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Autore: theastwind    16/02/2020    1 recensioni
E' una storia d'amore e d'avventura tra Nami e... il Rosso.
Ambientata nel lasso temporale collocato prima che la ciurma entri nel Grande Blu.
Genere: Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Shanks il rosso
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
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33 - La fine di Little Wind

 

“Idiota…” – non le venivano in mente altri aggettivi per quel cretinissimo pirata dai capelli rossi che il giorno prima, di pomeriggio, era entrato nella sua cabina senza bussare, si era seduto sul suo letto, l’aveva presa in giro, l’aveva torturata, l’aveva provocata, l’aveva eccitata, l’aveva abbracciata, toccata, baciata, morsa e poi, invece di cominciare a fare sul serio, l’aveva presa in giro per le mutande col panda e l’aveva smontata come un burattino, se l’era messa in tasca come una moneta…

Ora sarebbe stata una vera vittima.

“Idiota…” – quel cretino non aveva capito che lei gli voleva bene davvero, che lo amava… pensava che fosse solo una ragazzina alla sua prima cotta e si era divertito, tanto per passare un pomeriggio diverso.

Non faceva che ripensare ai suoi baci, alle sue carezze, alla sua voce dolce e roca, al sapore della sua pelle, al suo corpo caldo e profumato e a quella barba che la faceva impazzire. Per non parlare di quella gamba che solo muovendosi fra le sue le aveva procurato il primo orgasmo della sua vita…

Ed era una tortura forzarsi a non ritornare con la mente al suo tocco delicato, leggero e per niente volgare: niente mano sul seno o fra le gambe… e da lui non le avrebbe fatto certo schifo!

Shanks funzionava in modo diverso dagli altri pirati… aveva fatto davvero le scuole differenziali.

“Eppure si è eccitato…” – si dannava, ricordando quella cosa esagerata dietro di lei che le aveva fatto drizzare i capelli in testa: magari era una ragazzina e ancora vergine… però con tutti i pirati che aveva incontrato aveva imparato a capire come e quando un uomo si eccitava…

E Shanks era uomo… su questo non potevano nutrirsi dubbi e, a giudicare da quello che aveva sentito, Roxanne aveva visto giusto…

Doveva avere un mostro fra le gambe! 

Arrossiva per via di quei pensieri incontrollabili che l’avevano tenuta sveglia per tutta la notte.

“Idiota…” – non era riuscito a capire che quella sera lei non gli aveva detto che era una cosa eccitantissima (anche se era vero), ma una cosa bellissima per la quale la vita era degna di essere vissuta… lei aveva voluto dirgli che gli voleva bene: come avrebbe potuto essere più chiara di così?

E invece lui l’aveva presa in giro tutto il pomeriggio per le sue mutande, tenendola per la vita e poi riportandola sul letto, costringendola a sedersi.

Alla fine, le aveva detto:

“Ah… adesso sto proprio meglio… avevo il fatto delle mutande proprio sullo stomaco… - e rideva – che bello… così impari ad osare di avere l’ultima con il tuo capitano…” – mentre lei lo guardava truce.

“Sei un idiota… un grandissimo idiota…”

“No… sono un pirata…”

“Un pirata idiota!”

“A me non piace perdere le battaglie… dovevi immaginarlo che ti avrei torturata per le mutande, prendendomi la rivincita per quella sera! E poi – la guardava innamoratissimo – fai sempre la svelta e stavolta non sapevi che dire? Potevi anche provare a ribattere… se non l’hai fatto è perché sai che ho ragione: quelle mutande sono assurde!”

“Forse non me l’aspettavo che mi sfottessi!

“E perché?” – le chiese, fingendo di cascare dalle nuvole per mostrarle che, per lui, non era successo niente di importante.

Lei lo guardò malissimo e lui riprese.

