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Autore: DanilaCobain    12/02/2020    3 recensioni
A pochi mesi dalla rottura con il fidanzato, Sveva torna in Italia per lavoro dopo aver vissuto a lungo a New York. Si aspetta di trovare un po' di tranquillità e riposo dalla vita frenetica newyorkese ma deve presto ricredersi. Suo fratello Enrico, calciatore professionista, è determinato a farle trascorrere un'estate indimenticabile tra festini, serate in barca, vacanze improvvisate insieme ai suoi compagni di calcio, compreso Kieran, l'uomo più arrogante che Sveva abbia mai conosciuto. Tra i due è odio a prima vista. Kieran non sopporta l'aria saccente di Sveva, Sveva detesta i modi di fare di Kieran. Enrico non ha nessuna intenzione di rinunciare al suo migliore amico né tantomeno ai suoi piani per la sorella. Di tempo insieme ne passeranno parecchio e chissà che dietro tutto quel disprezzo possa nascondersi qualcosa di più potente.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Gente. Tantissima gente sconosciuta. Al suo ingresso nel locale Sveva aveva a malapena riconosciuto suo fratello. Ragazze giovanissime in miniabiti luccicanti e tacchi vertiginosi, uomini impomatati con sorrisi smaglianti e cocktail in mano. Enrico era circondato da persone, rideva, brindava e faceva qualche foto.
Sul lungo bancone bianco posizionato alla destra dell’ingresso vi era un buffet. Sveva si avvicinò. Stuzzichini di ogni genere e forma le riempirono gli occhi e l’olfatto. Sentì lo stomaco iniziare a brontolare. A pranzo aveva mangiato pochissimo, il nervosismo le aveva tolto l’appetito. Prese un piattino e lo riempì di tramezzini, tartine, crostini e cocktail di gamberetti. Abbracciò con lo sguardo l’intera sala alla ricerca di un posto dove potersi sedere.
E vide Kieran. In fondo alla sala, con tutti gli altri compagni di squadra. Lui la stava fissando. Per qualche secondo rimasero a guardarsi. Poi Sveva si voltò e andò a cercare posto nella seconda sala, a cui si accedeva oltrepassando un arco, decorato da festoni, alla destra del bancone. Poco più piccola della prima, luci calde, divanetti color verde scuro e tavoli di legno. Alle pareti stampe di piante tropicali con foglie giganti e motivi floreali e al centro del soffitto un’istallazione in vetro circolare che permetteva di guardare il cielo. Sembrava di stare in una serra, rilassante e accogliente nonostante la cacofonia di voci e musica.
Trovò un posto, si sedette e cominciò a mangiare. Anche da lì riusciva a vedere Kieran. Se ne accorse quando alcune persone si spostarono e incontrò di nuovo il suo sguardo fisso su di lei. Cercò di ignorarlo. Probabilmente l’aveva riconosciuta. Probabilmente in giro c’era anche la sua fidanzata. Magari con un pizzico di fortuna sarebbe riuscita a evitare qualsiasi tipo di interazione con lui.
Enrico la raggiunse dopo un po'. «Sveva, sei arrivata.» Si sedette accanto a lei e le diede un bacio sulla guancia.
«Sono arrivata poco fa. Eri impegnato e ne ho approfittato per mangiare. Sembra una bella festa.»
«Sembra?»
«Sembra che si stiano divertendo tutti.»
«E tu?»
Gli occhi dolci di Enrico incontrarono i suoi. Sorrise e passò una mano tra i capelli biondi del fratello. «Sono molto orgogliosa di te. Il locale è bellissimo, questa sala è meravigliosa e tutti i progetti che hai in mente… mi fa piacere che tu stia investendo anche sul tuo futuro.»
Enrico aveva acquistato l’intero immobile dove era situato il bar e aveva in programma l’apertura di un b&b. Tutto questo Sveva lo aveva saputo la sera prima, quando il fratello era andato a prenderla in aeroporto.
Enrico si guardò intorno con un sorriso soddisfatto. «Già. E non hai ancora visto il giardino! Vedi quella porta?» nella parete sul fondo, dietro alle spalle di Sveva, c’era una porta d’acciaio chiusa. «Lì c’è il cortile interno del palazzo. Ci farò un giardino per le sere d’estate. Domani ti faccio vedere il progetto.» Le circondò le spalle con un braccio e la baciò sulla testa e sulla guancia. «Sono contento che tu sia qui per restare un po’. Mi sei mancata.»
«Anche tu.»
Sveva gli accarezzò il volto. Vide comparire una scintilla di malizia nello sguardo del fratello. La rimirò con un sorriso impertinente sulle labbra.
