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Autore: Rosette_Carillon    15/02/2020    0 recensioni
Storia di cinque gatti, del loro café e dei loro clienti.
Che siano di passaggio, per un veloce caffé o un tranquillo té pomeridiano; che si presentino una volta sola, saltuariamente, o che siano abituali, tutti i clienti del cat café di Cornelia e Diana hanno le loro storie, e i cinque gatti padroni del locale sono curiosri di conoscerle.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cinque gatti














Le prime scosse di terremoto cominciarono verso le nove del mattino. Cielo e terra tremarono, e Diana portò le mani avanti, incapace di fare altro, nella vana speranza che quel semplice gesto potesse tenere tutto al suo posto, impedirne la caduta.
Poi fu il disastro.
Il primo a cadere fu il pifferaio – era sempre stato un personaggio problematico-, poi toccò alla Stella, che divenne cadente per davvero, e si rovesciò trascinando con sé una pecora e due sfortunati porcelli.
L’angelo svenne, e rimase immobile sopra la grotta, lo sguardo rivolto in su e le braccia aperte quasi stesse invocato l’aiuto divino.
<< Venere! >> gemette la donna, come in preghiera, afferrando la Madonna << Venere! >>
Cornelia, la schiena poggiata contro lo stipite della porta, rideva divertita; lei l’aveva detto fin da subito che fare il preseppe sopra il divano non si sarebbe rivelata una buona idea.
I movimenti sismici, cessati per qualche secondo, ripresero e fecero la strada inversa finché, sulla testiera del divano, fra la carta e il muro, non comparvero un paio di occhi azzurri e strabici.
<< Venere! Non puoi! Tu non puoi comportarti così! >>
Leo assistette impassibile alla disperazione, alla disgrazia avvenuta sotto i suoi occhi: era colpa dell’umana, che si ostinava a credere di poter fare ciò che voleva in casa loro. E a credere che Venere fosse innocente e incapace di fan danni.
Una zampata sopra il collo distolse la sua attenzione. Chi diavolo aveva osato interrompere la sua contemplazione?
Faith lo guardava contrariata << smettila di guardarla così, >> miagolò << ti ricordò che è stata lei a darci questa casa. Potremmo essere ancora per strada a morire di fame, a farci maltrattare o rischiare di morire sotto un’auto. >>
<< Qual è il problema con l’umana? È simpatica, è gentile, >> si intromise Timmy, il piccolo di casa arrivato da poco, solo tre mesi prima. <<  E a me piace tanto. >>
Quel tavolo era diventato troppo affollato per i suoi gusti, Leo balzò giù e andò a rintanarsi nella scatola di cartone infondo alla sala, vicino allo scaffale di libri.
Timmy lo guardò offeso, e si lasciò leccare affettuosamente da Faith, sdraiandosi sulla superficie liscia del tavolo. Ormai ne era certo: Leo lo odiava.
Diana si sedette su un divanetto e sospirò << per fortuna le feste sono finite! Voglio ritirare tutto il più in fretta possibile! >>
Cornelia rise << dobbiamo anche cambiare il menu. Vuoi fare qualcosa si speciale? O per il momento ci atteniamo alle solite cose? >>
Cornelia e Diana si erano conosciute al liceo, e la loro amicizia aveva resistito agli anni di lontananza dovuti agli studi universitari, che le avevano portate una in Canada, e l’altra in Giappone.                                                                                                                                        
Tornate a casa con quella nuova esperienza e nessuna possibilità di sfruttare i loro studi, avevano deciso di dare spazio alle loro passioni di gattare perennemente affamate: il cibo e i gatti, e avevano aperto un piccolo cat cafè.
Il locale si trovava in una zona un po’ sfigata, bisognava ammetterlo: era nel quartiere vecchio, in una di quelle strade acciottolate dove non era permessa la circolazione ai veicoli, ma la clientela era sempre numerosa.