“Sai quando ho portato un paio di mutande simili alle tue? Quando avevo SEI ANNI! – le urlò in faccia ridendo – Me le sono messe una sola volta e giusto perché me le aveva comprate mia madre: una sera scesi in giardino, la chiamai di fuori, me le tolsi e le bruciai! Lei mi promise che non me le avrebbe comprate più… e tu, invece, le porti ancora a diciotto anni… vergognati! Quindi hai il corpo di una mocciosa di diciotto anni e il cervello di una di sei… sei uno scandalo… un monstrum vel prodigium! Non fare quella faccia: prima o poi ti spiegherò che cos’è… mocciosa ignorante! – e si alzò dal letto a malincuore mentre lei lo trucidava con lo sguardo – Adesso riposati che hai avuto un pomeriggio stressante… - e scoppiò a ridere mentre lei andava in bestia – domani attracchiamo e magari riesci a rimediare alle mutande col panda!! Ah! Ah! Ah!”

E rimase a guardarla che stava ancora seduta sul letto, bella come la luna e il mare al mattino presto; non se ne sarebbe andato via da quella cabina per nulla al mondo, ma non poteva trattenersi… e poi lei lo stava odiando!

“E ALLORA PERCHE’ NON TE NE VAI?” – gli urlò, presa da una crisi di nervi, vedendo che lui restava a guardarla con uno strano e fastidiosissimo sorrisetto.

Lui le rispose serio:

“Sto aspettando il bacio della buonanotte…”

E lei perse la testa:

“IO  TI  DO  IL  CALCIO  DELLA  BUONANOTTE!! STUPIDO ROSSO, IDIOTA!” – cominciando a tirargli tutto quello che le capitava tra le mani e finendo a colpirlo ripetutamente con il cuscino, infuriata e, in fondo, divertita da quell’uomo assurdo che si prendeva i colpi, incapace di sottrarsi per via delle fortissime risate che lo fiaccavano e lo facevano soffocare…

“IO TI STACCO L’ALTRO BRACCIO E POI TI STRAPPO QUEI CAPELLI ANTIPATICI COME TE E FACCIO PURE UN FAVORE A LUCKY… PIRATA DEFICIENTE… ESCI SUBITO DI QUI!! - e ansimava per la rabbia e lo sforzo di colpirlo col cuscino al ritmo di ogni parola che diceva – NON TI FARE PIU’ VEDERE, HAI CAPITO? ALTRIMENTI TI AMMAZZO A BASTONATE E VEDRAI CHE ANCHE RUFY MI DARA’ RAGIONE!”

Ma lui rimaneva immobile, piegato in due e appoggiato di schiena alla parete con la bocca spalancata e un principio di soffocamento da risate; rideva, rischiando di morire per via della faccia delusa e incazzata nera della sua ragazza che più lo faceva ridere e più lo faceva innamorare.

Gli si piegavano le ginocchia e non riusciva a stare in piedi: il diaframma, tutti gli addominali e i muscoli facciali gli facevano male; aveva sempre pensato che sarebbe morto ridendo e ora ci credeva davvero…

Lei, stanca di colpirlo e delusa perché le sue proteste non sortivano effetto, rimase a guardarlo ridere con un’espressione forzatamente disgustata: lo amava così tanto che vederlo ridere in quel modo, anche di lei e in quelle circostanze, le faceva bene, era felice…

Si girò, tornò a letto e rimise a posto il cuscino e tutte le cose che gli aveva tirato, aspettando che se ne andasse spontaneamente o, almeno, la smettesse di ridere…

E mentre lei sistemava la cabina di quel malefico idiota rosso, lui, sempre ridendo, le dava una mano, fermandosi di tanto in tanto per riprendere fiato e farsi passare quel dolore al fianco, tipico di chi ha riso fino al limite…

Alla fine, e sempre ridendo, si asciugò le lacrime che scendevano copiose, si avvicinò a lei e le mise la mano sulla spalla, aspettando che gli passasse l’ennesimo scoppio di risa per dirle qualcosa mentre lei si irritava.