«Stasera hai deciso di rubare il cuore di qualcuno? Stai benissimo, questo vestito ti sta da dio.»
Il vestito rosso lo aveva ricevuto nel pomeriggio, nel suo appartamento, ed era stato mandato come regalo da Giorgio, con tanto di rose e bigliettino in cui chiedeva scusa per il suo ignobile comportamento. Era proprio quello che aveva visto in vetrina. Sveva lo aveva provato. Sembrava cucito apposta per lei e aveva deciso di indossarlo per la festa.
Involontariamente spostò lo sguardo verso Kieran. La stava guardando ancora. «Non voglio conquistare proprio nessuno, credimi.»
Enrico si alzò e tese la mano verso di lei. «Vieni. Andiamo a salutare i compagni.»
Sveva avrebbe preferito non andare, ma mise la mano in quella del fratello e si tirò su. Riuscirono a sgusciare tra i corpi accaldati e raggiungere il tavolo della squadra. Enrico giocava nella squadra di Milano da quando era un ragazzino. Quasi tutti conoscevano Sveva. Infatti quando si avvicinarono e Enrico esordì dicendo «Guardate chi è tornato», Giacomo si era già alzato e aveva abbracciato la ragazza. Era il più “anziano”, il capitano della squadra. Capelli neri, barba folta e sguardo vispo, nutriva un profondo affetto per la ragazza. Anche Sveva era molto affezionata a tutti loro. Scambiò qualche parola con tutti mentre li salutava.
Solo due dei presenti Sveva non aveva mai conosciuto: Mark Kruger e Kieran Blom. Kieran rimase seduto. Serio, guardava la scena senza dire una parola. Sveva di tanto in tanto gli lanciava qualche occhiata. Non aveva visto Evangeline e si chiedeva dove fosse. Mark, invece, si era alzato e si era presentato. Prese la mano di Sveva e se la portò alle labbra, facendo un piccolo inchino.
«Siedi con noi?» le disse, indicandole il posto accanto a Kieran.
In quel momento Enrico notò l’amico seduto e silenzioso. «Kieran, anche tu non conosci mia sorella.»
Il ragazzo si alzò. Imponente, dall’alto dei suoi due metri di altezza. Impassibile. Indossava un completo blu scuro e una camicia bianca. Strinse la mano di Sveva così forte che per poco non si udirono le ossa scricchiolare. Lei non si scompose e cercò di ricambiare la stretta, per quanto possibile.
«La famosa Sveva. Ti immaginavo diversa.»
«Io invece ti immaginavo proprio così, Kieran Blom.»
Probabilmente tutti a quel tavolo si erano accorti di quanto suonassero velenose quelle parole. Enrico spostò lo sguardo da lei a Kieran. «Che succede, ragazzi?»
«Niente» si affrettò a dire Sveva.
«Io e tua sorella abbiamo avuto una discussione in un negozio, oggi.»
Una sonora risata proruppe dalla gola di Enrico. «Ma che dite? E per quale motivo?»
Sveva e Kieran si fissavano. Lei non riusciva a credere che avesse avuto il coraggio di tirare fuori l’argomento dopo la brutta figura fatta. Lui sfoderò un sorriso angelico.
«Potevi dirmelo che eri la sorella di Enrico. Te lo pagava lui, il vestito?»
«Quale vestito?»
«Non ho bisogno di un uomo che mi paghi i vestiti. Mi guadagno da vivere da sola.»
Sapeva che non avrebbe dovuto abboccare alla provocazione, ma in quel momento provava un odio profondo verso quell’uomo. Stava per cedere alla tentazione di schiaffeggiarlo e di togliergli quel sorriso soddisfatto dal volto. Voleva andare via, lontano da quel frastuono e da tutta quella gente sconosciuta.
«Mi dite cosa diavolo sta succedendo?»
Anche questa domanda di Enrico non ricevette risposta.
«Vogliate scusarmi, vado a prendere da bere.» Sveva girò sui tacchi.
La sua intenzione era quella di sparire, tornare a casa. Ma non fece in tempo a fare un passo che si ritrovò stretta in un abbraccio. Il corpo muscoloso di un uomo l’avvolse. Forte. Protettivo.
Senza bisogno di guardarlo in volto, Sveva lo riconobbe.
Christian.
«Sei tornata e non mi hai detto niente» disse lui, la bocca vicina al suo orecchio.
«Volevo farti una sorpresa.» Ed era vero. Sapeva che Christian, il portiere della squadra e suo migliore amico, sarebbe stato presente alla festa. Quando si staccarono e lo guardò negli occhi sentì il cuore riempirsi di felicità. «Vieni, andiamo a prendere da bere» strinse la sua mano e lo portò il più lontano possibile da quel tavolo.
   
 
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