Erano passati quattro anni, e nel piccolo locale si contavano cinque gatti. Venere, la padrona di casa con un forte istinto materno; Leo, che si atteggiava a padrone di casa, ma senza mai osare contraddire Venere. Le due sorelline, Lily e Faith, arrivate da poco più di un anno, e Timmy, trovato per pura fortuna in un cimitero, con una zampa e due costole rotte.
<< Al momento non ho alcun’idea per un menu originale, ci penserò più avanti. >>
Diana era la pasticcera. Dietro al bancone c’era sempre lei; preparava dolci, caffè, milkshakes, biscotti, tutto rigorosamente ispirato a qualcosa: una festa, un romanzo, una stagione, una canzone, il nuovo film uscito al cinema, o l’ultimo spettacolo del piccolo teatro di quartiere.
Cornelia serviva ai tavoli, prendeva le ordinazioni, e si occupava di tutto ciò che andava stampato o messo online.
Venere si allontanò elegantemente dal caos che si stava lentamente calmando, e andò a sistemarsi nella sua cuccia: una scatola di cartone riempita di calde sciarpe, che condivideva con un simpatico orsetto di peluche.
L’orsetto le era stato regalato dall’affascinante sceneggiatore che viveva nella casa davanti al café: l’aveva visto una mattina mentre lui usciva dal vecchio portone verde scrostato, e lei stava inseguendo Lily che, avendo trovato le porte aperte, aveva deciso di avventurarsi per strada.
Era stato lui ad acchiappare la piccola peste in cerca d’avventura, se l’era spupazzata per un po’, come tutti, e poi aveva notato lei. Villano! Avrebbe dovuto notarla per prima!
<< Ohoh, ma che bel gattone! >> aveva testo un mano verso di lei << e tu chi sei? >>
Ovviamente lei aveva voltato la testa dall’altra parte e l’aveva ignorato bellamente. Insomma, quel paesano aveva salvato Faith, ma aveva osato pensare che lei fosse un gatto. Un gatto! Villano!
Era intervenuta Diana a risolvere l’equivoco << lei è Venere, >> aveva detto indicandola con un cenno del capo, e nel mentre si era tolta il grembiule macchiato del caffè che si era versata addosso prima di correre all’inseguimento delle gatte.
<< Oh, certo. Adesso capisco l’eleganza. Chiedo perdono. >>
E, bè, come si poteva restare offese davanti a quelle maniere così gentili e a quegli occhi così neri? Sdraiarsi per terra e mettersi a pancia in su era stato naturale.
Diana aveva riso << oh mio- ! Non ci credo! Fa così solo con me e Cornelia. >>
<< Non le piacciono le persone? >> L’uomo aveva reso Faith alla donna, e si era chinato ad accarezzare Venere.
<< Non tanto. Diciamo che… ha problemi di fiducia. >>
<< L’altra volta che sono venuto, la tua collega mi ha detto che i vostri gatti hanno storie non molto fortunate, qual è la sua? >>
<< Il suo precedente proprietario voleva affogarla quando aveva appena un mese. >>
<< È una cosa orribile! >> esclamò, sinceramente indignato. << Come è riuscita a salvarsi? >>
La gatta smise di rotolarsi sotto la sua mano, lasciandosi semplicemente accarezzare. Era una storia a lieto fine la sua, ma non amava tanto sentirla. Non amava ricordare la paura, il freddo dell’acqua nei polmoni e tutto attorno a lei, però amava ricordare la nonna di Cordelia. Ricordava ancora con tanto affetto quella vecchina che, armata di bastone da passeggio, durante una delle camminate in campagna aveva colto il suo vicino di terreno che cercava di uccidere una gattina.
<< È stato visto dalla nonna della mia amica. >>
<< E lei ha chiamato la polizia? >>
<< Polizia? >> rise.  << L’ha picchiato col suo bastone da passeggio! >>
Risero.
<< Lo racconta sempre con orgoglio. >>








 
  
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