Ma non ci riuscì… 

Le mise la mano dietro la testa, l’avvicinò, la strinse di nuovo e a lungo a se e le poggiò la bocca sulla guancia, mandandole in orbita il cuore: lui l’abbracciava stretta e lei sentiva i sussulti delle sue risate.

Cercò di smettere di ridere, ma riuscì solo a dirle nell’orecchio, sussultando:

“…Sei… – e rideva – sei gra – era senza fiato – aaa… nde… - rideva – buo… - ancora risate – nanotte mmm – stava male – moccio… sa” – e di nuovo piegato in due, la lasciò e si diresse barcollando e ridendo verso la porta della cabina.

Si lasciarono ancora più innamorati.

 

E ripensava alle vicende del giorno prima mentre si preparava per scendere dalla nave che, da un quarto d’ora, era attraccata nel porticciolo del piccolo villaggio di Little Wind, chiamato così, dicevano le guide della zona, dai primi abitanti che avevano costruito poche case in una pianura che si estendeva all’interno. 

Quella pianura era sempre pettinata da una leggera e piacevolissima brezza.

L’isola di Nesheri (nella quale era situato il villaggio) era discretamente grande e molto frastagliata: Shanks aveva studiato le mappe della zona, per la verità abbastanza imprecise, e aveva deciso di sbarcare in quel minuscolo villaggio per diversi motivi.

In primo luogo non c’erano basi e postazioni della marina militare, era piccolo e riparato dai grandi traffici, quindi molto tranquillo; avrebbe così evitato la città di Nautilus a un’ora di navigazione verso Sud che ospitava un piccolo contingente di marines: un po’ era dispiaciuto… quella città era famosa e desiderava proprio visitarla.

In secondo luogo non aveva intenzione di fermarsi a lungo, ma solo il tempo di chiedere qualche informazione su Rufy e i suoi, sperando fossero passati di là… 

Inoltre voleva anche dell’acqua potabile che cominciava a scarseggiare.

Infine, e non certo ultimo per importanza, doveva navigare il più velocemente possibile e risparmiare tempo per quando sarebbe stato costretto ad ormeggiare il Vento dell’Est per via delle assurde e famose tempeste che si scatenavano in quel grosso tratto di mare.

Affacciato al ponte della nave osservava alcuni abitanti del villaggio riunirsi sul molo con il sindaco in testa, pronti a ricevere degnamente i pirati: dovevano essere molto attaccati alla loro terra.

“Mhmm… intenzioni bellicose…” – rimuginava ancora di buonumore per via del giorno più divertente della sua vita: Nami lo aveva fatto letteralmente sbellicare dalle risate per tutta la sera e parte della notte.

Quella mocciosa era un vero portento!

E non riusciva a prendere sul serio nemmeno le facce truci degli abitanti di quel villaggio: decise di andare a fare due chiacchiere col sindaco, ovviamente solo e disarmato, per fargli capire che non voleva invadere il paese, ma solo sapere se avevano visto una nave con quattro ragazzi a bordo di cui uno con un cappello di paglia…

“Shanks… - lo fermò Ben per il braccio mentre si apprestava a scendere – non mi piace… portati la spada…”

“Ma poi pensano che li vogliamo invadere…” - obiettò lui che, per certe cose, era più deficiente di Rufy.

E così scese dalla nave in tutta calma e sul molo trovò la sua bellissima ragazza che si stava stiracchiando:

“Ehi… mocciosa… - e riprese a ridere istintivamente non appena la vide – immagino che vai per spese… - e rideva – mi raccomando: sai cosa comprare!”

“Vaffanculo, Rosso!”

“Vabbè… ma sappi che il capitano sbarca sempre per primo… - le ricordò, guardandola storto e aggiunse - …ma per questa volta ti perdono… capisco l’urgenza dei tuoi acquisti!” – e ricominciò a ridere.

 

Si avvicinò al tipo in testa al gruppetto che brandiva una pala e lo fissava con un’aria ostile; Shanks non vi badò e sorrise:

“Lei dev’essere il sindaco di Little Wind…” – se fosse stato meno preso dalla sua dolcissima mocciosa, avrebbe intuito subito che non si trattava di contadini e commercianti…

“Diciamo di sì… qui non c’è niente, è un piccolo villaggio! Che volete?”

