.”

“Uh. La tua allenatrice si chiama Vittoria? Ed era in squadra con la mamma?” L’uomo corrugò la fronte mentre la piccola, con la stessa smorfia sul viso annuiva.

“Arianna!!”

“Sì, Andrea?” Quando sua moglie uscì dalla doccia con un asciugamano sui capelli le andò vicino.

“Non è che oggi hai visto un certo Riccardo? Un certo Riccardo di cui ti sei innamorata quando eri una ragazzina?”

Arianna rise: suo marito sapeva del suo primo amore e sembrava proprio geloso.

“Sì. Un certo Riccardo di cui il mio splendido marito mi ha svelato il nome quando ancora non lo conoscevo.”

Il primo amore non si scorda mai. Ti fa ricordare che c’è un modo innocente di guardare il mondo e di sentirsi in continuazione a fare acrobazie sulla trave.

Ma lei non aveva più bisogno di Riccardo per sentirsi leggera e volteggiare. Si alzò sulle punte e baciò le labbra di Andrea, il suo ultimo amore.

 

***Racconto di fantasia, ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale***

 

***Eccomi con un altro contest. Questa volta è 'PRIMO AMORE' e mettere il numero 20 nella storia. Spero che vi sia piaciuta.
   
 
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