“Niente di troppo preoccupante… - replicò il capitano, cercando di tranquillizzarlo – siamo anche disarmati… - gli fece notare – io sono Shanks il Rosso e loro i miei uomini! Non abbiamo intenzione di invadere il villaggio: vogliamo solo sapere se avete visto una nave pirata, un teschio con un cappello di paglia sulla bandiera e…”

“No.”

“Vabbè… poteva almeno farmi finire di parlare…” - ragionò Shanks, ridendo della maleducazione del tipo e ancora fatto per le risate che la sua mocciosa gli aveva procurato la sera prima. E continuò:

“Ho capito… adesso ce ne andiamo, però prima vorrei prendere dell’acqua dal vostro pozzo: ce n’è rimasta poca sulla nave…”

“Mhmmm… – troncò il sindaco che dopo un attimo, cambiò all’improvviso espressione come folgorato: lo guardò con un ghigno e, dandogli le spalle, si allontanò con gli altri. 

In breve, lui e Nami restarono soli sul molo.

“Mocciosa… mi sa che ti devi tenere quelle mutande ancora per un po’… - le sorrise – e mi sa anche che abbiamo solo il tempo di prendere l’acqua… tra dieci secondi, ripartiamo…”

Poi si voltò verso i suoi e chiamò:

“Johnny, Lucky, Francis… portate i barilotti dell’acqua che andiamo al pozzo! – e aggiunse, ghignando – uno l’ho già preso io!!” – disse accennando a Nami che gli era affianco.

“Quanto sei stupido!” – urlò lei incazzata mentre lui rideva.

Questi eseguirono e raggiunsero il capitano: insieme se ne andarono al pozzo a caricare l’acqua, seguiti da Nami che voleva dare una mano a portare almeno una damigiana.

Arrivarono in tutta tranquillità al pozzo che era nel centro di quel villaggio calmo e silenzioso, ma fatto di troppi occhi. Finalmente, ricominciava a ragionare come un pirata:

“Ben ha ragione… qui c’è qualcosa che non va… - e si guardava intorno con fare distratto, fischiettando – non ci sono bambini né anziani né donne! – e si stupiva, notando che non c’erano panni stesi al sole, vasi di piante e tutto ciò che denota la presenza femminile – un paese senza donne?” – ma l’idea che non fosse proprio un villaggio non ancora lo sfiorava anche se si sentiva preoccupato, soprattutto per la sua preziosa ragazza che aveva fiutato l’aria malevola e gli camminava affianco, sempre più vicina.

“Shanks… - lo chiamò lei, sussurrando – ci stanno spiando…”

“Già… stammi vicina che adesso ce ne andiamo!”

I tre della ciurma erano gli unici armati del gruppetto: Ben aveva insistito con loro… finirono di caricare l’acqua e si avviarono verso la nave mentre Shanks si girava per aiutare Nami a liberarsi del peso.

“Da qua… mocciosetta deboluccia – le sorrise, oramai irreversibilmente innamorato – e spicciati a salire a bordo…” – ma si interruppe perché lei, all’improvviso, gli si buttò addosso, abbracciandolo forte.

“Ehi… datti una calmata! – rise tutto contento ed emozionato – Non è che puoi saltarmi addosso ogni volta che ti gira… - e pensava: - Sì che puoi…”

Ma lei alzò la testa pallidissima, lo guardò con l’occhio di chi è più di la che di qua e gli sussurrò:

“Scappa…” – e s’accasciò.

D’istinto le mise il braccio dietro la schiena per sorreggerla, ma qualcosa gli tagliò il palmo della mano… Il sangue gli si gelò nelle vene e, in preda al terrore di scoprire quello che temeva, si forzò a guardare dietro la schiena di lei.

“Issate le vele, levate l’ancora… ai remi…presto! – ordinò il vice che dall’alto del ponte della nave aveva capito tutto - Shanks! Sali, muoviti!” – gli urlò dal parapetto di prua.

Ma per lui il tempo si era fermato e le voci gli giungevano ovattate: con la mano che gli sanguinava a fiotti, le sfilò il coltello dalla schiena, scoprendo una lama piuttosto grossa, da macellaio, che lasciò cadere a terra.

Sorreggeva il corpo inerme di Nami, priva di sensi, bianca come un cencio e con una larghissima macchia di sangue sulla canottiera, oramai rossa, che gocciolava.

E non sentiva più il proprio cuore…

“Shanks… Sali, cazzo! – Ben era disperato.

Ma era incapace di pensare…

Sentì dei rumori davanti a se e vide un gruppo nutrito di omaccioni e ceffi poco raccomandabili pieni di cicatrici e tatuaggi, uscito da chissà dove, avvicinarsi a lui e alla sua piccola e moribonda mocciosa, armati fino ai denti…

“Porca puttana… Shanks… - Lucky lo strattonò – scappiamo… alla nave, muoviti!”

Ma lui riusciva solo a guardare Nami e quel coltello più grande di lei e aveva il vuoto nel cervello.

“Muoviti - gli disse serissimo Lucky - sennò lei muore… - e la guardarono tutt’e due, per nulla preoccupati degli elementi che si stavano avvicinando – guarda che ferita: ha bisogno urgente di un dottore, di sangue… non puoi aspettare…”

Finalmente capì che il suo amico aveva ragione e reagì. 

Le premette il braccio sulla ferita e corse come un disperato verso la nave appena in tempo visto che stava per ripartire senza di lui…

Quei ceffi presero a seguirlo e a provare a colpirlo, ma Lucky e gli altri che erano armati e Yassop dalla nave, lo coprirono e riuscirono a salpare giusto in tempo.

Stringendola a se si precipitò da Lucas, che aveva assistito alla scena ed era già pronto: la poggiò sul letto della sua cabina e, senza riuscire a dire una parola, restò a guardare il suo amico che con un pugnale tagliava anche l’ultimo vestito di Nami e cercava di tamponarle la ferita che sanguinava abbondantemente. 

Quando cominciò a suturarla, ricucendo la sua splendida schiena, dovette uscire per respirare ed evitare di spaccare tutto: stava per eruttare come un vulcano…

Si precipitò sul ponte a guardare quel villaggio infame, colonia di ex carcerati ed ex pirati che avevano pensato di fare il colpo grosso uccidendo Shanks il Rosso, accoltellandolo alle spalle: ma lei aveva visto tutto e lo aveva protetto con il suo corpo, abbracciandolo… si era presa nella schiena quella lama da macellaio lanciata da un codardo senza precedenti per salvarlo…

“Scappa…” – era stata l’ultima cosa che aveva detto e lui sapeva che poteva essere l’ultima cosa che le avrebbe sentito dire: il taglio era troppo largo, la lama troppo grossa e aveva perso troppo sangue…

“Scappa…” – quella parola e la sua voce gli rimbombavano nel cervello e cominciò a sentirsi male.

“Armate i cannoni…” – bisbigliò in preda al mal di stomaco e alla nausea.

I suoi ci rimasero un po’ scioccati… non era da lui sparare con i cannoni contro un villaggio, ma eseguirono senza battere ciglio: era incazzato nero e, quel che peggio, non avrebbe avuto l’opportunità di sfogarsi.

“Pronti a fare fuoco, capo…” – lo informò Yassop con un filo di voce: tutti sapevano quanto fosse innamorato di quella ragazzina e che l’anima del loro capitano era precipitata tra le fiamme…

“Fuoco.” – mormorò lapidario.

E i cannoni del Vento dell’Est tuonarono, facendo rimbombare l’aria.

“Pronti”

“Fuoco.”

E di nuovo:

“Pronti”

“Fuoco.”  

E Little Wind scomparve dalle carte geografiche.

   
 
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